domenica, maggio 30, 2010
Nel pomeriggio di oggi sarà presentato a Valleggia, in provincia di Savona, presso il Santuario Basilica N.S. di Misericordia e nell’ambito del Convegno diocesano delle corali, un dipinto risalente alla metà del Seicento recentemente restaurato.
Radio Vaticana - La frazione è cresciuta intorno alla basilica eretta sul luogo dell'apparizione di Nostra Signora della Misericordia al beato Antonio Botta, avvenuta nel 1536. La tela ritrae una bellissima Madonna della Misericordia assieme al beato, per questa ragione i promotori dell’iniziativa, d’accordo con gli organizzatori della rassegna corale e la diocesi, hanno deciso di presentarne il completo recupero proprio nel luogo dell’apparizione mariana. Lo rende noto un comunicato stampa straordinario della Curia diocesana di Savona-Noli. La Vergine appare in una posizione dinamica, con un movimento che ricorda la raffigurazione di una Nike, la classica Vittoria Alata, e tuttavia riesce a dare nel contempo una sensazione di serena quiete. Dal volto, sembra trasparire la solennità del messaggio rivolto ad Antonio Botta: questi è raffigurato con il viso illuminato e gli occhi irresistibilmente attratti da quella presenza radiosa. “Di questa tela si era persa memoria – viene spiegato nell’opuscolo che sarà diffuso al Santuario - dimenticata da almeno cinquant’anni in uno scantinato buio e polveroso, nascosta da cumuli e cumuli di carabattole. Un destino che la esponeva a molti pericoli, a danni forse irreparabili”. Al momento del ritrovamento il dipinto si presentava infatti lacero, strappato, con cadute di parti di pittura e persino con qualche spruzzo d’ intonaco. Anche in quelle condizioni, tuttavia, l’immagine rivelava una qualità sorprendente rappresentando l’iconografia dell’apparizione della Madonna al beato Antonio Botta con caratteristiche originali. Il restauro, finanziato dalla generosa disponibilità del Lions Club Savona Torretta, si presentava quindi estremamente impegnativo. E’ stato eseguito con grande maestria dal laboratorio genovese di Nino Silvestri sotto l’attenta direzione del dott. Massimo Bartoletti della Soprintendenza per i beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Liguria.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
Nella storica città di Fukuoka è sorto il primo Villaggio SOS giapponese, inaugurato ufficialmente dal sindaco lo scorso aprile.
S.O.S. Villaggi - Situata sulla costa settentrionale dell'isola di Kyushu, Fukuoka è la capitale della Prefettura di Fukuoka, a circa 1.100 km a sud ovest di Tokyo. Il Villaggio SOS è formato da 5 case famiglia che potranno accogliere un massimo di 25 bambini. Le prime 3 Mamme SOS hanno iniziato il loro lavoro,dopo aver completato 2 anni di formazione professionale. Il Giappone ha atteso per lungo tempo l’apertura di strutture di accoglienza infantile basate su un approccio di tipo famigliare, modello seguito dalla nostra associazione da più di 60 anni. Nell’isola orientale sono circa 40.000 i bambini in custodia a causa di abusi e altre problematiche familiari o sociali, di questi oltre il 90 per cento vive in orfanotrofi, secondo le guide del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare.
Durante la festa per l’inaugurazione, gli ospiti d'onore sono stati il vice governatore di Fukuoka, Jutta Stefan-Bastl (ambasciatore austriaco in Giappone) e Siddhartha Kaul (Vice Segretario Generale di SOS Villaggi dei Bambini International). Amici, volontari e parte della popolazione locale hanno partecipato alla cerimonia.
Siddhartha Kaul ha commentato: “Al Villaggio SOS i bambini crescono con tutta la sicurezza e la protezione di cui hanno bisogno. Abbiamo iniziato bene qui in Giappone e con gli amici e i sostenitori che porteranno presto il loro aiuto, sono sicuro che i bambini in difficoltà potranno trovare una nuova speranza”.
Le case famiglia del Villaggio SOS di Fukuoka sono state costruite grazie alle donazioni di aziende, donatori privati e altri sostenitori della nostra associazione in Giappone.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
Grave atto di omofobia nella capitale, un ragazzo è stato aggredito nella notte tra martedì e mercoledì scorso, a Roma, all'uscita da un locale gay.
Ansa.it - Un appello al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi "affinché venga approvata la legge contro l'omofobia". A lanciarlo è il giovane omosessuale aggredito nella notte tra martedì e mercoledì scorso, a Roma, all'uscita da un locale gay. Il giovane, dimesso ieri mattina, si trova ora a casa con i propri familiari e preferisce, al momento, spiega una nota dell'Arcigay Roma, non intervenire in pubblico e continuare a mantenere la propria privacy per agevolare il corso delle indagini.
"Volevo ringraziare Gay Help Line - afferma il giovane - per il sostegno ricevuto e tutte le istituzioni per la solidarietà espressami, però credo ci sia bisogno di azioni concrete e volevo fare un appello al presidente Berlusconi affinché venga approvata la legge contro l'omofobia e nello stesso tempo mi auguro che le Forze dell'Ordine risolvano il mio come tutti gli altri casi irrisolti e come atto di civiltà spero - conclude - che ci sia una partecipazione attiva al prossimo Gay Pride di Roma del 3 luglio dove sicuramente parteciperò anche io".
Una serata spensierata passata con gli amici nella 'Gay street'. Ma una volta rimasto da solo, la notte romana ha materializzato un incubo: dietro l'angolo lo aspettava il ghigno dei suoi aguzzini, che lo hanno riempito di botte urlandogli "Frocio di m...". Sono gli attimi di terrore vissuti da un giovane omosessuale a Roma, pestato a sangue nei pressi del Colosseo da un gruppo di quattro o cinque ragazzi. La vittima, che ha denunciato la vicenda attraverso l'Arcigay, ha persino rischiato di perdere un occhio. Il giovane, un romano di 24 anni, stava tornando a casa dopo essere stato nel vicino locale della Gay street, il 'Coming out'. Una volta arrivato alle scale per raggiungere via Cavour e poi la stazione Termini, é stato accerchiato dal gruppo di ragazzi tra i 25 e i 30 anni.
La vittima ha subito capito di essere stata seguita. "Sei un frocio di m...", gli urlavano. Lui ha avvertito subito il pericolo e ha lanciato l'Sos chiamando al cellulare il suo compagno. Hanno cominciato a prenderlo a pugni. Poi, una volta finito a terra, gli hanno sferrato calci dappertutto e prima di scappare gli hanno rubato il cellulare. Dopo poco è arrivato il compagno della vittima e un altro amico. Ma l'incubo non era ancora finito. "In via Cavour, uno dei miei due soccorritori ha chiesto dei fazzoletti in un bar per tamponare il sangue, ma loro si sono rifiutati. Nel frattempo io non ero cosciente e il mio sangue colava", ha spiegato la vittima al suo avvocato Daniele Stoppello. Il ragazzo aggredito - ha spiegato il legale - è stato ricoverato d'urgenza all'Umberto I, riportando diverse ferite, tagli e contusioni al volto e rischiando di perdere l'occhio. "Mi sono sentito la loro cavia", ha detto oggi il giovane omosessuale ricordando sconvolto quei momenti di paura - L'unico potere che ho in questo momento è quello di denunciare i miei aggressori. Mi auguro la collaborazione di qualcuno, ma spero che nessuno abbia assistito a quanto è successo, perché sapere che qualcuno ha visto e non parla mi farebbe ancora più male". L'aggressione è avvenuta in via del Fagutale.
Unanime lo spirito di solidarietà al giovane aggredito e lo sdegno per la vicenda, manifestati da molti esponenti politici, prima tra tutte il ministro Mara Carfagna, dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, dal presidente della Provincia Nicola Zingaretti e dalla presidente della Regione Renata Polverini. Per il ministro per le Pari Opportunità è indispensabile che "chi ha visto, parli. Lo faccia per assicurare alla giustizia una banda di delinquenti e, se non basta, per riparare all'errore di non essere intervenuto ad aiutare un ragazzo vittima di una barbara aggressione". L'Arcigay di Roma ha lanciato "un appello alle forze dell'ordine affinché rintraccino i colpevoli di questa aggressione così violenta", perché "sono troppi i casi di omofobia irrisolti di cui non sono stati individuati i responsabili".Mentre per il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, "gli episodi di violenza quotidiani che sentiamo riportare dalla stampa e che i nostri operatori registrano sul territorio ogni giorno sono un campanello d'allarme di un'escalation di intolleranza e discriminazione nei confronti dei cosiddetti "diversi".
Dall'agosto dello scorso anno, quando una coppia di ragazzi gay fu aggredita di fronte al Gay Village e uno di loro fu ferito da un colpo di bottiglia rotta sferrato all'addomme, nella Capitale si sono verificate diverse aggressioni contro gli omosessuali. L'ultima lo scorso aprile: nella notte un giovane volontario di Arcigay era stato insultato e aggredito da un gruppo di quattro ragazzi a bordo dell'autobus a Trastevere.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
L’Iniziativa dei Cristiani per l’Europa, creata da associazioni e singole personalità operanti su scala continentale, propone per martedì primo giugno a Bruxelles un dibattito pubblico dal titolo “Migrazioni, una sfida per l’Unione Europea e i cristiani d’Europa”.
Radio Vaticana - L’appuntamento promosso da Jérôme Vignon delle Settimane Sociali di Francia, da Gabriele Erpenbeck del Comitato centrale dei cattolici tedeschi e da Andrea Olivero delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani arriva in un momento di fondamentale importanza per l’Ue, che sta elaborando un sistema di asilo comune. Argomenti come l’immigrazione e il diritto d’asilo, si legge in una nota del Sir, assumono un ruolo centrale in un momento in cui l’Unione Europea deve far fronte a sfide crescenti in tema di immigrazione e integrazione. Si cercherà di sciogliere questi nodi attraverso tavole rotonde, che affronteranno la questione sotto il profilo teorico, pratico e politico.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
del nostro Carlo Mafera
Uno scontro culturale tra due modi diversi di vedere il mondo: questo è una delle chiavi di lettura di “Skylight”, un viaggio, un percorso nelle attuali dinamiche familiari diventate oramai consolidate nella nostra società contemporanea. Due esseri umani, Marco e Laura, che si cercano e si respingono in un gioco infinito e Claudio, il figlio di Marco, che prova asd attutire le loro tensioni cercando ciò che li unisce piuttosto ciò che li divide.
Marco è un uomo abituato a fare del lavoro e del denaro gli idoli a cui sacrificare gli affetti. Laura invece è alla ricerca dei veri valori umani: una donna che scappa dalla casa dove per sei anni aveva vissuto una relazione con Marco quando ancora sua moglie Alice era in vita, per trovare la sua dimensione. Cioè quella di una tranquilla professoressa dedita alla formazione dei suoi alunni in una realtà molto difficile quale quella dell’estrema periferia romana. Marco torna a cercarla e riesce a trascorrere e condividere qualche tempo con lei. Ma poi il suo istinto di uomo che vuole avere tutto, che vuole imporre la sua filosofia e il suo stile di vita anche agli altri, prevale rovinando di nuovo la relazione che si era fragilmente creata. Forse quello che manca a Marco è la capacità di ascoltare gli altri, il figlio Claudio e Laura. L’autore non da una prospettiva e un finale positivo e propositivo. L’ascolto empatico e attento dell’altro da parte di Marco avrebbe implicato la capacità di aprirsi a una lettura della situazione diversa dalla propria, come se il proprio punto di vista fosse soltanto uno dei tanti possibili che rispecchiava la personale “mappa del mondo”. Ciò avrebbe comportato il non rifiutare o squalificare l’altro o ciò che proponeva ma avrebbe implicato l’accettazione della sua personale visione della realtà. Sarebbe stato bello un finale così con tale ascolto empatico, ma purtroppo ognuno di loro Marco, Laura e Claudio ritornano mestamente nei loro ruoli di sempre come molto spesso avviene nella realtà di migliaia di famiglie dove aleggia il disagio comunicativo. Chissa’ se un giorno lo stesso autore ipotizzerà un finale positivo che lasci spazio alla speranza e non alla amarezza della difficoltà comunicativa. ... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
Scandaloso il criterio pubblicato sulla Gazzetta regionale del Veneto: “Non esiste alcun motivo razionale per negare a priori un organo a pazienti con ritardo mentale”
Radio Vaticana - Così Nicola Panocchia del servizio di emodialisi del Policlinico Gemelli, che insieme al collega Maurizio Bossola e allo psicologo californiano Giacomo Vivanti, ha pubblicato uno studio sulla rivista American Journal of Transplantation dopo una direttiva in senso opposto della Regione Veneto (n. 851 del 31 marzo 2009). In sostanza si smontano punto per punto le linee guida fatte proprie dalla giunta precedente a quella del governatore Luca Zaia, denunciando - di fatto - una pesante deriva eugenetica ed eutanasica. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso dott. Nicola Panocchia (ascolta):
R. - Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che un’istituzione pubblica avallasse di fatto - con la pubblicazione nella Gazzetta Regionale - un criterio che a nostro avviso non trova un riscontro né giuridico né etico né clinico e vale a dire quello di escludere a priori i pazienti con ritardo mentale dalla trapiantabilità.
D. - Viene ribadito anche dal Centro Nazionale Trapianti: fino ad oggi a livello nazionale non c’è questa discriminazione anche se il Veneto apre a questa possibilità…
R. - Di fatto a livello nazionale quasi tutti i centri hanno finora sempre valutato il paziente caso per caso, senza - diciamo - avere dei valori soglia, come il Qi inferiore a 50 o a 70, ma sempre valutando il singolo paziente. Questa a noi sembra essere la valutazione più corretta da fare.
D. - Voi ribadite che il problema non è politico, ma è molto più grave…
R. - E’ chiaro che le linee guida pubblicate dal Veneto hanno recepito verosimilmente delle linee guida cliniche, mediche, psicologiche e quindi elaborate da esperti. Il problema è ancor prima che politico - vorrei dire - un problema medico. D’altra parte noi ritroviamo, soprattutto in letteratura anglosassone, alcuni autori che sostengono che il trapianto - anche se salvavita - non è indicato, non è di beneficio ai pazienti con ritardo mentale, perché questi non miglioreranno la loro qualità di vita con il trapianto. Ma la qualità di vita è decisa da chi? E’ misurata da chi? E’ questo il vero nocciolo della questione!
D. - Chiaramente per quanto riguarda il caso del Veneto, ora ci si aspetta un correttivo? R. - Questo ce lo auguriamo tutti. D. - Dottor Panocchia, per quale motivo - secondo il Veneto - c’è la possibilità di escludere chi ha un ritardo mentale dal trapianto?
R. - Queste linee guida non entrano nel merito direttamente, ma verosimilmente almeno tra gli autori che in letteratura si trovano favorevoli all’esclusione di questi pazienti dal trapianto, noi troviamo quattro motivazioni fondamentali, che però noi nel nostro articolo argomentiamo e riteniamo non siano valide. La prima è appunto quella di una ridotta aspettativa di vita, ma questo non è necessariamente vero. Il secondo problema, che è quello - diciamo - più importante, è quello della “mancanza di compliance”, della mancanza cioè di capacità del paziente di aderire alla terapia. Ma anche un bambino, di fatto, non è in grado da solo di aderire ad una terapia: se non ha un nucleo familiare che lo sorregge, un bambino non è infatti in grado di assumere nessun tipo di terapia. Poi c’è l’incapacità di comprendere il processo del trapianto: ma anche qui basta pensare ai bambini e a molti adulti che non capiscono completamente alcune procedure mediche a cui vengono sottoposti. Infine, e questo è poi il problema che si ritrova molto spesso nella letteratura anglosassone, ci sono alcuni articoli ed anche alcuni bioeticisti che sostengono che sia inutile trapiantare queste persone, perché poi in termini di qualità di vita non si gioveranno del trapianto. Ma ripeto ancora: chi la valuta la loro qualità di vita?
D. - Viene messa in discussione addirittura la dignità umana?
R. - Siamo al solito problema del concetto chi è persona e chi no. In fondo questo è alla base di molte controversie proprio in bioetica.
D. - Un’eugenetica, un uomo cioè fatto ad immagine di qualcuno che lo pensa come perfetto?
R. - Direi proprio di sì. Se vogliamo essere brutali è come se si stesse affermando: “non sprechiamo pezzi di ricambio per persone per cui non ne vale la pena”, è questo il messaggio che molto spesso si ritrova.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
Obama: "fallimento che infuria e spezza il cuore". Top Kill è ufficialmente morta: tre giorni e 35 mila barili di fluidi dopo l'inizio del pompaggio, l'ultima manovra di Bp per fermare la marea nera nel Golfo del Messico è stata abbandonata.
Ansa.it - "E' un fallimento che infuria e che spezza il cuore", ha detto il presidente Barack Obama dopo che in una conferenza stampa a Robert in Louisiana Doug Suttles, il Chief Operating Officer della multinazionale del petrolio, aveva annunciato il nuovo fiasco. Bp passa adesso a una nuova manovra per cui si è data quattro giorni, forse piu', di tempo: si chiama Lower Marine Riser Package (LMRP), nella sostanza un 'cappuccio' o una 'mini-valvola' posizionato sopra la supervalvola che non ha funzionato in aprile e collegato alla nave di appoggio in superficie con cui Bp si augura di catturare il grosso del greggio e del gas che escono dal pozzo danneggiato 40 giorni fa. "Ma è una manovra non priva di rischi, ed ecco perchè non è stata tentata prima", ha detto Obama da Chicago dove si trova con la famiglia in una difficile vacanza per il 'ponte' del Memorial Day, mentre la costa degli stati che si affacciano sul Golfo del Messico ricevono una nuova condanna a morte.
La nuova battuta d'arresto - la terza dopo il fallimento della cupola e del 'siringone' - e l'annuncio del 'piano D' hanno chiuso una giornata contrassegnata da indignazione crescente. Proteste in Louisiana, proteste a New York: ipnotizzati dalla 'spill-cam', la telecamera che trasmette immagini del fiotto di greggio 24 ore su 24, gli americani condividono la rabbia della Casa Bianca per l'impotenza dei petrolieri e a Washington il Dipartimento della Giustizia sta valutando azioni legali a carattere penale. A Manhattan ieri 200 manifestanti si sono imbrattati di finto petrolio fatto di cioccolata e vernice davanti a una pompa di benzina. In Louisiana guida la polemica contro Bp, ma anche contro il governo federale, l'ex stratega di Bill Clinton James Carville: ''La gente qui crede in quel che vede. Mi sembra che il presidente Obama sia piu' arrabbiato con i suoi critici che con Bp'', ha detto Carville, che e' di New Orleans, guadagnandosi un rimbrotto del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs: ''James non conosce i fatti''. Era da venerdi che negli stati del Golfo cresceva il pessimismo sull'esito di Top Kill, e anche adesso non ci sono certezze.
E mentre in Lousiana crescono le polemiche perche', secondo le autorita' locali (smentite da Bp), la multinazionale del petrolio ha organizzato soccorsi da palcoscenico in occasione della visita di Obama su una spiaggia di Grand Isle, il Dipartimento della Giustizia ha mosso i primi passi verso un'azione penale contro Bp per i comportamenti prima e dopo il disastro. Una squadra di procuratori e di investigatori guidata dagli Assistant Attorney General Ignacia Moreno e Tony West hanno cominciato a raccogliere prove in Louisiana per verificare se Bp abbia violato regole di sicurezza federali e fuorviato le autorita' assicurando che era in grado di contenere rapidamente la perdita di greggio. L'indagine del Dipartimento della Giustizia e' un passo preliminare prima di decidere l'apertura formale di una inchiesta, ma ad ogni buon conto l'amministrazione ha chiesto al Congresso dieci milioni di dollari per finanziarla.
NYT, BP SAPEVA DI CORRERE RISCHI - Bp era a conoscenza di una serie di problemi e nutriva forti preoccupazioni riguardo alla sicurezza della piattaforma Deepwater Horizon molto tempo prima della sua esplosione. Lo dimostrano documenti riservati del gruppo petrolifero rivelati dal New York Times. I problemi, secondo le carte, riguardavano il rivestimento del pozzo e il dispositivo anti-esplosioni, due elementi cruciali nella catena di eventi che hanno portato al disastro. I documenti rivelano che già lo scorso marzo, quindi un mese prima dell'esplosione, Bp aveva registrato difficoltà nel "controllo del pozzo". E quasi un anno fa, a giugno dell'anno scorso, gli ingegneri del gruppo petrolifero avevano manifestato dubbi sul rivestimento in metallo che Bp voleva usare: secondo gli esperti avrebbe potuto cedere sotto il peso di una forte pressione.
"Questa è naturalmente il peggiore degli scenari possibili", scriveva l'ingegnere Mark E. Hafle in un rapporto interno, "ma siccome l'ho visto accadere so che può capitare". Nonostante il rivestimento non rispondesse ai normali standard di sicurezza, Bp ha concesso permessi speciali per poterlo utilizzare. I documenti non spiegano perché sia stata fatta questa eccezione. Le carte fornite da Bp al Times la scorsa settimana avevano rivelato che i dirigenti del gruppo sapevano che il rivestimento utilizzato era l'opzione più rischiosa tra due.
... (continua)
domenica, maggio 30, 2010
Nel 2010 gli scienziati prevedono 7,7 milioni di decessi in tutto il mondo fra i bambini sotto i 5 anni. Nel 1990 erano 12 milioni. La Chiesa cattolica seconda solo al governo nell’erogazione di cure mediche. Nel Paese oltre 5mila centri di cura cristiani, il 70% dei quali nascono nelle aree più povere e sperdute.
New Delhi (AsiaNews) – L’India registra una diminuzione annuale tra il 4 e il 5% del tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni (under-5 mortality). È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’università di Washington, che ha raccolto informazioni in 187 diversi Paesi in un arco di tempo che va dal 1970 al 2009. A livello mondiale, nel1990 le morti sotto i cinque anni toccavano quota 12 milioni. Per il 2010 gli scienziati prevedono 7,7 milioni di decessi, così distribuiti: 3,1 milioni di neonati; 2,3 milioni di morti post-neonatali; 2,3 milioni di bambini fra uno e quattro anni.
Negli ultimi due decenni il crollo nei decessi si attesta intorno al 35%, con una diminuzione annua attorno al 2%. I ricercatori sottolineano che il dato è inferiore al 4,4% annuo necessario per centrare il traguardo fissato dalle Nazioni Unite: abbattere dei due-terzi il tasso di mortalità infantile entro il 2015. Al momento sono 31 le nazioni in via di sviluppo in grado di raggiungere l'Obiettivo di sviluppo del millennio (66% entro il 2015). Tuttavia, secondo gli scienziati si è registrato un netto miglioramento: nel 1990 in 12 Paesi il tasso di mortalità era di 200 bambini ogni 1000 nascite. Oggi nessuna nazione al mondo ha un valore così elevato, sebbene restano ancora sacche di povertà e di degrado.
Tornando ai dati relativi all’India, in linea con gli obiettivi fissati dall’Onu, dalla ricerca emerge che oggi muoiono 20 neonati su mille in meno rispetto al 1990 (entro il 28mo giorno di vita). Per le morti post-neonatali sono 15 su mille in meno rispetto al 1990; 30 su mille in meno nella fascia tra gli uno e i quattro anni.
Suor Georgina, direttore dell’ospedale della Santa Croce ad Ambikapur, nello Stato centrale del Chhattisgarh, conferma ad AsiaNews l’impegno della Chiesa cattolica – attraverso i servizi per la salute – nella riduzione del tasso di mortalità neo-natale e infantile. Attiva nel campo della sanità dalla fine degli anni ‘60, la religiosa ha fondato la Raigarh Ambikapur Health Association (RAHA): “All’epoca, siamo nel 1968, dovevamo spostarci a piedi nelle aree più remote – spiega la suora – per portare medicine agli abitanti dei villaggi che vivevano nell’ignoranza, nella povertà, malnutriti e superstiziosi”.
“Abbiamo fondato 96 centri per la salute – continua – nelle aree agricole più sperdute, prive di qualsiasi accesso. Pur senza sostengo del governo, siamo riusciti a portare cure mediche e a ridurre il tasso di mortalità […] salvando i bambini dalla dissenteria gastrointestinale: esso è uno dei fattori più a rischio”. La suora aggiunge che “la Chiesa cattolica è il più grande fornitore di cure mediche dopo il governo” con i suoi oltre 5mila centri di cura, il 70% dei quali sparsi nei luoghi più sperduti e inaccessibili del Paese. Essi si ispirano al motto lanciato da Madre Teresa: “prendersi cura dei più poveri fra i poveri”.(NC)
... (continua)