domenica, giugno 07, 2009

Obama ricordi i gulag della Corea del Nord, non solo il nucleare

Almeno 300 mila prigionieri politici nei lager del Nord. Testimonianze di torture ed esecuzioni capitali. I laboratori per gli esperimenti nucleari costruiti coi lavori forzati. Un’associazione scrive al presidente Usa in visita a Buchenwald.

Tokyo (AsiaNews) - La Corea del Nord fa notizia in tutto il mondo quando esplode bombe nucleari nelle gallerie sotto i suoi monti o lancia missili intercontinentali. La preoccupazione è piu’ che giustificata: la proliferazione nucleare è una minaccia a livello planetario. Si sottovaluta, invece, il fenomeno della sistematica e diffusa violazione dei diritti umani che fa di quella infelice nazione un immenso gulag.

Il colpevole silenzio mediatico è riparato in parte da una recente iniziativa del gruppo “No fence” (‘”senza steccati”), un’associazione con base a Tokyo, che si impegna per la liberazione dei circa 300.000 prigionieri politici che languiscono nei campi di concentramento della Corea del Nord, soggetti a torture, lavori forzati ed esecuzioni capitali.

In occasione della visita del presidente degli Stati Uniti Barak Obama al famigerato campo di concentramento nazista Buchenwald, quel gruppo di cittadini gli ha inviato in questi giorni una lettera aperta per stimolare la comunità internazionale a denunciare il sistema dei gulag nord-coreani e a non focalizzare l’attenzione solo sulla minaccia nucleare di Pyongyang. Se il mondo non riconosce gli orrori che hanno luogo sotto quella dittatura “noi - si legge nella lettera aperta - saremo giudicati dalle generazioni future per non essere riusciti a far tesoro della lezione dei passati crimini contro l’umanità”

La lettera è stata sottoscritta da varie organizzazioni internazionali per i diritti umani e inviata a 3.000 parlamentari delle principali nazioni industrializzate.

Soon Yoon-bok, sud-coreano, segretario generale del gruppo “No Fence, è preoccupato dal fatto che americani ed europei, ben consapevoli delle brutalità inflitte dalla Germania nazista, in particolare contro gli ebrei, hanno poca conoscenza delle atrocità commesse oggi nei campi di prigionia nord-coreani. “Il leader Kim Jong-il, ha detto Soon, usa le sue bombe nucleari e i suoi missili per attirare l’attenzione della comunità internazionale e così nascondere gli aspetti più vili della sua dittatura: i campi di concentramento”
I terribili segreti del monte Mantap
Kang Chol-hwan, saggista del quotidiano sud-coreano Chosun Ilbo, con un’analisi sulla seconda esplosione nucleare realizzata quest’anno dalla Corea del nord, permette di intravvedere concretamente l’abiezione del regime poliziesco di Pyongyang. L’ordigno è stato fatto esplodere in una cava del monte Mantap, alto 2000 metri e coperto di folta vegetazione. È molto probabile che l’enorme quantità di mano d’opera richiesta per gli scavi sia stata presa dai prigionieri politici. (continua a leggere)

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domenica, giugno 07, 2009

Il dolore del Papa per i bambini morti nell’asilo messicano

Profondo dolore di Benedetto XVI per la morte di 38 bambini in un incendio, che venerdì scorso ha devastato un asilo nella città messicana di Hermosillo.

Radio Vaticana - In un telegramma – a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone – indirizzato all’arcivescovo di Hermosillo, José Ulises Macías Salcedo, il Santo Padre esprime la sua vicinanza spirituale ai famigliari delle vittime e a quanti sono stati colpiti da questa tragedia. In questo momento di grande tristezza, il Papa assicura le sue preghiere per le piccole vittime e imparte la sua benedizione apostolica quale segno di conforto e speranza nel Signore Risorto.

Purtroppo, il già drammatico bilancio rischia di aggravarsi nelle prossime ore: 23 bambini sono infatti ricoverati in ospedale e 15 di loro sono in pericolo di vita. Il rogo è scoppiato mentre i bambini, figli di madri lavoratrici o indigenti, stavano dormendo. Ancora ignota l’origine dell’incendio. I soccorritori hanno dovuto abbattere alcuni muri della struttura, perché mancavano le uscite di sicurezza. Circostanza, questa, che ha tragicamente contribuito a rendere così pesante il bilancio delle vittime. (A.G.)

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domenica, giugno 07, 2009

Somalia nel caos, quasi 100 mila i profughi

Si allarga il conflitto in Somalia. Violenti scontri sono scoppiati ieri per il controllo di Wabho, importante città del centro del Paese.

Radio Vaticana - I combattimenti si aggiungono a quelli in corso, tra insorti islamici e truppe governative, per la capitale Mogadiscio. I profughi, secondo l'Onu, sono ormai 96 mila. La stabilizzazione del Corno d’Africa sarà al centro dei lavori della Riunione del Gruppo di Contatto sulla Somalia, a cui parteciperanno diversi esponenti dei Paesi della regione, che si terrà a Roma il 9 e il 10 giugno. Sui motivi di queste continue violenze in Somalia, Giada Aquilino ha intervistato Nino Sergi, segretario generale dell’organizzazione umanitaria Intersos, che opera nel Paese africano dal 1992 (ascolta):

R. - Queste violenze sono la continuazione di qualche cosa che già esiste da qualche settimana. C’è stato un processo che è stato formalizzato a metà del 2008 per cercare una soluzione unitaria alla crisi somala. Questa soluzione unitaria è stata però solo parziale: la parte di somali che non hanno accettato questo processo, che dunque è rimasta fuori, ovviamente non la vede come soluzione unitaria. E si sono posti in opposizione dura: opposizione armata. Questa opposizione dura si è manifestata in due modi: una prima ondata di conquista del territorio è iniziata dal maggio dello scorso anno quando un missile americano ha centrato un leader degli “shabab” – gli “shabab” sono questi giovani mujaheddin che sono un po’ le forze, le milizie di questa prima opposizione; con quell’uccisione c’è stata una reazione: conquistare il territorio. E nel giro di un anno, hanno conquistato quasi tutto il territorio del centro-sud della Somalia. Dal maggio 2009, c’è stata un’alleanza tattica con altre opposizioni che fino ad ora erano rimaste politiche, con scontri armati al governo e alle istituzioni transitorie, alle istituzioni di unità nazionale – come sono state definite – e che stanno provocando oggi pesanti conseguenze negative per la popolazione. Sono stati toccati da queste violenze ormai due milioni di persone, se poi contiamo anche quelle che subiscono gli effetti della cecità, sono tre milioni di persone che sono in un bisogno enorme.
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domenica, giugno 07, 2009

Francia, al via il Tour dei detenuti

Saranno scortati da 124 agenti e sarà vietato sprintare

PeaceReporter - Recuperare socialmente il detenuto non è impresa facile. Aiutarlo nel reinserimento in società, magari dopo anni passati all'interno di una cella, può essere un lavoro faticoso anche per le istituzioni più moderne e progressiste. C'è però una novità. In Francia i detenuti del carcere di Lille parteciperanno a un Tour de France davvero speciale, organizzato solo per loro. "E' un modo per evadere" dice ironicamente uno dei partecipanti mentre all'interno della palestra del carcere si allena pedalando alla ciclette.

I detenuti pedaleranno lungo i 2.300 chilometri del percorso, scortati da 124 persone fra guardie e allenatori e si fermeranno in 17 città del Paese.
Ogni città in cui il tour si fermerà è dotata di una casa circondariale ma questi speciali corridori dormiranno in hotel.
La gara non prevede una classifica finale e nemmeno la possibilità di sprintare a poche centinaia di metri dal traguardo.
Grazie al Tour i prigionieri potranno farsi vedere dai loro familiari in situazioni meno degradanti da quelle di una stanza parlatorio. Dobbiamo essere in grado di dimostrare alle autorità che siamo persone responsabili, che possiamo avere successo nella vita e che si possa tenere in considerazione anche la possibilità di una riduzione della pena" dice uno dei detenuti. Intanto, gli allenatori si danno da fare per motivare gli improvvisati atleti e li aiutano nella preparazione della gara.
Per tutti l'obiettivo è quello di giungere a Parigi dove ci sarà l'arrivo della gara. L'iniziativa è comunque positiva: far lavorare in equipe i detenuti, abituarli a condividere la fatica, le gioie e i dolori è il traguardo dichiarato delle direttrici penitenziarie che si sono date da fare per portare a termine il progetto.
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domenica, giugno 07, 2009

Ogni essere umano porta in sè la traccia del Dio-Amore

Così Benedetto XVI all’Angelus nella Solennità della Santissima Trinità

RadioVaticana - Tutto l’universo si muove spinto dall’amore di Dio: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai fedeli nell’Angelus per la Solennità della Santissima Trinità. Il Papa ha sottolineato che, nel mistero trinitario, Gesù ci rivela che Dio è Amore, un amore "purissimo, infinito ed eterno". Gesù ci ha rivelato che Dio è amore “non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza”: è quanto sottolineato dal Papa all’Angelus. E’ “Creatore e Padre misericordioso – ha detto – è Figlio Unigenito, eterna Sapienza incarnata, morto e risorto per noi; è Spirito Santo che tutto muove, cosmo e storia verso la piena ricapitolazione finale”: “Tre Persone che sono un solo Dio perché il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica”.

“Lo possiamo in qualche misura intuire - ha proseguito - osservando sia il macro-universo: la nostra terra, i pianeti, le stelle, le galassie; sia il micro-universo: le cellule, gli atomi, le particelle elementari”: "In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il “nome” della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere-in-relazione e così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore Creatore. Tutto proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore, naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di libertà".

Ma qual è, dunque, l’identità più vera di Dio, l’identità che risplende su tutto il creato? E’ l’Amore, sottolinea Benedetto XVI. Un amore che è iscritto nella natura di ogni essere umano: “La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione e viviamo per amare ed essere amati. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio “genoma” la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore”.

Benedetto XVI non ha poi mancato di soffermarsi sulle due Solennità del Signore che si succederanno dopo la Santissima Trinità: il Corpus Domini e la festa del Sacro Cuore di Gesù. Ciascuna di queste tre ricorrenze liturgiche, ha rilevato, “evidenzia una prospettiva dalla quale si abbraccia l’intero mistero della fede cristiana: e cioè rispettivamente la realtà di Dio Uno e Trino, il Sacramento dell’Eucaristia e il centro divino-umano della Persona di Cristo”: “Sono in verità aspetti dell’unico mistero della salvezza, che in un certo senso riassumono tutto l’itinerario della rivelazione di Gesù, dall’incarnazione alla morte e risurrezione fino all’ascensione e al dono dello Spirito Santo”.

Il Papa ha, infine, invocato la Vergine Maria, “specchio della Trinità Santissima”, affinché ci aiuti “a crescere nella fede nel mistero trinitario”. Dopo la recita dell'Angelus, salutando i pellergini di lingua francese, il Pontefice ha chiesto di pregare per i nuovi sacerdoti, per i seminaristi e i loro formatori.
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domenica, giugno 07, 2009

Elogio della differenza

del nostro redattore Renato Zilio

Solennità della Trinità. Ai bordi del deserto, un antico monastero. Un monaco, seduto davanti alla porta là da tempo, sembrava aspettare qualcuno. Mi vide ma non si mosse. Dopo le prime parole e il primo silenzio, continuò: «Se cerchi la perfezione, come molti fanno, sarà inutile il tuo cammino. La perfezione conosce Dio, ma solo di passaggio. Parte da te e, passando attraverso di lui, termina ancora in te stesso. Continuamente ti guarderai allo specchio per vedere se l’hai raggiunta o se per caso essa ti ha abbandonato per qualche istante. La perfezione ti farà schiavo di te stesso mettendoti al centro di tutto. Essa non accetta il tuo limite, ma vive del mondo che sogna e coniugando il condizionale, il tempo della non realtà, ti farà sospirare continuamente: “Io vorrei, io dovrei…” Così, ti farà appoggiare la tua vita sul vuoto. All’inizio e alla fine del tuo cammino non ci sarai che tu, l’essere umano che sei e non il Dio, che cerchi.

In tutto quello che fai, invece - riprendeva sicuro il monaco - ama. L’amore parte da Dio, coinvolge l’uomo e finisce in lui. E Dio creò l’uomo perché questi sappia amare, così solamente l’essere umano troverà la propria felicità. In fondo, unicamente quando si ama si rivela agli altri la propria bellezza.

Ma quando avrai da incontrare qualcuno sarai attento alla disponibilità del tuo cuore. Guardati bene dal non farlo venire per il sentiero calpestato già da altri, dalle loro dicerie o dalle loro insinuazioni. Lascialo venire liberamente per dove l’erba è ancora alta, non importa se avrà difficoltà ad avanzare. Il vostro rapporto, infatti, dovrà nascere con il sapore della novità, non calpestato dal pregiudizio. Hai davanti un essere umano e qualsiasi persona, segretamente, ha il desiderio di poter rinascere con te e, al tuo sguardo, sentirsi rinnovata.

Farai attenzione a coloro con cui vivi: il vostro rapporto non potrà essere di dipendenza perché l’uno non potrà mai essere padrone dell’altro. Non siete disposti l’uno sotto l’altro, come in una piramide, dove il più potente è al di sopra di tutti. Se credi di avere un essere umano sopra di te, dimenticherai facilmente Qualcuno che lo è veramente, perché la tua miopia ti porterà a vedere solo chi ti sta sopra immediatamente. Dovrai, invece, sentire gli altri come posti attorno, in cerchio con te, come quando vi disponete intorno a un fuoco. Solo in questo modo ricorderai che esiste, invisibile, in mezzo a voi un centro ed è Colui da cui provengono la vita, la forza e l’amore.

Infatti, la figura del cerchio a differenza di un quadrato o di una piramide rinvia necessariamente a un centro che lo genera. Allora, disponendovi così fra di voi, l’uno non sarà mai più importante dell’altro, sarete interdipendenti in un mondo in cui ognuno si sentirà legato all’altro. La forza di ognuno sosterrà tutti gli altri e se tu avrai più forza o più potere sarai ancora più fraterno, sostenendo gli altri con maggiore vigore. Ecco, non potrà esserci uno superiore fra di voi, ma un fratello più grande.

E la diversità che troverai nell’altro sarà proprio ciò che nasconderà il suo valore, perché la differenza in un essere umano e la sua originalità saranno il fondamento della sua stessa personalità. Anzi, avvicinandoti, senza paura, dovresti incoraggiarlo: “Sii quello che sei!”

Le diversità fra gli uomini sono immagine di Dio, che si vuole simile e differente in lui stesso. Così, la comunione non nasce mai dalla somiglianza o dall’omogeneità, ma sorge dalla meraviglia di vedersi differenti. Dal tuo stupore di fronte all’altro.
(da “Parole dal deserto” Edizioni Paoline, 2009)

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domenica, giugno 07, 2009

Rifiuti: Palermo, ancora roghi

Oggi in azione l'esercito

LiberaInformazione - Decine di cassonetti e cumuli di immondizia sono stati dati alle fiamme anche la notte scorsa a Palermo. Nella citta' solo da ieri e' ripresa regolarmente la raccolta dei rifiuti. I vigili del fuoco hanno ricevuto circa 60 segnalazioni e spento roghi in centro e in periferia. Oggi entreranno in azione 150 militari del Genio e sono in arrivo 40 autocompattatori per smaltire le circa 4.400 tonnellate di rifiuti, che si sono accumulate per lo sciopero dell'Amia.
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domenica, giugno 07, 2009

Israele, la lobby Usa dei coloni

Come il re dei casinò californiani finanzia l'estensione degli insediamenti

PeaceReporter - Per scoprire quanto stabili e intimi siano i legami tra governo e coloni in Israele, bastava presenziare alla consegna dei Premi 'Moskovitz' per il Sionismo, il 22 maggio scorso a Gerusalemme. A dispetto delle richieste di Obama, che verranno sicuramente reiterate domani nel corso della sua visita al Cairo, il governo di Netanyahu ha annunciato l'espansione degli insediamenti in Cisgiordania. Il perchè lo spiega la storica e profonda influenza esercitata dal partito dei coloni nella politica israeliana. Una contiguità, se non una compenetrazione vera e propria, ben palpabile nella cerimonia del 22 maggio.

'Scarso aiuto alla pace'. A rivelare tali legami è Max Blumenthal, un giornalista ebreo statunitense, tanto acuto quanto ironico, detestato dalla comunità ebraica Usa per la sua critica feroce della destra ultraortodossa. Blumenthal è riuscito a farsi invitare alla cerimonia di premiazione del Premio Moskovitz per il Sionismo tenutosi una decina di giorni fa a Gerusalemme Est. Alcune migliaia di ebrei radicali si sono riuniti di fronte a un palco con mega-schermo montato (provocatoriamente?) a poche decine di metri dal quartiere di Silwan, dove le autorità municipali prevedono di demolire 88 case di cittadini palestinesi per costruire un parco tematico archeologico, espellendo quasi 1.500 residenti. Un'operazione definita eufemisticamente dal Segretario di Stato Usa Hillary Clinton 'di scarso aiuto' alla causa della pace.

Nomen omen, il premio Moskovitz è stato organizzato da Irvin Moskovitz, padrone della catena californiana di casinò 'Hawaiian Gardes'. Denunciato più volte per lo sfruttamento di lavoratori irregolari, Moskovitz da anni convoglia milioni di dollari verso Israele per sostenere l'espansione degli insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Solo chi si distingue per particolari meriti alla causa sionista viene insignito dell'omonimo premio. Moskovitz è ricordato da Blumenthal per la sua amicizia con il Primo ministro Netanyahu, convinto proprio da lui a costruire nel 1996 un'uscita del tunnel sotto la Spianata delle Moschee: tale decisione fu all'origine degli scontri che condussero alla Seconda Intifada. L'impronta di Moskovitz sulla terra ove sorgono i 'settlement' dei coloni è però visibilmente impressa nell'espansione di Kiryat Arba, focolaio di estremismo ortodosso. A palesarne l'evidenza, il Premio Moskovitz 2009, attribuito, con i suoi bei 50 mila dollari, proprio al fondatore di Kiryat Arba, Noam Arnon. Dopo la consegna, il giornalista Blumenthal ha avvicinato il colono Arnon, che gli ha confessato la seguente verità: "Crediamo che gli arabi abbiano ormai preso il controllo dei media e degli umori internazionali, convincendo il mondo a credere che esista un popolo palestinese che merita un proprio Stato. E questo è totalmente falso".

Premi Nobel e ministri. Il premio è stato consegnato da Robert John Aumann, premio Nobel per l'Economia nel 2a005 (per la Teoria dei giochi), alla presenza del ministro israeliano per le Infrastrutture, Uzi Landau. Aumann si oppose allo sgombero della Striscia di Gaza del 2005, definendolo un crimine contro le colonie di Gush Katif, nonché un serio pericolo per la sicurezza di Israele. Il docente utilizzò persino la sua Teoria dei giochi per giustificare l'occupazione dei Territori palestinesi. Prima della consegna del Nobel, una petizione di oltre mille firme era già stata inviata all'Accademia svedese per chiedere la cancellazione del Premio ad Aumann. Un collega canadese del giornalista statunitense, Jesse Rosenfeld, è riuscito a eludere la sicurezza e ha avvicinato il ministro delle Infrastrutture, mentre gigioneggiava tra la platea dei coloni. Gli ha chiesto che ne pensasse del richiamo di Obama alla necessità di congelare l'ampliamento degli insdediamenti. La risposta non lascia dubbi sulla posizione sua, del suo partito (Yisrael Beiteynu) e del suo governo: "Qualcuno dice che gli arabi possono costruire a destra e a manca e gli ebrei no. Questa posizione va rifiutata in toto".

Da come Netanyahu riuscirà a tenersi in equilibrio tra gli ultra-ortodossi del partito Yisrael Beiteynu e gli appelli di Obama dipenderà non solo il futuro del suo governo ma anche quello dell''amicizia particolare' tra Washington e Tel Aviv.
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sabato, giugno 06, 2009

Striscia di Gaza: commissione ONU scioccata dopo la visita

Si è detto “scioccato ed estremamente rattristato” per quello che ha visto durante la prima settimana di sopralluoghi e indagini condotte a Gaza Richard Goldstone, a capo della commissione dell’Onu incaricata di verificare le violazioni dei diritti umani e i presunti crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano durante l’offensiva ‘Piombo fuso’

Agenzia Misna - Parlando ad una conferenza stampa dopo il suo incontro con il primo ministro ‘de facto’ della Striscia, ed esponente di spicco di Hamas, Ismail Haniye, Goldstone ha detto che “la commissione, che concluderà le sue indagini alla fine del mese, spera di poter organizzare audizioni dei testimoni a Gaza e a Ginevra” e che finora ha raccolto materiale e interviste che serviranno a preparare un rapporto, la cui pubblicazione è prevista la prima settimana di settembre. Il responsabile, un magistrato sudafricano, già in passato procuratore presso i tribunali internazionali per la ex-Jugoslavia e il Rwanda, ha definito “gravissima” la decisione del governo israeliano di non collaborare nell’inchiesta, alla quale partecipano Christine Chinkin, professore di diritto internazionale alla London School of economics, Hina Jilani, esperta dei diritti umani pachistana e Desmond Travers, ex-ufficiale delle forze armate irlandesi con esperienze in indagini criminali internazionali, ma ha precisato che questo “non sminuirà in alcun modo la credibilità della commissione”.
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sabato, giugno 06, 2009

Amazzonia: gravi e violenti scontri tra polizia e indigeni

Almeno cinque indigeni – 15 secondo fonti non ancora confermate - sono stati uccisi e altre decine feriti in violenti scontri con la polizia in una regione selvatica dell’Amazzonia che hanno comportato anche la morte di quattro agenti

Agenzia Misna - Lo hanno riferito fonti dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), sigla che raccoglie oltre un migliaio di comunità native, protagonista, dal 9 aprile, di una massiccia mobilitazione contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali portata avanti dal governo. Gli scontri sono iniziati all’alba nella zona conosciuta come Cruz del Diablo, 700 chilometri a nord di Lima, dove i poliziotti sono stati dispiegati per disperdere 2500 indigeni che da giorni bloccavano una strada nei pressi della località di Bagua. Il direttore generale della polizia José Sánchez Farfán ha riferito alla stampa che un gruppo di circa 600 agenti sarebbe stato attaccato a colpi di arma da fuoco; diversa la versione fornita a ‘Radio Capital’ da un dirigente indigeno identificato come Cabello, secondo il quale elicotteri della polizia avrebbero aperto il fuoco contro i manifestanti. A più riprese negli ultimi giorni l’Aidesep ha chiesto la deroga di un pacchetto di decreti approvati lo scorso dicembre nel piano di adeguamento della legislazione previsto dal Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, entrato in vigore a febbraio, giudicati lesivi dei diritti dei popoli originari sulle loro terre. Negoziati sono in corso tra una commissione interistituzionale designata dal governo e rappresentanti dei popoli indigeni locali, mentre resta in vigore lo stato d’emergenza con restrizioni ai diritti costituzionali in diversi distretti amazzonici dei dipartimenti di Cusco, Loreto, Amazonas, San Martín e Ucayali. L’azienda petrolifera argentina ‘PlusPetrol’, a capo del cartello che sfrutta il gas del progetto Camisea, nella valle del Urubamba – al centro di un annoso conflitto con le popolazioni locali - ha intanto annunciato la sospensione della produzione di un lotto ubicato nella zona di Loreto, paralizzata dalle proteste indigene.

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sabato, giugno 06, 2009

Usura: arrestato nel palermitano consigliere comunale

Un bancario, Salvatore Geraci, 56 anni, attualmente consigliere comunale di Caccamo (Palermo), è stato dalla Guardia di Finanza di Termini Imerese mentre riceveva da un imprenditore edile una somma frutto, secondo l'accusa, di interessi usurai relativi a due prestiti

LiberaInformazione - La vittima ha collaborato con gli investigatori. L'indagine, coordinate dal sostituto della Procura di Termini Imerese, Giacomo Urbano, ha ricostruito che nel novembre del 2008, l'imprenditore edile, in condizioni di difficolta' economica, era contattato personalmente dal Geraci, allora direttore pro tempore della filiale di Caccamo del Banco di Sicilia, e invitato a ripianare lo scoperto bancario. Geraci avrebbe offerto il suo aiuto all'imprenditore e gli avrebbe prospettato l'opportunita' di evitare il protesto tramite "alcuni amici" pronti a dargli denaro contante. Sarebbe stato definito un accordo per cui la vittima avrebbe emesso un assegno dal suo conto corrente personale per 5.000 euro e ne avrebbe ricevuti in cambio 4.000, in tagli da 100 e 50 euro, impegnandosi a restituire all'arrestato l'intero ammontare dell'assegno, cioe' 5.000 euro, entro un mese (il tasso sarebbe risultato del 240%) o in caso contrario un interesse mensile di 500 euro (tasso del 140%). Nel febbraio del 2009, il bancario avrebbe prestato all'imprenditore altri 3.000 euro con le stesse modalita'. A denunciare Geraci e' stata la stessa vittima che ha collaborato con i finanzieri e ha consentito loro di intervenire e arrestare il bancario subito dopo la consegna di 500 euro a titolo di interessi, dentro un bar del centro di Caccamo.
Geraci e' accusato di usura, estorsione ed esercizio abusivo della professione creditizia.
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sabato, giugno 06, 2009

La Chiesa è esigente con i sacerdoti per amore di Cristo

Così il Papa alla Comunità del Seminario francese di Roma

RadioVaticana - Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano la comunità del Seminario francese di Roma. L’istituzione, fondata oltre un secolo e mezzo fa dalla Congregazione del Santo Spirito, è affidata ora alla Conferenza episcopale francese. Nel suo discorso, il Papa si è soffermato sui doveri dei seminaristi e dei loro formatori ed ha ribadito l’importanza del ministero sacerdotale per la vita della Chiesa.

L’Anno Sacerdotale offre a tutta la Chiesa la possibilità di “scrutare più profondamente l’identità del sacerdozio, mistero di grazia e misericordia”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel suo discorso al Seminario francese di Roma. Un’occasione per ribadire il ruolo fondamentale dei sacerdoti nella vita ecclesiale: “Il compito di formare i preti – ha detto – è una missione delicata”. La formazione che si propone nei seminari, ha aggiunto, è “esigente”, perché alla sollecitudine pastorale dei futuri sacerdoti sarà affidata una porzione del popolo di Dio, “quel popolo che Cristo ha salvato donandogli la sua vita”. E’ bene, ha auspicato, che i seminaristi comprendano che se la Chiesa si mostra esigente con loro è perché si devono prendere cura di coloro che Cristo gli ha affidato.

Quindi, ha enumerato le attitudini che devono caratterizzare un futuro sacerdote: “La maturità umana, le qualità spirituali e ancora - ha rilevato – lo zelo apostolico e il rigore intellettuale”. Quindi, ha evidenziato che, per accrescere queste virtù, è importante che i seminaristi ne beneficino per primi attraverso l’esempio dei loro formatori. Ha così ripreso le parole del cardinale Suhard a proposito dei ministri di Cristo: “Eterno paradosso del sacerdote – ha detto il Papa citando il porporato francese – è portatore in se stesso di opposti: concilia, a prezzo della vita, la fedeltà a Dio e all’uomo”. Non ha in mano mezzi politici, diceva il cardinale Suhard, né risorse finanziarie o la forza delle armi, la sua forza è di essere disarmato e di potere tutto in Cristo. “Possano queste parole che evocano così bene la figura del Santo Curato d’Ars – è stato l'augurio del Pontefice – risuonare come un appello vocazionale per i numerosi giovani cristiani francesi che desiderano una vita utile e feconda al servizio dell’amore di Dio”. Infine, l’auspicio che i seminaristi francesi in visita a Roma possano scoprire la grandezza della cattolicità della Chiesa e la sua vitale unità attorno al Successore di Pietro.
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sabato, giugno 06, 2009

Obama sull’Islam piace, ma c’è qualche bugia e silenzio

Un’analisi del discorso del presidente Usa da parte di un esperto dell’Islam e del mondo arabo, Padre Samir. In generale vi è molta onestà e dei giusti mea culpa. Ma pure troppa retorica sui contributi dell’Islam; un falso storico sul califfato di Cordoba e sulla nascita di Israele; ambiguità sugli insediamenti israeliani nei Territori occupati; libertà religiosa è più che tolleranza; dimenticanze sui diritti quotidiani delle donne. Il papa in Medio Oriente ha detto di più.

Beirut (AsiaNews) – L’ampio discorso di Barack Obama tenuto ieri all’università del Cairo è una proposta a passare da un conflitto delle civiltà a una nuova era di rapporti fulgidi fra occidente e Islam o meglio fra Stati Uniti e Islam. Nella prima parte egli cerca di placare i musulmani, quando parla in prima persona della sua esperienza e dell’esperienza americana. Fa anche una leggera autocritica sul comportamento americano in Iraq. Tutto questo serve a creare un’atmosfera di dialogo e di apertura. È una tattica normale per far sì che l’altro ascolti. In una seconda parte egli enumera 6 punti su cui Stati Uniti e mondo musulmano devono collaborare.

Il discorso è essenzialmente quello di un uomo politico, appartenente alla nazione più forte del mondo e gli argomenti sono espressi a livello politico, da parte di uno che sa di essere responsabile.

Per diversi aspetti, il discorso di Obama è molto onesto. Ad esempio, trattando dell’estremismo violento, egli insiste nel non identificarlo con l’islam, anche se dice che vi sono musulmani che praticano la violenza. Sappiamo che gli estremisti sono una minoranza, ma sono inaccettabili.

Su Afghanistan e Iraq fa un discorso molto equilibrato, per rispondere alle critiche che vengono all’America dal mondo islamico. E cita perfino Thomas Jefferson quando dice: “Spero che la nostra sapienza cresca con la nostra forza e ci insegni che quanto meno la usiamo, tanto più potenti siamo”. Egli confessa pure che gli eventi in Iraq hanno spinto l’America a capire che le vie diplomatiche sono migliori delle vie della guerra.

La lettura della storia del confronto fra occidente e Islam è un po’ manipolata, forse per far piacere ai musulmani. Quando ad esempio parla dell’islam di Al Azhar, che avrebbe contribuito al Rinascimento e all’Illuminismo europeo, mi sembra veramente un po’ troppo, anche se simpatico.

Egli elenca pure tutti i contributi della cultura islamica alla civiltà mondiale: l’algebra, la filosofia, ecc.. E io approvo questo: è un po’ esagerato, ma serve a dire ai musulmani che essi devono essere fieri di questo contributo alla cultura mondiale. Obama insiste anche a non rimanere bloccati nel passato, ma ad andare oltre, sia negli scontri, sia nella collaborazione, infondendo molto ottimismo e di coraggio.

Nel discorso cita due volte il Corano, oltre al Talmud e al Vangelo, ma alla fine chiude con una citazione di san Paolo (“la pace di Dio sia con voi”). Questo lo mostra come un uomo coraggioso, che non nasconde la sua identità: egli ha detto di essere cristiano e che aveva un padre musulmano e sapendo tutte le polemiche che vi sono nel mondo musulmano a proposito delle conversioni. Lui stesso sottolinea che occorre onestà nel dialogo e ciò che si dice in privato va detto in pubblico e questo suo discorso serviva a trovare fondamenti comuni nella verità.

L’ultima parte è piena di parole forti: non farsi legare dal passato; andare avanti nel futuro; l’invito rivolto ai giovani di tutte le fedi: è molto americano questo, proponendo a tutti dal più piccolo al più grande, la responsabilità dell’impegno guardando ai nostri sforzi con ottimismo.

Anche quando propone la collaborazione americana sugli investimenti per la cultura, lo sviluppo, lo scambio fra studenti, mostra di essere cosciente della forza degli Stati Uniti, ma chiede comunque la collaborazione del mondo musulmano, una “partnership”.

L’atmosfera del discorso è dunque di collaborazione globale, dove ognuno fa lo sforzo per portare sviluppo, nel rispetto l’uno per l’altro e senza superbia.

Ambiguità su Israele, Palestina e gli insediamenti

Obama elenca 6 temi su cui è urgente e necessaria la collaborazione: l’estremismo violento; Israele, Palestina, mondo arabo; le armi nucleari (in cui egli mira all’Iran); la democrazia; la libertà religiosa; i diritti delle donne.

I primi 3 punti sono gli aspetti politici internazionali; gli altri tre sono sui diritti umani. Si vede che ha puntato sugli aspetti più importanti.

1. A proposito dell’estremismo, Obama ha cercato di evitare l’identificazione della violenza con l’islam. E fa pure un mea culpa discreto per gli errori dell’America in Iraq, per indicare infine la violenza estremista come “il nemico comune”.

2. Il problema israeliano-palestinese presenta alcuni limiti. Quando ha spiegato che i rapporti fra Usa e Israele sono “indistruttibili”, ha detto una frase molto dura per il mondo musulmano. Barack lo ha fatto per rassicurare Israele, mostrando che questi rapporti sono basati su legami culturali e storici e sulla “aspirazione di un focolare ebraico radicato in una storia tragica che non può essere negata”. Tutto questo è vero. Ma quando fa il paragone fra ebrei e palestinesi che hanno sofferto per una “patria”, fa un errore: gli ebrei non hanno sofferto a causa dei palestinesi o dei musulmani, ma in Europa, a causa dell’occidente. E invece i palestinesi soffrono a causa di Israele e del mondo occidentale. Un altro elemento ambiguo è quando egli mette sullo stesso piano il legittimo desiderio dei palestinesi e degli ebrei ad avere una loro patria nel mondo medio orientale. Il legittimo desiderio degli ebrei in Europa era quello di vivere in pace dove si trovavano, non di avere per forza una patria in Medio oriente. Questa ambiguità è presente in molti occidentali. Va detto che ormai, Israele è presente in Medio oriente e occorre convivere insieme, ma è importante non manipolare la storia del passato.

Un altro elemento ambiguo è la questione degli insediamenti che Barack Obama dice che “vanno fermati” . Ma non è chiaro se vuol dire che non ce ne saranno più in futuro o se vanno smantellati anche quelli già costruiti, ritornando ai palestinesi i territori sequestrati dai coloni israeliani. Gli Stati Uniti devono andare oltre le frasi generiche e devono perseguire la politica dei “due Stati”, precisando anche “entro i confini assegnati dalle Nazioni Unite” . Se questo non avviene, non ci sarà pace. Questo io penso sia il punto più debole del discorso di Obama. Ma è anche vero che non poteva dire di più, tenendo conto della politica americana degli ultimi 60 anni! È già un piccolo passo avanti aver detto che sono necessari “due Stati”.

3. La terza emergenza è un’allusione all’Iran e al suo programma nucleare. È bello che lui dica di lavorare perché nessuna nazione abbia armi nucleari. Solo così le sue critiche all’Iran e alla Nord Corea sono significativi. Questa è una grande differenza con il suo predecessore, che aveva una visione un po’ più manichea, condannando questi Paesi, ma rivendicando che gli Usa dovessero avere le armi nucleari.

Libertà religiosa è più che tolleranza

La seconda parte tratta dei diritti umani in vari aspetti.

4. Sulla democrazia è conscio delle disparità fra i vari Paesi, ma enumera i bisogni alla base della democrazia: la possibilità di esprimere le proprie idee, la fiducia nella legge e nell’amministrazione della giustizia; ecc.. E qui fa anche l’autocritica della politica americana che in Iraq voleva diffondere la democrazia con la forza. Obama invece dice: “nessun sistema di governo può essere imposto da una nazione sopra un’altra”.

5. Il quinto punto è la libertà religiosa. Qui Obama va un po’ oltre la verità storica e usa dei concetti mitici per giustificare la sua posizione. Egli afferma che l’Islam è sempre stata una religione tollerante. Ma qui vi è un’ambiguità: la libertà religiosa non è solo la tolleranza. Tollerare significa permettere all’altro di esistere, ma questo non significa avere libertà di parola, di predicazione, di conversione. E poi cade nel mito quando porta come esempio di tolleranza il periodo islamico dei califfati in Andalusia e Cordova, mettendolo in contrasto con l’Inquisizione. Tutto questo è esagerato e mitizzato. Anzitutto l’Inquisizione viene storicamente dopo il califfato, ma l’affermazione è sbagliata anche nei contenuti. Nel califfato in Andalusia vi è stata molta persecuzione di cristiani, ebrei e perfino musulmani: Averroè ha dovuto scappare da Cordoba; lo stesso per il filosofo ebreo Maimonide. Egli poi cita il caso dell’Indonesia che aveva visto da bambino. E fin qui nulla da dire. Ma l’Indonesia di oggi non è più così tollerante come in passato. Egli sembra comunque cosciente che occorre fare dei passi per il rispetto reciproco. Fra le situazioni difficili egli cita (un po’ fuori luogo) i maroniti in Libano e (con un certo coraggio, dato che si trova in Egitto) i copti in Egitto. Infine cita pure il conflitto fra sunniti e sciiti per mostrare che la tolleranza va vissuta anche fra musulmani e non solo con i cristiani.

Egli dà poi alcuni esempi di tolleranza in stile “americano”. Ad esempio egli parla della zakat, dell’elemosina religiosa giuridica, per sostenere gli altri musulmani. Ma questo è un fatto privato e nessuno può impedirlo, eppure lo cita come un segno importante di tolleranza. Egli cita due o tre volte il velo e gli abiti delle donne, per dire che esse hanno pieno diritto a vestire come vogliono, ma tutto questo mi sembra più un argomento per soddisfare il popolo musulmano, non un vero e proprio tema di libertà religiosa. Invece il diritto di credere o non credere, di essere omosessuale o no, di convertirsi da una religione all’altra, non viene affrontato. Cita l’Arabia saudita come esempio di collaborazione fra le religioni, ma non dice nulla sulla mancanza di libertà religiosa in quel Paese.

6. L’ultimo punto è sui diritti delle donne. E anche qui cita esempi eclatanti, come Turchia, Bangladesh, Pakistan, Indonesia, dove alcune donne sono state leader politici, ma non tocca i problemi delle donne nella vita quotidiana, piena di umiliazioni ed emarginazione.

Il viaggio di Obama e quello del papa

In conclusione, Obama insiste sul progresso umano, sull’educazione, sulla integrazione fra sviluppo e tradizione. In effetti uno dei motivi del conflitto fra occidente e mondo islamico è questa idea del progresso e allora invita a creare un mondo nuovo, citando tutti i temi che ha affrontato: non più estremismo; coi soldati Usa a casa; con israeliani e palestinesi che vivono in pace; senza la minaccia nucleare; ecc..

Con fare molto americano egli spinge tutti al coraggio e a fare un passo verso la novità

Il discorso è bello; qua e là qualche concessione per piacere ai musulmani, ma per un uomo di stato mi sembra positivo. In questo modo cerca di far capire che l’America vuole cambiare il suo atteggiamento con il mondo islamico.

Paragonando il suo messaggio con quello del Papa nel suo viaggio in Terra Santa, mi sembra che nei riguardi dei palestinesi, il papa sia stato meno ambiguo. Ambedue hanno difeso l’esistenza di Israele, ambedue hanno condannato la violenza, ma Benedetto XVI ha parlato con chiarezza di due Stati; ha anche detto che il Muro è inaccettabile e che Gerusalemme deve essere la capitale di entrambi gli Stati. Obama ha invece parlato di Gerusalemme solo come “capitale spirituale” delle tre religioni abramitiche.

Anche il papa ha parlato di rapporti “indistruttibili” fra l’ebraismo e la Chiesa, ma non ha giustificato la cosa con motivazione storiche un po’ fiacche.

Va detto che la situazione del papa era molto più delicata, perché Benedetto XVI è andato nell’occhio del ciclone, fra israeliani e palestinesi. Invece questo discorso di Obama serviva solo per far piacere all’Islam.

In qualche modo questo discorso serve sempre ad estendere la pax americana. Il che non è un male, purché si tenga conto delle riserve che Obama stesso ha sottolineato: tutto deve avvenire nella “partnership” e non nel dominio. Ad ogni modo, il cambiamento rispetto a Bush è chiaro: entrambi hanno coscienza del ruolo degli Usa nel mondo, ma quello che dice Obama sembra più corretto.
... (continua)
sabato, giugno 06, 2009

Il WWF inaugura la torre di rilevamento all'Oasi di Alviano

In occasione della Giornata Mondiale dell'Ambiente, il WWF inaugura il progetto "Osservatorio clima" nell'Oasi di Alviano, in Umbria. Un ettaro di bosco è capace di neutralizzare almeno 6 tonnellate di CO2.

WWF - E' stata inaugurata oggi la prima stazione di misurazione dei gas serra (una torre alta 13 metri) in un bosco di pianura in area protetta, nell’Oasi umida del WWF di Alviano, in Umbria, che contribuirà ad una serie di rilevamenti utili alla misurazione dei gas serra negli ecosistemi delle oasi. L’iniziativa si è svolta per celebrare la Giornata mondiale dell’ambiente che quest’anno l’ONU ha voluto dedicare al tema del clima. La torre, oltre agli aspetti prettamente scientifici, avrà anche un alto valore didattico per il fatto che i visitatori potranno osservare in diretta l’andamento del respiro del bosco e quindi scoprirne concretamente il valore. La torre, insieme a supporti informativi e didattici, costituirà un importante Centro dimostrativo sul monitoraggio dei gas serra.

Un ettaro di bosco è capace di neutralizzare almeno 6 tonnellate di CO2 (gas serra, primo responsabile del riscaldamento globale) in un anno, ovvero, le emissioni di un’automobile di piccola cilindrata che percorre circa 43.000 km, oppure quelle determinate dai consumi elettrici medi di 4 famiglie italiane. Per conoscere la capacità di assorbimento di Co2 delle nostre aree naturali, e renderle sempre più capaci di adattarsi ad un clima destinato a modificare profondamente l’ambiente, il WWF ha oggi inaugurato un altro ‘tassello’ di ricerca e divulgazione sul ruolo delle aree protette per la lotta ai cambiamento climatici. Le Oasi WWF, con un programma avviato da un anno, denominato Osservatorio Clima, sono diventate ormai vere e proprie stazioni di monitoraggio sui cambiamenti del clima e di sperimentazione di progetti di gestione adattativa, in un progetto che vede uniti WWF e Università della Tuscia, con la collaborazione di Microsoft Italia e la partecipazione, tra gli altri, del Corpo Forestale dello Stato e del Museo di Zoologia di Roma.

“La torre di rilevamento nell’Oasi di Alviano – dice Riccardo Valentini, professore all’Università della Tuscia dove dirige il Laboratorio di Ecologia Forestale e presidente della Commissione CNR sui cambiamenti globali – è la prima installata in un’area naturale umida e ci consentirà letteralmente di ‘ascoltare’ il respiro del bosco, quanta CO2 assorbe e quanto ossigeno rilascia. Questo impianto nasce come Centro dimostrativo per far conoscere al pubblico come funziona il monitoraggio dei gas serra e il ruolo fondamentale degli ecosistemi forestali nell’assorbimento di CO2 e, quindi, dimostrare quanto questi ecosistemi siano essenziali per mantenere la temperatura media globale al di sotto dei ‘fatidici’ 2°C”.

Con il calcolatore messo a punto dall'Università della Tiscia, prova anche tu a calcolare quanta anidride carbonica produci, e quanta è in grado di assorbirne l'ambiente forestale >>

Assieme alla torre di rilevamento di Alviano, ad una rete di centraline meteo e al monitoraggio di alcuni importanti indicatori biologici, il software messo a disposizione da Microsoft, da anni impegnata a livello internazionale nello studio del cambiamento climatico presso il laboratorio di ricerca informatica Microsoft Research di Cambridge, consentirà di creare un database che servirà ad effettuare delle previsioni a medio-lungo termine per attivare specifiche misure di adattamento e conservazione della biodiversità nelle Oasi del WWF e in generale in Italia.

“Per far fronte alle minacce poste dai cambiamenti climatici, oggi il mondo si trova davanti all’esigenza di ridurre drasticamente le emissioni di CO2 entro il 2050 – dichiara Carlo Intorno, Direttore Corporate Social Responsibility - A tale scopo, lo sviluppo di tecnologie può giocare un ruolo rilevante, concorrendo alla messa in efficienza di altri settori carbon intensive e fornendo un valido supporto alla ricerca scientifica applicata a qualunque campo. Per questo, Microsoft Italia aiuterà il WWF a costruire un sistema informativo super-efficiente con le nostre tecnologie ed insieme al WWF osserveremo l’evoluzione del Sistema delle Oasi, che rappresenta il più importante progetto di conservazione del WWF Italia”.

Da un anno il progetto è attivo in 20 Oasi sparse su tutto il territorio nazionale, ma è già previsto un aumento delle aree coinvolte negli studi e delle azioni di monitoraggio. “Le Oasi del WWF – più di 100 disseminate su tutto il territorio nazionale – sono laboratori naturali dove è normale ‘leggere’ i cambiamenti climatici in atto, dove è possibile sperimentare azioni sia di mitigazione che di gestione adattativi - dice Antonio Canu, direttore di WWF Oasi - L’Italia sta cambiando faccia e i segnali li stiamo monitorando attraverso, per esempio, lo studio dei lepidotteri notturni (ci sono popolazioni di specie tipiche di areali meridionali che migrano verso nord favoriti dal riscaldamento climatico), o la conferma della rarefazione e perfino il rischio di estinzione che corre la gran parte degli anfibi (come l’ululone dal ventre giallo appenninico che è in una situazione ormai critica ovunque o la salamandra pezzata che è in estrema rarefazione nel centro Italia e si è quasi estinta nel Lazio). Sono tutti fenomeni che osserviamo e studiamo nell’ambito del progetto Osservatorio e non fanno altro che confermare l’innalzamento della temperatura nel nostro paese”.

Dal confronto tra i valori attuali delle variabili bioclimatiche nelle Oasi WWF e quelli previsti per il futuro (secondo uno scenario il raddoppio dell’anidride carbonica) emerge chiaramente che il 95% delle Oasi WWF avrà un aumento di temperatura media annua compreso tra 1 e 3°C ed il 90% subirà una riduzione delle precipitazioni annue compresa tra 27 e 113mm. Dall’osservazione delle trasformazioni in atto dovute al riscaldamento globale appare chiaro che, fin da subito, è necessario impegnarsi, oltre che per tutte le azioni mirate a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra in atmosfera (il 2009 è un anno cruciale da questo punto di vista perché la 15° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici che si terrà a dicembre a Copenaghen dovrà chiudere il nuovo accordo globale sul clima) anche alle azioni mirate a ‘mitigare’ e ‘adattarsi’.
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sabato, giugno 06, 2009

Missionario del PIME: “Cosa scopro di bello nell’Islam”

Un sacerdote fra i musulmani del Bangladesh racconta il suo dialogo della vita con l'Islam. E possibile imparare l'uno dall'altro, senza sminuire la propria identità.

Dakha (AsiaNews) - Padre Carlo Buzzi è un missionario del Pime in Bangladesh dal 1975. Fin dall’inizio è andato a vivere tra i musulmani per conoscere dall’interno la religione islamica. E’ riuscito a farsi accettare e benvolere, pur rimanendo un prete cattolico che vive la sua fede e ne dà testimonianza costruendo scuole, aiutando i più poveri e fondando una parrocchia a Sirajgong (zona centrale). All’inizio ha ricevuto insulti, bastonature, distruzione della chiesetta che aveva fatto. Poi, quando hanno visto la sua carità gratuita, oggi dice che è contento e benvoluto da tutti. Riporto qui un dialogo avuto con lui. (L’intervista completa apparirà su AsiaNews di agosto-settembre 2009).

Chi non ha vissuto con i musulmani - mi spiega p. Buzzi - non capisce l’islam, che è diverso da come lo presentano i media. Nel popolo c’è una fortissima fede nel Dio unico e poi una vita regolata secondo l’islam. Alle 6 del mattino, i bambini, piova o faccia sole, con la loro piccola stuoia sotto il braccio, vanno in moschea e vi rimangono fin verso le sette. L’islam è radicato perché costa fatica pregare cinque volte al giorno, alzarsi presto, la circoncisione che fanno a sei-sette-otto anni è una grande sofferenza. Poi il digiuno, che è un fatto comunitario, un’emulazione l’un con l’altro: Hai fatto il digiuno? Io l’ho fatto…. Il digiuno è un sacrificio, ma lo affrontano con grande determinazione.

Poi c’è la preghiera. Alzarsi alle cinque per pregare tutti i giorni segna la vita, crea carattere, decisione, spirito di sacrificio. L’islam io vedo che è forte perché crea persone che vivono la fede con convinzione. Poi c’è anche ipocrisia, fariseismo, legalismo e costrizione, è vero. Di questo si accorgono anche loro, per questo hanno simpatia per i cristiani. A loro sembra che tra noi cristiani ci sia più sincerità, più trasparenza. Ma comunque l’islam permette un’esperienza mistica e secondo me una religione che permette un’esperienza mistica è rispettabile. Tra i musulmani c’è il misticismo e ci sono i santi. Un musulmano che prega ed è sincero con se stesso e con Dio, diventa un ottimo uomo. Ora, poiché tanti musulmani sono veramente sinceri e pregano e sono onesti, hanno un’esperienza di Dio e non possono più dire: la nostra religione è sbagliata. Io sono cristiano e sono sicuro che mai mi farò musulmano; così io dico ai musulmani: cercate anche voi di essere sinceri e buoni musulmani e arrivate all’esperienza di Dio attraverso la preghiera, l’onestà, l’aiuto e il perdono al prossimo. Il concetto dei dieci comandamenti ce l’hanno anche loro e quando sono sinceri sono onesti: è difficile essere onesti e sinceri (com’è difficile per noi cristiani vivere una vita secondo la volontà di Dio), ma molti lo sono e soffrono perché vedono che tanti musulmani si comportano male.

La differenza col cristianesimo è questa. Molti cristiani pensano: io parlo con Dio, me la intendo col Signore, non è necessario andare in chiesa, voglio bene a Dio e al prossimo, basta questo. Il musulmano no, sa che c’è una regola precisa che va osservata: pregare cinque volte al giorno, andare in moschea, fare il digiuno, fare l’elemosina legale, essere solidali con chi ha meno di noi, ecc. Noi mettiamo troppo l‘accento sul fatto interiore, sulla coscienza personale (che può anche essere oscurata, ignorante) e non sulla legalità dell’osservanza della Legge, i musulmani mettono troppo l’accento sulla pratica esteriore e legalistica e a volte anche farisaica della Legge.

Ma Gesù ha completato la legge antica, portando il precetto dell’amore a tutti, la dignità dell’uomo e della donna,... Questo principio nell’islam non c’è. Gesù Cristo ci aiuta a capire di cosa i musulmani hanno bisogno e che il Vangelo può dare loro.

Non c’è dubbio che nell’insegnamento islamico vi è qualcosa di sbagliato. Riguardo alla donna hai pienamente ragione e anche i musulmani più istruiti lo capiscono e lo dicono. Però se da un lato ammirano il mondo cristiano, dall’altro lamentano il nostro femminismo estremista ed arrabbiato, che vuol fare della donna un altro uomo, sul modello dell’uomo!

Cioè ammettono la dignità umana della donna pari a quella dell’uomo, nella complementarietà dei ruoli e delle funzioni nella società, che deriva dalla stessa diversità fisica e psichica del tutto naturale. Però temono i costumi e la mentalità a cui noi siamo arrivati, la donna che dimentica di essere mamma, quindi che fa meno figli. Noi mettiamo l’accento quasi esclusivo sulla coscienza e i diritti dell’individuo, loro sull’obbligo di osservare la Legge. Nel caso della diversità fra uomo e donna, la Legge del Corano è certamente contro la volontà di Dio. Però noi cristiani abbiamo creato una società dove prevalgono i diritti sui doveri, i diritti del singolo su quelli della comunità, il piacere personale sul sacrificio. Non so dove sta il giusto mezzo, ma va cercato assieme, non dobbiamo pensare che tutto quello che facciamo noi sia giusto e voluto da Dio e tutto quello che fanno i musulmani sia assolutamente sbagliato.

Quali sono i valori dell’islam vissuto dalla gente e che tu hai incontrato, che possono insegnare qualcosa a noi cristiani?

Senza dubbio la fede in Dio profonda e sincera. Dio, pregato con sacrificio, è presente e influisce nella vita quotidiana di persone e famiglie e nella conversazione. Ci credono davvero: “Siamo nelle mani di Dio…. Preghiamo e facciamo la volontà di Dio”. Poi c’è la fraternità, l’aiuto vicendevole. Ad esempio, in una città poverissima come Dakha (12 milioni di abitanti), hanno molti figli, ma i bambini di strada che troviamo a San Paolo del Brasile, città cristiana, quasi non ci sono. Anche i musulmani hanno orfanotrofi e quando c’è un orfano si trova subito chi lo prende nella sua famiglia, anche se povera e numerosa.
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venerdì, giugno 05, 2009

La missione solare dell'India

Il piano solare indiano prevede di moltiplicare la capacità installata di 10mila volte da qui al 2020, raggiungendo 20 GW al 2020 e 200 al 2050. Una strategia ambiziosa che farà del paese un leader del fotovoltaico e che potrebbe essere finanziata anche attraverso i meccanismi di compensazione del futuro accordo sul clima.

Qualenergia.it - Arrivare a 200 GW installati al 2050 partendo dagli attuali 3 MW, cioè moltiplicare quasi per diecimila la potenza solare installata. Il nuovo piano del Governo di Delhi sul solare, battezzato significativamente “missione solare”, è a dir poco ambizioso e candida l’India a divenire nei prossimi anni il mercato mondiale più importante per il fotovoltaico. Entro il 2012, secondo il piano, non ancora ufficialmente annunciato, ma reso pubblico da The Hindu, il gigante asiatico avrà 100 MW installati; nel 2020 la capacità installata salirà a 20 GW installati, per arrivare a 100 GW al 2030 e infine ai 200 GW del 2050, che equivalgono al 130% della potenza totale installata ora in India (comprendendo tutte le fonti).

Che il paese volesse puntare sul solare il Governo indiano lo aveva già annunciato quasi un anno fa, con la presentazione del suo piano sul clima (vedi articolo Qualenergia.it), che non conteneva obiettivi di riduzione delle emissioni, ma già abbozzava progetti per la diffusione delle rinnovabili. E con quasi 3 milioni di chilometri quadrati di superficie a latitudini tropicali e subtropicali e una media di 250-300 giorni di sole all’anno il solare può fare molto per l’India, paese che attualmente non riesce soddisfare appieno il proprio fabbisogno energetico e che ha infrastrutture energetiche in piena espansione e ancora molti abitanti privi della rete elettrica.

Per raggiungere gli obiettivi della “missione solare” nei prossimi 30 anni, rivela il quotidiano indiano, si metteranno in campo incentivi per 22 miliardi di dollari. Si farà partire un’industria nazionale del settore, si attueranno sgravi fiscali, obblighi di installazione su certi edifici e un sistema tariffario che consenta che le utility debbano comperare a un prezzo di favore l’elettricità prodotta dai piccoli impianti fotovoltaici.

Per il 2020, secondo il piano, sui tetti indiani ci saranno un milione di impianti fotovoltaici da 3 kW. I pannelli fotovoltaici saranno resi obbligatori per tutti i nuovi edifici pubblici, quelli per l’acqua calda per tutti i nuovi edifici (sia pubblici che commerciali) che ospitano molte persone, come gli ospedali, gli alberghi, i complessi residenziali con una superficie superiore ai 500 metri quadrati. Si punterà su piccoli impianti per dare autosufficienza energetica a quelle zone rurali ancora senza elettricità, ma anche sugli impianti di grandi dimensioni e sulla generazione distribuita. Gli aiuti e gli obblighi mirano al raggiungimento della grid parity (il momento in cui, con la riduzione dei costi l’energia da fotovoltaico, sarà competitiva con quella delle fonti convenzionali) che secondo il piano arriverà nel 2020, dopo di che saranno gradualmente eliminati.

Un salto in avanti quello dell’India che rivoluzionerà non poco il panorama mondiale delle rinnovabili: le previsioni dell’International Energy Agency al 2020 parlano di 27 GW di capacità installata per il fotovoltaico dell’intero pianeta e, alla stessa data, il piano indiano prevede per il paese da solo una capacità di 20 GW: più di tre quarti di quella mondiale prevista dall’IEA. Il destino del paese di Nehru e Gandhi, dunque, è quello di diventare un gigante del fotovoltaico. Una strada che l’India, seppure ancora agli inizi, sembra già avere imboccato: secondo dati UNEP il mercato del solare indiano nell’ultimo anno si è quasi moltiplicato per 20: con un giro d'affari passato da 18 milioni di dollari nel 2007 a 347 milioni nel 2008.

Eppure il piano indiano, per quanto ambizioso, è ancora inferiore a quello che servirebbe: secondo il report "Mitigation Options for India: The Role of the International Community" (vedi pdf) pubblicato nel dicembre 2007 da The Energy and Resources Institute, affinché il gigante asiatico al 2031 si limiti a raddoppiare le proprie emissioni anziché moltiplicarle per 7, dovrebbe arrivare al 92% di rinnovabili sulla produzione elettrica totale, obiettivo per cui servirebbero investimenti per 9,2 trilioni di dollari.
I finanziamenti pubblici della missione solare indiana, invece, arrivano solo a 22 miliardi di dollari. Una strada per trovare altri soldi per finanziare il piano solare però c’è e il Governo di Delhi l’ha già presa in considerazione: è quella dell’accordo internazionale sul clima: i paesi ricchi potrebbero investire nel solare indiano per compensare le proprie emissioni.

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venerdì, giugno 05, 2009

La mafia che sfrutta l’antimafia

Quattro arresti e i soliti affari nel ciclo del cemento di Cosa Nostra . Non è vero che la mafia esiste perché c’è l’antimafia, la realtà è tutt’altra, c’è una mafia che si è infiltrata tanto nel tessuto economico e imprenditoriale da potere quasi ostentarsi, ritenersi non imputabile, diventare essa stessa testimone della lotta a Cosa Nostra.

Liberainformazione - Per fortuna che ci sono gli investigatori ed ancora si possono fare le intercettazioni, sennò davvero tutto sarebbe più difficile per sgominare i boss all’opera. Uno di questi è un nome noto nell’organigramma mafioso palermitano, si chiama Benny Valenza, è di Borgetto e guarda caso come tanti altri mafiosi si occupa di cemento. I suoi precedenti sono finiti tanto confusi che la sua azienda, nel frattempo intestata alla madre, Flora Camilli, addirittura portava cemento per la costruzione del nuovo commissariato di Castelvetrano, destinato a diventare uno degli avamposti più attrezzati nella lotta alla mafia, nella città del super boss latitante Matteo Messina Denaro.

Un commissariato, adesso finito sotto sequestro, per dimostrare l’illecito commesso dall’impresa che lo stava costruendo, in corso di realizzazione in un terreno confiscato agli uomini d’onore, in contrada Giallonghi. La mafia aveva deciso di portare la sua sfida dentro quest’area dove si sono anche costruiti nuovi uffici comunali ed altre caserme delle forze dell’ordine, come quella della Finanza. E la sfida era condotta in modo semplice, non mettendo per esempio nelle strutture il cemento giusto, oppure lasciando l’acqua nelle fondazioni e sotto ai pilastri, o ancora allungando con troppa acqua il cemento usato per l’edificio. Quasi un destino segnato per quel commissariato per la cui costruzione sono stati spesi oltre 2 milioni di euro.

I carabinieri di Palermo e Trapani, della Compagnia di Monreale e del nucleo operativo provinciale di Trapani, coordinati dalla Dda di Palermo, hanno però messo fine all’intrallazzo in salsa mafiosa. Benny Valenza, vicino alla cosca dei Vitale di Partinico, è tra i quattro arrestati, continuava ad occuparsi di cemento dopo una confisca, continuava ad essere uno dei punti di riferimento delle imprese che lavorano nel Belice, dopo un impianto confiscato, Vitale sarebbe riuscito a controllarne altri cinque da quando l’anno scorso era tornato libero, ognuna di queste imprese è stata sequestrata per il reato di intestazione fittizia di beni: le sue mani su appalti importanti, come quelli per gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara, 30 capannoni per l’area industriale di Partinico. Le indagini hanno accertato che Valenza aveva un giro d’affari complessivo di oltre 50 milioni di euro. A finire sotto sequestro gli impianti "Camilli Flora", intestato come si diceva alla madre dell’imprenditore, la "Timpa Salvatore" di Balestrate, la "2P" di Marsala, la "Calcestruzzi Lo Bello" di Castelvetrano e l’azienda di trasporti 2P Trasporti di Alcamo.

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venerdì, giugno 05, 2009

Cittadini "giornalisti" per creare alternative alla camorra

Comitato Don Diana e Libera tra i promotori di un corso di giornalismo di inchiesta nei territori della camorra casalese

Liberainformazione - Ieri è stato presentato a Casal di Principe presso lo sportello Assovoce il corso di giornalismo di inchiesta promosso nell'ambito del progetto ATS "CITTADINI IN CAMMINO" AREA FORMAZIONE E LEGALITA', sotto la spinta propulsiva del comitato don Peppe Diana e del coordinamento casertano di Libera. A coordinare il corso sarà Raffaele Sardo, giornalista free lance locale, collaboratore di Repubblica. Raggiunto da Libera Informazione, Sardo ha subito messo in luce il fine dell'operazione: «qui non dobbiamo formare "giornalisti", ma cittadini attivi che dal fronte della comunicazione cercheranno di dare una mano per costruire comunità aletrnative alla camorra ».

Fare un’inchiesta, infatti, vuol dire fare un’informazione approfondita, puntuale e corretta, certamente, ma significa anche formare coscienze nei valori di uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale. Costituendo, laddove questi valori non ci sono, una alternativa. L'alternativa, in questo territorio, è soprattutto legata alla pressante visione del mondo proiettata dalla camorra, i cui segni, dall'abusivismo allo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose, all'inquinamento al degrado sociale, hanno in questi anni indotto enti e le associazioni che fanno capo al terzo settore ad innescare meccanismi di partecipazione e riappropriazione dei beni comuni. Le ore di formazione saranno differenziate: da un lato lezioni teoriche con seminari tenuti da giornalisti di quotidiani, periodici, televisione e radio. Dall'altro le lezioni pratiche che consisteranno, invece, in laboratori tenuti da tecnici e giornalisti esperti, al fine sperimentare sul campo gli argomenti analizzati e facilitare l’apprendimento degli strumenti di base del giornalista televisivo, della carta stampata e del web. A tenere i seminari si avvicenderanno diversi volti del giornalismo locale e nazionale come sottolinea Sardo: «Ti posso dire che avremo dei colleghi giornalisti a svolgere dei seminari gente come Sandro Ruotolo (Anno Zero), Conchita Sannino (repubblica), Roberto Morrione (liberainformazione) Enzo Palmesano, Chiara Marasca (Corriere del Mezzogiorno), Gigi Di Fiore (il Mattino) e tanti altri».

Il corso partirà il 9 giugno prossimo con il primo appuntamento seminariale, dando il via a un percorso formativo fortemente voluto dall'impegno del “Comitato don Peppe Diana” e delll’associazione Libera, per contribuire alla costruzione di “Comunità alternative alla camorra”. In questo senso il ciclo di seminari si propone di promuovere un giornalismo di cittadinanza attiva e si integra in altri progetti. Ad esempio quello della mediateca: «Tra poco partirà anche un altro progetto – racconta Sardo - quello della mediateca, Una banca dati in cui confluiranno tutti gli articoli di gironale, tutte le foto, tutti i filmati che riguaradno il territorio e che metteremo a dispozione degli operatori della comuncazione e delle scuole».

L'obiettivo è sempre quello di costruire costruire comunità educative, attraverso un sapere di cittadinanza che dalla scuola, all'Università, al territorio valorizzi i giovani come protagonisti di un processo permanente alla legalità e alla cittadinanza attiva responsabile. Il tutto facendo leva su un giornalismo, di inchiesta, che possa promuovere la capacità dei cittadini di tenersi informati e avere strumenti innovati e vari d’informarsi.

Per ora il corso ha contato trenta adesioni, soprattutto ragazzi, e non sempre con pregresse esperienze giornalistiche, ma molto interessati. Anche perchè dopo la conclusione del progetto, 93 ore. Di cui 21 ore di seminari e 72 ore di laboratorio sul “campo”, una delle ipotesi per i ragazzi partecipanti al corso è quello di verificare se c'è anche la possibilità di costituire una cooperativa di persone che potranno avere sbocchi occupazionali nel settore della comunicazione, come ci sottolinea Raffaele Sardo in conclusione.

Una forte presa di coscienza nell’opinione pubblica al fine di fare maturare in essa le condizioni per superare la cultura della illegalità. Un'altro segno importante, coraggioso, che farà germogliare un'alternativa alla sfiancante morsa della camorra.

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venerdì, giugno 05, 2009

Obama da Dresda riconferma l'impegno per il Medio Oriente

Obama è arrivato a Dresda dove ha incontrato il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Al centro dei colloqui ancora il processo di pace in Medio Oriente e la questione del nucleare iraniano.

Radio Vaticana - In serata il trasferimento a Parigi per l’ultima tappa del tour europeo del presidente statunitense. Il servizio di Marco Guerra (ascolta):

“È adesso il momento per giungere ad una soluzione di pace in Medio Oriente basata sui due Stati". Il clima del nuovo inizio con il mondo musulmano si fa sentire anche nelle sale del castello di Dresda e raccoglie il plauso del cancelliere tedesco Angela Merkel che definisce molto importante il discorso di ieri al Cairo. La Germania è membro del gruppo dei mediatori del 5+1 e quindi si è tornati a parlare anche del dossier sul nucleare iraniano. “Siamo pronti ad un serio dialogo con l’Iran portato avanti con l’aiuto dei partner”, ha infatti sottolineato il presidente degli Stati Uniti. Aiuto che sarà fondamentale anche per la chiusura di Guantanamo. Ma su questo punto, Obama ha assicurato di non avere chiesto, nel colloquio odierno, un preciso impegno ad accogliere un certo numero di detenuti. Insomma l’atmosfera è cambiata, ma ognuno deve giocare la sua parte, ha detto Obama. È chiaro il riferimento all’impegno che chiederà a tutti i partner europei per l’invio di ulteriori truppe in Afghanistan. Esortazioni che, con tutta probabilità, saranno rivolte domani anche a Sarkozy, in occasione delle celebrazioni per il 65.mo anniversario dello sbarco in Normandia. Ma prima di trasferirsi in Francia, Obama nel pomeriggio farà visita al campo di concentramento nazista di Buchenwald, accompagnato dalla Merkel e dal superstite e premio Nobel, Elie Wiesel.

E vasta eco continua ad avere il discorso rivolto ieri al mondo musulmano da parte del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, all’Università del Cairo, in Egitto. Tanti ed impegnativi i punti toccati dall’inquilino della Casa Bianca. Ma quali hanno maggiormente colpito l’opinione pubblica americana? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Dennis Redmont, già responsabile dell’Associated Press in Italia:

R. – Molto forte è il fatto che abbia detto che l’islam fa parte degli Stati Uniti, perché ci sono moschee in ogni Stato degli Stati Uniti. La giustizia, in America, ha difeso il diritto delle donne di utilizzare l’hijab e di punire quelli che lo proibiscono. Poi, un forte richiamo alla libertà religiosa, anche nei Paesi musulmani, insistendo sul vero messaggio del Corano: “Chi uccide un innocente è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chi salva una persona è come se avesse salvato l’umanità”. Una cosa profonda per promuovere la pace.

D. – Obama, nel suo discorso, ha affrontato sia la questione afgana che quella irachena, indicando delle differenze chiare...

R. – In pratica, ha ammesso che l’Iraq è servito a rimuovere un tiranno, ma si sarebbe dovuto perseguire l'obiettivo con un altro metodo: la diplomazia. L’ha detto chiaro e tondo. Invece, in Afghanistan, ha detto anche che l’importante era resistere a delle persone che non utilizzavano il Corano in modo corretto.

D. – La concretezza è stata chiesta da Obama in prima persona. Quali sono adesso queste azioni sulle quali procederà l’amministrazione americana?
R. – Prima, sull’educazione: borse di studio, sviluppo economico, dove volontari possano lavorare nei Paesi a maggioranza musulmana, in modo che si scambino le loro esperienze. Poi, finalmente, sulla scienza e la tecnologia, un nuovo sviluppo tecnologico che aiuti il trasferimento di idee per la creazione di impieghi.

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venerdì, giugno 05, 2009

Sri Lanka: l’Unicef recupera 400 bambini soldato

“I programmi di recupero per i ragazzi, costretti a uccidere e combattere tra le fila dei ribelli - spiega l’Unicef - prevedono terapie psicologiche mirate e l’utilizzo del disegno, del canto, della recitazione e dello sport per cancellare il carico di violenza vissuto”.

Radio Vaticana - Nei programmi di riabilitazione, promossi dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (Unicef) e dal Governo dello Sri Lanka, sono stati coinvolti ad ora, oltre 400 bambini soldato. Sull’isola sono operativi quattro centri dediti al recupero dei minori, che erano stati arruolati dalle Tigri tamil, specie negli ultimi tre anni di guerra. L’esercito di Colombo sta procedendo anche all’individuazione dei bambini-soldato, che ancora vivono nei campi profughi tra le cosiddette Internally Displaced Persons (IDP). Ad oggi i militari ne hanno individuati circa 200, maschi e femmine, fuggiti dalla zona di guerra nelle ultime settimane di conflitto. A breve raggiungeranno i 59 minori trasferiti già dieci giorni fa nel campo di riabilitazione di Ambepussa. Mentre è definita “allarmante” la situazione negli ospedali. Sono 269mila gli sfollati nel distretto di Vavuniya. Lo denuncia Medici senza frontiere (Msf), ricordando che nei tre ospedali, dove opera l’associazione, insieme al Ministero della Salute, oltre 500 feriti ricevono cure quotidiane. Il 22 maggio, Msf ha allestito un ospedale da campo, che si trova vicino ai campi degli sfollati di Manik Farm, punto di riferimento sanitario per i 225mila sfollati della zona. - Fa sapere l’agenzia Sir - Questa struttura temporanea, per rispondere all’attuale emergenza, offre assistenza medica e chirurgica 24 ore su 24. L’attività chirurgica è iniziata il 26 maggio. Ogni giorno lo staff chirurgico esegue tra i 6 e i 10 interventi, soprattutto pulizia di ferite. “I pazienti ricoverati nelle strutture mediche del Ministero della Salute a Manik Farm vengono in gran parte trasferiti al nostro ospedale”, ha spiegato Severine Ramon, coordinatore dell’ospedale da campo di Msf: “Nella prima settimana sono arrivati più di cento pazienti, bambini colpiti da gravi infezioni respiratorie e disidratati a causa della diarrea. Le attuali restrizioni all’accesso ai campi stanno limitando e rallentando la nostra capacità di rispondere ai bisogni medici tra gli sfollati”. (A.V)

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venerdì, giugno 05, 2009

Al via le elezioni europee

Oggi al voto Gran Bretagna e Paesi Bassi, sabato e domenica in Italia

PapaBoys - Paesi Bassi e Regno Unito oggi al voto per le elezioni europee. Le consultazioni, che termineranno domenica 7 giugno, danno il via alla tornata che rinnoverà il Parlamento di Bruxelles. Sono 375 milioni gli elettori chiamati a scegliere i 736 eurodeputati per i prossimi 5 anni. In Italia la campagna elettorale è alle battute finali. Il premier Berlusconi accusa la sinistra e i giornali ad essa collegati di aver lanciato una campagna di delegittimazione nei suoi confronti. Il leader del PD Franceschini, dal canto suo, esprime timori per la perdita di coesione sociale all’interno del Paese a causa di una crisi sottovalutata dal governo. L'Udc di Pierferdinando Casini si conferma il vero punto di equilibrio del paese. Staremo a vedere che succede. In occasione delle elezioni europee, l’Iniziativa Cristiana per l’Europa, un cartello di associazioni e movimenti di 13 Paesi del Vecchio Continente, tra cui le Acli, ha lanciato un appello agli elettori cristiani affinché partecipino all’appuntamento nonostante la disaffezione mostrata negli anni scorsi. Solo un’Europa unita può rispondere alle attuali sfide. Ad evidenziarlo Luca Jahier, responsabile internazionale delle Acli.

«Dobbiamo avere la religione della libertà e della privacy dei cittadini... - scrive l'edizione quotidiana di Avvenire, quotidiano dei Vescovi - Io promisi di andare alla festa di Noemi e le promesse le mantengo. Sì, tornerei a quella festa». Silvio Berlusconi, dal salotto di Porta a Porta non rinnega la sua scelta e attacca il Pd: «Non ha nulla da dire. Fanno solo calunnie per delegittimarmi. Ma gli italiani hanno capito e il Pdl è sopra il 40 per cento». Ora però il caso travalica i confini nazionali. Se ne occupa la Sueddeutsche Zeitung con un vistoso articolo al centro della pagina e un commento dal titolo eloquente: «Il privato come politico». Alla vicenda è anche dedicato un ampio servizio del settimanale tedesco Stern.

C’è un Berlusconi sorridente in versione Giulio Cesare che domina la copertina sotto il titolo: Italia, potere e amore. I casi si accavallano e la reazione di Franco Frattini è decisa e inevitabile. «Non si può creare una rete internazionale di stampa ostile al governo di Roma», attacca il ministro degli Esteri che subito denuncia: «C’è un’azione fatta dall’opposizione al governo e dalla sinistra europea che non ha identità, non ha cuore e non ha anima, e che gioca, con nostra profonda tristezza, denigrando e irridendo l’immagine dell’Italia nel mondo».
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venerdì, giugno 05, 2009

Bonn. Lettera alla Prestigiacomo per un accordo sul clima

In occasione dei negoziati di Bonn per il clima, Greenpeace, Legambiente e WWF hanno inviato al ministro Prestigiacomo un documento congiunto con le richieste per un accordo sul clima. I punti essenziali: riduzione del 40% di CO2 entro il 2020 e fondi per i paesi in via di sviluppo.

GreenPeace - Il summit di Bonn - che ha avuto inizio il 1 giugno e si concluderà il 12 - rappresenta una sessione cruciale nel percorso negoziale che porterà alla conferenza di Copenaghen sul clima del prossimo dicembre. Le organizzazioni ambientaliste scrivono al ministro dell’Ambiente per chiedere al governo italiano di fare la sua parte. Questi alcuni dei punti - sottoposti all’attenzione della Prestigiacomo - che secondo Greenpeace, Legambiente e WWF dovranno essere contenuti nel nuovo accordo internazionale sul Clima:
- riduzione dei gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2020 da parte dei paesi industrializzati;
- calo del 15-30% delle emissioni dei paesi in via di sviluppo rispetto agli scenari tendenziali;
- fondi per almeno 110 miliardi di euro l’anno messi a disposizione delle economie ricche per finanziare la lotta alla deforestazione, l’adattamento e il trasferimento delle tecnologie pulite nel sud del mondo.

Il fenomeno dei cambiamenti climatici è in rapida accelerazione e le ultime evidenze scientifiche mostrano che la minaccia di impatti irreversibili è molto più imminente di quello che immaginavamo appena due anni fa. Un aumento medio della temperatura globale di 2° centigradi rischia di far evolvere l’equilibrio climatico del Pianeta verso scenari irreversibili. E ad oggi l’aumento registrato è già di +0.8°C. Non c’è più tempo da perdere!
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venerdì, giugno 05, 2009

Sri Lanka, la strage negata

Secondo le inchieste realizzate da due autorevoli quotidiani come il britannico Times e il francese Le Monde, almeno ventimila civili tamil sarebbero stati uccisi in Sri Lanka dai bombardamenti governativi durante gli ultimi quattro mesi di guerra: il triplo rispetto alle stime ufficiali fornite dalle Nazioni Unite nelle ultime settimane del conflitto.

PeaceReporter - Oltre 20mila i civili tamil uccisi. "A fine aprile - scrive il Times - i rapporti confidenziali delle Nazioni Unite parlavano di circa 7mila civili tamil uccisi dai bombardamenti sulla No Fire Zone. Fonti Onu ci hanno poi detto che il bilancio è aumentato a un ritmo di mille morti al giorno fino al 19 maggio, il giorno dopo l'uccisione di Velupillai Prabhakaran, leader delle Tigri tamil. Cifre che coincidono con le stime forniteci da padre Amalraj, un prete cattolico che è fuggito il 16 maggio dalla No Fire Zone e che ora è internato con altri 200mila sfollati nel campo profughi governativo di Manik Farm. Quindi il bilancio finale sarebbe superiore ai ventimila morti: ‘Anche di più', ci dice una fonte Onu".

"Vijay Nambiar, capo-gabinetto del segretario generale delle Nazioni Unite - scrive Le Monde - è stato informato che il bilancio finale dei morti supererà senza dubbio i 20mila morti".

Nessuna inchiesta internazionale. In seguito a queste notizie, Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di "rendere immediatamente pubbliche le informazioni in suo possesso sul numero di civili tamil uccisi nelle ultime settimane di guerra" e di avviare "un'inchiesta internazionale e indipendente per accertare i crimini di guerra commessi dal governo dello Sri Lanka e dalle Tigri tamil".
L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, la sudafricana Navi Pillay, ha accolto questo appello chiedendo che la risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu invocasse un'inchiesta internazionale: ma la sua richiesta non è stata accettata.
Human Rights Watch ha criticato la debole risoluzione emessa dal massimo organo internazionale per i diritti umani, sottolineando che sono stati in particolare i delegati indiani, pachistani, brasiliani, sudafricani, cinesi e cubani ad opporsi all'approvazione di una risoluzione più decisa.

Il governo di Colombo: "Falsità". Rassicurato da questa debole risoluzione, il governo di Colombo ha reagito con sprezzo alle richiese di un'inchiesta internazionale.
Il ministro degli Esteri, Rohitha Bogollagama, ha dichiarato che le accuse di crimini di guerra sono "false" e volte a "screditare le forze armate e a creare imbarazzo al governo", concludendo che "sarà il nostro sistema giudiziario indipendente, non le organizzazioni internazionali, a indagare su eventuali abusi commessi".
"Questi toni da inquisizione sono inaccettabili", ha rincarato la dose il ministro del Commercio, G.L. Peiris. "Il mondo non dovrebbe enfatizzare gli aspetti negativi, cerando problemi allo Sri Lanka, minacciando sanzioni: abbiamo bisogno di sostegno e comprensione, non di condanne e giudizi".
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venerdì, giugno 05, 2009

No all’imposizione della jizya

La tassa per le minoranze religiose è una “minaccia” e viola “i diritti umani di base”. Nelle aree tribali al confine con l’Afghanistan più di 700 famiglie non-musulmane colpite dal balzello e vittime di persecuzioni. Ministro federale per le minoranze condanna “senza mezzi termini” e promette aiuto alle vittime.

Lahore (AsiaNews) – La Commissione nazionale di Giustizia e pace condanna l’imposizione della jizya – la tassa per le minoranze religiose – nelle Aree tribali di amministrazione federale (Fata) al confine fra Pakistan e Afghanistan. Essa costituisce una “minaccia diretta” e una “discriminazione dei diritti umani di base”. Mons. John Saldanha, arcivescovo di Lahore, e Peter Jacob, segretario esecutivo di Ncjp, invocano “misure urgenti” del governo federale e provinciale della North-West Frontier Province per far fronte alle “sofferenze delle famiglie non-musulmane” costrette a “versare i pochi soldi guadagnati a fatica” agli estremisti. Ad imporre la cosiddetta jizya a cristiani, indù e sikh è la Lashkar-e-Islam, organizzazione di militanti musulmani con base nella città di Bara, 10 km a sud-ovest di Peshawar. Fonti locali affermano che sono più di 700 le famiglie colpite dalla tassa per le minoranze.

I leader di Giustizia e pace denunciano la “mancanza di sicurezza” per le minoranze religiose nelle agenzie di Orkazai e Khyber, che si manifestano con “persecuzioni, tasse alle minoranze religiose ed espulsioni dalle zone di appartenenza”. La tassa mette anche in pericolo le “credenziali democratiche” e il “sistema politico” del Paese; per questo il governo deve “ribadire a chiare lettere che il Pakistan è una nazione democratica” che nono tollera “discriminazioni e ingiustizie economiche verso le minoranze religiose” che sono “cittadini a tutti gli effetti e non popoli conquistati”. Valori che – ricordano i capi di Ncjp – sono “sanciti anche dalla Costituzione e dal sistema politico nazionale”.

A rispondere all’appello dei leader cattolici è Shahbaz Bhatti, Ministro pakistano per le minoranze, il quale “condanna senza mezzi termini” il versamento della jizya per i non-musulmani. Essa è “illegale, contraria all’etica e alla Costituzione” spiega il ministro cattolico ad AsiaNews, che denuncia “le violenze commesse in nome della religione”. “Non permetteremo ai talebani – conclude Bhatti – di minacciare o colpire le minoranze. Questo è un nostro compito istituzionale e un dovere morale”.
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