martedì, maggio 05, 2009
‘Terra Livre’ è la mobilitazione indigena giunta ormai alla sua 6° edizione

Agenzia Misna - “Questo paese è stato costruito con una mentalità di sfruttamento che non è mai cambiata: anche oggi un capo di bestiame vale di più di un bambino indigeno e la canna da zucchero più delle foreste”. E’ la voce di Anastasio Peralta, indigeno del popolo Guaraní-Kaiowá del Mato Grosso do Sul, che insieme a un altro migliaio di nativi di 150 etnie provenienti da diversi stati del paese resterà accampato per tutta la settimana lungo la ‘Spianata dei ministeri’ di Brasilia per chiedere al governo il pieno rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione del 1988. Dall’accampamento ‘Terra Livre’, come è chiamata la mobilitazione indigena giunta ormai alla sua sesta edizione, si leva un’annosa richiesta, avanzata per la prima volta 14 anni fa: l’approvazione di un nuovo Statuto dei popoli indigeni per garantire la piena applicazione dei diritti costituzionali e sostituire quello in vigore dal 1973 che, approvato durante la dittatura militare, è ritenuto arcaico e pieno di pregiudizi poiché considera i popoli nativi giuridicamente incapaci nominando lo stato brasiliano come loro tutore. I nativi esamineranno la bozza del nuovo Statuto stilata dall’Assemblea dei popoli indigeni e contano di presentarla all’esecutivo affinché la porti in parlamento; sperano di poter incontrare entro il fine-settimana anche il presidente Luiz Ignacio Lula da Silva a cui hanno chiesto udienza. Una delle principali preoccupazioni dei nativi riguarda lo sfruttamento delle ricchezze presenti nel sottosuolo delle terre indigene: il governo accetta infatti il veto dei popoli originari sullo sfruttamento minerario ma non su quello delle risorse idriche e al momento, ha detto il dirigente amazzonico Marcos Apuriná, “esistono 450 progetti di infrastrutture che inonderanno le nostre terre”.


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