mercoledì, maggio 06, 2009
E' off grid, completamente autonoma e autosufficiente. Sarà presentata alla Campionaria di Milano. Ma ha un limite...
Milano (LaRepubblica) - La parola d'ordine è off grid. Ma la traduzione letterale non dà l'idea giusta: fuori dalla rete sì ma non dal web. La rete, anzi le reti in questione sono altre: luce, gas, acqua, rifiuti, telefono. La casa off grid è una casa completamente autonoma, perfettamente autosufficiente: è un luogo che ricicla all'infinito le risorse naturali che vengono dal cielo e trasforma i rifiuti in risorse. Questo modello, replicabile sino a formare un intero quartiere o una città, il più radicale finora proposto, viene presentato alla Fiera Campionaria di Milano, organizzata dalla Fondazione Symbola dal 7 al 10 maggio.
Il progetto ha due genitori: Mario Cucinella, l'architetto che l'anno scorso ha lanciato la casa ecologica da 100 euro a metro quadro, ed Emiliano Cecchini, il presidente della Fabbrica del Sole, la società che ha costruito ad Arezzo il primo idrogenodotto al mondo. L'idea di fondo è utilizzare solo le risorse che il territorio su cui è costruita la casa è in grado di utilizzare. L'energia è quella che viene dal sole ed è accumulata nei momenti di picco producendo idrogeno: visto che manca il collegamento alla rete elettrica non c'è bisogno dell'inverter perché si può usare la corrente continua senza trasformarla (in questo modo si evitano sprechi e si migliora l'efficienza del sistema). I rifiuti vengono riciclati. Per la telefonia si adopera un ponte radio. Per regolare la temperatura degli ambienti si usano la coibentazione spinta degli edifici e le pompe di calore. Per l'acqua basta quella piovana raccolta in vasche e riciclata. "Con l'off grid l'inquinamento viene quasi annullato e il costo di tutta l'operazione è estremamente contenuto: un 10 per cento in più che rientra in circa 10 anni", spiega Cecchini.
L'operazione ha però un punto debole: lo spazio necessario a ricaricare ecologicamente le risorse necessarie alla vita quotidiana. Per poter essere autosufficiente una casa abitata da 4 persone ha bisogno di circa 2 ettari di terreno. "E' un ordine di grandezza simile a quello della nostra impronta ecologica, un concetto basato proprio sullo spazio che serve per soddisfare il nostro livello di vita", continua Cecchini. "So che è tanto, ma anche le città tradizionali hanno bisogno di una superficie proporzionalmente analoga: non ce ne accorgiamo perché usiamo più risorse di quelle disponibili. Di fatto ci stiamo mangiando la Terra. Per mantenere questo livello di consumi avremmo bisogno di altri due pianeti". ... (continua)
mercoledì, maggio 06, 2009
Il 12 maggio è in programma il processo di appello contro la giornalista, richiusa in un carcere della capitale con l’accusa di spionaggio. Nei giorni scorsi il padre aveva lanciato l’allarme per le condizioni di salute della donna. Secondo Teheran ha sempre mangiato con regolarità.
Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Roxana Saberi ha interrotto lo sciopero della fame. Lo riferisce Reza Saberi, padre della 32enne giornalista iraniana e americana, condannata a otto anni di prigione per spionaggio a favore degli Stati uniti.Il padre ha accolto con gioia la notizia dell’interruzione dello sciopero della fame; nei giorni scorsi l’uomo si era detto preoccupato per le condizioni di salute di Roxana, che appariva “molto debole”. Le autorità iraniane hanno sempre negato la tesi sostenuta da Reza Saberi: secondo Teheran la giornalista mangia con regolarità e le condizioni fisiche sono buone.
Il 21 aprile scorso la donna aveva iniziato a rifiutare il cibo per protesta contro la sentenza inflittale da un tribunale iraniano, nel corso di un processo che si è svolto a porte chiuse. In due settimane, Roxana Saberi aveva mangiato solo un paio di datteri e bevuto un quantitativo minimo di acqua zuccherata. Il 12 maggio è in programma il processo di appello; il verdetto dovrebbe essere emesso il giorno stesso o in un tempo massimo di sette giorni.
La giornalista, a cui la legge iraniana non riconosce la doppia nazionalità, è stata arrestata a fine gennaio con l’accusa di aver acquistato alcolici e lavorato nella Repubblica islamica con l’accredito di giornalista scaduto. La donna è stata quindi incriminata per spionaggio. (continua a leggere)
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mercoledì, maggio 06, 2009
Nel documento, che è stato inviato all'Agenzia Fides, l'arcivescovo di Città del Capo ricorda che "nel 2007 in tutto il mondo, oltre 27 milioni di persone vivevano in stato di servitù forzata"
Radio Vaticana - “Come Chiesa di Città del Capo abbiamo il dovere di agire per aiutare le vittime del traffico di esseri umani”. Così mons. Lawrence Henry, arcivescovo di Città del Capo (Sudafrica), esorta i fedeli a prendere coscienza del dramma vissuto da milioni di persone. Rivolgendosi ai fedeli con una lettera intitolata “Letter to raise awareness on human trafficking to all Parishes”, mons. Hanry definisce la tratta degli esseri umani “un male che è presente in mezzo a noi”. Nel documento, che è stato inviato all'Agenzia Fides, l'arcivescovo ricorda che “nel 2007 in tutto il mondo, oltre 27 milioni di persone vivevano in stato di servitù forzata. Nell'intero periodo della tratta degli schiavi che si è tenuta tra le due sponde dell'Atlantico, 25 milioni di persone sono state costrette in schiavitù. Oggi si stima che 12,3 milioni di persone vengano trafficate ogni anno in tutto il mondo”. Un dramma- sottolinea Mons. Henry- che ha spinto la Southern African Catholic Bishops Conference (SACBC) a creare l'ufficio per la lotta alla tratta delle persone (CTIP), che ha elaborato una strategia su quattro punti: la preghiera, la prevenzione, la protezione e la promozione. “Come Chiesa locale di Città del Capo, abbiamo il dovere di agire” afferma mons. Henry, che ricorda che “nel messaggio di Gesù è centrale l'insegnamento “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. L'arcivescovo di Città del Capo nota che “diversi nostri fratelli e sorelle sono attirati con l'inganno nella nostra città con la promessa di un lavoro ma in realtà sono portati qui per altri motivi, come la prostituzione, la pornografia infantile, il lavoro domestico non retribuito e il lavoro agricolo, ecc”. Per affrontare questa situazione, mons. Henry propone alcune linee guida: creare la consapevolezza del problema e pregare nelle parrocchie per le vittime della tratta di esseri umani; accogliere i forestieri e gli stranieri in modo che possano trovare una casa nelle comunità parrocchiali; i gruppi parrocchiali per la “Giustizia e la Pace” si facciano promotori di una legislazione sul traffico di esseri umani; creare o aderire a gruppi già esistenti che si oppongono al previsto boom dell'industria giovanile del sesso, prevista con i Mondiali di calcio che si terranno in Sudafrica nel 2010.
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mercoledì, maggio 06, 2009
Il Direttore delle POM chiede attenzione e sostegno a tutti cristiani del mondo e invita e pregare perché le minoranze cristiane in Pakistan
Radio Vaticana - Temendo un’escalation della violenza talebana, constatata la debolezza del governo, della polizia e delle istituzioni civili, le famiglie cristiane della città di Karachi, aggredite la scorsa settimana da gruppi talebani armati, sono terrorizzate e rinchiuse nelle loro case. E’ quanto comunica all’Agenzia Fides padre Mario Rodriguez, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Pakistan, esprimendo preoccupazione e allarme per l’espandersi della violenza dei gruppi militanti islamici nel paese, non solo nella Provincia della Frontiera di Nordovest, ma anche nelle principali città pakistane. Padre Rodriguez afferma: “I talebani si aggirano minacciosi nei quartieri cristiani della città terrorizzando le donne e invitando la gente a convertirsi all’islam, pena la morte. Si susseguono episodi di violenza, percosse e maltrattamenti improvvisi. Sono militanti armati di pistole e kalashnikov. Siamo scioccati da questa situazione e da questa ondata di violenza insensata, che le autorità non dovrebbero permettere: la polizia ha il dovere di difendere tutti i cittadini dalle aggressioni”.Il Direttore delle POM chiede attenzione e sostegno a tutti cristiani del mondo e invita e pregare perché le minoranze cristiane in Pakistan stanno attraversando uno dei momenti più bui e difficili della loro storia. “Speriamo nell’aiuto del Signore e chiediamo al governo di riprendere il controllo della situazione, in tutto il paese, Intanto le famiglie cristiane sono terrorizzate e non escono dalle loro case. Sono costrette all’isolamento”. La Chiesa sta vivendo questa situazione cercando di coinvolgere la società civile (inclusi gruppi musulmani moderati) nel contrastare l’estremismo religioso. Mons. Lawrence Saldanha, Arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan, nelle scorse settimane ha inviato una lettera a tutti i leader politici e istituzionali del Pakistan, segnalando la situazione di terrore e violenza a cui sono sottoposte le minoranze religiose, sotto la pressione dei gruppi integralisti islamici, parlando della presenza di una “macchina omicida di terrore in nome della religione”. Oggi l’Arcivescovo sottolinea: “Esiste un fondato timore che gli episodi di violenza avvenuti a Karachi possano ripetersi in altre parti del paese. I cristiani già subiscono ingiustizie e violenze a causa della iniqua legge sulla blasfemia, usata contro di loro. Ora è in pericolo la loro stessa sopravvivenza”. L’Arcivescovo si chiede preoccupato: “Il governo sarà in grado di salvare i cristiani? Il governo e l’esercito sapranno salvare lo stato democratico del Pakistan?”. Intanto un’altra brutta notizia per le minoranze religiose viene dal sistema giuridico nazionale: per il reato di “blasfemia” (profanare il nome di Maometto o il Corano) previsto dall’art 295.C del Codice Penale del Pakistan, ora è prevista la pena di morte, mentre è stata cancellata l’opzione dell’ergastolo. La Corte Suprema infatti, in una recente sentenza, ha reso la pena di morte obbligatoria. La Chiesa da tempo denuncia l’abuso della legge sulla blasfemia e il suo utilizzo per penalizzare o eliminare cittadini di fede non islamica.
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mercoledì, maggio 06, 2009
Secondo gli esperti della Banca africana per lo sviluppo, che si è unita all’appello della Cblt, dal 1963 ad oggi la sua capacità idrica è diminuita del 90%
Agenzia Misna - In meno di 20 anni potrebbe scomparire il bacino del lago Ciad, lasciando senza risorse i milioni di persone che ricorrono alla sua acqua e al suo pesce: a lanciare l’allarme è la Commissione per il bacino del lago Ciad (Cblt) in un appello alla comunità internazionale per il finanziamento di misure urgenti a contrastare il fenomeno. Quarto lago dell’Africa per estensione, ma di acque poco profonde, la grandezza del bacino d’acqua varia con le stagioni e di anno in anno, ma lo scarto diventa sempre più grande. Più che a un vero lago somiglia a un enorme acquitrino cosparso di isole. Secondo gli esperti della Banca africana per lo sviluppo, che si è unita all’appello della Cblt, dal 1963 ad oggi la sua capacità idrica è diminuita del 90% , passando dai 25.000 chilometri quadrati ai 2000 odierni. Benché il processo di contrazione sia cominciato millenni fa (quando si ipotizza che bacino fosse esteso 300.000 chilometri) il fenomeno appare accelerato dal riscaldamento climatico che è la prima causa dell’evaporazione dell’acqua (problema insito in questo bacino per la sua scarsa profondità), insieme alla riduzione delle piogge e all’impoverimento dei fiumi immissari. La situazione è peggiorata anche per l’aumento dello sfruttamento umano, poiché le crescenti popolazione di Ciad, Niger, Nigeria, Camerun che affacciano sul bacino stanno utilizzando a fini domestici e agricoli l’acqua degli immissari; si stima che siano oggi 30 milioni le persone che dipendono dal bacino. La Cblt è composta dai paesi confinanti con il lago insieme a Sudan, Repubblica Centrafricana e Libia.
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mercoledì, maggio 06, 2009
Il Pontefice: "Sono stati fatti passi da gigante nel dialogo e nello scambio culturale”
Agenzia Misna - “Attendo con impazienza di essere con voi e di condividere con voi le vostre aspirazioni e le speranze, ma anche il vostro dolore e le vostre lotte. Io verrò fra voi come pellegrino di pace”: lo ha detto oggi il Papa al termine dell’udienza generale, rivolgendo un messaggio alle popolazioni giordane, israeliane e palestinesi a due giorni dall’inizio del suo viaggio apostolico in Terra Santa. “Il mio principale intento è quello di visitare i luoghi santificati dalla vita di Gesù e pregare per il dono della pace e dell’unità per le vostre famiglie e per tutti coloro per i quali la Terra Santa e il Medio Oriente rappresentano la casa” ha proseguito Benedetto XVI, ricordando che nel corso del suo viaggio sono previsti incontri con le comunità musulmana ed ebrea; con queste comunità, ha evidenziato, “sono stati fatti passi da gigante nel dialogo e nello scambio culturale”.
In conclusione il Pontefice ha rivolto un augurio in particolare ai cattolici della regione: “Vi chiedo di unirvi a me nella preghiera perché la visita porti molto frutto per la vita spirituale e civile di tutti coloro che vivono in Terra Santa. Possiamo tutti lodare Dio per la sua bontà. Possiamo tutti essere uomini della speranza. Possiamo tutti essere risoluti nel nostro desiderio e nei nostri sforzi per la pace”.
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mercoledì, maggio 06, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera
Spiegare al grande pubblico cosa sia la santità e cosa siano i processi di canonizzazione sembra impresa facile, ma non lo è affatto. Tutti pensano di conoscere entrambe le cose ma probabilmente hanno una conoscenza approssimativa infarcita di luoghi comuni. Per esempio sembrerebbe indispensabile spargere il sangue per diventare santi ma ciò non corrisponde al vero. Poteva valere per i primi cristiani, ma dopo l’editto di Costantino che rendeva la religione cristiana religione ufficiale dell’impero romano, non vi era più bisogno del martirio, anche se di martiri ce ne sono ancora al giorno d’oggi. L’importante è seguire lo stile di vita di Gesù Cristo, così ha affermato Mons. Guido Mazzotta, ordinario di metafisica presso la Pontificia Università Urbaniana (consultore della Congregazione della causa dei santi e relatore “ad casum” nella causa di Paolo VI) nel quarto incontro del corso di aggiornamento per giornalisti, tenutosi alla Università della Santa Croce il 27 marzo ’09. Il prof. Guido Mazzotta ha esaminato la fenomenologia della santità mostrandone cinque diverse tipologie. La prima relativa a Stefano, il primo martire morto con le stesse modalità del Cristo. La seconda espressione della santità è rappresentata dalla figura del monaco. Antonio e Benedetto sono coloro che hanno incarnato il desiderio dell’uomo di “ingaggiare la lotta contro Satana e riscoprire lo spirito di Gesù” come ha ben messo in evidenza mons. Mazzotta nella sua presentazione. “Il bisogno di andare nel deserto è perché lì Satana viene stanato” e, ha continuato l’emerito professore, “non ha nascondigli come nella città”. Ciò rappresenta la motivazione principale del monaco e la caratteristica essenziale del monachesimo. E’ stata poi la volta di San Francesco che è il santo che ha espresso la santità secondo l’estrinsecazione: “vivere secondo la forma del santo vangelo” (sine glossa). San Francesco ebbe l’intuizione di vivere all’interno della città schierandosi dalla parte degli ultimi (minores) ad imitazione della vita terrena di Gesù come fece in tempi moderni Charles De Faucauld” ha dichiarato mons. Mazzotta. Egli ha continuato sottolineando un aspetto particolare della vita del santo rappresentato dai segni della croce del Cristo. “Le stimmate nella santità di san Francesco sono l’ultimo sigillo e sono segno della perfetta conformità a Gesù ”. Un altro santo significativo, per quanto riguarda la fenomenologia della santità è Ignazio di Loyola autore degli Esercizi Spirituali dove egli esprime il concetto cardine : “scegliere come sceglie Gesù”. Mons. Mazzotta ha ricordato a proposito del santo “la meditazione dei due stendardi” cioè “dietro quale stendardo decido di mettermi. Quale scelta faccio e come investo la mia vita?” Tutte domande esemplificatrici del pensiero di Sant’Ignazio che il prof. Mazzotta ha messo in evidenza per dimostrare la via della santità come “scelta” di vita cristiana. Infine nell’ultima tipologia è stata menzionata Santa Teresa di Lisieux, proclamata dottore della Chiesa nel 1998, che ebbe la grande intuizione, espressa nel suo più profondo pensiero , “nel cuore della Chiesa sarò l’amore”. Ciò sta a significare, secondo il prof. Mazzotta, l’importanza del modo con cui ogni cristiano sta nel mondo sia che faccia un lavoro umile oppure uno professionistico. Cioè, quanto amore metto in ogni cosa che faccio.
Per quanto attiene invece ai processi di canonizzazione Mons. Mazzotta ha messo in evidenza l’importanza della Vox populi cioè della fama di santità come presupposto dell’inchiesta diocesana che è la ricerca che si fa intorno alle virtù del futuro santo, nella diocesi dove egli è morto o dove egli ha vissuto. C’è innanzitutto una fase preparatoria dove i protagonisti sono l’attore, il postulatore e il vescovo competente. Poi c’è l’avviamento della causa che si esplica nell’istanza dell’attore, nell’ammissione o nel rigetto dell’istanza stessa, nell’esame degli scritti pubblicati e nelle ricerche storico-archivistiche. Infine, nell’inchiesta diocesana c’è la fase informativa giudiziale che consiste nel Nihil obstat della Santa Sede, nell’istituzione del tribunale e nell’esame dei testi (de visu e de auditu a videntibus, cioè di coloro che hanno visto di persona o per sentito dire) e dei testi di ufficio.
Poi si svolge la fase romana del processo presso la Congregazione dove si sviluppano quattro distinti momenti. Il primo consiste in un provvedimento amministrativo per verificare la validità giuridica dell’inchiesta diocesana. Il secondo è quello relativo all’elaborazione della Positio del relatore. E’ questa la fase più importante. Infatti il prof. Mazzotta ha ribadito più volte la centralità del ruolo del relatore “che è il responsabile della Positio ed è il garante del processo.” Si passa poi ad un eventuale esame dei consultori storici e ad un congresso dei consultori teologi. Questi ultimi possono dare un voto affermativo, negativo o sospensivo motivato. Il procedimento si trasferisce in seguito presso la Congregazione dei Cardinali e dei Vescovi che devono votare circa il dubium proposto. Il segretario, in una successiva fase proporrà una relazione per il Romano Pontefice e si terrà una lettura di un decreto alla presenza del Santo Padre. Dopo tutto questo complesso iter, si arriva finalmente all’Atto Pontificio di beatificazione e/o di canonizzazione.
Tutto ciò a dimostrare la serietà con la quale la Chiesa affronta la delicatezza di questo tema. Infatti Mons. Guido Mazzotta ha tenuto a precisare che “la vera storia dell’umanità è la storia della santità”. La Chiesa quindi rivolge tanta attenzione alla perfezione cristiana proprio perché è un elemento costitutivo di essa. E infatti, ha affermato il prof. Mazzotta “la Chiesa esiste nel mondo per aiutare le persone a conformarsi a Gesù” e per far ciò, è importante indicare al Popolo di Dio, gli esempi delle persone che hanno saputo fedelmente incarnare lo spirito evangelico. Andando ancora più in profondità, il tema dell’essere beati o santi è una questione centrale nella storia della chiesa perché, ha concluso mons. Mazzotta “il Vangelo spiega la vita dei santi e la vita dei santi spiega il Vangelo”.
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mercoledì, maggio 06, 2009
A un anno di distanza dal ciclone Nargis che devastò Myanmar, Amnesty International ha chiesto al governo del paese asiatico il rilascio immediato e incondizionato di 21 persone imprigionate per aver portato soccorsi alle vittime.
Amnesty - Nelle prime ore successive al ciclone (che fece oltre 84.500 vittime e quasi due milioni e mezzo di sfollati), privati cittadini si misero al lavoro per distribuire aiuti e ricostruire le aree devastate. Per 3 settimane, il governo rifiutò l'assistenza internazionale. Decine di migliaia di persone risultano ancora disperse. 20 delle 21 persone arrestate un anno fa sono state condannate al termine di processi irregolari e 6 di esse a pene che vanno da 10 a 35 anni. Tutte sono state incriminate per aver portato aiuti alle vittime, aver dato notizia del ciclone o aver seppellito i morti.
"Questa è la parte sconosciuta delle conseguenze del ciclone Nargis: il governo di Myanmar che si accanisce contro le persone che portano i soccorsi" - ha dichiarato Benjamin Zawacki, ricercatore di Amnesty International su Myanmar.
Sette dei 21 detenuti, come ormai pare la regola per i prigionieri politici, si trovano in carceri lontane dai luoghi di residenza e in alcuni casi i loro familiari devono intraprendere un viaggio di nove giorni per visitarli. A causa della povertà diffusa e della carenza di cure mediche nelle carceri, i prigionieri politici spesso fanno affidamento esclusivo sulle famiglie per ricevere medicine essenziali, cibo e vestiti.
Tra i 21 detenuti figura il noto attore Zarganar, condannato a 35 anni per aver guidato un movimento privato di donatori. È stato arrestato il 4 giugno 2008 per aver concesso interviste alla stampa estera in cui criticava la gestione dell'emergenza da parte del governo. Zarganar aveva aderito già nel 1988 all'opposizione contro il regime militare ed era stato arrestato per aver chiesto riforme democratiche. È in cattive condizioni di salute e non gli vengono fornite cure mediche adeguate.
Nay Win e sua figlia Phyo Phyo Aung, Aung Kyaw San, Lin Htet Naing (conosciuto anche come Aung Thant Zin Oo), Phone Pyeit Kywe e Shein Yazar Tun sono stati condannati a pene varianti da due a quattro anni di carcere per aver aiutato a seppellire le vittime del ciclone nella città di Bogale, nella zona del Delta dell'Irrawaddy, completamente devastata.
I 21 detenuti fanno parte di un totale di oltre 2100 prigionieri politici.
... (continua)