mercoledì, maggio 06, 2009

L'insegnamento della religione nell'Europa multiconfessionale

Interviste con il cardinale Erdö e mons. Giordano

RadioVaticana - Ieri pomeriggio a Strasburgo, presso il Consiglio d'Europa, c'è stata la presentazione-dibattito della ricerca sull’insegnamento della religione in Europa. Una ricerca promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali del continente (Ccee), su iniziativa della Conferenza episcopale italiana (Cei). Presenti, tra gli altri, rispettivamente il presidente del Ccee, il cardinale Péter Erdö, e il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata.

Il servizio da Strasburgo di Fausta Speranza - L’insegnamento a contenuto confessionale rappresenta il modello largamente prevalente, ma ci sono contesti in cui non si va oltre la disciplina etica. I rappresentanti di Unione Europea e Consiglio d'Europa hanno ribadito che, in ogni caso, l’insegnamento della religione rappresenta una risorsa per tutte le società. Mons. Crociata ha sottolineato l'importanza di un'Europa che non pensi solo ai mercati ma ai valori e che metta al centro di tutto la persona. Mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, ha affermato che dopo anni di diffidenza c'è un rinnovato interesse per il fatto religioso. Le sue riflessioni nell'intervista che ci ha rilasciato:

R. - Per me, personalmente, è anche un momento particolare di emozione, perché il 5 maggio 1949 veniva fondato il Consiglio d’Europa. Io sono arrivato qui come osservatore della Santa Sede nel 1 settembre dell’anno scorso e, precedentemente, ero segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, organismo che ha realizzato questa ricerca, che io quindi ho accompagnato.

D. - Le questioni di fondo, mons. Giordano, quali sono?

R. - Oggi, noi notiamo un ritorno dell’interesse per il fatto religioso. Se abbiamo vissuto qualche decennio di un certo sospetto, di oblio di questo tema, adesso notiamo che il tema ritorna, molto fortemente - anche se ci sono ancora rimasugli di questo sospetto, di quest’oblio. C’è una riscoperta che la religione è un fatto politico, ha un’importanza per la società e per la politica e qui siamo un po’ in all'interno di una ambiguità. Da una parte, c’è chi vede che la religione spesso è usata o sfruttata anche per delle posizioni violente, ed è lo choc dell’11 settembre 2001 che ha mostrato quest’aspetto. Dall’altra parte, c’è una coscienza sempre maggiore di come la religione sia determinante per la pace, per la solidarietà, per la convivenza tra i popoli. C’è una coscienza rinnovata dal fatto che la religione è fondamentale per le culture. Inoltre, diventa sempre più urgente, in Europa, la questione del senso della vita: non dobbiamo dimenticarci che, almeno in 15 Paesi d’Europa, la più alta percentuale di morti di giovani e ragazzi è il suicidio. Come si giustifica allora l’insegnamento della religione nella scuola? Anzitutto, io ritengo perché la religione è una scienza, che come tale ha il diritto ed il dovere di stare nel curriculum formativo scolastico. La religione è una materia studiata da un numero enorme di scienze, forse nessuno degli altri oggetti è così studiato: pensiamo alla Storia della religioni, alla Psicologia delle religioni, alla Sociologia delle religioni, alla Fenomenologia della religione, alla Filosofia della religione - per non parlare della Teologia, che è la scienza tipica della religione. E d’altra parte, anche per il fatto che nella scuola vi è una dimensione fortemente educativa, e quindi è importante cogliere il legame tra educazione, formazione e religione. Un altro nodo che noi dobbiamo affrontare è come conciliare l’insegnamento confessionale - che noi riteniamo avere una serietà metodologica di contenuto enorme - con il pluralismo religioso che oggi in Europa. Dunque, noi abbiamo una questione ecumenica e abbiamo una questione interreligiosa. Da una parte, sentiamo che la religione non è mai un fatto generico, astratto, impersonale: le religioni hanno un volto, hanno una loro storia, sono accadimenti nella storia e quindi l’insegnamento serio della religione dev’essere, in qualche maniera, confessionale, cioè legato ad un’esperienza precisa. Come conciliare questo con il fatto del pluralismo religioso in Europa? Questa è un’altra domanda che teniamo in considerazione e credo che dovremo affrontarla sempre di più, forse anche a livello ecumenico e a livello interreligioso.

Di affinità e differenze in Europa, ci ha parlato il cardinale Péter Erdö, aggiungendo un ricordo personale:

R. - L’insegnamento della religione nella scuola ha un vero senso: è utile sia per la Chiesa, per la fede, che, oggettivamente, per l’educazione, in tutta l’Europa. Certamente, le forme giuridiche, la posizione legale dell’insegnamento nella scuola possono essere diverse. Anche la posizione sociologica della religione e delle religioni è ben diversa nei diversi Paesi dell’Europa: ci sono Paesi tutt’ora a maggioranza cattolica, ci sono Paesi a maggioranza cristiana ma non cattolica, Paesi dove i gruppi religiosi si equivalgono in termini quantitativi, Paesi a maggioranza non credente, Paesi a maggioranza islamica, e tutto questo è presente in Europa. Mi ricordo molto bene di un fatto quando frequentavo la scuola elementare in Ungheria: tutta la propaganda ufficiale lanciava accuse dicendo: “Ci sono ancora genitori retrogradi, che danno una doppia educazione ai figli”. In altre parole, mentre c'erano alcuni che volevano ancora l’ora di religione per i figli, si voleva sostenere che la doppia educazione non era accettabile, che faceva male psicologicamente ai bambini, che i genitori non dovevano educare i loro figli diversamente dall’ideologia dello Stato. Ma questo rappresentava proprio il capovolgimento della sussidiarietà. Adesso vediamo, con un certo ottimismo, che tale modo di ragionare torva poco spazio in Europa, e sicuramente non deve ritornare.

D. - La ricerca presentata a Bruxelles è frutto dell’elaborazione di tanti dati messi insieme da tutte le Conferenze episcopali europee. Ma non può finire qui questo lavoro di coordinamento a livello europeo: potrà dare frutti anche per il futuro? C’è l'impegno a continuare in questo scambio?

R. - Nel Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa esiste una sezione che si dedica alla catechesi e all’insegnamento della religione. Proprio in questi giorni ci terrà la sessione, a Roma: lo consideriamo quindi un compito non soltanto importante, ma anche gioioso per noi, che abbiamo la possibilità di migliorare i nostri metodi, la possibilità di guardare al contenuto del nostro insegnamento della religione, perché è lì che ci sono grandi differenze nei diversi Paesi. In alcune nazioni, l’ora di religione dev’essere multilaterale, anche se il maestro di religione è un cattolico credente. In altri contesti, con gli stessi criteri giuridici, ciò sarebbe un insegnamento controproducente, e quindi ci sono diverse posizioni, ed ognuno può imparare dall’esperienza dell’altro.
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martedì, maggio 05, 2009

A Roma, l'analisi del fenomeno Facebook tra rischi e opportunità

Intervista con padre Antonio Spadaro

Radio Vaticana - “Facce reali e facce virtuali: le relazioni dalla piazza a Facebook”: è il tema dell’incontro in programma domani all’Istituto Massimo di Roma. Alla tavola rotonda partecipa anche il gesuita Antonio Spadaro, scrittore de “La Civiltà Cattolica”. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Spadaro si sofferma su rischi e opportunità del fenomeno Facebook (ascolta):

R. - Facebook, innanzitutto, più che uno strumento, è un ambiente, un ambiente di relazioni. Quindi, il motivo di successo di questo ambiente è proprio il fatto che permette di far emergere non tanto le singole persone - anche questo, evidentemente - ma di farle emergere in relazione con altre.


D. - Lei ha un profilo su Facebook. Qual è la sua esperienza diretta?


R. - E’ un’esperienza direi problematica. Innanzitutto, è un luogo che permette di tenere i contatti con persone che si conoscono già ma che non vivono nello stesso ambiente, con cui si hanno contatti sporadici ma dei quali è possibile conoscere la vita, le attività, quello che di loro appunto vogliono far conoscere. D’altra parte, si pone il problema di avere rapporti con persone che non si conoscono direttamente e chiedono l’amicizia. Può essere uno strumento ambiguo nel senso che, evidentemente, quando parliamo di contatti, parliamo di amicizie su Facebook: qui è il concetto di amicizia diventa problematico, ci si pone cioè la domanda su cosa significhi essere “amici su Facebook”. La mia esperienza è sostanzialmente positiva ma, nello stesso tempo, può rischiare di diventare un ambiente alienante.


D. - Quali sono, secondo lei, le opportunità più significative, quali invece i rischi?


R. - Direi, tra le opportunità più significative, quella di restare in rapporto con persone in maniera abbastanza costante, perché Facebook permette un "live streming", cioè un flusso continuo di informazioni sulle persone. Direi che il problema di fondo consiste nel fatto che questa espressione possa delineare soltanto una relazione puramente virtuale.


D. - Può Facebook diventare anche un luogo utile, fertile, per l’evangelizzazione?


R. - Direi di sì, con cautela, nel senso che Facebook fa emergere le relazioni quindi, nel momento in cui la vita personale di ognuno ha a che fare con la fede, questo può emergere in rete. Sappiamo già che esistono dei gruppi con riferimenti religiosi oppure persone, sacerdoti, o appunto religiosi, che sono in rete e che, grazie alla loro presenza, offrono un luogo di testimonianza evangelica.

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martedì, maggio 05, 2009

Pirateria alimentare in rete, controlli dei Nas e Coldiretti

Nel corso di 27.633 ispezioni, non è stata rilevata corrispondenza tra il prodotto ingannevole commercializzato via web e la derrata realmente acquistata dall’utente

Eco51.it - Il nuovo tipo di pirateria alimentare è stata “pescata” in rete dai carabinieri dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità (Nas) del Comando per la Tutela della Salute. L’indagine era stata avviata per verificare la regolarità della commercializzazione dei prodotti enogastronomici venduti tramite il canale distributivo alternativo di maggiore tendenza: quello online tramite Internet. Nel 2008, infatti, in Italia è stato registrato un incremento di vendita superiore al 60%, rispetto a quello europeo, equivalente a più di un prodotto ogni 60 secondi. Nel corso di 27.633 ispezioni, non è stata rilevata corrispondenza tra il prodotto ingannevole commercializzato via web e la derrata realmente acquistata dall’utente. In seguito a questo controllo efficace ed efficiente del crimine, sono state arrestate 49 persone soprattutto nel settore degli oli e dei grassi, sequestrate 18,7 milioni di confezioni enogastronomiche – soprattutto carni, prodotti da allevamento e conserve alimentari, ma anche vini e alcolici, latte e derivati – e 34 milioni di kg di prodotti allo stato sfuso, per un valore di quasi 160 milioni di euro.

A fronte della diffusione del fenomeno, l’Organizzazione Agricola nazionale della Coldiretti lancia l’allerta contro le truffe. E’ importante che il consumatore controlli, dell’alimento, l’autenticità, i requisiti igienico - sanitari e la garanzia della provenienza territoriale (o dell’origine protetta riconosciuta nell’ambito dell’Unione europea). Soprattutto questa raccomandazione è da seguire acquistando in un canale distributivo indiretto come Internet: cibi e bevande sono maggiormente soggetti a rischi di deperibilità, scadenza, danneggiamenti in seguito a trasporti e falsificazioni di “made in Italy”, accattivanti per i prezzi più convenienti rispetto a quelli di mercato, commercializzati su siti stranieri.

Dopo analisi e meticolosi monitoraggi della rete, i Nas impegnati nella lotta contro le frodi e le sofisticazioni (ECO 51, qui e qui) hanno controllato l’intero territorio nazionale. Sono stati scelti più di 30 siti Internet tra i più attivi nel commercio in rete per controllarne le sedi fisiche di attività e di produzione delle merci. L’indagine si è appena conclusa con l’invio a giudizio di 14 persone per mancato rispetto dei requisiti igienico - sanitari previsti dalle norme vigenti e il sequestro di oltre una tonnellata di prodotti alimentari, per un valore stimato di circa 100mila euro.

Le violazioni più gravi sono state accertate dai Nas di Livorno a Pietrasanta, in provincia di Lucca, a carico del titolare di un’azienda agricola organizzata a livello imprenditoriale senza autorizzazioni igienico - sanitarie a norme Cee. Le incriminazioni riguardano l’esercizio abusivo della produzione e della commercializzazione di alimenti scaduti e di provenienza incerta spacciati per salumi tipici italiani (“porchetta toscana”, ecc.) su una vetrina web del sito di compravendita eBay, uno dei più frequentati online. In realtà, tutto avveniva senza requisiti igienico - sanitari: i suini di varie razze, allevati in proprio, erano macellati irregolarmente, trasformati in prodotti e stoccati in una fatiscente struttura abusiva in legno, smaltiti tra rifiuti come carcasse di veicoli ed elettrodomestici incendiati in loco. Sono stati sequestrati circa 100 chili di carne suina destinata al consumo umano, congelata impropriamente senza utilizzare un idoneo abbattitore di temperatura, oltre a più di 100 capi di bestiame, per un ammontare complessivo di circa 60mila euro.

Per smascherare la pirateria alimentare, garantire la sicurezza a tavola e combattere il lievitare dei prezzi nel percorso dal produttore al consumatore, la Coldiretti ha lanciato il progetto per la più estesa rete commerciale di prodotti italiani. La “campagna amica” – amica dell’ambiente, della salute e dell’economia – garantirà mercati dove acquistare direttamente le produzioni locali secondo un “piano spesa sicura”, come annunciato dal presidente della Coldiretti Sergio Marini alla Convention “Stop a inganni e speculazioni. Nasce la filiera agricola tutta italiana”.

di Antonella Gilioli
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martedì, maggio 05, 2009

Greccio: I francescani "bocciano" il manifesto

Criticato l'uso dell'mmagine del santuario di Greccio per fini politici

Corriere di Rieti - Padre Luciano De Giusti: "Non si possono sfruttare così i luoghi sacri". Sul fondo della foto elettorale di Melilli c'è l'immagine del santuario.
Il manifesto elettorale di Fabio Melilli non piace. O perlomeno non hanno apprezzato la scelta i frati del Santuario Francescano di Greccio. Basta girare un po' per la città, infatti, e si possono trovare grandi locandine dell'attuale presidente della Provincia, nuovamente candidato per le prossime elezioni di giugno, in posa davanti a uno sfondo in cui compare il luogo spirituale per eccellenza della provincia reatina. Mossa elettorale "furba", che in particolare il guardiano del santuario di Greccio, padre Luciano De Giusti, non ha gradito.

Il commento del frate giunge oggi proprio dal luogo di culto del paese: "Intendiamo manifestare la più totale disapprovazione al presidente della Provincia, Fabio Melilli - ha dichiarato padre Luciano - Ha fatto un uso strumentale del nostro santuario per fini politici, che non approviamo affatto". Il frate francescano ha ripetuto incessantemente l'assoluta estraneità al contenuto del manifesto: "Intendo affermare che la vera politica è chiamata a servire e a promuovere il bene comune, e non a servirsene per scopi elettorali. Comprendo - ha proseguito - che la politica ha bisogno di visibilità, ma non posso condividere il modo in cui si sfruttano i luoghi sacri, che devono restare silenziosa testimonianza di una gratuità e libertà che percorre altre logiche".

Padre Luciano ha sottolineato che questa precisazione serve anche a riflettere sull'importanza che alcuni luoghi hanno avuto nei secoli, come anche oggi, ossia spazi di incontro e di condivisione per ogni persona. "E' soprattutto in questo senso - ha concluso padre De Giusti - che con semplicità ma anche con fermezza desidero ribadire tutto questo a coloro che nella logica politica, pur legittima, cercano altri significati". Sul fatto, considerato increscioso dai religiosi di Greccio, il guardiano del santuario francescano incontrerà il candidato Melilli nei prossimi giorni per ottenere deichiarimenti

Silvia Salvati

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martedì, maggio 05, 2009

Prima Giornata nazionale in Italia contro la pedofilia

Gli obbiettivi di questa prima giornata sono stati: ridurre i tempi dei processi per pedofilia, di avviare un'attività di prevenzione e di formazione

Radio Vaticana - Si è svolta oggi la prima Giornata contro la pedofilia, con iniziative in tutta Italia. Al fine di spezzare il silenzio sul fenomeno, purtroppo in crescita, a giudicare dalle denunce e segnalazioni pervenute negli ultimi tempi alle Forze dell’ordine ed alla Polizia postale. In questa prima edizione, chiamata ''Parla con noi'', Telefono Azzurro ha proposto di introdurre i reati di adescamento di minori e di pedofilia culturale nell'ordinamento italiano, di creare un albo di professionisti per raccogliere le testimonianze dei bambini, di utilizzare le intercettazioni per il turismo sessuale, di ridurre i tempi dei processi per pedofilia, di avviare un'attività di prevenzione e di formazione. Queste proposte per contrastare i reati sui minori sono state avanzate oggi a Roma dall’Onlus a difesa dei minori. Telefono Azzurro pubblica annualmente un Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in collaborazione con Eurispes. Un allarme è stato lanciato anche da Domenico Vulpiani, direttore del Servizio della Polizia Postale, nel corso della manifestazione organizzata a Roma, in occasione della Giornata. “Attenzione - ha detto - a scaricare musica o video da Internet, talvolta dietro siti come e-mule si nascondono pedofili”. Il diregente della Polizia Postale ha quindi invitato la platea di studenti a segnalare i “cattivi incontri in rete” ed a non avere paura delle conseguenze. ''Meglio pagare qualche euro di multa per aver scaricato illegalmente piuttosto che essere accusati di aver condiviso file pedopornografici'', ha aggiunto Vulpiani, mettendo in guardia anche dai messaggi di sconosciuti sui propri telefoni mobili, accompagnati da richieste di incontri oppure offerte di regali. ''Segnalateceli'', si è raccomandato. Proprio ieri, è stata data notizia di un sito web, oscurato e posto sotto sequestro perché ritenuto “socialmente pericoloso”, da parte della Polizia postale di Catania, che ha agito su indicazione dell’Associazione “Meter” di don Fortunato di Noto. "Ormai siamo lungo una china molto pericolosa", ha commentato il sacerdote, invitando "tutti a vigilare e a tenere alta la guardia: la pedofilia non è qualcosa di lontano da noi, è solo violenza cieca su piccoli che non si possono difendere". Il fenomeno in Italia è fortemente in aumento, soprattutto su Internet. Resta però in gran parte sommerso. Ciò che emerge è una sottostima: dal 2001 al 2008, sono state arrestate 201 persone; oltre 4 mila le denunce, 3.949 le perquisizioni, 273.334 i siti monitorati. Negli ultimi sette anni sono stati chiusi 177 siti e 10.907 sono stati segnalati ad organismi stranieri, 60 le operazioni di rilievo internazionale. Più di un ragazzo su 10 - secondo la Polizia postale - dichiara di avere avuto contatti ritenuti pericolosi sul web e più della metà dei minori italiani tramite la Rete ha accesso al mondo della pornografia. Telefono Arcobaleno - altra associazione di contrasto alla pedofilia on line - afferma che sono quasi 4 mila i siti pedopornografici segnalati ogni mese. Recenti stime europee riferiscono inoltre che tra il 10 e il 20% della popolazione adulta, ha subito abusi e violenze sessuali nell'infanzia. (A.V.)

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martedì, maggio 05, 2009

Migliaia di indigeni accampati a Brasilia in difesa dei diritti

‘Terra Livre’ è la mobilitazione indigena giunta ormai alla sua 6° edizione

Agenzia Misna - “Questo paese è stato costruito con una mentalità di sfruttamento che non è mai cambiata: anche oggi un capo di bestiame vale di più di un bambino indigeno e la canna da zucchero più delle foreste”. E’ la voce di Anastasio Peralta, indigeno del popolo Guaraní-Kaiowá del Mato Grosso do Sul, che insieme a un altro migliaio di nativi di 150 etnie provenienti da diversi stati del paese resterà accampato per tutta la settimana lungo la ‘Spianata dei ministeri’ di Brasilia per chiedere al governo il pieno rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione del 1988. Dall’accampamento ‘Terra Livre’, come è chiamata la mobilitazione indigena giunta ormai alla sua sesta edizione, si leva un’annosa richiesta, avanzata per la prima volta 14 anni fa: l’approvazione di un nuovo Statuto dei popoli indigeni per garantire la piena applicazione dei diritti costituzionali e sostituire quello in vigore dal 1973 che, approvato durante la dittatura militare, è ritenuto arcaico e pieno di pregiudizi poiché considera i popoli nativi giuridicamente incapaci nominando lo stato brasiliano come loro tutore. I nativi esamineranno la bozza del nuovo Statuto stilata dall’Assemblea dei popoli indigeni e contano di presentarla all’esecutivo affinché la porti in parlamento; sperano di poter incontrare entro il fine-settimana anche il presidente Luiz Ignacio Lula da Silva a cui hanno chiesto udienza. Una delle principali preoccupazioni dei nativi riguarda lo sfruttamento delle ricchezze presenti nel sottosuolo delle terre indigene: il governo accetta infatti il veto dei popoli originari sullo sfruttamento minerario ma non su quello delle risorse idriche e al momento, ha detto il dirigente amazzonico Marcos Apuriná, “esistono 450 progetti di infrastrutture che inonderanno le nostre terre”.

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martedì, maggio 05, 2009

Il Papa in Terra Santa

Benedetto XVI parte venerdì per un viaggio “importante, interessante e molto complesso”. In Giordania, Israele e Territori palestinesi visiterà i Luoghi santi, porterà sostegno ai cristiani, avrà incontri interreligiosi con ebrei e musulmani.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Venerdì prossimo, 8 maggio, Benedetto XVI parte per la Terra Santa: Giordania, Israele e Territori palestinesi. Sarà il terzo papa a recarsi in Terra Santa, dopo Paolo VI (1964) e Giovanni Paolo II (2000). Per lui sarà la quarta volta: c’è già stato nel 1964, nel 1992 e nel 1994, quando, tra l’altro, fece un importante discorso sulle relazioni tra Israele, la Chiesa e il Vaticano.

Sarà un viaggio grandemente desiderato e difficile, che cade in un momento particolarmente delicato della realtà del Medio Oriente. “Viaggio importante, interessante e molto complesso”, l’ha definito padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede. “Il Papa entra in una cristalliera molto delicata, dove le strumentalizzazioni sono sempre in agguato” ha detto da parte sua in un’intervista padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta. E “tutti si preparano ad accaparrarsi la parte migliore della torta che questa visita rappresenta...”, ha commentato da parte sua il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Foual Twal.

Politicamente, da una parte c’è l’accresciuta tensione dovuta alla creazione del governo di Benjamin Netanyahu. Fortemente condizionato dai partiti della destra più dura, ha praticamente bloccato i colloqui indiretti che erano in corso con la Siria, ha ampliato le divisioni con i palestinesi - anche con i “moderati” di Fatah - deluso le aspettative dei tanti arabi che speravano si potesse finalmente parlare davvero della pace, lasciato, alla fine, spazio ai seguaci delle farneticazioni estremiste dell’iraniano Mahmoud Ahmadinejad. E, due settimane fa, la visita dell'inviato statunitense in Medio Oriente, George Mitchell, ha fatto emergere la divergenza di vedute che c’è tra la presidenza Obama e il nuovo esecutivo israeliano sul tema dei due Stati, per palestinesi e israeliani.

Lo stesso mondo arabo è più diviso che mai. I processi in Egitto e in Giordania contro uomini accusati di far parte dell’estremismo sciita sono arrivati a poche settimane dalle elezioni di giugno in un Paese-chiave come il Libano e a quelle ad esse vicine del nuovo presidente iraniano.

Certo non sono questi i motivi della visita del Papa, che va per un pellegrinaggio. Ma sarebbe irreale non riconoscere le attese anche politiche che egli porta con sé. L’ha detto lui stesso, domenica scorsa, quando ha chiesto ai fedeli di pregare per la riuscita del viaggio: “Con la mia visita mi propongo di confermare e di incoraggiare i cristiani di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà”. “Inoltre - ha aggiunto - mi farò pellegrino di pace, nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò l’impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione, per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole importanza ecumenica e inter-religiosa”. “In modo speciale” ha, infine, chiesto di pregare per “il popolo palestinese, che ha subito grandi privazioni e sofferenze”. Dai palestinesi, nei giorni scorsi, è venute qualche polemica per la mancanza di una tappa a Gaza. Motivi di sicurezza, è stato detto. Un centinaio di cristiani di Gaza sarà comunque alla messa che il Papa celebrerà a Betlemme, mercoledì 13, ed esponenti politici della Striscia dovrebbero partecipare all’incontro con le autorità palestinesi, al termine della visita nella città ove nacque Gesù.

Se è certo che della situazione mediorientale il Papa parlerà col re di Giordania, il presidente e il primo ministro israeliani e il presidente palestinese, già si notano “gesti” che fanno pensare ad un “uso” della sua presenza, come la scelta di costruire, a Nazaret, il palco papale di fronte al muro di divisione o la notizia, attribuita allo Shin Bet, il servizio segreto israeliano, sui rischi per l’incolumità di Benedetto XVI proprio in quella tappa. Che è quella dove si attende il maggior numero di cristiani.

Proprio i cristiani saranno centrali nella preoccupazione di Benedetto XVI. Continuano a diminuire in tutto il Medio Oriente, anche in Libano, ove fino a qualche decennio fa erano maggioranza. Pochi, ferreamente controllati - in Siria - violentemente attaccati - in Iraq - marginalizzati ovunque. Profughi cristiani dall’Iraq dovrebbero essere alla messa che Benedetto XVI celebrerà, domenica, ad Amman. Verso i cattolici, poi, in Israele ci sono “ignoranza” e “intolleranza”. A dirlo, a metà aprile, è stato il rabbino Ron Kronish, co-direttore del Consiglio di coordinamento interreligioso di Israele. E se il governo - che ha stanziato più di 10 milioni di dollari per la visita – annuncia un’apposita emissione filatelica e ha anche creato un apposito sito web, nel quale si afferma che “Il pellegrinaggio di Sua Santità Papa Benedetto XVI in Terra Santa è un pellegrinaggio di pace e riconciliazione”, continuano a non dare risultati concreti le annose trattative con la Santa Sede per i beni della Chiesa e il loro regime giuridico e fiscale. Così come neppure si parla più della restituzione, alla Custodia, del Cenacolo, che nel 2000, in occasione del viaggio di Giovanni Paolo II, sembrava vicina.

La visita di Benedetto XVI, sul piano della conoscenza dei cristiani in Israele, sta producendo qualche effetto. Sui giornali israeliani compare qualche articolo in più sul cristianesimo. Haaretz, a metà aprile ha anche dedicato un articolo, non ostile, alla piccola comunità del Vicariato cattolico “che parla ebreo”, nella quale c’è anche “qualche sopravvissuto all’Olocausto” e che si raccoglie nella piccola chiesa di Santi Simeone e Anna, a Gerusalemme.

Il Papa non ci andrà: il programma, molto fitto, del suo viaggio prevede i Luoghi santi, da quello del battesimo sulla riva giordana del fiume, a Nazaret, a Betlemme e, a Gerusalemme, il Santo Sepolcro e il Cenacolo, ma anche alle sedi delle altre confessioni cristiane. Una connotazione ecumenica ed anche interreligiosa, in quanto Benedetto XVI andrà al Muro del Pianto - dove, come già Giovanni Paolo II, dovrebbe lasciare una sua preghiera – e si recherà dai due gran rabbini di Gerusalemme. Un incontro che ribadisce la fine delle polemiche scoppiate a inizio anno con la vicenda del vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson. Incomprensioni peraltro già superate con la visita in Vaticano, a marzo, di una delegazione del Gran rabbinato d’Israele e della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, l’istituzione della quale fu annunciata da Giovanni Paolo II nel 2000, proprio nella sede del Gran rabbinato, ove ora si recherà Benedetto XVI.

Quanto ai musulmani, Benedetto XVI si recherà alla moschea Al-Hussein Bin-Talal di Amman e alla Moschea della roccia di Gerusalemme. Di entrambi i luoghi vedrà i responsabili musulmani. Si tratta di due realtà diverse del mondo islamico, più dialogica la prima, più rigida la seconda. La Giordania, in particolare, è la patria del principe Ghazi bin Muhammad bin Talal, consigliere del re e promotore della Lettera intitolata “Una parola comune tra noi e voi” e detta dei 138, dal numero dei “saggi” musulmani che l’hanno firmata all’inizio. Da collocare tra gli effetti della lezione papale a Regensburg, essa resta un momento importante nella ricerca del dialogo tra cristiani e musulmani.

E’ un intrecciarsi di motivi religiosi e politici, nazionali e internazionali che rendono particolarmente difficile un viaggio che padre Lombardi ha definito “un atto di fiducia, atto coraggioso, testimonianza di impegno a portare il messaggio di pace e riconciliazione”.
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martedì, maggio 05, 2009

Cile: chiesta abrogazione legge di amnistia di Pinochet

La legge di amnistia è incompatibile con la Convenzione contro la tortura

Agenzia Misna - “La legge di amnistia è incompatibile con la Convenzione contro la tortura. Occorre mettere un punto finale alla normativa, l’impunità è una continuazione, di fatto, della tortura”. Ricevendo a Ginevra una delegazione cilena guidata da vice-ministro degli Esteri Jorge Frei, il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite ha chiesto formalmente al governo di Santiago di cancellare la legge di amnistia proclamata nel 1978 dal regime di Augusto Pinochet (1973-‘90) per impedire la persecuzione dei crimini della dittatura. “La democrazia cilena è già sufficientemente forte per risolvere questo problema. La legge di amnistia entra in conflitto con l’obbligo assunto dal Cile di rispettare la Convenzione internazionale contro la tortura” ha detto l’esperto senegalese Abdoulaye Gaye riassumendo le istanze del Comitato Onu, istituito dalla stessa Convenzione, adottata nel 1984, entrata in vigore nel 1987 e ratificata da 146 paesi. Il vice-ministro Frei, pur difendendo i progressi ottenuti dal Cile post-Pinochet ha ammesso che “esistono ancora temi pendenti ed elementi che devono essere perfezionati”.

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martedì, maggio 05, 2009

“Economia della salvezza e salvezza dell’economia”

Uscire dal tempo della crisi “Rinnovati”

È stato il giorno dell’abbraccio e dell’amicizia nel segno dello Spirito Santo, quello avvenuto nei padiglioni della fiera di Rimini fra due importanti esponenti politici, di schieramenti opposti, protagonisti della scena politica: l’ex ministro del governo Prodi, Enrico Letta e Angelino Alfano, ministro della giustizia nel governo Berlusconi. I due si sono ritrovati in perfetta sintonia, in una atmosfera di grande partecipazione, resa straordinariamente vitale e piena di contenuti dal tema che, il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, ha voluto proporre nel tradizionale incontro di Cultura della Pentecoste, rivolto all’evangelizzazione del sociale.

“Economia della salvezza e salvezza dell’economia” il titolo declinato dall’esperto moderatore, il giornalista del TG1 Clicca per ingrandire...Francesco Giorgino, che ha saputo legare sapientemente, con molte citazioni tratte dalla sociologia e dalla filosofia, i diversi momenti di questo talk show, argutamente ribattezzato da Martinez: “Cuore a Cuore”, in riferimento al “Porta a Porta“ di Vespa. Due opinionisti d’eccezione come il giurista Francesco D’Agostino e l’economista Stefano Zamagni hanno catalizzato l’attenzione dell’assemblea attraverso i loro interventi incentrati proprio sul duplice tema dell’economia e della salvezza.

Subito la provocazione del conduttore Giorgino: “Viviamo in un’era dove c’è una bulimia di rapporti sociali e un’anoressia del senso di comunità; preoccupa la deriva verso il relativismo e l’incapacità di distinguere il bene dal male, siamo dunque all’anticamera del nichilismo”.

Per D’Agostino ogni attività umana deve essere orientata alla logica della salvezza Clicca per ingrandire...in una società sempre più proiettata all’individualismo e dove i poveri rappresentano la vera ricchezza della chiesa. Per il giurista, la salvezza dell’economia non può passare attraverso il diritto; la giustizia da sola non basta, ma è necessario salvare l’economia dal pericolo dell’avidità, in una logica in cui l’individuo è sempre più ripiegato su se stesso.

Gli ha fatto eco il professor Zamagni, che ha delineato i contorni di un società incerta, contaminata da fini e stili diversi, dove il modello tecnologico è diventato un mito perché provoca “ben–essere” e perché la tecnologia in futuro ci semplificherà la vita. Ha poi descritto quello che lui chiama l’“Homo economicus”: caratterizzato da due aspetti: l’individualismo e l’opportunismo. Quando Zamagni dal palco ha tuonato che “non è vero che per essere felici bisogna avere sempre di più”, il pubblico ha manifestato ampio consenso. Interessante il rapporto tra l’idea dei beni garantiti dalla giustizia e dal diritto, certamente del tutto legittimi, e il concetto di gratuità, che sembra non avere più spazio nella nostra società. L’intervento si è concluso con una citazione di Agostino D’Ippona: “ La speranza ha due figli: la rabbia e il coraggio: bisogna “arrabbiarsi”, dunque prendersi cura del tempo presente, e avere il coraggio di chi vuole cambiare le cose”.

Le conclusioni a Enrico Letta e Angelino Alfano. Il primo, richiamando Salvatore Martinez, ha sottolineato che spesso le crisi hanno un valore provvidenziale. Facendo riferimento al suo ultimo libro: “Costruire una cattedrale”, ha evidenziato che oggi il presente sembra inghiottire il futuro: un segno chiaro, ha detto Letta. è che l’Italia è un paese che non fa più figli: occorre un nuovo impegno ad amare il nostro Paese, a costruire le città a misura di bambini, a impegnarsi nella società e nella politica senza rinunciare ad una sana utopia, dunque a idealità e convincimenti profondi. Dello stesso avviso anche il Ministro Alfano. Il popolo del Rinnovamento – ha detto il guardasigilli – oggi mi ha insegnato che la fede sta Clicca per ingrandire...prima nel cuore dell’uomo e poi nei libri di teologia. Sul tema della crisi poi ha voluto portare la sua testimonianza di un recente viaggio negli Stati Uniti, dove, assieme al ministro della giustizia del Presidente Obama, ha visitato un istituto penitenziario. In una cella di massima sicurezza, vestito con la tuta arancione, come uno dei peggiori criminali, il ministro ha incrociato Bernard Madoff, il finanziare che fece perdere ai propri clienti quasi 50 miliardi di dollari, a tal proposito il Ministro ha sottolineato come vana sia la ricchezza senza valori, non fondata sul lavoro e sulla rettitudine. “In questo tempo di crisi il mondo ha bisogno del Rinnovamento nello Spirito” – ha detto il ministro siciliano. Il fine ultimo della politica, ha poi sottolineato, deve essere quello di aiutare gli ultimi; una politica che dimentica gli ultimi, ha affermato, non è politica. Lo Stato deve costruire vie percorribili, offrire una opportunità anche a chi sbaglia, ha poi sottolineato motivando il suo appoggio al progetto di redenzione sociale dedicato ai detenuti e attuato dal RnS sul fondo Sturzo, come via di reintegrazione sociale e civile. Ha citato l’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari Clicca per ingrandire...al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Alfano ha anche detto che nelle carceri abitano oltre 60 bambini da 0 a 3 anni. Questi bambini, superato il terzo anno di età, vengono sottratti alle loro mamme: per questo il Ministero si sta impegnando per creare delle comunità di accoglienza per mamme e bambini.

Il giornalista Francesco Giorgino ha concluso gli interventi appellandosi alla speranza,. virtù fondamentale per il credente. L’incontro si è concluso con l’impegno dei politici a non confliggere e a dedicarsi al perseguimento del bene comune. Il presidente del Rinnovamento Martinez ha chiuso la sessione lanciando l’appello ad “aprire le carceri perché possa entrare il Vangelo” e ha richiamato il concetto aristotelico dell’amicizia, vista dal filosofo come il punto più alto della giustizia umana. Mossi da questo richiamo e sulle note di un canto, gli ospiti sul palco si sono stretti in un abbraccio amichevole.
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lunedì, maggio 04, 2009

In Giordania sulle tracce del Battesimo di Gesù

Per i pellegrini la sosta sul Giordano avviene a sud del Lago di Tiberiade, in territorio israeliano. Ma i Vangeli dicono che Giovanni battezzava nel deserto e la tradizione cristiana ha sempre fatto memoria dell'episodio più a sud, in un luogo oggi alquanto militarizzato, ma che la visita del Papa potrebbe finalmente «aprire»

Avvenire.it - La memoria del battesimo di Gesù? Non in Israele o in Palestina, ma in Giordania. Cioè sulla sponda est del fiume Giordano. La tappa che domenica 10 maggio Benedetto XVI compirà al Baptismal site - nei pressi dello Wadi al Kharrar - è uno degli aspetti più significativi del viaggio che il Papa si appresta a compiere in Terra Santa. È vero, infatti, che già Giovanni Paolo II nel 2000 si era fermato in questo angolo della Giordania. Ma stavolta il peso che verrà dato all'evento sarà molto maggiore. E potrebbe aprire la strada a una nuova meta per i pellegrinaggi cristiani.

Attualmente, infatti, per la maggior parte dei pellegrini in Terra Santa, la sosta sul fiume Giordano avviene a Yardenit, poco più a sud del Lago di Tiberiade, in una zona politicamente tranquilla: entrambe le sponde sono in territorio israeliano. Qui il ministero del turismo ha attrezzato delle gradinate dove i gruppi pentecostali celebrano i loro riti di immersione. Il problema è che con il battesimo di Gesù questo posto c'entra davvero poco: i Vangeli dicono con chiarezza che Giovanni battezzava nel deserto. E infatti la tradizione cristiana ha sempre fatto memoria di questo episodio molto più a sud, nei pressi di Gerico.

Il Pellegrino di Bordeaux - un anonimo che già nell'anno 333 lasciò il suo diario di viaggio - scrive che il luogo dove Gesù fu battezzato si trova a cinque miglia dal Mar Morto. E Antonino da Piacenza, nel 570, racconta che a ricordare il punto esatto c'era una colonna immersa nell'acqua, con in cima una croce. Di questo monumento non è rimasta traccia, ma la memoria si è comunque tramandata lungo i secoli: fino al 1967 - nell'ottava dell'Epifania - i frati della Custodia di Terra Santa scendevano da Gerico in questo stesso punto del fiume Giordano e lo attraversavano con una barca.

A interrompere la tradizione è arrivata poi la Guerra dei Sei Giorni, che ha reso il fiume il confine tra i territori controllati da Israele e la Giordania. E si tratta di un confine tra i più blindati al mondo. Solo dal 1985 le autorità israeliane hanno permesso di compiere - una sola volta all'anno - una processione oltre il filo spinato per arrivare fino alla riva: i cattolici la celebrano l'ultimo martedì di ottobre. Qui, però, tuttora non c'è nemmeno una chiesa, ma solo una piccola cappella con una tenda a fare da tetto.

Contemporaneamente, però, è cresciuto l'interesse per la sponda opposta, quella che si trova appunto nel territorio della Giordania. Già nei primi secoli del cristianesimo, infatti, qui erano sorte importanti comunità monastiche a partire dal versetto del Vangelo di Giovanni che colloca il battesimo di Gesù a « Betania oltre il Giordano » . Località che fin dall'inizio ha messo in crisi gli esegeti: non può essere infatti la Betania di cui si parla negli altri passi dei Vangeli, che si trova vicino a Gerusalemme.
Dell'esistenza di un'altra Betania, però, si erano perse le tracce.

L'indicazione « oltre il Giordano » era comunque chiara e, dunque, sulla sponda oggi giordana nel V secolo l'imperatore Anastasio fece costruire il monastero di San Giovanni Battista. Un edificio sacro costruito sopra una struttura ad archi, per tenerlo al riparo da eventuali piene del fiume. Poco lontano poi - nell'area dello Wadi al Kharrar, uno dei rigagnoli che scorrono in quest'area desertica per poi finire nel Giordano - si trova Sapsafas, la località della grotta dove sarebbe vissuto il Battista.

Dopo le Crociate su tutti questi luoghi era caduto l'oblio. Il primo a riscoprirli fu nel 1899 padre Féderlin dei Padri Bianchi. Ma per l'avvio di una valorizzazione archeologica si dovette aspettare ancora molti anni. Fu solo nell'estate del 1995 che il principe giordano Ghazi bin Talal ( lo stesso della lettera dei 138 saggi musulmani dell'ottobre 2007) accompagnò per la prima volta sulla sponda giordana del fiume il francescano archeologo padre Michele Piccirillo. « Quel giorno - scriveva il frate scomparso lo scorso anno - abbiamo cominciato a sognare di poter vedere un fiume di pellegrini attraversare pacificamente il Giordano per raggiungere il luogo del battesimo di Gesù e l'antico monastero di San Giovanni » .

Quel giorno rimane lontano.
Intanto, però, la Giordania ha scelto di investire parecchio nella valorizzazione di questo suo luogo cristiano. Il passo decisivo è arrivato nel settembre 1997, quando l'allora re Hussein ha istituito la « Reale Commissione per lo sviluppo del parco del battesimo del Signore Messia ( su di lui sia pace) nella valle del Giordano » . Sono iniziate delle campagne di scavi che hanno portato alla luce reperti straordinari. Nell'aera del monastero di San Giovanni Battista - ad esempio - è stata scoperta una vasca battesimale a forma di croce alimentata dalle acque del fiume. Inoltre sono stati ritrovati reperti dell'era romana che rendono plausibile l'ipotesi che Sapsafas possa essere davvero la misteriosa « Betania oltre il Giordano » di cui parla il Vangelo di Giovanni.

Ma non è solo all'archeologia che guarda la casa reale hashemita: l'obiettivo è far entrare stabilmente la Giordania negli itinerari del turismo religioso. Così - dopo la prima visita di Giovanni Paolo II nel 2000 - intorno al Baptismal site sono sorti nuovi progetti. Alcuni mesi fa è stata inaugurata un'area attrezzata per i battesimi delle chiese protestanti.
Poi ci sono già i plastici di cinque nuove chiese da costruire, una per ciascuna delle diverse confessioni cristiane. E infatti Benedetto XVI - durante la sua tappa sul Giordano - benedirà la prima pietra di quella dei cattolici di rito latino e di quella dei grecomelchiti.

Tutto questo attivismo ha smosso, però, le acque anche in casa israeliana. Così il ministero del turismo ha avviato i lavori per l'apertura ai pellegrini anche della sua sponda del fiume. La smilitarizzazione sarebbe inserita in una serie di iniziative per la valorizzazione dei luoghi cristiani nell'area del deserto di Giuda. A Pasqua si è svolta una cerimonia cui hanno preso parte settemila pellegrini ortodossi. E in quell'occasione le autorità israeliane hanno dichiarato che l'anno prossimo il sito potrebbe essere aperto stabilmente. Non è ancora il sogno di padre Piccirillo. Ma sta succedendo comunque qualcosa di interessante sul fiume Giordano.

di Giorgio Bernardelli

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lunedì, maggio 04, 2009

Convegno missionario ad Assisi sui media

Le conclusioni del CoMiGi: “i media sono una risorsa, risorsa ma troppo dipendenti dal mercato”

Radio Vaticana - “Se usati correttamente i media costituiscono da una parte una risorsa per il singolo, per la società e per lo sviluppo dei popoli, dall'altra segnano anche nuove frontiere tra zone di ricchezza e sacche di povertà”, sono le conclusioni sull’informazione indipendente a cui si è giunti nell’ambito del laboratorio “Missione: comunicazione e mass media” promosso ad Assisi. L’occasione è stata la tre giorni del convegno missionario giovanile (Comigi), conclusosi ieri sera presso la basilica di Santa Maria degli Angeli. “Nuove e straordinarie opportunità di sviluppo e di collaborazione tra i popoli – è stato detto - potrebbero derivare dalla condivisione delle conoscenze. Ma così non sempre accade. Le tecnologie e i processi della comunicazione sociale sono sempre più collegati con il sistema economico e commerciale, fino a diventarne per molti versi dipendenti”. “L'immagine di una Chiesa non solo di utenti ma di protagonisti è emersa nell'impegno con cui i giovani hanno partecipato a queste giornate in un clima di entusiasmo e di allegria che ha caratterizzato ogni momento dell'incontro”- ha detto all’agenzia Misna don Gianni Cesena - direttore nazionale di “Missio” delle Pontificie opere missionarie (Pom). Era stato proprio don Cesena il 30 aprile scorso ad aprire i lavori del convegno, che ha avuto per tema: "Nel mondo sui sentieri di Cristo - il segreto di Paolo", promosso dal Movimento giovanile missionario e organizzato con la Fondazione di religione Missio, le Pontificie opere missionarie, i Centri missionari diocesani, gli Istituti missionari, le Comunità e le Associazioni missionarie. “Mi ha colpito soprattutto - ha detto il missionario saveriano Marcello Storgato - la voglia di stare insieme di questi 500 giovani giunti da tutta Italia, di continuare il lavoro cominciato in questi giorni - in particolare nell’ambito di nove interessanti laboratori su temi di grande interesse, dall’economia ai media, all’ambiente, alla criminalità - il loro desiderio di mettere ognuno a disposizione le sue competenze per portare concretamente a frutto quel che qui è stato seminato”. (A.V.)

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lunedì, maggio 04, 2009

Ong a Roma: la crisi vista dalla parte dei più poveri

Il mondo ha 40 milioni di poveri in più a causa della crisi economica mondiale

Radio Vaticana - La crescita dei prezzi dei beni alimentari ed energetici nel 2007 ha fatto aumentare di 40 milioni il numero di persone che soffre la fame. Proprio lo sviluppo dovrà essere uno dei temi fondanti del G8 che a luglio si svolgerà a L’Aquila. Così almeno chiede la Coalizione Italiana contro la Povertà che oggi a Roma ha organizzato il Civil G8 2009, per ribadire, appunto che la cooperazione allo sviluppo deve assumere un ruolo fondamentale nelle politiche di bilancio dei Paesi industrializzati. La crisi attuale, infatti, rischia di colpire maggiormente i poveri del pianeta. Alessandro Guarasci ha intervistato Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv, e Cecilia Brighi, responsabile della Cisl internazionale (ascolta).

D. – Sergio Marelli, che cosa vi aspettate da questo Meeting, in vista del G8 di luglio?


R. – Penso che 250 rappresentanti da oltre 40 Paesi abbiano i pari diritti, come le grandi star della pop music o i giovani che costituiranno il cosiddetto G8 dei giovani, per accedere alla stanza dei 'grandi'. Perché anche senza nascondere le nostre posizioni critiche, pensiamo di avere delle proposte concrete e di poter dare il nostro contributo per uscire da questa situazione molto difficile nella quale versa tutto il mondo.


D. – E’ realistico pensare oggi di aumentare l’aiuto allo sviluppo, in un momento di forte deficit per i bilanci?


R. – E’ sicuramente una sfida molto difficile. Intanto, non si può regredire come ha fatto il nostro Paese. Bisogna almeno mantenere i livelli degli scorsi anni, convinti del fatto che investire oggi per aiutare i Paesi poveri, significa investire sulla vera e unica possibile soluzione della crisi mondiale. Senza il loro contributo, senza il loro coinvolgimento non ci potrà essere soluzione a questa crisi finanziaria.


D. – Cecilia Brighi, Cisl internazionale, con l’aumentare della crisi stanno aumentando anche i casi di lavoro nero e sfruttamento di intere fasce di popolazione?


R. – Non solo lavoro nero, lavoro precario, lavoro nell’economia informale, ma soprattutto sta aumentando drammaticamente la disoccupazione in tutto il mondo: nei Paesi in via di sviluppo e anche nei Paesi di area Ocse.


D. – In Europa, ma anche negli Stati Uniti, comunque, bene o male, c’è un sistema di ammortizzatori sociali. Nei Paesi, invece, in via di sviluppo, che succede?


R. – Nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo non esiste una rete di ammortizzatori sociali, di protezione sociale, di pensioni, di assistenza. Chiediamo che questo possa essere messo in piedi, per esempio attraverso la costruzione di un grande fondo internazionale, attraverso la tassazione delle speculazioni finanziarie a breve e anche l’eliminazione dei 'paradisi fiscali', che possono portare risorse fiscali ai singoli Paesi. Questo permetterebbe di aiutare i Paesi in via di sviluppo a costruire una rete di protezione sociale e di assistenza. Poi chiediamo che le istituzioni finanziarie internazionali, i programmi di aiuto allo sviluppo, e il sostegno alle imprese che si internazionalizzano, prevedano il rispetto delle norme fondamentali del lavoro e dei diritti fondamentali, che sono sempre di più violati proprio anche con la scusa della crisi.

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lunedì, maggio 04, 2009

Influenza suina in fase discendente

Diminuisce il numero di contagiati rispetto alle previsioni dei primi giorni

Agenzia Misna - Il governo di Città del Messico ha ridotto da ‘rosso’ ad ‘arancio’ il livello d’allerta per la cosiddetta ‘influenza suina’, ridenominata ‘nuova influenza’, confermando che l’epidemia “è in fase discendente”. Ristoranti e altri luoghi di aggregazione stanno per riaprire al pubblico, una volta accertato il rispetto delle norme sanitarie di base. Secondo il ministro della Sanità José Angel Cordova, i morti accertati sono 26 – 25 per l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms/Who) - a fronte di un totale di 727 casi. “La situazione ci induce comunque a restare prudenti” ha aggiunto Cordova. A livello globale, secondo l’Oms, la diffusione dell’influenza si è stabilizzata ed entrata nella sua fase calante, anche se viene ritenuta ancora necessaria la cautela: l’ultimo bilancio ufficiale dell’organizzazione parla di 985 casi accertati di contagio dal virus A/H1N1, in 20 paesi del mondo. Negli Stati Uniti, che con il Messico condividono una lunga e transitata frontiera, in base ai dati più recenti sono 226 i casi confermati in laboratorio, con un decesso.

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lunedì, maggio 04, 2009

Le cause della denatalità in Italia

Analisi socio-economica del nostro collaboratore Carlo Mafera

La crisi delle nascite nella nostra penisola dipende fondamentalmente da due ordini di fattori: l’uno di carattere per così dire culturale, l’altro di origine economica. E’ un fenomeno nato non
certamente all’improvviso, ma che si è evoluto in questi anni traendo alimento da un’atmosfera avvelenata da valori negativi che purtroppo hanno irretito le nuove generazioni. Si è innescato un processo degenerativo a livello psicosociale dove, al posto dei tradizionali valori relativi all’amore verso Dio, verso la Patria e verso la famiglia, si sono inseriti “valori” che negano tutto ciò, senza proporre una valida alternativa.

Ciò che emerge da questa atmosfera è principalmente la ricerca sfrenata del benessere, della ricchezza, del piacere e soprattutto del proprio “io”. Quest’ultimo aspetto in fondo è quello che comprende tutti gli altri. Quando in una società prevalgono soltanto gli interessi individuali nel senso esclusivamente utilitaristico e non invece quelli della persona nel senso profondamente cristiano del termine, questa società è destinata a scomparire e ne è prova che già quasi un dieci per cento della nostra popolazione è costituita da extra comunitari.

Sono ormai diversi anni che assistiamo più o meno passivamente alla lenta ma inesorabile affermazione di una cultura della morte: una sorta di “cupio dissolvi” a livello sociale. Mi riferisco a tutte le tappe tristemente famose raggiunte dalla nostra “civiltà” politica e giuridica, dove è prevalsa la relatività morale e la permissività che hanno incoraggiato la deresponsabilizzazione dei cittadini. La prima di queste tappe è stata la legalizzazione del divorzio, cioè la possibilità data alla coppia di scindersi. Tale possibilità, se in taluni e specifici casi è auspicabile, nella maggior parte invece è completamene fuori luogo perché le motivazioni spesso sono inconsistenti. Questa è stata la prima spallata data all’istituzione del matrimonio, il primo verme che ha roso il nucleo fondamentale per la creazione e la difesa della vita: la famiglia, aprendo così la pericolosa strada verso la disgregazione sociale.

La delicatezza e la fragilità del rapporto di coppia dovrebbe essere guidata e sostenuta da esperti e consulenti in materia, quindi con competenze psicologiche e anche spirituali che riescano a migliorare il dialogo all’interno della coppia e a scongiurare così pericolose fughe verso la chiusura e la deresponsabilizzazione. In un rapporto di coppia, esistono diritti e doveri che bisogna continuamente chiarire confrontandosi e rendersi conto che è necessario rinunciare a parte della propria personalità e libertà a favore dell’altro accettandolo anche nei suoi aspetti negativi (purché non siano fortemente psicopatologici). Se si cerca soltanto il positivo dell’altro, in fondo si cerca soltanto se stessi e questo amore è destinato a morire.
Anche il capitolo dolorosissimo dell’aborto incide molto nella denatalità e rientra nelle medesime valutazioni : la difficoltà di accogliere l’altro ed escluderlo dalla propria vita perché scomodo. Una legislazione che sostanzialmente ratifica la disperazione e la solitudine della donna a cui si da la tremenda possibilità di vita e di morte sul nascituro, ritengo che sia del tutto inadeguata. Non sarebbe più giusto tutelare il diritto del più debole,che non è la donna, ma la vita che sta per nascere e che non ha la possibilità di esprimere il proprio desiderio di venire alla luce? Anche qui il sostegno psicologico, spirituale ed economico potrebbe scongiurare questa scelta che dilania la coscienza della donna e quella collettiva.
Sull’aspetto economico come concausa della denatalità, mi permetto di sostenere la sua incidentalità e non la sostanzialità. Infatti ritengo che, pur essendo gli elementi psicologici quelli fondamentali, la mancanza, per le giovani coppie, di un lavoro stabile e di una casa sia piuttosto determinante per una decisione libera e responsabile riguardo la nascita di una nuova vita.
E qui, occorre, per concludere, stigmatizzare l’operato dei Governi che si sono succeduti alla guida del nostro Stato italiano, i quali sono stati troppo latitanti nei confronti di questi due grossi problemi : casa e lavoro, come è sancito nella nostra Costituzione, quale diritto irrinunciabile di tutti i cittadini. Speriamo che, tra i vari problemi, questi vengano messi veramente al primo posto nei prossimi programmi governativi ed essere così risolti al più presto.
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lunedì, maggio 04, 2009

Agorà dei Giovani del Mediterraneo

Dall'1 all'8 settembre al centro Giovanni Paolo II di Loreto

PapaBoys - L’Agorà dei Giovani del Mediterraneo è un progetto che si propone di creare delle relazioni significative e durature tra giovani cattolici dei diversi Paesi del Mediterraneo, nella prospettiva dell’apertura al dialogo con i giovani di altre confessioni, religioni e culture. Tali relazioni vengono costruite soprattutto favorendo la circolazione di informazioni ed esperienze tra le comunità giovanili dei Paesi coinvolti, in modo da poter stimolare nei giovani una crescita nella sensibilità culturale, sociale e politica, in vista del mutuo sostegno di tutte le Chiese e le Società che si affacciano sul Mediterraneo. L’Agorà si propone anche di stimolare una seria e documentata riflessione sull’importanza delle comuni radici cristiane e culturali dell’unione Europea e del Mediterraneo. Il progetto si articola quindi in una serie di iniziative che coprono i settori più vari. Tra i più importanti legati al bene comune mettiamo in risalto: lo studio e l’approfondimento del patrimonio culturale che ha come obiettivo il riconoscimento delle reciproche tradizioni e lo sviluppo del dialogo culturale e lo sforzo per costruire sentieri di pace e stabilità attraverso l'identificazione di un certo numero di principi da rispettare e di obiettivi ai quali mirare. Il Centro Giovanni Paolo II, il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile, l'ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese propongo l'ottava edizione dell'Agorà dei Giovani del Mediterraneo, un appuntamento rivolto ai giovani per promuovere relazioni significative e durature tra i giovani cattolici dei diversi Paesi del Mediterraneo e dell'Europa, edizione che si svolgerà dall'1 all'8 settembre 2009 al Centro 'Giovanni Paolo II' di Loreto, nelle Marche!

LA STORIA

Il Progetto Agorà nasce a seguito delle riflessioni fatte, a partire dal 2001, durante gli incontri internazionali tenutisi a Loreto, presso il Centro di pastorale giovanile Giovanni Paolo II. Tali incontri, tradizionalmente svoltisi nel mese di settembre, hanno visto protagonisti giovani leader di pastorale giovanile e pastorale missionaria dei Paesi del Mediterraneo, che si sono confrontati su tematiche attuali, quali fede, etica, economia e politica, aiutati da esperti di fama nazionale ed internazionale. Nel 2001 il Centro Giovanni Paolo II organizza il primo Meeting Internazionale tra i giovani delle due sponde dell’Adriatico. Si tratta di un’iniziativa che mira non soltanto alla solidarietà nei confronti dei paesi dell’ Est; il suo intento specifico è un altro, e consiste nell’approfondire il comune patrimonio di fede in Gesù Cristo. Questa esperienza dà il via a ciò che sarà l’Agorà dei Giovani del Mediterraneo. Dall’anno successivo (settembre 2002), infatti Il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana e l’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della CEI, in collaborazione con il Centro Giovanni Paolo II di Loreto, hanno dato inizio ad una iniziativa intitolata “Sulle acque passerà la Sua via - Agorà dei Giovani del Mediterraneo”. L’Agorà si rivolge a giovani cattolici provenienti da tutti i Paesi del Mediterraneo, allo scopo di far nascere e cementare relazioni significative e durature tra i giovani appartenenti ai diversi Paesi del Mediterraneo, favorendo l’incontro, la circolazione delle informazioni e delle esperienze tra le comunità giovanili dei Paesi coinvolti.

L’Agorà intende dare voce ai giovani e ai loro ideali nei confronti del mondo adulto, della politica, del sociale, per stimolare il coinvolgimento maturo e consapevole dei giovani nella vita pubblica, alla luce dei principi cristiani (a partire soprattutto dalla relazione con l’Unione Europea e alle sue politiche giovanili nell’area Euromediterranea). La riflessione sulle comuni radici cristiane dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo occupa un posto centrale: sulla base della fede comune è possibile riconoscersi chiamati ad una medesima missione e costruire una cultura di pace e di condivisione. L’Agorà dei giovani del Mediterraneo dà un suo originale contributo alla riflessione e all’impegno delle Chiese europee per la valorizzazione delle radici cristiane del Continente e per la promozione di un’azione di dialogo e di pace in tutta l’area del bacino del Mediterraneo. Il santuario di Loreto è la sua «casa» ideale: è luogo europeo, consacrato da milioni di pellegrini di ogni parte del continente; è luogo mediterraneo, perché collocato in una regione che da sempre è ponte tra nord e sud, tra est e ovest (Francesco di Assisi parte da Ancona per andare in Terra Santa e incontrare il sultano): la presenza della reliquia della Santa Casa fa di Loreto il simbolo di ogni tentativo dell’uomo di edificare «dimore comuni», fondate sui valori cristiani dell’accoglienza, della condivisione, della donazione di sé per amore del fratello.

La prima edizione, con il relativo tema (Beati coloro che sono poveri di fronte a Dio: Dio darà a loro il suo Regno), è stato il primo passo di un percorso che porterà, anno dopo anno, a confrontare con il messaggio delle Beatitudini evangeliche il progetto per la costruzione dell’Europa e la promozione della comunione tra i popoli dell’area mediterranea. Nel 2009, dal 1 all’8 settembre vivremo l’ottava edizione dal titolo: «Beati quelli che sono perseguitati per avere fatto la volontà di Dio, perché Dio darà loro il suo regno».

Volendo dare il massimo risalto all’Agorà, è stata offerta a due giovani di ogni Paese del Mediterraneo e di ogni Regione italiana, la possibilità di partecipare gratuitamente. Ne è nata un’esperienza di grandissimo valore umano, culturale e spirituale. La permanenza dei legami e dei contatti a più di tre mesi della conclusione dell’incontro è un segno della forza di quanto vissuto a Loreto. Chi riceve l’invito a partecipare sono le Conferenze Episcopali nazionali che mandano giovani scelti, capaci di dare seguito al progetto Agorà nel proprio territorio. La speranza è quella di aiutare il sorgere di quella generazione di «nuovi costruttori» capace (per motivazione e per competenza) di costruire la civiltà dell’amore anche in un luogo (il Mediterraneo) che rischia di assomigliare più ad una frontiera che ad una Via. “Siate i profeti di una nuova era” ripeteva con forza e fiducia il Papa ai giovani durante la GMG di Sydney.

Anche la Regione Marche, la Provincia di Ancona, l’ANCI Marche e le realtà imprenditoriali della regione, hanno immediatamente accolto l’invito ad essere coinvolte nella realizzazione di un evento così significativo per la conoscenza e l’integrazione delle diverse etnie. In questi anni l’incontro ha assunto come tema una diversa beatitudine, con l’intento-sfida di affrontare tematiche attuali alla luce del modello datoci da Cristo. Ogni anno vengono pubblicati gli Atti del Convegno internazionale.
Gli incontri di Loreto sono diventati ben presto spunti per la realizzazione di varie iniziative nei Paesi dei partecipanti: da qui, il desiderio di trasformare l’Agorà da evento a progetto, dandogli una dimensione più ampia e continuativa nel tempo, per poter così realizzare una rete di collegamento tra i giovani delle Chiese del Mediterraneo. Questa finalità è stata poi raggiunta attraverso viaggi di due tipi: uno più istituzionale, volto a rinsaldare i rapporti con i responsabili di istituzioni civili e religiose dei paesi invitati; l’altro attraverso viaggi in cui i protagonisti sono proprio i giovani che visitano i loro coetanei in altri paesi.
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lunedì, maggio 04, 2009

Premio europeo "Giovani Giornalisti 2009"

Opportunità per chi vuole specializzarsi "informando"

PapaBoys - L’Europa celebra quest’anno il 20° anniversario della caduta della “cortina di ferro” e il 5° anniversario dell’adesione all’UE di otto Paesi dell’Europa Centro-Orientale e di Malta e Cipro. Questi anniversari offrono uno speciale spunto ai giornalisti - sia professionisti che aspiranti - di tutta Europa per manifestare ed esprimere il proprio punto di vista sull’allargamento dell’Unione Europea. In seguito al successo della scorsa edizione, la Commissione Europea vuole offrire ad altri giovani giornalisti l’opportunità di mostrare il proprio talento. Inoltre, l’edizione 2009 è aperta, oltre che ai giornalisti della stampa e ai giornalisti online, anche a quelli radiofonici. Il concorso è partito il 1° Febbraio e si concluderà il 31 Maggio 2009. L’argomento centrale degli elaborati per entrambe le categorie dovrà essere legato al tema dell’allargamento dell’UE e/o alla visione futura dell’Europa. I partecipanti dovranno essere di età compresa tra i 17 ed i 35 anni, e dovranno provenire da uno degli stati membri UE, da un paese candidato o potenzialmente candidato all’adesione (Balcani Occidentali e Turchia). In occasione del lancio del concorso Olli Rehn, Commissario per l’Allargamento, ha affermato: “Diamo il benvenuto alla seconda edizione di questo concorso aspettando di leggere e ascoltare i punti di vista dei giovani giornalisti di tutta Europa. I giovani sono degli “opinion leader” importanti per la loro generazione e il concorso offre loro l’opportunità di condividere le proprie esperienze e punti di vista sul nostro futuro europeo”.

Nella valutazione degli elaborati, i membri delle giurie nazionali dedicheranno una particolare attenzione al taglio giornalistico di tutte le clip radiofoniche e degli articoli inviati che dovranno trattare il tema dell’allargamento dell’Unione Europea. I partecipanti possono accedere al concorso tramite il sito web: http://www.eujournalist-award.eu/. Il sito fornisce inoltre informazioni relative alla politica dell’allargamento UE, consigli utili per intraprendere la carriera giornalistica e un blog interattivo. Le clip radiofoniche e gli articoli vincitori saranno pubblicati sul sito web del concorso; gli articoli saranno inoltre pubblicati in un fascicolo. I 35 vincitori nazionali del Premio Europeo 2009saranno premiati con un viaggio storico-culturale a Berlino tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2009. La capitale tedesca celebrerà quest’anno il 20° anniversario della caduta del muro di Berlino. Alla conclusione del viaggio i vincitori potranno incontrare rappresentanti dell’UE, politici, ambasciatori e giornalisti da tutta Europa.
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lunedì, maggio 04, 2009

Un Paese diviso

Le divisioni tra comunità sono il dato più preoccupante delle elezioni in Sudafrica

PeaceReporter - E' tempo di bilanci in Sudafrica, a più di una settimana dalla conclusione delle elezioni politiche definite le più importanti nella storia del Paese. L'African National Congress, uscito vincitore dalle consultazioni, non ha ottenuto la maggioranza dei due terzi che avrebbe permesso al partito, in caso di bisogno, di modificare unilateralmente la Costituzione. Nonostante ciò, il leader dell'Anc, Jacob Zuma, si è assicurato la presidenza, mentre l'opposizione, uscita rafforzata dallo scontro, si interroga sul suo futuro.

E' stata una vittoria dalle due facce, quella ottenuta dall'Anc: la prestazione del partito, che ha ottenuto il 65,9 percento dei voti, può essere considerata positiva soprattutto alla luce della nascita del Congress of the People (Cope), la formazione politica creata dagli ex "dissidenti" dell'Anc usciti dal partito dopo il congresso di Polokwane del 2007 e le dimissioni forzate dell'ex presidente Thabo Mbeki. Il Cope, che puntava a ottenere soprattutto i voti della middle class nera, avrebbe potuto sottrarre molti più voti all'Anc, che con una campagna elettorale ben orchestrata è riuscito a limitare i danni. Dall'altra parte, però, il partito di Zuma ha conquistato voti rispetto alle precedenti elezioni solamente nel KwaZulu Natal, approfittando dell'effetto Zuma nella sua regione natale per sottrarre voti ai nazionalisti Zulu dell'Inkatha Freedom Party.

Nel resto delle province, l'Anc ha ceduto percentuali anche sostanziose del suo elettorato all'opposizione, fino a perdere il controllo del Western Cape, la regione di Città del Capo, conquistata dalla Democratic Alliance del sindaco della città, Helen Zille. Performance all'apparenza ottima, quella del partito identificato ancora da buona parte dei sudafricani come rappresentante della comunità bianca. La Da ha conquistato più del 50 percento dei voti nella regione, cosa che darà alla Zille la possibilità di governare da sola, se lo vorrà. Ma, anche in questo caso, un'analisi più attenta del voto mostra una realtà diversa: secondo quanto scritto dal quotidiano Cape Times, la Da avrebbe fatto il pieno dei voti proprio tra bianchi e "coloured", fallendo invece il vero obiettivo di aumentare il proprio indice di gradimento tra la popolazione nera. In alcune circoscrizioni della township di Khayelitsha, la Da avrebbe preso meno dell'un percento dei voti.

Detto del Cope, la cui performance ha in parte deluso i suoi sostenitori, che pochi mesi prima delle elezioni speravano di conquistare circa il venti percento delle preferenze (invece del 7 percento arrivato dalle urne), dall'analisi del quadro politico sudafricano emerge un dato incontestabile: l'incapacità dei partiti di superare le barriere tra le varie comunità che abitano il Paese, e di proporsi come formazioni politiche a carattere nazionale. L'Anc ha vinto, ma senza riuscire a far breccia tra bianchi e sangue misto, mentre la Da continua ad essere malvista dalla maggioranza nera. Da questo punto di vista il Cope, se riuscirà a creare una solida base per il partito e una presenza forte sul territorio, potrebbe essere la formazione politica con i margini di crescita più solidi per il futuro. Ma per far questo dovrà dotarsi di una leadership coerente e dovrà saper parlare ai milioni di poveri che, per ora, rimangono il bacino elettorale migliore per l'Anc.
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domenica, maggio 03, 2009

Largo al petrolio. E la Romania abbatte ancora foreste

In base a un Decreto approvato d'urgenza dal governo romeno, per realizzare indispensabili reti di comunicazione o le necessarie infrastrutture per l'approvvigionamento idrico le aree forestali nazionali potranno essere sfruttate per la ricerca di giacimenti di petrolio e di gas naturale.

SalvaLeForeste - La nuova legge che ha modificato il Codice Forestale definisce il quadro giuridico legale per consentire la riduzione del Fondo nazionale forestale. Un'altra disposizione del decreto riguarda quelle società che inizialmente avevano ottenuto l'approvazione per lo sfruttamento temporaneo delle aree forestali nazionali e che successivamente non hanno restituito i terreni nelle condizioni idonee per effettuare le essenziali opere di rimboschimento, e che oggi invece richiedono nuove concessioni.

In Romania, le foreste si estendono attualmente su circa 6,2 milioni di ettari, cioè circa il 28% della superficie del paese. In passato coprivano il 70% dell’attuale territorio della Romania. I disboscamenti a scopo agricolo avvenuti nei secoli scorsi hanno determinato una drastica diminuzione delle superfici forestali. Nell’epoca moderna, il bisogno di legno per le costruzioni ha generato uno sfruttamento indiscriminato delle risorse forestali, che ha accentuato la diminuzione delle superfici occupate dalle foreste. Gli ultimi colpi alle foreste sono arrivati dopo il 1991, con le leggi sulla ricostituzione del diritto di proprietà agli ex proprietari terrieri. Tanti tra coloro che hanno ricevuto parte delle foreste confiscate dopo il 1945 hanno ricorso ad ampie deforestazioni, per ottenere rapidi profitti.
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domenica, maggio 03, 2009

Nuova influenza, salgono a 20 i morti, 787 i casi accertati

E’ stato nuovamente aggiornato il bilancio dell’epidemia dell'influenza A/H1N1

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parla di 20 morti - 19 nel solo Messico e uno negli Stati Uniti - 787 i casi accertati di nuova influenza in 17 Paesi. Settanta i contagi in Canada e 13 in Spagna, salgono a due i casi in Italia ma entrambi i pazienti sono già guariti. Il servizio di Benedetta Capelli:

Radio Vaticana - Il bilancio della nuova influenza continua a salire, ma le autorità del Messico - Paese epicentro dell’epidemia - parlano di una fase di stabilizzazione. Restano in vigore le misure decise dal governo messicano per evitare il contagio: le partite di calcio, ad esempio, sono giocate da ieri a porte chiuse per evitare assembramenti di persone. Nessuna modifica invece per il calendario delle consultazioni legislative del 5 luglio, mentre domani inizia la campagna elettorale. Piena collaborazione è stata promessa dal presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, in una telefonata al suo omologo messicano, Calderon. Da registrare la completa guarigione dell’allevatore canadese, recentemente tornato dal Messico, che aveva infettato i suoi maiali. L’agenzia di Ottawa che si occupa di sicurezza alimentare ha ribadito che la carne suina resta sicura. Un concetto rinforzato ieri anche dalla Fao che ha assicurato comunque una maggiore sorveglianza. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, una pandemia è ancora “imminente” ma la fase di allerta resta ferma a 5. Intanto, la stessa l’Oms ha chiesto scorte di antivirali ad un noto colosso farmaceutico svizzero. Sotto controllo la situazione in Italia, lo ha assicurato il governo. Dopo il caso registrato a Massa Carrara - l’uomo di ritorno dal Messico è già guarito - oggi un'analoga notizia riguarda un altro paziente curato presso l’Istituto Spallanzani di Roma. Si tratta di un ragazzo di 25 anni, tornato dal Paese centroamericano, nemmeno ricoverato e completamente guarito. Violenti scontri infine sono scoppiati Al Cairo tra allevatori di maiali e la polizia dopo la decisione del governo egiziano di abbattere in via cautelativa almeno 300
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domenica, maggio 03, 2009

Si conclude ad Assisi il convegno giovanile missionario

La conclusione con gli interventi del missionario saveriano Marcello Storgato
e di Rocco Negri


Agenzia Misna - Con interventi del missionario saveriano Marcello Storgato e di Rocco Negri, segretario nazionale del Movimento giovanile missionario - seguiti da una celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa - si conclude domani ad Assisi il “Convegno missionario giovanile 2009” (Comigi), aperto Giovedì 30 Aprile da don Gianni Cesena, direttore di “Missio” delle Pontificie opere missionarie (Pom). Laboratori tematici, testimonianze personali, veglie di preghiera, relazioni di esperti, musica ed animazione in piazza hanno visto la partecipazione di centinaia di giovani dai 18 ai 35 anni. “I giovani qui ad Assisi, molti e molto attenti, mi hanno incoraggiato con il loro entusiasmo” ha detto alla MISNA padre Storgato a cui era stata affidata anche l’introduzione del tema dell’incontro: “Nel mondo sui sentieri di Cristo, il segreto di Paolo”. L’edizione del ‘Comigi’ di Assisi è la seconda dopo quella del 2006 ed è stata organizzata dalle Pom, dai Centri Missionari Diocesani, dagli Istituti Missionari e dalle Comunità e Associazioni Missionarie. Sul sito del Movimento giovanile missionario (Mgm) si può leggere tra l’altro: “Mgm, come ‘Missionari geneticamente modificati’, cioè non di quella razza così diffusa che si accontenta del salvadanaio ottobrino, dell’emozione epidermica davanti alla foto del neretto denutrito, del supporto al 'suo' missionario, ma ha il respiro grande dell’universo, la tempra salda e generosa per condividere gli interessi e la passione di Dio per l’umanità, per accogliere, portare e, nel possibile, dare una risposta, alla sofferenza dei fratelli lontani e vicini”.

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domenica, maggio 03, 2009

Giornata mondiale della libertà di stampa

Il caso "unico" dell'Italia

Agenzia Misna - Decisa dall'Assemblea Generale dell'Onu nel 1993 in base a una raccomandazione dell'Unesco (ente Onu per la scienza, l'istruzione e la cultura), la "Giornata mondiale della libertà di stampa" (World press freedom day), che si celebra oggi, è dominata quest'anno dal rapporto 2009 di "Freedom House", l'organizzazione non governativa con sede a Washington fondata 65 anni fa da Eleanor Roosevelt. In relazione alla ricorrenza circola infatti su più testate (non solo on-line) e in più lingue la notizia della retrocessione dell'Italia e Israele tra i paesi "parzialmente liberi" in fatto di libertà di stampa. La polemica suscitata dalla notizia del 'declassamento' si è fatta particolarmente vivace in Italia con interventi di Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della Stampa" e di Beppe Giulietti dell'Associazione "Articolo 21", oltre agli articoli di diversi organi di stampa. "L'Italia - scrive 'Il Gazzettino' di Venezia - è scesa dalla fascia alta, quella dei paesi liberi, alla fascia intermedia dei paesi "parzialmente liberi", con un rating di 32 che ne fa l'unico paese dell'Europa occidentale ad essere stato declassato. Solo la Turchia, se viene considerata come parte dell'Europa occidentale, risulta messa peggio". Il quotidiano veneto cita anche Karin Karlekar, la ricercatrice che ha guidato lo studio, presentato al 'Newseum', il museo dell'informazione e del giornalismo a Washington: "Le cause della nostra decisione sono legate all'aumento del ricorso ai tribunali e alle denunce per diffamazione, e anche all'aumento di intimidazioni fisiche ed extralegali da parte sia del crimine organizzato sia di gruppi di estrema destra. Ma la concentrazione della proprietà dei media è il motivo principale del nostro voto e il problema principale dell'Italia, da questo punto di vista, è rappresentato dalla figura del presidente del consiglio». Secondo il quotidiano, Freedom House afferma di non aver rilevato segnali di attacco alla libertà dei media da parte del governo «come negli anni 2005 e 2006», ma Karlekar ritiene che per l'Italia sia urgente "affrontare il nodo della concentrazione dei media nelle mani di un solo magnate: è un caso unico al mondo". Sul sito dell'Unesco oggi si può leggere: "I riferimenti culturali determinano la nostra identità e il modo in cui interpretiamo la realtà incidono sul modo in cui percepiamo noi stessi,incontriamo gli altri e interagiamo con il mondo. I mezzi d'informazione influenzano grandemente non solo il nostro pensiero ma anche le nostre azioni". Per Italia e Israele non è esattamente una bella prospettiva, peraltro già evidenziata il 17 Aprile, molto prima del Rapporto di "Freedom House", da uno dei principali autori italiani, lo scrittore Antonio Tabucchi, che in un'intervista al periodico "Micromega" (tuttora consultabile online) aveva detto: "In Italia c'è un controllo dell'informazione come in nessun altro paese europeo. Per i giornalisti è arrivato il momento di far sapere all'Europa quello che succede qui, chiedendo un'udienza urgente alla Commissione europea".

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domenica, maggio 03, 2009

3 maggio 2009, Giornata Mondiale delle Vocazioni

dal nostro collboratore Padre Renato Zilio

Tu sei giovane. Scusami, se mi permetto di prendere un po’ del tuo tempo, della tua libertà, ma è per pensare insieme all’avvenire che ti attende, non solo, ma anche all’avvenire del mondo in cui viviamo. Tu sei intelligente, forte, sensibile, desideroso di camminare nella vita, di andare avanti, lontano... chissà dove. Sei ansioso, giustamente, di vivere da protagonista e stai facendo i tuoi studi, forse universitari. La tua vita è già un progetto chiaro o forse no... Ti domandi, ti senti incerto se rimanere nei tuoi confini, nel tuo mondo di interessi e di relazioni, costruito da te pezzo per pezzo. Ma prova a riflettere. Non avresti, veramente, mai pensato che altri orizzonti, ben più vasti, potrebbero attenderti? E questo per dare un senso vero, vivo e impegnato alla tua vita...

Forse, Dio stesso, come per Abramo, ti invita misteriosamente e ti chiede di aprire porte e finestre della tua casa, del tuo Paese, di te stesso, per darti agli altri... e fare della tua vita un dono a tanti.

Sì, la vita di un giovane è fuoco. Un fuoco che brucia, che consuma, che fa meraviglie, che sorprende e incanta chi sta attorno per l’entusiasmo e per le tante, infinite energie. Ma potrebbe essere di più. Un fuoco, che riscalda e illumina, che indica una direzione, una presenza confortante che sa rendersi utile...

Forse, la tua vita potrebbe essere proprio questo. Hai conosciuto, probabilmente, una ragazza. Hai capito quanto è dolce un rapporto a due, in cui l’altro ti scopre e ti apprezza, ti ama e ti ripete con una fiducia e una gioia senza misura: Tu sei un tesoro per me! Hai, forse, vissuto l’ebbrezza dell’amore, di qualcuno che ti ha conquistato il cuore, il corpo e l’anima e ti ha fatto come toccare il paradiso. In due...

Ma, pensa. Se queste parole te le dicesse proprio Dio: «Tu sei unico per me, tu sei veramente prezioso ai miei occhi» (cfr. Is 43,4)?! E se ti chiedesse, in nome suo, di ripeterlo ad altri? A chi vive una vita di rifiuto, di emarginazione. A chi vive il dramma di essere sradicato dalla sua terra, dalla sua cultura, dalla sua storia o dalla stessa vita, come lo è un migrante, un rifugiato, un rifiutato dagli altri.

Sì, tu potresti essere segno dell’amore di Dio in mezzo a questo popolo. E sono milioni e milioni che si muovono, oggi, nel mondo, con nazionalità e culture le più differenti. Attendono un pastore, segno di presenza e di coraggio da parte di Dio. Attendono te.

Potrai, così, vivere con loro una virtù immensa: la compassione. Conoscerai e proverai la sofferenza che accompagna chi ha lasciato la propria terra, perché, come una giovane pianta, ne è stato sradicato dalla miseria, dal bisogno o dalla persecuzione. E cammina nelle nostre ricche società, ferito fino in fondo all’anima dall’ingiustizia, dal disprezzo o dalla esclusione.

Ma quanto sarebbe felice se sulla strada della propria sventura incontrasse te... come un buon samaritano, che si prende cura di lui. Potrebbe diventare questa la tua passione, la tua missione: accompagnare genti del Sud, dell’Est, del Mediterraneo o dell’Estremo Oriente nella loro instancabile ricerca di pane e di dignità. Potrai esserne un leader con loro e per loro e, in questo, mettere tutte le tue forze, la tua intelligenza e il tuo cuore, la tua creatività, il tuo senso di giustizia. In fondo, se vuoi essere grande, sii intero.

Condurrai, così, un popolo che ha fatto sua patria il mondo e sarà per loro come un nuovo cammino di Emmaus... Potrai riscaldare il loro cuore, rileggere insieme la loro storia fatta di sofferenza, di coraggio e di speranza immensa. Saprai accompagnare la loro ricerca, spezzare il pane della loro cultura e della loro avventura per condividerlo con coloro che li hanno accolti. Riuscirai a nutrirli in fondo di ciò che essi, sul posto, non hanno mai conosciuto e neppure immaginato...
Il cammino dei migranti, infatti, è vita e morte intrecciate fortemente fra di loro: un cammino pasquale che trasforma. Ma, così, imparerai tu stesso a spezzare la tua vita, le tue idee, la tua sensibilità per far vivere altri, ricordandoti che, per ogni discepolo del Signore, è perdendoti che ti ritroverai; è donandoti che vivrai.

Oggi, viviamo tutti in una società globalizzata. Dappertutto, ormai, uomini e culture lontanissimi, che forse un tempo si scontravano, convivono e si ritrovano insieme. Preparare gli animi e le mentalità all’incontro, conoscere e apprezzare culture, religioni, uomini tanto diversi, guarirli dalla diffidenza, dal disprezzo o dalla paura dell’altro: ecco un compito attualissimo, indispensabile, il tuo!

Insegnerai che cosa vuol dire accogliere. Cioè, quanto sono preziosi un uomo e una donna che provengono da orizzonti lontani e differenti, perché non faranno che arricchire la nostra stessa umanità. Costruirai insieme con loro quell’unità fatta della comunione delle nostre differenze, quella che esalta l’originalità portata da ognuno, in nome dello Spirito di Dio, che è sempre comunione delle diversità.

Farai, così, scoprire a tutti la terra promessa da Dio: la fratellanza universale e la solidarietà fra gli uomini. Ti lascio, giovane carissimo, questo invito: Fa’ della tua vita qualcosa di molto più grande di quello che avresti pensato. Avanza su acque profonde e non avere paura! Se sentirai la voce di Dio e quella di milioni di uomini che camminano... va’, cammina umilmente insieme con loro!
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domenica, maggio 03, 2009

Camerun: comunità Lgbt a rischio

Amnesty International è preoccupata per il gran numero di donne e uomini che, negli ultimi anni, sono stati trattenuti e condannati a causa del loro reale o presunto coinvolgimento in relazioni sessuali consensuali fra persone dello stesso sesso.

Amnesty International - L'omofobia è fortemente diffusa in tutto il paese. Nel 2005, secondo quanto riportato dagli organi d'informazione, un esponente della Chiesa Cattolica Romana camerunense ha pubblicamente denunciato l'omosessualità; nel gennaio 2006 tre giornali hanno pubblicato i nomi di numerose persone, fra cui politici, musicisti e imprenditori, accusandoli di intrattenere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso.

Il 13 febbraio 2006 un anonimo, dichiaratosi rappresentante di un'organizzazione giovanile, ha pubblicato un memorandum sui giornali locali chiedendo ai camerunensi di non "tollerare" l'omosessualità e invitandoli a denunciare i gay e le lesbiche alle autorità. Il 3 marzo, il direttore del giornale L'Anecdote è stato accusato di aver diffamato un ministro, avendo incluso il suo nome in una lista di presunti omosessuali, e condannato a una pena detentiva e pecuniaria.

Questi comportamenti contravvengono gli obblighi assunti dal Camerun con il Patto internazionale sui diritti civili e politici (gli art. 2.1 e 26 garantiscono la libertà da qualsiasi discriminazione; l'art. 21 tutela la libertà di associazione e di assemblea) e la Carta africana dei diritti umani e dei popoli (l'art. 2 garantisce la libertà da ogni discriminazione e l'art. 10 la libertà di associazione e di assemblea).

Il Codice penale camerunense criminalizza le relazioni sessuali fra persone dello stesso sesso. In base alla sezione 347a "Chiunque abbia una relazione sessuale con una persona del suo stesso sesso sarà punita con la prigione, da sei mesi a cinque anni, e con una multa variabile fra i 20 mila e i 200 mila CFA (approssimativamente fra i 27 e i 267 euro)".

Amnesty International considera prigionieri di coscienza coloro che vengono detenuti a causa del loro presunto o reale orientamento sessuale e ne chiede l'immediato e incondizionato rilascio.
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