lunedì, maggio 04, 2009
Le divisioni tra comunità sono il dato più preoccupante delle elezioni in Sudafrica

PeaceReporter - E' tempo di bilanci in Sudafrica, a più di una settimana dalla conclusione delle elezioni politiche definite le più importanti nella storia del Paese. L'African National Congress, uscito vincitore dalle consultazioni, non ha ottenuto la maggioranza dei due terzi che avrebbe permesso al partito, in caso di bisogno, di modificare unilateralmente la Costituzione. Nonostante ciò, il leader dell'Anc, Jacob Zuma, si è assicurato la presidenza, mentre l'opposizione, uscita rafforzata dallo scontro, si interroga sul suo futuro.

E' stata una vittoria dalle due facce, quella ottenuta dall'Anc: la prestazione del partito, che ha ottenuto il 65,9 percento dei voti, può essere considerata positiva soprattutto alla luce della nascita del Congress of the People (Cope), la formazione politica creata dagli ex "dissidenti" dell'Anc usciti dal partito dopo il congresso di Polokwane del 2007 e le dimissioni forzate dell'ex presidente Thabo Mbeki. Il Cope, che puntava a ottenere soprattutto i voti della middle class nera, avrebbe potuto sottrarre molti più voti all'Anc, che con una campagna elettorale ben orchestrata è riuscito a limitare i danni. Dall'altra parte, però, il partito di Zuma ha conquistato voti rispetto alle precedenti elezioni solamente nel KwaZulu Natal, approfittando dell'effetto Zuma nella sua regione natale per sottrarre voti ai nazionalisti Zulu dell'Inkatha Freedom Party.

Nel resto delle province, l'Anc ha ceduto percentuali anche sostanziose del suo elettorato all'opposizione, fino a perdere il controllo del Western Cape, la regione di Città del Capo, conquistata dalla Democratic Alliance del sindaco della città, Helen Zille. Performance all'apparenza ottima, quella del partito identificato ancora da buona parte dei sudafricani come rappresentante della comunità bianca. La Da ha conquistato più del 50 percento dei voti nella regione, cosa che darà alla Zille la possibilità di governare da sola, se lo vorrà. Ma, anche in questo caso, un'analisi più attenta del voto mostra una realtà diversa: secondo quanto scritto dal quotidiano Cape Times, la Da avrebbe fatto il pieno dei voti proprio tra bianchi e "coloured", fallendo invece il vero obiettivo di aumentare il proprio indice di gradimento tra la popolazione nera. In alcune circoscrizioni della township di Khayelitsha, la Da avrebbe preso meno dell'un percento dei voti.

Detto del Cope, la cui performance ha in parte deluso i suoi sostenitori, che pochi mesi prima delle elezioni speravano di conquistare circa il venti percento delle preferenze (invece del 7 percento arrivato dalle urne), dall'analisi del quadro politico sudafricano emerge un dato incontestabile: l'incapacità dei partiti di superare le barriere tra le varie comunità che abitano il Paese, e di proporsi come formazioni politiche a carattere nazionale. L'Anc ha vinto, ma senza riuscire a far breccia tra bianchi e sangue misto, mentre la Da continua ad essere malvista dalla maggioranza nera. Da questo punto di vista il Cope, se riuscirà a creare una solida base per il partito e una presenza forte sul territorio, potrebbe essere la formazione politica con i margini di crescita più solidi per il futuro. Ma per far questo dovrà dotarsi di una leadership coerente e dovrà saper parlare ai milioni di poveri che, per ora, rimangono il bacino elettorale migliore per l'Anc.

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