mercoledì, giugno 02, 2010
Si chiama Libs ed è una tecnica fisica che risponde a una finalità tipica della chimica analitica: la determinazione della composizione, sia qualitativa che quantitativa, di oggetti in fase solida, liquida o gassosa.
Almanacco della Scienza - CNR - "Il fascio di un laser opportunamente focalizzato sulla superficie dell'oggetto", spiega Vincenzo Palleschi responsabile del laboratorio di Spettroscopia laser applicata dell'Istituto per i processi chimico-fisici (Ipcf) del Cnr di Pisa, "genera un micro-plasma costituito da elettroni, ioni e atomi eccitati. L'emissione luminosa - una piccola scintilla - di questo micro-plasma viene raccolta da un apposito sistema ottico e risolta in lunghezza d'onda mediante uno spettrografo. Il risultato ottenuto viene poi elaborato con un opportuno software per determinare la composizione elementare dell'oggetto e le concentrazioni degli elementi in esso presenti. Il tempo di analisi è tipicamente di pochi secondi e la misura, grazie alla strumentazione mobile realizzata dal Cnr, viene effettuata in situ, senza cioè nessun trattamento dell'oggetto e spesso anche senza spostarlo dalla sua posizione all'interno del museo o del laboratorio di restauro".
Più recente è l'applicazione della Libs alla numismatica antica. "Un progetto ambizioso recentemente presentato alla Regione Toscana per la diagnostica e l'autenticazione in numismatica antica (Diana)", continua il ricercatore dell'Ipcf, "mira ad analizzare l'intera collezione di denari repubblicani del Monetiere, ce ne sono quasi 7.000. Il progetto è guidato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa con il contributo del nostro laboratorio, del Monetiere del Museo archeologico di Firenze e del dipartimento di Scienze archeologiche dell'università di Pisa".
La tecnica Libs nasce negli anni Settanta del secolo scorso, nei laboratori di ricerca americani di Los Alamos, nel New Mexico. Gli stessi centri dove trent'anni prima erano stati costruiti gli ordigni nucleari di Hiroshima e Nagasaki. "Quando si cominciarono a sperimentare le applicazioni della Libs nel laboratorio Cnr di Pisa", rivela Palleschi, "nessuno avrebbe mai pensato che una tecnica sviluppata per scopi essenzialmente bellici potesse trovare come principale applicazione la conservazione e la valorizzazione delle opere d'arte. Una volta dimostrate le grandi potenzialità della tecnologia per la diagnostica ambientale e per lo studio di materiali industriali,si comprese però rapidamente che le sue caratteristiche principali - velocità, economicità e possibilità di essere utilizzata in situ senza alcun trattamento dell'oggetto da analizzare - si sposavano perfettamente con le esigenze degli studiosi e dei conservatori dei Beni culturali".
Nel frattempo la Libs è passata dallo stadio di tecnica fisica essenzialmente speculativa a quello di tecnica di chimica analitica. Una trasformazione sottolineata dalla recente realizzazione da parte del Cnr di uno strumento Libs commerciale chiamato Modì (Mobile dual-pulse instrument), utilizzato con successo per l'analisi di bronzi archeologici e artistici, come ad esempio i Bronzi di Porticello presso il Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria e i Bronzetti della collezione Albani conservati al Museo nazionale Archeologico di Crotone.
Paola Colapinto Fonte: Vincenzo Palleschi, Istituto per i processi chimico-fisici, Pisa tel. 050/3152224, email vince@ipcf.cnr.it
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mercoledì, giugno 02, 2010
La comunità internazionale continua ad interrogarsi sul blitz delle forze israeliane contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza, costato la vita a 10 persone.
Radio Vaticana - Il Consiglio dell’Onu ha adottato oggi a Ginevra una risoluzione che chiede l’apertura di una inchiesta internazionale sull’accaduto. Dura la condanna del presidente dell’autorità nazionale palestinese Abu Mazen, che ha accusato Israele di terrorismo di stato. Per il premier israeliano Netanyau la nave intercettata non era una “Love boat” ma una flottiglia terroristica. Intanto sono tornati liberi i sei italiani, arrestati dopo il raid, insieme ad altre centinaia di attivisti filopalestinesi. Il servizio di Cecilia Seppia (ascolta)
Intanto nella Striscia di Gaza continua ad essere forte l’isolamento come racconta Lino Zambrano, responsabile per la Palestina della Ong C.R.I.C.(Centro regionale di intervento per la cooperazione), raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Gabriella Ceraso (ascolta)
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mercoledì, giugno 02, 2010
della nostra redattrice Monica Cardarelli
Ci sono libri che fanno riflettere e libri che ci fanno ritrovare qualcosa di noi nelle loro pagine. Ci sono libri che ci aiutano a cambiare e altri che ci portano a conoscere, trasportandoci in mondi diversi. Ci sono poi libri che sono tutto questo insieme. Uno di questi è “Cristiani a Sarajevo” (edito da Edizioni Paoline), l’intervista di Roberto Morozzo della Rocca a Mons. Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo. Un libro/intervista a volte può apparire distante dal lettore, ma non è certo questo il caso. Forse perché l’intervistatore non ha bisogno di presentazioni, trattandosi di uno storico e docente universitario che ha a cuore nei suoi studi la storia dei Balcani; forse perché il Card. Puljic, arcivescovo di Sarajevo dal 1990 e creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1994, lascia trasparire tutta la sua umanità e l’attenzione alla persona umana propria del cristianesimo “Non cancellate l’uomo”, “Parliamo dalla parte dell’uomo”, “Quando si ha cuore per l’uomo non bisogna avere paura”.
Fatto sta che nelle pagine di questo libro si scopre a poco a poco la storia del cattolicesimo in Bosnia-Erzegovina raccontata in maniera molto semplice e profonda, vera e autentica, vicina.
Interessanti per il lettore anche i racconti del Card. Puljic sulla sua vita e sulla sua vocazione; l’importanza della famiglia per la crescita umana e di fede; la sua vita di sacerdote e il rapporto con le gerarchie ecclesiastiche romane e Giovanni Paolo II: “Il nunzio allora si mise in contatto con la Santa Sede e mi riferì: ‘Il Santo Padre dice: ‘Coraggio!’ (…) Giovanni Paolo II seguiva tutto di Sarajevo e di questo Paese. (…) Mi fu molto vicino. (…) Il Santo Padre chiedeva ed ascoltava molto. Mi invitò ad Assisi, alla grande preghiera per la pace in Jugoslavia. Dopo questa cerimonia mi portò con sé a cena. (…) Ma lui diceva: ‘Vieni, vieni. Io ti voglio ascoltare.’. (…) Si parlò di tante cose, faceva molte domande, aveva tanti interessi: voleva capire tutto, proprio come un padre. Era molto sensibile. Io ne ero profondamente commosso.”
Sono pagine che ci svelano un popolo, il popolo cristiano di Sarajevo. “Nel nostro popolo esiste una forza nel custodire l’identità cattolica. (…) La nostra identità è la croce. Il nostro popolo che vive insieme ai musulmani, mette una croce sul tetto della casa, sul cancello del giardino. (…) Un altro aspetto della nostra identità è la devozione per Maria. (…) Un terzo aspetto della nostra identità cattolica è la fedeltà al Santo Padre.”
Un intero capitolo è dedicato alla ‘Guerra’, alla paura, ai ricordi belli, alle difficoltà di essere cristiani in quei momenti, alle perdite e ai rapporti con le altre religioni: “Ma questa non era una guerra di religione contro l’altra. Durante la guerra ho avuto tanti contatti con i capi musulmani e ortodossi. Non c’erano problemi tra noi”. Sempre con un’attenzione particolare rivolta al dialogo interreligioso: “Durante la guerra fu firmato l’accordo di Dayton e noi quattro capi religiosi avviammo un consiglio interreligioso. Abbiamo preparato un memorandum, Princìpi morali per il dialogo. L’abbiamo sottoscritto tutti e quattro: cattolici, musulmani, ortodossi, ebrei. È stato anche preparato un piccolo libro per il dialogo, un Glossario.”
Nonostante negli ultimi anni Sarajevo sia cambiata molto e ormai il 90% circa degli abitanti è musulmano, il Card. Puljic non perde la speranza cristiana del dialogo e della convivenza pacifica. “Dopo la guerra sorge una disuguaglianza che viene dalla politica, non dalla Chiesa. Noi viviamo con i musulmani. Pensiamo che è possibile vivere insieme a loro. (…) Senza perdono non possiamo accettare l’altro. Il perdono ne è condizione. Senza perdono come si può dialogare? Come facciamo convivenza, come parliamo di tolleranza? E c’è un’altra cosa: il perdono è una via di liberazione interiore. Quando un uomo perdona, è libero. Quando non perdona, è prigioniero. È molto importante liberarsi da se stessi e perdonare. Non si perde la responsabilità, perché rimane. Ma quando si perdona, il cuore si libera. È la conversione.”
Rileggendo queste parole si capisce come “Cristiani a Sarajevo” sia un libro dai molteplici aspetti. L’aspetto storico lascia il posto alle memorie e ai ricordi e le riflessioni teologiche trovano applicazione nel vissuto del popolo di questo paese.
Come ad esempio alla domanda sul ruolo della donna nella società bosniaca: “La donna è contro la guerra. Ha paura per i suoi figli. (…) La donna nel nostro Paese è un segno per la vita e per la famiglia perché la donna è il cuore della famiglia, è la grande educatrice che fa l’unità della famiglia.”
Sempre a proposito del dialogo interreligioso, tema alquanto importante sia per l’intervistatore che per l’intervistato, il Card. Puljic ribadisce: “Il primo messaggio è che stiamo insieme e parliamo insieme. Parlare è distruggere i pregiudizi; è una cosa molto importante. Noi capi religiosi parliamo insieme con frequenza. (…) Quando proclamiamo la nostra fede, dobbiamo proclamarla per se stessa, non contro gli altri. Questo è molto importante per il dialogo: rispettare l’altro e vivere la propria tradizione.”
Un’attenzione dunque alla persona umana, al rispetto per l’altro, fonte di ogni convivenza. E per l’avvenire, il Card. Puljic in queste pagine ci lascia messaggi di speranza e di concretezza che non possono lasciarci indifferenti, come non ci lasciano indifferenti tutte le sue parole riportate in queste pagine. “Sì, comunque voglio incoraggiare il mio popolo a non essere inerte: create con la vostra fede! Bisogna influenzare di più la sfera pubblica con la fede. Non solo in Bosnia-Erzegovina, anche in Europa. (…) Vorrei aiutare i giovani a non aver paura della vita. Bisogna prendere la vita nelle proprie mani. Occorre creare uomini degni che possano contrastare il male, le manipolazioni e creare una nuova visione per l’avvenire.” ... (continua)
mercoledì, giugno 02, 2010
In un mondo sempre più interdipendente non potrà esservi vera sicurezza se permarranno focolai di minaccia; non potrà esservi vero benessere se anche soltanto una parte dell'umanità sarà costretta a vivere nell'indigenza.
Radio Vaticana - E’ il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al capo di Stato maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, in occasione della festa della Repubblica. Il Capo dello Stato ha ribadito la necessità di lavorare per la sicurezza e il benessere comune: “insieme in Italia, insieme in Europa” – ha precisato. Napolitano ha deposto una corona d'alloro davanti al monumento del Milite Ignoto, e davanti alle più alte cariche dello Stato è iniziata in via dei Fori Imperiali la parata militare collegata idealmente con il contingente italiano ad Herat in Afghanistan visitato dal presidente della Camera Fini. Al microfono di Luca Collodi, l’ordinario Militare mons. Vincenzo Pelvi (ascolta):
Il 2 giugno quest’anno si inserisce all’interno dei festeggiamenti per il 150esimo dell’Unità d’Italia. Luca Collodi ne ha parlato con il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata (ascolta):
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mercoledì, giugno 02, 2010
Una volta c'era la moka. Simbolo, se vogliamo, anche di un certo ambientalismo, vista l'altissima percentuale di materiale riciclato che compone le macchinette che soprattutto dal dopoguerra in poi hanno accompagnato il lungo sogno di benessere dell'italiano medio.
di Diego Barsotti
GreenReport - Poi, qualche anno fa, sono arrivate le macchinette elettriche, via via sempre più metallizzate, sempre più di design sempre più status symbol (che presuppone anche un ciclo di vita più breve) che non possono mancare nelle liste di nozze delle nuove famiglie, così come nelle famiglie più vecchie, che finalmente possono permettersi un caffè buono come quello del bar. Ma la moka a ben guardare era (è?) una tragedia per il mercato: praticamente indistruttibile, eterna a patto di sostituire ogni tanto le guarnizioni e al limite il filtro. Per scardinare il mito della moka sono serviti anni si strategie di marketing del più alto livello, supportate da investimenti pubblicitari ciclopici con siparietti in prima serata arrivati a scomodare perfino il padreterno e tutti i santi intorno.
Ancora la malattia della moka non è stata debellata, ma la strada per farla divenire roba da collezionisti è stata presa. E la tendenza ora è quella di usare la stessa strategia delle stampanti: così come una stampante la puoi pagare 20 euro e le cartucce per ricaricarla ogni volta costano il doppio, allo stesso modo le macchine elettriche del caffè sono entrate prima negli uffici e poi anche nelle nostre case in comodato d'uso, gratuite, a patto di acquistare modiche quantità di caffè inserite in generose porzioni di plastica colorata umanizzate in nomignoli assurdi, a prezzi che se considerati a peso (almeno 50-60 euro al chilo), farebbero gridare al furto ma che invece l'inoculazione subliminale delle pubblicità, rende invisibili.
Insomma, grazie anche a questo nuovo bisogno creato dall'industria della pubblicità per tutta una lunga serie di altre industrie (quelle che compongono le filiere della cialda di caffè, dall'estrazione delle materie prime fino allo smaltimento finale), le capsulette di caffè che hanno preso i nomi dai cugini dei sette nani impazzano nelle nostre discariche (le cialde di stoffa sono diventate quasi introvabili, per amatori, ma avevano se non altro il merito di non contenere plastica e di poter essere raccolte con l'organico) insieme alla confezioncina sottovuoto in alluminio e insieme allo scatolone di cartone che ne contiene qualche decina. E contemporaneamente a tutto ciò la Bialetti ha annunciato nei mesi scorsi che delocalizzerà all'estero la sua storica fabbrica di macchine moka...
Del resto questo è solo uno dei tanti esempi della direzione che prende il mercato quando viene lasciato libero di agire. Un'altra testimonianza possiamo coglierla nella pagina pubblicitaria che un'azienda «leader nel mercato nazionale della produzione di preforme e contenitori in Pet» ha comprato oggi sul Giornale. In Italia si sa, a differenza di altri Paesi europei, il pet riciclato non può essere utilizzato per diventare un nuovo imballaggio per uso alimentare. Questo significa che tutte le nostre bottiglie di plastica - quando e se vengono riciclate - si trasformano in maglie, in arredi, pallet, ma non in nuove-vecchie bottiglie di acqua minerale. Ed è anche per questo che in tutta questa pagina pubblicitaria non viene fatto alcun accenno ad eventuali virtù ecologiche dell'azienda, che evidentemente non interessano (ancora?) i grandi produttori di acqua e bevande, che invece quando si rivolgono ai loro clienti (i consumatori finali) millantano la loro grande sensibilità ambientale consapevoli di quanto oggi il greenwashing renda.
Il filo rosso che unisce l'acqua minerale in pet e le capsule di caffè non è uno solo: c'è quello della plastica, quello dell'usa e getta / obsolescenza programmata, c'è infine la leva perennemente alzata della pubblicità come arma di convinzione di massa.
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mercoledì, giugno 02, 2010
Lettera aperta dei familiari degli uccisi nel massacro del 4 giugno 1989. Il Partito non risponde e attende che essi “muoiano” per sbarazzarsi del problema. Con l’avvicinarsi dell’anniversario, le famiglie sono sottoposte a controllo, isolamento, blocco del telefono, di internet e della posta.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le famiglie degli uccisi nel massacro di Tiananmen (4 giugno 1989), domandano a Pechino di rompere il silenzio e aprire con loro un dialogo sulla violenza operata dal governo. Come ogni anno, all’avvicinarsi dell’anniversario, un gruppo di 128 membri dell’associazione Madri di Tiananmen, ha diffuso una lettera aperta in cui si critica la leadership per non voler ascoltare le loro richieste di aprire un dialogo franco e aperto su quanto avvenuto la notte fra il 3 e il 4 giugno 1989. “Le autorità comuniste – dice la lettera – dovrebbero ascoltare la nostra voce, eppure non c’è alcuna risposta… Forse che davvero essi attendono che noi ci consumiamo, che moriamo, così che il problema sparisca?”.
Da aprile al giugno ’89, fino a un milione di giovani, operai, contadini, hanno manifestato in piazza Tiananamen domandando la fine della corruzione e la democrazia. La notte fra il 3 e il 4 giugno l’esercito cinese è intervenuto con carri armati e armi da fuoco per “liberare la piazza”, occupata ormai da mesi. Centinaia e forse migliaia di giovani sono stati uccisi o stritolati, altri colpiti nelle vie adiacenti alla piazza. Per il Partito comunista, il movimento è stato una “ribellione controrivoluzionaria”, pur essendo stato un movimento non violento.
Con l’andare degli anni, di fronte alle critiche delle Madri di Tiananmen, che domandano la revisione del giudizio sui loro figli da “controrivoluzionario” a “patriota”, il governo ha fatto valere l’interpretazione del “male minore”: la soppressione del movimento dell’89 è stata necessaria per portare alla Cina tutto il benessere di oggi.
La lettera invece afferma: “Dal sangue e dalle lacrime, siamo giunti a capire che il 4 giugno non è solo un male per ogni famiglia, ma per l’intera nazione”.
Il gruppo chiede anche la fine della persecuzione contro i suoi membri. Ormai, per periodi sempre più lunghi durante l’anno, le famiglie sono seguite da poliziotti, isolate e controllate a casa, i loro telefoni tagliati, le connessioni internet azzerate, la loro posta requisita. ... (continua)
mercoledì, giugno 02, 2010
Libera: “In questo modo festeggiamo la Repubblica”
LiberaInformazione - Quando il 2 giugno 2004 la rete di Libera Piemonte e il Comune di Volvera sfilarono simbolicamente per raggiungere il casolare confiscato alle mafie a Volvera, quel bene era un vero e proprio rudere. Sono passati sei anni da quella data ed ora, grazie a un duro lavoro, il contributo della Regione Piemonte, la costruzione di una fitta rete di relazioni e di lavoro volontario, Cascina Arzilla ha mutato completamente aspetto. “Sorride” tra le campagne, pronta ad essere ufficialmente inaugurata. Il 1 giugno Cascina Arzilla, bene destinato all'associazione Acmos, festeggerà la sua inaugurazione con una marcia che coinvolgerà centinaia di cittadini. Una marcia per ripercorrere i passi fatti dal 2004, insieme a tutti coloro che hanno preso parte a questa avventura. Con Acmos e Libera Piemonte saranno presenti i ragazzi di 60 classi del territorio, da Orbassano e Pinerolo, coinvolti quest'anno in un percorso di educazione alla cittadinanza e alla legalità, ma anche cittadini e rappresentanti del mondo delle istituzioni e dell'associazionismo.
Con noi ci saranno inoltre amici della rete di Libera, persone che hanno vissuto la protervia mafiosa ed hanno deciso di reagire. Al nostro fianco marcerà Vincenzo Conticello, testimone di giustizia, imprenditore palermitano ribellatosi al racket. E poi i genitori di Antonio Landieri, vittima innocente di Camorra, ucciso da un proiettile di rimbalzo in un agguato a Scampia; Rosario Esposito La Rossa e Maddalena Stornaiuolo, parenti di Antonio che hanno deciso di non dimenticare il sacrificio di quel giovane facendo memoria, impegno e cultura, proprio nel quartiere teatro di quel tragico omicidio. Con l’occasione, sarà presentata un’anteprima dei progetti degli studenti del corso triennale di Pubblicità dell’Istituto Europeo di Design di Torino, pensati per sensibilizzare il pubblico sui temi della mafia e del testimone di giustizia e convincere le persone a vincere la paura e rompere il silenzio.
Inaugurare Cascina Arzilla è per noi festeggiare la Repubblica: un bene confiscato alla mafia che viene restituito alla collettività, il più pratico esempio di “res pubblica”. Il progetto infatti è quello di trasformare questo bene in un luogo del e per il territorio realizzando un orto didattico, un luogo di cultura e incontro. ... (continua)
mercoledì, giugno 02, 2010
Venerdì 4 giugno a Roma si svolgerà una manifestazione per chiedere il rilascio degli attivisti, la cessazione degli accordi di cooperazione tra Italia e Israele e il boicottaggio dell'economia israeliana
PeaceReporter - Dopo l'attacco sferrato dalla Marina militare israeliana in acque internazionali contro le navi della Freedom Flotilla, si moltiplicano nei diversi Paesi le manifestazioni di protesta contro la brutalità usata dall'esercito di Israele nei confronti degli attivisti, molti dei quali sono ancora nelle mani delle autorità di Israele. Anche in Italia nelle principali città si sono svolti presidi e cortei per protestare "contro l'arroganza e la violenza militare israeliana e contro l'atteggiamento di una comunità internazionale che continua a rendersi complice, garantendo l'impunità ai crimini di un Paese ancora una volta immune da atti concreti di condanna delle sue politiche. Continueremo a scendere in piazza e invitiamo alla mobilitazione in tutte le città italiane, finché tutti gli attivisti internazionali sequestrati da Israele non saranno liberati".
A questo proposito, venerdì 4 giugno nel pomeriggio è stata proclamata una giornata di mobilitazione nazionale per chiedere "l'immediato rilascio degli attivisti internazionali della Freedom Flotilla, l'immediata interruzione degli accordi di cooperazione fra Italia e Israele, il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l'economia di guerra israeliana". Il ritrovo è fissato in Piazza della Repubblica alle ore 17, il corteo proseguirà poi verso Piazza del Popolo. ... (continua)