mercoledì, luglio 01, 2015
Nel giorno del secondo anniversario dalla caduta di Mohammed Morsi per mano dei militari, attivisti laici, oppositori democratici ed esponenti della società civile egiziana hanno poco da festeggiare. Il presidente Abdel Fattah al Sissi ha annunciato un giro di vite e emendamenti alle leggi attuali che – a suo avviso – impediscono ai magistrati di estirpare il terrorismo “alla radice”.

Misna - L’annuncio è stato diramato nel corso dei funerali dell’ex procuratore generale Hisham Barakat, ucciso ieri in un attentato al Cairo: un colpo al cuore delle istituzioni egiziane e della magistratura in particolare, protagonista negli ultimi mesi di una serie di condanne di massa ai danni dei leader dei movimenti islamisti e considerata da questi ultimi il ‘braccio esecutivo’ del governo.

“È un giorno strano qui in Egitto” dice alla MISNA Wael Eskandar, blogger, attivista e commentatore politico per la versione in lingua inglese del quotidiano Al Ahram. “Il governo ha decretato una giorno di festa nazionale, in occasione dell’anniversario della caduta di Morsi, ma è anche un giorno di lutto, con le immagini del funerale trasmesse in queste ore da tutte le televisioni, i più alti rappresentanti delle istituzioni in abito e occhiali scuri. Non promette niente di buono”.

“La situazione già adesso – spiega – è anche peggio di quella dei giorni più bui dell’era Mubarak. Ci sono più detenuti politici in carcere di quanti non ce ne fossero mai stati, la libertà di manifestare è stata fortemente limitata e compromessa e tutti, dagli attivisti agli oppositori laici rischiano di essere schiacciati da quest’ondata repressiva che sta per abbattersi sul paese”.

Già nelle ultime settimane, diverse organizzazioni per i diritti umani avevano puntato il dito contro l’impunità garantita in Egitto alle forze dell’ordine, responsabili di uccisioni, torture e arresti arbitrari. La morte di una giovane mamma, Shaimaa al Sabbagh, uccisa dagli agenti di sicurezza mentre manifestava pacificamente vicino la piazza Tahrir divenuta il simbolo della rivolta egiziana del 2011, è solo uno degli episodi che ha indignato l’opinione pubblica. E con le nuove leggi, la loro libertà d’azione potrebbe addirittura aumentare.

“Quello che è cambiato, rispetto a prima della rivoluzione, è la presa del governo sul potere giudiziario. La magistratura, un tempo un organismo equidistante e rispettato dalla maggior parte degli egiziani, è stata trasformata in uno strumento oppressivo al servizio delle autorità. Per nessuno, qui in Egitto, è più un mistero che le sentenze rispondano ad un’agenda politica più che alla giustizia civile o penale”.

Ancora oggi Amnesty International ha accusato le autorità egiziane di incarcerare giovani attivisti per silenziare le voci critiche e la dissidenza. In un rapporto intitolato “Generation Jail: giovani d’Egitto dalla protesta alla prigione,” gli esperti riportano i casi ‘esemplari’ di 14 giovani arbitrariamente imprigionati negli ultimi due anni in relazione alle proteste. Nelle considerazioni finali, il vicedirettore dell’organizzazione per il Medio Oriente e Nord Africa Hassiba Hadj Sahraoui, ha dichiarato: “Prendendo di mira giovani attivisti egiziani, il governo sta schiacciando le speranze di un’intera generazione per un futuro più luminoso […] e dimostrando che non si fermerà davanti a nulla che comporti una sfida alla sua autorità”.

“Come se non bastasse – osserva Eskandar – si tratta di una strategia destinata a fallire: è la spirale della violenza che genera violenza, in un’escalation visibile da entrambe le parti. Mentre la nostra voce, nel mezzo, viene silenziosamente soffocata”.

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