domenica, aprile 13, 2014
Francesco celebra la XXIX Giornata mondiale della Gioventù nella Domenica delle Palme 

di Paolo Fucili 

Se fosse una piéce teatrale e un attore dovesse prendersi una parte, ci sarebbe l'imbarazzo della scelta. Del resto anche alla messa di oggi, in chiesa, la lettura viene solitamente affidata a più voci anziché una, così da “esaltare” (passateci il termine) la “drammaticità” che gronda nei racconti evangelici della Passione di nostro Signore Gesù Cristo.

Lui naturalmente è il “protagonista”, poi nella versione di Matteo (26,17-27,66) del Lezionario di oggi vengono in ordine di apparizione i dodici apostoli, compreso Giuda il traditore, gli scribi e gli anziani del Sinedrio, Pilato, Barabba, i soldati romani, il cireneo, i ladroni, il centurione, il pio Giuseppe d'Arimatea, che fa deporre Gesù dalla croce per portarlo nel sepolcro... E ancora, la folla venuta “con spade e bastoni” a catturar Gesù nell'orto degli ulivi, il servo ferito con la spada da Pietro, Caifa il sommo sacerdote, la serva e gli altri che fanno rinnegare Gesù a Pietro, l'altra folla che chiede a gran voce Barabba libero e Gesù crocifisso, quelli che lo dileggiano da sotto la croce, le guardie poste a sorvegliare il sepolcro perché nessuno sottraesse la salma facendo credere che fosse resuscitata...

La narrazione non manca certo di un pregio quasi “letterario”, vien da dire. Ma la scelta della parte, per rifarci all'immagine da cui siamo partiti, non è “finzione” teatrale per un cristiano: è “vita” vera, e la scelta è come viverla, da cristiani veri oppure no. E l'omelia di Francesco di stamane, nel celebrare la solenne messa in una piazza san Pietro assolata e stracolma di fedeli, ha reso bene l'idea: breve, densa, tutta pronunciata a braccio, disseminata di incalzanti punti interrogativi, uno per ognuno dei personaggi citati.

La domenica delle Palme rievoca come è noto, anche col segno dei ramoscelli d'ulivo benedetti e distribuiti ai fedeli, l'ultimo trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme. E le chiese, è esperienza comune, vedono nell'occasione un afflusso piuttosto superiore al normale, anche per accaparrarsi l'ambita “palma” (chi scrive, reduce da un'affollata messa in parrocchia, ha visto interi “cespugli” portati via da una sola persona...). Ma l'atmosfera di festa ispirata a quell'episodio evangelico (e sottolineata dal coincidere spesso coi primi caldi primaverili) non inganni.

Gesù, e con lui il calendario liturgico della settimana santa, va incontro ad un crudele supplizio. Della folla che prima lo acclamava, non gli resterà nessuno accanto. “Abbiamo ascoltato la Passione del Signore”, ha esordito dunque il Papa; “ci farà bene farci soltanto una domanda: chi sono io, davanti al mio Signore? ... Chi sono io, davanti a Gesù che soffre?”.

“Abbiamo sentito tanti nomi, tanti nomi”. Prima vengono i sacerdoti, i farisei, i maestri della legge che volevano uccidere Gesù e aspettavano solo l'occasione... “Sono io come uno di loro?”. Poi i discepoli che tradiscono, Giuda, che non capiscono, che si addormentano addirittura, nell'orto degli ulivi, abbandonando Gesù alla più angosciosa solitudine (“Se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”).

“La mia vita è addormentata?”, ha incalzato in tono sommesso ma con parole taglienti il Papa. “Sono come i discepoli, che non capivano che cosa fosse tradire Gesù? Come quell’altro discepolo che voleva risolvere tutto con la spada: sono io come loro? Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo?”. “Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni: sono io come loro?”.

Di tutta la galleria di varia umanità che sfila in quelle pagine, il più enigmatico dei personaggi, nella sua tragica irresolutezza, è senza dubbio il governatore romano Pilato. Dinnanzi a lui che lo interroga, Gesù non si preoccupa di discolparsi. Pilato del resto già “sapeva bene”, annota il racconto, “che glielo avevano consegnato per invidia”. Pure la moglie compare ad un certo punto, che gli fa sapere di essere rimasta molto turbata da Gesù in sogno e lo esorta: “non avere a che fare con quel giusto”. La folla da lui convocata per decidere chi far liberare tra Gesù e Barabba gli si rivolta contro, allorché egli accenna a difenderlo: “Ma che male ha fatto?”...

“Sono io come Pilato?”, si è chiesto dunque il Papa. “Quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone?”. E ancora, il racconto prosegue coi dettagli brutali della flagellazione e dei soldati che crudelmente infieriscono su Gesù. La storia del resto insegna che la pure evoluta civiltà romana non brillava certo per quel senso innato di “umanità” che è stato invece una faticosa conquista della modernità (pur con dolorose “regressioni” ancora oggi). “Sono io come i soldati che colpiscono il Signore, Gli sputano addosso, lo insultano, si divertono con l’umiliazione del Signore? Sono io come il Cireneo che tornava dal lavoro, affaticato, ma ha avuto la buona volontà di aiutare il Signore a portare la croce?”.

Il supplizio si consuma tra feroci beffe di chi invita sprezzantemente il Cristo a scendere miracolosamente dalla croce, per fare ricredere tutti. Lì accanto alcune donne osservano e piangono in silenzio, compresa sua madre. Le ultime “comparse” sono di nuovi i sommi sacerdoti, quelli che “il giorno seguente sono andati da Pilato per dire: 'Guarda che questo diceva che sarebbe risuscitato. Che non venga un altro inganno!', e bloccano la vita, bloccano il sepolcro per difendere la dottrina, perché la vita non venga fuori...”.

Sipario, e ultima e decisiva domanda: “Dov’è il mio cuore? A quale di queste persone io assomiglio? Che questa domanda ci accompagni durante tutta la settimana”, è il compito affidato da Francesco a tutti i presenti, una folla di almeno 100.000 persone, è stata stimata, con grande rappresentanza di giovani in specie. Le Palme coincidono infatti dal 1986 con la Giornata mondiale della Gioventù istituita da Papa Wojtyla, giunta in questo 2014 all'edizione numero 29 sul tema “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". Poi ci sono anche le Giornate “continentali” della gioventù, come quella dell'Asia in programma ad agosto prossimo, cui Francesco stesso ha annunciato appunto oggi che presenzierà recandosi in Corea del sud per la Solennità dell'Assunta.

L'altra prossima “Giornata mondiale della Gioventù”, il grande incontro internazionale di giovani celebrato ogni due o tre anni in una diversa città del mondo, si prepara invece a Cracovia (città del Wojtyla studente, giovane seminarista, sacerdote e poi vescovo) per il 2016. E proprio oggi in san Pietro la delegazione di giovani polacchi da là arrivati ha preso in consegna dalla delegazione di Rio de Janeiro (sede della GMG ultima, l'anno scorso) la croce dei giovani, che dal 1984 gira tutto il mondo e accompagna la preparazione e lo svolgimento di questo avvenimento.

Il presto santo Giovanni Paolo II, che Francesco canonizzerà il 27 aprile insieme a Giovanni XXIII, c'è da scommettere che oggi ha guardato tutto da lassù con un bel sorriso compiaciuto, vedendo che la sua “creatura” cui destinò tanti sforzi e tante cure, la “GMG”, cresce e continua a dare frutto. E per volontà del successore argentino, altro annuncio di oggi, presto ne diverrà anche il patrono “ufficiale”.


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