lunedì, maggio 18, 2009

Sri Lanka, atto finale

La Croce Rossa: "Anche i nostri medici sono nei rifugi, non possono più curare i feriti"

PeaceReporter - Stamane il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapksa, ha assicurato che "nelle prossime 48 ore le migliaia di civili tamil ancora ostaggio delle Tigri verranno liberati e tutto il territorio sotto controllo dell'Ltte verrà anch'esso liberato". L'esercito avanza, i civili scappano. La 58° e la 59° divisione dell'esercito stanno stringendo gli ultimi chilometri quadrati di territorio ribelle (circa 4 chilometri quadrati) in una morsa a tenaglia da nord e da sud. Ieri le forze da sbarco della marina hanno preso il controllo di tutta la spiaggia, quindi ora si combatte nell'entroterra, fino alle sponde della laguna di Mullaitivu.

Proprio attraverso le basse e limacciose acque della laguna continua la fuga dei civili tamil dall'area dei combattimenti: tra ieri sera e questa mattina, secondo i comandi militari, ne sarebbero scappati oltre quattromila, sfidando il fuoco delle mitragliatrici dei ribelli dell'Ltte che, secondo le testimonianze dei profughi, aprono il fuoco sui civili che tentano la fuga. Secondo l'esercito questa notte ne sarebbero morti così almeno quattro.

TamilNet: "Bombardamenti a tappeto". Secondo il sito d'informazione TamilNet, vicino ai ribelli, da questa mattina tutta l'area di conflitto, compresa la ‘Zona Sicura' dove sono ancora intrappolati migliaia di civili tamil, è in fiamme a causa dei bombardamenti a tappeto che l'artiglieria governativa ha iniziato alle prime ore dell'alba.
"Centinaia di civili sono stati uccisi e feriti nelle ultime ore", si legge sul sito, che ieri sera riportava 1.700 morti e 3mila feriti "negli ultimi due giorni". "Tutta la popolazione - si legge oggi su TamilNet - è costretta a starsene rintanata nei rifugi di fortuna scavati nel terreno, compresi i medici volontari che lavoravano nell'ospedale da campo di Mullivakkal, dove 1.400 pazienti sono quindi rimasti abbandonati al loro destino sotto le bombe, senza cure, senza medicine, senza cibo e acqua. L'esercito infatti continua a impedire da giorni l'attracco del traghetto della Croce Rossa Internazionale che portava viveri e medicine per l'ospedale ed evacuava i feriti più gravi".

Croce Rossa: "Non possiamo più fare nulla". Marçal Izard, portavoce della Croce Rossa Internazionale (Icrc), da Ginevra conferma a PeaceReporter questa situazione: "Da Colombo ci riferiscono che nelle ultime ore i nostri 28 medici in servizio all'ospedale da campo di Mullivakkal sono stati costretti a fuggire per l'intensificarsi dei combattimenti e a cercare rifugio come tutti in improvvisati rifugi. In questo momento per noi non è più possibile prestare assistenza alle centinaia di pazienti dell'ospedale, e nemmeno scaricare a terra il cibo e le medicine che stanno a bordo della nostra imbarcazione che però da tre giorni non riesce ad attraccare. La situazione - conclude Izard - è davvero disperata".
"Il nostro personale sta assistendo a una catastrofe umanitaria inimmaginabile", aveva dichiarato in mattinata Pierre Krahenbuhl, direttore operativo dell'Icrc: "Nessun aiuto alla popolazione è possibile nelle attuali circostanze: la gente è abbandonata al proprio destino".

L'estremo tentativo delle Nazioni Unite. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha inviato a Colombo il capo del suo staff, Vijay Nambiar, per provare a convincere il presidente Mahinda Rajapksa a interrompere le operazioni militari per consentire l'evacuazione di tutti i civili. Nei giorni scorsi l'Onu, che ha stimato quasi 7 mila civili tamil uccisi da febbraio, ha denunciato il "bagno di sangue" in corso in Sri Lanka attribuendone la responsabilità sia al governo che ai ribelli.
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domenica, maggio 17, 2009

Le ultime ore delle Tigri Tamil, accerchiate anche dal mare

Secondo l’esercito, i ribelli non hanno più alcuna via d’uscita. Il presidente aveva promesso di concludere entro stasera i 25 anni di guerra. Le Tigri e le loro famiglie fuggono mescolandosi fra i profughi. Voci su possibili "suicidi di massa". È sempre crisi umanitaria.

Colombo, Sri Lanka (AsiaNews) – L’esercito dello Sri Lanka ha dichiarato che le divisioni 58 e 59 hanno preso oggi il controllo della zona costiera fino ad ora nelle mani delle Tigri tamil, intrappolando i ribelli in una piccola striscia di territorio, senza vie d’uscita.Intanto, negli ultimi due giorni e mezzo almeno 16 mila civili sono riusciti ad uscire dalla zona di guerra e penetrare nella zona controllata dal governo.

Il presidente Rajapaksa, attualmente all’estero, aveva garantito che avrebbe sgominato i ribelli e la guerra - che dura da 25 anni - entro la notte di oggi.

Non si hanno notizie da fonti indipendenti, dato che la zona è vietata ai giornalisti. Voci locali affermano che il capo delle Tigri, Velupillai Prabhakaran, potrebbe essere andato all’estero, per cercare appoggi internazionali alla sua causa, lasciando il comando al suo secondo, Kumaran Pathmanathan.

Fonti governative affermano che molti ribelli tamil e le loro famiglie stanno cercando di mettersi in salvo confondendosi con i profughi. La marina ha scoperto ieri la vera identità di alcuni rifugiati, che sono la moglie, il figlio, la figlia, la cognata e la nipote del leader Susai, soprannominato “la Tigre del mare”. Il ministero della Difesa ha pure annunciato che i ribelli sono pronti a un "suicidio di massa", ma non vi sono conferme indipendenti.

L’esercito ha dichiarato che solo ieri almeno 10 mila civili sono fuggiti dalla guerra. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la sua preoccupazione per il destino di tanti civili e per il peggioramento di questa “crisi umanitaria”.

di Melani Manel Perera

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domenica, maggio 17, 2009

E' morta Susanna Agnelli, scrittrice e senatrice

Dal mondo istituzionale sono arrivati numerosi messaggi di cordoglio: “Partecipo al vostro dolore per la scomparsa della signora Susanna Agnelli - ha scritto il premier Silvio Berlusconi - alla quale mi legava un cordiale rapporto di simpatia ed amicizia”

Radio Vaticana - Susanna Agnelli è morta ieri sera all'età di 87 anni, al Policlinico Gemelli di Roma, per i postumi di un intervento traumatologico dal quale non si era mai ripresa. “La sua vita, fatta di garbo, stile ma anche di polso - ricorda il quotidiano Avvenire - si è svolta in un certo senso tutta all’interno di quel perimetro valoriale, in cui è stata rigidamente educata e che ha raccontato con maestria nel suo romanzo, diventato un best-seller, 'Vestivamo alla marinara'”.Nata nel 1922, terzogenita di Edoardo, durante la Seconda Guerra mondiale si è arruolata nella Croce Rossa e si è imbarcata sulle navi per portare aiuto ai feriti. Sposata con Urbano Rattazzi, ha avuto sei figli. Militante del Partito repubblicano, come suo fratello Gianni, è stata per lunghi anni sindaco del comune di Monte Argentario. E’ stata inoltre senatrice, sempre nelle liste del Partito repubblicano, deputata europea e sottosegretario agli Esteri. E’ stata anche scelta come ministro degli Esteri nel governo tecnico di Lamberto Dini tra il 1995 e il 1996. Ha promosso, inoltre, diverse iniziative benefiche e ha ricoperto la carica di presidente della Fondazione Telethon italiana. E’ stata lei, nel 1990, a importare dall’America l’idea di una grande maratona televisiva benefica. L’idea era venuta nel 1966 a Jerry Lewis, l’attore comico americano che aveva inventato la prima no-stop televisiva per raccogliere fondi in favore della ricerca sulla distrofia muscolare, riscuotendo un successo senza precedenti. Grazie a Susanna Agnelli, la maratona Telethon è sbarcata anche in Italia, sulle reti della Rai. Dal mondo istituzionale sono arrivati numerosi messaggi di cordoglio: “Partecipo al vostro dolore per la scomparsa della signora Susanna Agnelli - ha scritto il premier Silvio Berlusconi - alla quale mi legava un cordiale rapporto di simpatia ed amicizia”. Per il presidente del Senato, Renato Schifani, “l’Italia perde una donna dalle straordinarie qualità, che ha posto con profonda dedizione la sua intelligenza e le sue conoscenze al servizio del Paese. Una protagonista della cultura e della politica”. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha sottolineato infine che Susanna Agnelli, con intelligenza e discrezione, “ha rappresentato un lodevole esempio di impegno e di passione civile, ricoprendo con grande senso dello Stato importanti incarichi istituzionali e onorando la Repubblica con la propria esperienza e il proprio patrimonio di idee”. I funerali si svolgeranno lunedì prossimo alle 12, nel Convento dei Frati passionisti a Monte Argentario, in provincia di Grosseto. (A.L.)

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domenica, maggio 17, 2009

Assisi: si chiude oggi la settimana sulla “Creazione”

Si è parlato di scienza e teologia, storia dell'universo, Gesù e conversione ecologica, di Eucarestia ed ecologia, di Redenzione finale di tutto il creato.

Radio Vaticana - “Creazione nel cuore della missione”: questo il tema attorno al quale si sono ritrovati, ad Assisi, da martedì scorso ad oggi, circa 240 missionari di 82 Istituti e Congregazioni religiose internazionali. Un dibattito sull’integrità del Creato, promosso dal Sedos (Servizio di documentazione e studi sulla missione) e dalla Commissione Giustizia, Pace e Integrità del Creato dell’Unione dei Superiori generali di religiosi e religiose. Si è parlato di scienza e teologia, storia dell'universo, Gesù e conversione ecologica, di Eucarestia ed ecologia, di Redenzione finale di tutto il creato. Sono stati presentati progetti e pratiche ambientali. Preoccupazioni sono state espresse per “la tutela dell’ambiente” - come nuova frontiera di "missione" per gli Istituti - secondo quanto riferto dall’agenzia Misna. E’ intervenuto, tra gli altri oratori internazionali, il missionario irlandese della società di San Colombano, Séan McDonagh, che ha presentato una relazione sulla “storia dell’universo” (una sintesi dell’evoluzione dell’universo dal Big Bang, 14.7 miliardi di anni fa, fino ai nostri giorni). McDonagh ha presentato, inoltre, un quadro sulla drammatica rapidità con la quale la società moderna sta consumando e distruggendo risorse formatesi sul pianeta nel corso di milioni di anni. Secondo il religioso, si avrebbero a disposizione solo una quindicina di anni per impostare un nuovo stile di vita che potrebbe prevenire cambiamenti distruttivi che non potranno mai più essere corretti. (A.V.)

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domenica, maggio 17, 2009

7500 giovani europei in preghiera sul Monte delle Beatitudini

Un momento particolare dopo la partenza del Papa dalla Terra Santa

Radio Vaticana - 7500 giovani riuniti sul Monte delle Beatitudini in Galilea, per un incontro di preghiera e di festa subito dopo il viaggio del Papa in Terra Santa. E’ avvenuto ieri pomeriggio e protagonisti sono stati giovani provenienti dalle comunità del movimento neocatecumenale di tutta Europa. Fausta Speranza ha intervistato don Rino Rossi che da tanti anni vive in Galilea e che ha vissuto questo particolare pomeriggio (ascolta):

R. – Io ho visto che questa Terra, per i giovani, è stata come una calamita che li ha attirati. Io ho anche detto, ad alcuni di loro, quando sono venuti qua: “Voi siete figli di questa Terra, figli di questa montagna”. Si vedeva la gioia, l’allegria che manifestavano nei canti, nella loro partecipazione. Erano anche impressionanti i momenti di silenzio perché non è facile contenere otto mila giovani provenienti da tutta l’Europa: tedeschi, scandinavi, russi, polacchi, italiani.

D. – Spesso si parla dei giovani come di persone in formazione soggette a tutta la superficialità che questa società porta con sé come modelli, come istanze. Non è così, invece, quando si incontrano molti di loro: si sente una voglia di vita vissuta in tutta la sua pienezza ed in tutto il suo significato…

R. – Qui tocchiamo un punto molto serio; tanti giovani, oggi, sono vittime in parte dell’ambiente del mondo di oggi che è tutto centrato sull’edonismo, sull’avere. Sembra che se non si hanno certe cose non si può vivere. Sembra che la vita sia questo, tutta basa sul piacere e sul vivere comodamente. Io vedo che questi giovani cominciano, grazie alla Chiesa, ad avere un nuovo orizzonte, cioè hanno la speranza, hanno il futuro aperto e qual è questo futuro? Quello del vangelo, che Kiko, il fondatore del movimento neocatecumenale ha annunciato loro ieri. Ha fatto una catechesi sulla destinazione che ha l’uomo che non è solamente vivere qui alcuni giorni ma è una destinazione eterna. Siamo figli di Dio è questo l’annuncio, il kerigma che la Chiesa veramente sempre ha dato e ci dà anche oggi.


D. – Quella del movimento neocatecumenale, è un’esperienza particolare di iniziazione cristiana però tutti i ragazzi in tutte le parrocchie vivono un cammino spirituale, di avvicinamento a Cristo e forse per tutti sarebbe molto bello ritrovarsi in Terra Santa. Alcune parrocchie organizzano ma molte altre no, forse anche per paura di tutta una organizzazione logistica. Invece, è più facile di quanto si pensi, venire in Terra Santa e pregare sulla Terra di Cristo…

R. – E’ vero che in molti hanno paura perché la Terra Santa si presenta anche come un ambiente di guerra. E’ vero che esiste una conflittualità che tutti conosciamo e di cui ha parlato anche il Papa, però, per i pellegrinaggi non c’è problema e infatti sono ripresi numerosi. Devo dire che noi siamo riusciti ad organizzare in brevissimo tempo, l’arrivo di tutte queste migliaia di giovani. Ci si può muovere tranquillamente in Terra Santa, non ci sono problemi.

D. – Dunque, il racconto di questa iniziativa si fa invito per tantissimi giovani?

R. – Senz’altro. Venire o tornare in questa Terra è sempre un aiuto enorme. Tutto è partito da qui, Gesù Cristo è nato in questa Terra, figlio del popolo ebraico ha vissuto, ha predicato, ha fondato la sua Chiesa, che ha patito, sofferto. E’ risorto ed è sceso al cielo. Ecco, tutto è partito da qui.


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domenica, maggio 17, 2009

Lourdes - I miei giorni al servizio di Maria Maria

Il nostro redattore Carlo Mafera ci parla del libro di Alessandra Borghese

Un altro libro su Lourdes, non ce ne sono già troppi in giro, direbbe chiunque. Eppure questo di Alessandra Borghese, che ho incontrato il 20 marzo nell’ambito dell’iniziativa promossa dalla Libreria Editrice Vaticana “I venerdì di Propaganda”, è veramente straordinario. Si legge tutto d’un fiato per la sua semplicità e soprattutto perché ti cala nella mistica atmosfera di Lourdes. Il lettore infatti viene trasportato quasi magicamente in quei luoghi facendogli assaporare tutti i piccoli e grandi avvenimenti che succedono quotidianamente a Lourdes. E’ veramente un dono, un carisma si dice in linguaggio teologico, quello di Alessandra Borghese : trasmettere la fede con il linguaggio scritto. La sua paura, paventata anche durante la presentazione del libro di essere o diventare un’esibizionista della fede, è solo un’idea che qualche amica le ha suggerito a sproposito. Il grande Papa Giovanni Paolo II diceva sempre anche al suo predestinato successore “Non abbiate paura”. E così mi permetto anch’io di incoraggiare Alessandra Borghese di non aver paura. Il suo è un dono prezioso che non va nascosto, anzi. Il Vangelo afferma infatti che i talenti non vanno sotterrati e la fiaccola deve essere messa in alto perché faccia luce a tutti. In questo piccolo libro, edito da Mondadori nella collana “Best Sellers” ricavato dall’edizione precedente, è stato aggiunto un capitolo dove l’autrice parla con entusiasmo di Papa Benedetto XVI che conosceva già da quando Egli era ancora cardinale e mette in evidenza il suo pensiero quando cita un discorso fatto nel suo viaggio in Francia dove lei svolgeva il ruolo di giornalista accompagnatrice. Nelle ultime pagine riporta il fulcro del pensiero del Pontefice : “All’origine di tutte le cose non deve esserci l’irrazionalità ma la Ragione creativa, non il cieco caso, ma la libertà.” E ancora. “Se Egli non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui”. Ecco perché il cristianesimo, dice Alessandra Borghese, consiste innanzi tutto in un fatto : l’incontro con Gesù Cristo. Ma quello che più mi ha colpito in questo libro non è stato tanto il racconto, nel primo capitolo, della grazia ricevuta da un suo amico sacerdote accompagnato dall’autrice a Lourdes per immergersi nelle piscine dopo il suo risveglio dal coma in seguito ad un incidente automobilistico. E’ stata piuttosto la sua intuizione di andare a trovare proprio Bernadette a Nevers dove è sepolta. Alessandra Borghese l’ha vista completamente intatta. Il suo corpo era integro e sano come se lei dormisse, segno inequivocabile della sua santità. Ma lei ha affermato anche durante la presentazione, nella quale è stata splendidamente coadiuvata da Neria De Giovanni e alla presenza del Cardinale Archivista Raffaele Farina, che la santità di Bernadette non è dipesa solo dall’incontro con l’Immacolata Concezione, ma soprattutto dalla sua volontà di annientamento e nascondimento che ha praticato durante tutta la sua vita ritirandosi nel convento di Nevers dal 1858 fino al giorno della sua morte avvenuta per una crisi d’asma della cui malattia soffriva da tanti anni. Alessandra Borghese ha voluto così sottolineare il vero nucleo della fede che non è solo devozione e dolce misticismo (che pur ci vogliono durante i pellegrinaggi) ma è soprattutto la croce che ci fa centrare il nostro sguardo sul Cristo sofferente. Senza questo passaggio non si possono raggiungere le vette della fede. In effetti l’autrice ricorda che durante una delle Sue apparizioni, la Madonna aveva promesso a Bernadette la gioia e la felicità ma non in questa terra. E così è stato. Durante la serata ho avuto il piacere di poter incontrare lo sguardo dell’autrice. Uno sguardo sereno e gioioso, espressione dell’incontro con Gesù di cui si diceva e ho avuto il piacere del suo autografo nella mia copia. Ma, più di ogni altra cosa, ho avuto la percezione impalpabile di una Presenza, quella di Maria. Sono ritornato indietro nel tempo di circa un anno quando il mio professore di teologia della scuola “Ecclesia Mater”, il grande don Gaetano D’agata , ci diceva a noi alunni : “Lourdes Lourdes … ma non dimenticate che la Madonna è qui tra noi, in mezzo a noi.” E ricordava Don Bosco che prima di morire avvertiva la Presenza di Maria proprio accanto a sé. Questo concetto mi rimase talmente impresso che da allora ho avuto come in dono tante occasioni per sperimentarlo. Non ultima questa quando il coordinatore del sito Flip (Free Lance International Press ), il dott. Virgilio Violo, mi ha segnalato questa serata nella quale ho potuto sentire impercettibilmente la dolce presenza di Maria e poi durante la lettura del libro. In particolare, in alcuni suoi passaggi come quello a pag. 69 dove il portiere dell’albergo Moderno(Io ti rendo lode, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli”(Lc 10,21) , un certo René diceva di Bernadette “Lei ha sempre avuto la Grazia perché, seppure ignorante, ha insistito tanto per fare la comunione. Aveva intuito l’importanza di ricevere quel sacramento, pur senza conoscerlo. E’ quell’intuito tutto speciale riservato ai puri di cuore e agli umili” . E Alessandra conclude “Ho l’impressione che abbia capito l’essenziale” (come diceva il Piccolo Principe di Saint- Exupery “l’essenziale è invisibile agli occhi”). Non nel miracolismo si trova l’esperienza del divino ma nella quotidianità, anche quella di ricevere l’eucarestia nella propria parrocchia che spesso è vuota, forse anche per raggiungere mete mistiche scordandosi delle persone che ci sono accanto e che sono la nostra ostia quotidiana. Grazie Alessandra.
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domenica, maggio 17, 2009

Rio di pace

Sabbia rossa con 17mila pietre bianche. È così che è stata ricoperta la scalinata del prestigioso palazzo dell'Assemblea legislativa di Rio de Janeiro. Uno spettacolo emozionante, una provocazione, l'ennesima, pensata dal Movimento Rio di Pace per ricordare le migliaia di vittime della violenza in Brasile: 17mila solo negli ultimi 28 mesi.

PeaceReporter - No al silenzio. Donne, bambini, giovani, e tanti poliziotti, per ricordare i quali sono state sistemate, sopra alcune pietre, alcune uniformi. Per completare il quadro, i manifestanti hanno indossato maschere bianche e esposto cartelli con i nomi delle vittime più giovani. Un atto dimostrativo per dire basta agli scontri a fuoco, all'uso delle armi, al narcotraffico, alla delinquenza, che sta schiacciando la bella Rio, ma anche moltre altre zone del paese. È accaduto lunedì e si è trattato di una delle tante manifestazioni ad effetto inventate da questo gruppo di cittadini e cittadine che dal gennaio 2007, quando ci fu una vera e propria escalation di morti ammazzati, si sono uniti per denunciare, sensibilizzare, gridare il proprio no alla violenza, aprendo le braccia alla pace. È così che è iniziata anche una campagna di raccolta firme tra i deputati dello Stato per chiedere maggior trasparenza nella lotta contro il crimine organizzato dei narcos e degli squadroni paramilitari che operano nelle favelas.

Un po' di numeri. Negli ultimi due anni si sono registrati 11.850 omicidi e 58 poliziotti uccisi. A questi si aggiungono 9.728 desaparecidos. Ed è su questi che la Ong insiste: si tratta realmente di gente scomparsa, o molti di loro sono già morti e sepolti, e restano vittime occulte della violenza? Impressionante è anche il dato che riguarda i poliziotti ammazzati a Rio negli ultimi dieci anni: 1458, e solo 311 erano in servizio quando sono stati uccisi. Una cifra che scoperchia i loschi intrecci tra forze dell'ordine e bande paramilitari, che si contendono il controllo delle favelas con le cosche dedite al narcotraffico. Tanti, una volta dismessa la divisa statale, imbracciano il fucile per farsi giustizia da soli, spesso assumendo atteggiamenti che si equiparano a quella degli uomini contro cui combattono. Numerosi anche i casi di alleanza tra questi gruppi di paras con le bande che dovrebbero combattere, un modo per gestire i grassi proventi del traffico di armi e droga.

Chi sono. "Ogni individuo ha il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale". Con l'articolo 3 della dichiarazione universale dei diritti umani, il Movimento Rio di Pace apre il suo sito internet, dove si trovano documenti, video, registrazioni audio improntanti a diffondere la cultura di pace e rispetto dell'altro."Siamo un gruppo di persone di ogni esrtazione sociale, senza vincoli politici o istituzionali e la nostra maggiore preoccupazione è la sicurezza pubblica - spiegano - La violenza nel nostro paese è una costante. Attualmente è il problema sociale più grave del Brasile. Negli ultimi dieci anni 500mila brasiliani sono rimasti vittime di omicidi. Per questo non possiamo restare a guardare".
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domenica, maggio 17, 2009

Pakistan, cronache di guerra da Swat

Reportage dei combattimenti tra esercito e talebani, dove a morire sono soprattutto i civili

PeaceReporter - Le forze di sicurezza pachistane affermano di aver ucciso finora 700 militanti talebani nell'offensiva contro le milizie guidate da Maulana Fazullah nelle montagne di Swat e dicono che i talebani sono in fuga dalle aree sotto attacco militare. Chi scrive ha trascorso una settimana nella zona di guerra, dove ha visto le infrastrutture talebane ancora intatte e ha scoperto che i morti e i feriti a causa dell'attacco sono gli abitanti poveri della zona. Il governo ha ordinato alla popolazione di evacuare i villaggi ma non ha fornito alle persone in fuga alcun mezzo di trasporto. Dopo l'evacuazione dell'area, i villaggi sono stati bombardati mentre i Talebani non sono stati presi di mira.

A causa dei lunghi coprifuoco nelle zone interessate, la gente gente è stata costretta a usare, invece dell'autostrada principale Peshawar-Swat, una difficile via che passa attraverso Agra nel Malakand per raggiungere il distretto di Mardan. I fornitori di trasporti hanno alzato le proprie tariffe, e portare una famiglia da Chakdara nel basso Dir fino a Peshawar costa intorno ai 20 mila rupie (180 euro). I più poveri, che non possono permettersi di pagare questo prezzo, hanno deciso di rimanere nelle loro case, ma a casa del coprifuoco stanno affrontando una seria carenza di cibo e di altri beni di uso quotidiano.

Parlando con i residenti dell'area è facile capire il loro odio sia nei confronti dei talebani che delle forze di sicurezza. E' una percezione comune nell'area quella che i talebani siano un prodotto dei servizi. I residenti pensano che sia una strategia della quale i civili devono pagare le conseguenze. Faith Mehmood, di Timargara, dice che "non è una novità: ancora una volta il governo sta usando i talebani per i propri interessi, per ricevere fondi dagli Usa". Awal Shah, un residente di Maidan Dir, dice: "Non ci è chiara la strategia che sta dietro a questa operazione, ma una cosa è certa: il governo cerca dollari a nostre spese".

Jaafar Khan e la sua famiglia hanno abbandonato il villaggio di Shamozai, nello Swat, per raggiungere un luogo più sicuro. Ora si trova con gli altri sei membri della sua famiglia a Chakdara e sta cercando un veicolo per portare la famiglia fuori dalla pericolosa zona di Malakand. "Non so dove andrò, ma almeno sto lasciando la regione di Malakand. La nostra zona non è sicura, in ogni momento puoi trovarti sotto un bombardamento o un lancio di granate. Il governo e i talebani sono entrambi responsabili per la nostra sofferenza".

Namoos Khan, della zona di Asban, non è pronto a lasciare il suo villaggio, e dice: "Non mi arrenderò mai e non farò la vita del girovago in una tenda. Piuttosto preferisco morire nel mio villaggio. Perché dovrei lasciare il mio villaggio, che cosa ho fatto di male? Se il governo vuole uccidermi, allora che lo faccia, ma io non lascerò la mia casa".

Gli abitanti di queste zone, in maggior parte contrari ai talebani, criticano duramente anche il governo che invece di mandare truppe sul campo per combattere i miliziani, bombarda i villaggi con elicotteri e aerei.
Rashid Khan, di Naway Kalay, dice: "Se l'esercito combattesse i talebani sul terreno, noi locali lo supporteremmo, ma il bombardamento di aree residenziali ha creato odio per il governo".

L'operazione dell'esercito prosegue. Entrambe le parti sembrano determinate a sconfiggere il nemico, mentre la gente comune si preoccupa del suo futuro. Se a motivare i talebani c'è la ricompensa del paradiso nell'aldilà, mentre a incentivare il governo sono gli aiuti finanziari stranieri, i poveri civili di Swat devono sopportare il peso di questa guerra, senza alcuna ricompensa.
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domenica, maggio 17, 2009

In Medio Oriente esiste una volontà di pace che va incoraggiata

Così Benedetto XVI ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Terra Santa

RadioVaticana - Durante il volo di ritorno di ieri pomeriggio dal viaggio apostolico in Terra Santa, Benedetto XVI si è intrattenuto con i giornalisti per ringraziarli del lavoro svolto, soffermandosi sulle impressioni suscitate in lui dal pellegrinaggio nei luoghi di Gesù. Il Santo Padre ha sottolineato, in particolare, la necessità di alimentare il comune desiderio di pace: non dobbiamo nascondere le difficoltà - ha detto - ma incoraggiare di più alla riconciliazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco.

Il Papa ricorda ai giornalisti alcune indelebili immagini del suo pellegrinaggio in Terra Santa: tra queste, “la commovente discesa nel punto più profondo della terra, al Giordano, simbolo della discesa di Cristo nei punti più profondi dell’esistenza umana”. Altri momenti rievocati dal Papa sono le visite al Santo Sepolcro e al Cenacolo, “dove il Signore ci ha donato l’Eucaristia, dove c’è stata la Pentecoste”. A queste immagini il Santo Padre accosta il significato del suo viaggio apostolico in Terra Santa:

“Sono venuto come pellegrino di pace. Il pellegrinaggio è un elemento essenziale di molte religioni. Lo è anche dell’islam, della religione ebraica, del cristianesimo. È anche l’immagine della nostra esistenza, che è un camminare in avanti, verso Dio e così verso la comunione dell’umanità. Sono venuto come pellegrino e spero che molti seguano queste tracce e così incoraggino l’unità dei popoli di questa Terra Santa e diventino a loro volta messaggeri di pace”.

Benedetto XVI ha quindi affermato che sono tre “le impressioni fondamentali” suscitate dal pellegrinaggio in Terra Santa:

“La prima è che ho trovato dappertutto, in tutti gli ambienti, musulmani, cristiani, ebrei, una decisa disponibilità al dialogo interreligioso, all’incontro, alla collaborazione tra le religioni. Ed è importante che tutti vedano questo, non solo come un’azione - diciamo – ispirata a motivi politici nella situazione data, ma come frutto dello stesso nucleo della fede, perché credere in un unico Dio che ha creato tutti noi, Padre di tutti noi, credere in questo Dio che ha creato l’umanità come una famiglia, credere che Dio è amore e vuole che l’amore sia la forza dominante nel mondo, implica questo incontro, questa necessità dell’incontro, del dialogo, della collaborazione come esigenza della fede stessa”.

Il Papa ha poi detto di aver trovato “un clima ecumenico molto incoraggiante”:

“Abbiamo avuto tanti incontri con il mondo ortodosso con grande cordialità; ho potuto anche parlare con un rappresentante della Chiesa anglicana e due rappresentanti luterani, e si vede che proprio questo clima della Terra Santa incoraggia anche l’ecumenismo”.

La terza impressione suscitata dal viaggio è quella della constatazione di “grandissime difficoltà” accanto ad “un profondo desiderio di pace da parte di tutti”:

“Le difficoltà sono più visibili e non dobbiamo nasconderle: ci sono, devono essere chiarite. Ma non è così visibile il desiderio comune della pace, della fraternità, e mi sembra dobbiamo parlare anche di questo, incoraggiare tutti in questa volontà per trovare le soluzioni certamente non facili a queste difficoltà”.
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sabato, maggio 16, 2009

Elezioni legislative in India: vittoria per il partito Sonia Gandhi

Per mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza Episcopale indiana, il risultato elettorale "indica che il popolo vuole un governo stabile"

Radio Vaticana - La coalizione di centro-sinistra guidata dal partito del Congresso di Sonia Gandhi ha ottenuto in India una convincente affermazione nelle elezioni legislative con cui è stata rinnovata la Camera bassa per dare avvio alla 15.ma legislatura. La schiacciante maggioranza ottenuta dal partito del Congresso ha spinto i suoi principali avversari del partito nazionalista hindu Bharatiya Janata (Bjp) ad ammettere la sconfitta riconoscendo il risultato elettorale. Per mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza Episcopale indiana, il risultato elettorale "indica che il popolo vuole un governo stabile" e ha votato "contro il fondamentalismo ed il comunismo". Per un’analisi della situazione politica in India, Stefano Leszczynski ha intervistato Simona Lanzoni, dell’Ong Pangea, impegnata nel Paese con numerosi progetti di cooperazione allo sviluppo. (ascolta)

... (continua)
sabato, maggio 16, 2009

Riso equo e solidale per combattere la fame nel mondo

L’iniziativa è organizzata dalla federazione di organismi cristiani per il volontariato internazionale ‘Focsiv’

Agenzia Misna - Si chiama ‘Abbiamo riso per una cosa seria’ la campagna che ha l’obiettivo di sostenere 22 progetti di sovranità alimentare in 16 paesi del Sud del mondo. Per finanziarli, il 16 e 17 Maggio (oggi), nelle piazze italiane sarà possibile acquistare un chilo di riso della qualità ‘Thai’ del commercio equo e solidale, certificato Fairtrade, per un prezzo-sottoscrizione di cinque euro. L’iniziativa è organizzata dalla federazione di organismi cristiani per il volontariato internazionale ‘Focsiv’. “Il problema della fame nel mondo – ha detto Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv - va affrontato promuovendo la sovranità alimentare e contrastando le scelte politiche internazionali che favoriscono le multinazionali dell’agrobusiness a scapito dei piccoli produttori in particolare, chiedendo ai governi di avviare procedimenti giuridici a favore delle vittime dell’emergenza alimentare e perseguendo il concetto della sovranità alimentare nell’approccio al complesso problema della fame.” Il riso della campagna è un prodotto certificato secondo gli standard internazionali del Commercio Equo e Solidale che propone un consumo “responsabile” degli alimenti, al fine di tutelare la sostenibilità ambientale e garantire la salute dei consumatori e al tempo stesso la dignità delle condizioni di vita e di lavoro dei piccoli produttori.

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sabato, maggio 16, 2009

Israeliani: sondaggi a favore di uno stato palestinesese

Lo studio non tiene conto della forte minoranza araba che vive all’interno dei confini del paese, che ha la cittadinanza israeliana e che è in gran parte favorevole alla creazione di uno stato palestinese

Agenzia Misna - Un sondaggio commissionato dal quotidiano ‘Yediot Ahronot’ indica che il 58% degli israeliani di religione ebraica è favorevole alla creazione di uno stato palestinese, il 37% contrario, mentre il 5% non ha espresso alcuna opinione. Il sondaggio è stato pubblicato il giorno dopo un discorso fatto da Benedetto XVI, in visita in Terrasanta, che ha rilanciato la soluzione dei ‘due popoli, due stati’ chiedendo anche la fine dell’assedio a Gaza e l’abbattimento dei muri e delle divisioni che continuano a esistere in questa parte del Mediterraneo così ricca di storia e di luoghi sacri alle tre grandi religioni monoteiste. Lo studio non tiene conto della forte minoranza araba che vive all’interno dei confini del paese, che ha la cittadinanza israeliana e che è in gran parte favorevole alla creazione di uno stato palestinese. Di recente, sondaggi di altri istituti hanno accreditato alla soluzione dei ‘due stati’ un sostegno anche maggiore in termini percentuali. Di tono opposto le percentuali sugli israeliani favorevoli al ritorno dei palestinesi che furono costretti a lasciare le loro case nel 1948 e nel 1967 e dei loro discendenti: in questo caso prevalgono i contrari. Proprio oggi, palestinesi di Cisgiordania, Striscia di Gaza e città arabo-israeliane hanno ricordato con un giorno d’anticipo la Naqba (“catastrofe” in arabo), ovvero l’anniversario della fondazione dello Stato d'Israele nel 1948 che coincise con l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi.

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sabato, maggio 16, 2009

Terminato il viaggio del Papa in terra Santa

Il papa lascia la Terra Santa e termina il dodicesimo viaggio internazionale. Nella cerimonia di congedo all’Aeroporto di Gerusalemme è stato lo stesso presidente israeliano Peres a riconoscere come lo storico viaggio del papa sia stato un “pellegrinaggio di Pace”.

Korazym - “Sono venuto a visitare questo Paese come un amico degli israeliani, così come sono un amico dei palestinesi”, ha risposto il papa. “Gli amici - ha osservato - amano passare il tempo gli uni in compagnia degli altri, e vengono profondamente rattristati dal vedere le sofferenze degli altri”. Prima di partire, in mattinata, la toccante visita al Santo Sepolcro. “Qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più - ha detto il papa - Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata”.

Quasi a voler lasciare in dono la speranza cristiana della resurrezione, il papa ha scelto di concludere idealmente la visita in Terra Santa proprio davanti alla pietra dell'unzione, dove Gesù fu deposto dalla croce. Qui si è inginocchiato e ha pregato in silenzio sulla lastra dove secondo la tradizione fu deposto il corpo del Cristo.

“Il vescovo di Roma – ha detto il papa - si trova davanti a quella stessa tomba vuota e contempla il mistero della risurrezione. Sulle orme dell’Apostolo, desidero ancora una volta proclamare, davanti agli uomini e alle donne del nostro tempo, la salda fede della Chiesa che Gesù Cristo "fu crocifisso, morì e fu sepolto", e che "il terzo giorno risuscitò dai morti".

La tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita”, ha continuato il papa.Rivolgendosi specialmente ai cristiani, poi, ha ribadito che “La Chiesa in Terra Santa, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama.”

“Possa la contemplazione di questo mistero spronare i nostri sforzi, - ha aggiunto - sia come individui che come membri della comunità ecclesiale, a crescere nella vita dello Spirito mediante la conversione, la penitenza e la preghiera. Possa inoltre aiutarci a superare, con la potenza di quello stesso Spirito, ogni conflitto e tensione nati dalla carne e rimuovere ogni ostacolo, sia dentro che fuori, che si frappone alla nostra comune testimonianza a Cristo ed al potere del suo amore che riconcilia.”

Il Santo Padre è stato accolto dal Custode di Terra Santa, padre Pizzaballa, che ha ringraiato Benedetto XVI per “l'alta testimonianza di pace consegnataci in questi giorni di pellegrinaggio”. Ricorda quindi “la corsa di Pietro” al sepolcro vuoto. Il messaggio che viene dal sepolcro vuoto - ha detto - "non è un messaggio di pietà ma annuncio di gioia e slancio a guardare sempre al di là dell'orizzonte per vedere i profili dell'alba. Ecco la consegna di questo luogo: avere l'animo disposto a seguire Gesù ovunque". Al Papa chiede quindi: “Ci sproni a seguire Gesù ovunque”.
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sabato, maggio 16, 2009

Le Tigri Tamil sotto assedio. «Ci uccideremo tutti»

I ribelli, intrappolati in pochi chilometri quadrati, sarebbero pronti al suicidio di massa

New Delhi (Corriere)- Sembra veramente alle battute finali l'offensiva dell'esercito cingalese contro le Tigri Tamil: le forze regolari hanno stretto la morsa attorno ai ribelli, che, intrappolati in un lembo di pochi chilometri quadrati, sarebbero pronti al suicidio di massa. Fonti di intelligence, inoltre, hanno annunciato la cattura del leader delle Tigri, Velupillai Prabhakaran. Alle prime ore dell'alba di sabato, le forze dell'esercito di Colombo si sono ricongiunte sul litorale dell'isola, chiudendo i ribelli in un'area di 3,5 chilometri quadrati, senza sbocco al mare e senza vie di fuga per terra. «Dopo il ricongiungimento da nord e sud della 58ma e 59ma divisione dell'esercito sul litorale - ha detto il generale Udaya Nanayakkara, portavoce del ministro della Difesa - tutta la costa è sotto nostro controllo e le Tigri non possono in alcun modo andare verso il mare. Sono rinchiusi in uno spazio piccolo, è la loro fine virtuale».

Fonti militari anonime hanno poi rivelato di aver intercettato alcune conversazioni dei ribelli, nelle quali i Tamil si direbbero pronti ad un suicidio di massa, non volendo arrendersi all'esercito. L'esercito, secondo la stampa cingalese, teme anche che i ribelli possano utilizzare ancora civili come scudi umani o costringere anche loro al suicidio. I Tamil avrebbero perso anche il proprio leader: Velupillai Prabhakaran, massimo dirigente dell'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte), sarebbe stato catturato dalle forze governative nelle prime ore di oggi, scrive la stampa cingalese. Non è chiaro «se Prabhakaran sia vivo o morto». L'offensiva finale dell'esercito è iniziata il 21 aprile scorso, dopo lo scadere dell'ultimatum lanciato dal governo che chiedeva la resa dei ribelli.
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sabato, maggio 16, 2009

Il pensiero e l'azione sociale di Giorgio La Pira

Continua l'analisi della vita del Sindaco Santo da parte del nostro redattore Carlo Mafera

La figura di Giorgio La Pira sotto questo aspetto si rivela ancor più poliedrica, egli è conosciuto come esperto di diritto, profondo conoscitore della dottrina tomista o meglio ancora come organizzatore di clamorose iniziative politiche internazionali ma un po’ meno quale scrittore di cose economiche. "Con il maggio 1947 la politica economica del nostro paese prende una direzione molto netta" scrive Piero Roggi, docente straordinario di storia delle dottrine economiche, "cadute le speranze per le grandi riforme economiche come l'azionariato operaio, sono i problemi di tutti i giorni che prendono il sopravvento: fra tutti quello della disoccupazione. Ma nelle misure per contrastarla non c'è concordanze di vedute: se fossimo obbligati a disegnare con un sol tratto il complesso quadro di posizione politica economica che si venne formando alla fine degli anni quaranta, potremmo forse dire che il campo era diviso in due schieramenti: i "keynesiani" e i "monetaristi". Allora chiameremo "keynesiani" tutti coloro che ritenevano la disoccupazione contrastabile attraverso l'aumento della "domanda aggregata" e specialmente della spesa governativa; "monetaristi" tutti coloro che secondo la definizione di Modigliani ritenevano che tutto quel che c'era da fare, era mutare il valore della moneta e tutto il resto sarebbe andato da sé. L'intento di mediare le opposte tendenze naufragava miseramente riconoscendosi dietro la relazione Rumor (monetarista) la posizione ufficiale del governo cioè di Pella e di De Gasperi. A quel punto la sinistra di Dossetti (Keynesiana), pur essendo al governo, viene esclusa dalle cariche di partito. Le dimissioni di Fanfani non si fanno attendere ma vengono respinte. Ed ecco che nell'aprile del 1950 La Pira scrive il celebre saggio: “L'attesa della povera gente” che vuole rappresentare, per la sinistra D.C. oramai esautorata, un'arma fatta di parole che può smuovere le coscienze, assai difficilmente le azioni di chi tiene in mano i fili del potere. "L'attesa" non vuole rappresentare un testo scientifico specialistico ma solo "premesse al ragionamento economico", teoria economica nel senso di individuare ciò che sarebbe utile fare, cioè, in una parola la politica economica. Dice La Pira che ad ogni diagnosi segue una terapia. Se la diagnosi era Keynesiana, Keynesiana sarà anche la terapia. La mancanza di spesa determina la disoccupazione? L'aumento della spesa la riassorbirà. In che misura dovremmo allora aumentare la spesa affinché la disoccupazione scompaia, affinché dal livello attuale di occupazione insufficiente si arrivi al cosiddetto livello di piena occupazione? Facendo si che il governo spenda autonomamente la differenza tra il valore della domanda di piena occupazione e quello della domanda presente. Al contrario di quei governi che cercano di risparmiare al massimo sulle spese, lo stato immaginato da La Pira è uno stato che, come vuole Keynes, declina il verbo spendere senza farsi cogliere dal terrore del pareggio del bilancio e che considera la spesa come uno strumento per mettere in azione tutte le forze sociali. Un altro riferimento doveroso è quello relativo ad una spinosa questione. La terapia proposta nell'"attesa" sarebbe stata bollata, diceva La Pira, come provvedimento che avrebbe portato all'inflazione. Allora egli cercò di anticipare la risposta inserendola preventivamente nel suo scritto. L'inflazione - sosteneva - ha a che fare con una differente crescita del volume della moneta rispetto al volume dei beni: e la moneta che supera nella sua corsa i beni che si producono. Si tratta - continuava La Pira - di una teoria dell'aumento dei prezzi incentrata cioè sul rapporto tra la quantità di moneta circolante ed il valore dei beni prodotti. Ma, diceva La Pira, i suoi avversari dovevano tenere in considerazione il fatto che con l'aumento della spesa governativa è vero che aumentava la quantità di moneta in circolazione, ma è anche vero che aumenteranno i beni esistenti." L'inflazione è patologia perché è moneta senza beni; ma in questo caso, conclude La Pira, non ci sarà nè inflazione nè malattia. "L'attesa della povera gente" innescò subito una disputa fra le parti sociali ed un dibattito di politica economica. Lo stesso Einaudi con l'economista Bresciani - Turoni si scagliarono contro La Pira irridendo la sua convinzione nella "magia del moltiplicare Keynesiano". La Pira - come tutti i keynesiani - pensa Bresciani - è un ingenuo che non và ascoltato perché"se lo stato ricorre al torchio dei biglietti farà dell'inflazione". Infatti "l'aumento del volume di beni si verifica più tardi e nel frattempo è creata una maggiore domanda non compensata da un maggior afflusso di beni". Quel che fa aumentare i prezzi può agire indisturbato prima che l'ondata di beni prodotti possa contenere l'effetto. La teoria che sta nella “Attesa” non è nata in seno al mondo cattolico. E' stata scelta dai cattolici ma è la teoria di Keynes. E' stato l'apparato del pensiero religioso che nell'Attesa ha scelto fra le varie teorie della disoccupazione, quella di Keynes. Essa è congeniale perché coerente con quelle premesse. La “Attesa” e il dibattito che ne seguì sono stati importanti anche per l'efficacia che ebbero in seguito. A La Pira si rimproverava non solo l'irruzione del religioso nel santuario della scienza economica - scrive "Piero Roggi" - ma anche questa volta da parte dei compagni di fede l'uso un pò disinvolto delle sacre scritture. L'impiego del vangelo e degli altri testi, a sostegno di tesi relative alla vita sociale ha sempre suscitato diffidenza. Con i testi alla mano e spesso possibile sostenere una posizione ed anche, non di rado, il suo esatto contrario. Ma è anche vero che tutti gli economisti, chi più chi meno, hanno usato delle metafore o delle immagini nelle quali poi hanno costruito la loro teoria. Smith aveva l'immagine della mano invisibile che metteva d'accordo i fini particolari degli uomini con quelli più generali della società: Sismodi faceva riferimento alla meccanica dell'orologio. Perchè allora negare a La Pira le immagine attinte dal vangelo. Forse perchè le sue, a differenze della grande maggioranza degli autori di cose sociali, sono esplicite. Messe sotto gli occhi del lettore ne aumentano certamente la comprensione ma talvolta possono urtare la sua suscettibilità. Eppure nella sua folle visionarietà La Pira suscitò un dibattito sul cui livello non possono esservi dubbi. "Come succede talvolta a quei magnifici dilettanti" - conclude Roggi - che si accostano con la creatività intatta della propria mente ad un nuovo ed inesplorato campo del sapere e riescono ad avere vedute che spesso superano per lucidità e semplicità quelle dei più consumati professionisti La Pira dette il suo contributo al dibattito. Un contributo che per chiarezza ed incisività resterà ancora per molto tempo un esempio. Il caso Pignone è un momento importante di rottura con il passato e di avvio del nuovo. Il Pignone era una fabbrica in crisi soprattutto per responsabilità dell'imprenditore privato: però gli effetti di queste inadempienze si ripercuotono sugli operai che vengono minacciati di licenziamenti. Nell'inasprirsi della vertenza sindacale, la proprietà decide la serrata e gli operai reagiscono con l'occupazione. A questo punto La Pira interviene come sindaco preparando l'ordinanza di requisizione della fabbrica. La Pira ancor prima di diventare sindaco si era occupato del grave problema della Pignone. Ma proprio quando egli diventa sindaco la questione precipita quasi che la sconfitta comunista del 18 aprile 1948 facesse ritenere alla proprietà della fabbrica che fosse venuto il tempo di fare i propri comodi.
Di fronte al dramma degli operai della Pignone, al duro colpo che una eventuale liquidazione dello stabilimento darebbe all'intero tessuto economico fiorentino, La Pira mette in subbuglio mezza Italia. Interrompe la seduta di un consiglio dei ministri, scrive a Pio XII, ai vescovi, alle parti sociali. Tutti rispondono nel senso della piena solidarietà. Persino il papa risponde con una lettera piena di citazioni della dottrina sociale della chiesa. Molti ambienti del mondo cattolico hanno da ridire e manifestano inquietudine. Molto opportunamente il cardinale Della Costa, arcivescovo di Firenze, dice: "La Pira è scomodo?" Ma si capisce, è una copia del vangelo vivente. L'affare Pignone è scomodo? Si capisce, però come non scegliere la parte di coloro che sono nell'angustia per l'incertezza del loro avvenire? Nella controversia del 1953 sulla fabbrica fiorentina si scontrano non soltanto episodici interessi. Contrapposti, ma diverse culture giuridiche, politiche economiche. Inoltre nel caso Pignone si riassumono tutte le componenti del pensiero religioso-mistico, giuridico- costituzionale e sociale- economico di Giorgio La Pira. Ci sta il principio della carità dare occupazione ai disoccupati. Ma c'è anche il principio costituzionale per la quale è la stessa natura della comunità di lavoro che viene messa in discussione. Nell'architettura di uno stato democratico La Pira aveva messo in evidenza i contenuti di alcuni articoli della costituzione: per esempio il 43 relativo al trasferimento di impresa a comunità di lavoratori; il 45 relativo al riconoscimento della cooperazione; il 46 riguardante la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende; l'art. 35 che si rifaceva al diritto al lavoro ed alla retribuzione sufficiente. Tutti questi articoli implicano una revisione delle disciplina giuridica della proprietà degli strumenti di produzione e della struttura dei rapporti di lavoro. La vicenda della fabbrica di Rifredi si conclude con l'assunzione dello stabilimento da parte dell'ENI di Enrico Mattei e nasce così il Nuovo Pignone, un'industria che assumerà dimensioni internazionali e resterà un esempio di positiva gestione del sistema delle partecipazioni statali .Dal 1951 eletto Sindaco di Firenze con i convegni per la pace e la civiltà cristiana, aveva stabilito un inedito rapporto, a Firenze, con arabi, israeliani, africani, asiatici, latinoamericani, insomma, con uomini di cultura del "terzo mondo" - Nel mondo più prosaico - "continua Citterich" - nel contesto dell'affare Pignone La Pira prospetta a Mattei un affare più esteso: "Fra poco diventeranno tutti indipendenti, saranno i padroni dei loro giacimenti petroliferi non è meglio che restino nostri amici?" Mattei capisce e rileva le azioni del Nuovo Pignone - Questo è a mio avviso, il senso ultimo di quella telefonata. Sogno e ragioneria. Firenze, domicilio organico delle persone. Ma proprio per questa sua caratteristica, anche città sul monte della scena contemporanea. E’ bene anche ricordare, a proposito delle polemiche in precedenza descritte quella con Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, che lo accusa di voler instaurare il socialismo e lo statalismo in Italia. La Pira gli risponde così: "Bisognerebbe che lei facesse l'esperienza - ma quella vera - che tocca fare al sindaco di una città di 400.000 abitanti avente la seguente cartella clinica; 10.000 disoccupati; 3000 sfratti e 17.000 libretti di povertà con un totale di 37.000 persone assistite dal Comune. Scusi, davanti a tutti questi "feriti", buttati a terra dai "ladroni", cosa deve fare il Sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: - Scusate, non posso interessarmi di voi perchè non sono statalista ma interclassista? Si fa presto - ed è anche comodo - a lanciare accuse di marxismo a coloro che "scendono da cavallo" per sanare il fratello in quarantena ferito". E ancora per dovere di cronaca e amore della verità, il 24 settembre 1954 lo stesso Sindaco in occasione delle dimissioni di due assessori liberali comunica col ricordare la costruzione di 1500 alloggi la ricostruzione dei ponti cittadini l'apertura di nuove scuole l'impegnativo investimento di 12 miliardi e l'attuazione del programma di ricostruzione e sviluppo della città. Ma se volete che resti ancora sino al termine del nostro viaggio, allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo; col solo calcolo di cui parla l'Evangelo: fare il bene perché bene! Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio".
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sabato, maggio 16, 2009

Card. Gracias: Sul voto ha vinto la libertà religiosa

L’arcivescovo di Mumbai è “orgoglioso” del risultato elettorale che riflette “il cuore della gente comune”. Al futuro governo chiede di “astenersi da misure populiste” e di “portare a termine le promesse ancora incompiute”. Necessità più urgenti: politiche a lungo termine per i poveri, le donne e le minoranze.

Mumbai (AsiaNews) - “Sono orgoglioso del mio Paese”. È il commento a caldo del card. Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana (Ccbi), al risultato elettorale che sta emergendo in queste ore. Per il porporato di Mumbai il voto esprime “un chiaro mandato a favore della libertà di religione” ed il riconoscimento che il Paese “può crescere e prosperare solo rispettando l’intuizione dei suoi padri fondatori che si trova nella nostra costituzione”. Il voto riflette “il cuore della gente comune” che desidera “il rispetto di tutte le religioni e chiede in modo accorato di vivere in pace ed armonia”.

L’arcivescovo della metropoli indiana è soddisfatto “del modo nel complesso pacifico in cui si sono svolte le votazioni” e “del senso di responsabilità dimostrato dalla popolazione”. Il porporato vede nella vittoria della United Progressive Alliance “una conferma dell’approvazione verso la politica del governo uscente”, ma subito aggiunge che questo consenso è anche un compito per il Congress ed i suoi alleati. “Questa ora è un’opportunità per il governo di portare a termine le promesse ancora incompiute”.

Egli si attende dal nuovo esecutivo un deciso impegno per “l’inclusione di tutte le fasce della popolazione: le minoranze, i dalit e i tribali” affinché possano anch’esse “partecipare alla ricchezza e alla prosperità della nostra patria”.

“Desidero profondamente che il governo sia capace di prendere iniziative più audaci e sviluppare programmi che potrebbero apparire a prima vista impopolari, ma che in realtà serviranno per il bene comune della nazione”. Il cardinale parla di “iniziative urgenti” su cui il prossimo esecutivo dovrebbe concentrarsi. “Educazione, salute, politiche specifiche rivolte alle bambine e alle donne” sono alcuni degli obiettivi che Gracias considera prioritari nell’agenda di chi guiderà il Paese per i prossimi cinque anni. “Il governo - afferma il cardinale - dovrebbe astenersi da misure populiste e sviluppare invece politiche a lungo termine per i poveri che contribuiranno al bene comune della popolazione e a risollevare le sorti dei più bisognosi”.

“I nostri poveri delle campagne, le bambine e le donne, i tribali e i dalit hanno bisogno di assistenza sanitaria di base e di poter accedere all’educazione”, afferma l’arcivescovo. Occorre dunque, prendere provvedimenti che rispondano a queste necessità equivale dar vita ad una “rivoluzione sociale” che “contribuirà ad accrescere l’autorità morale dell’India all’interno della comunità internazionale”.
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sabato, maggio 16, 2009

Free Tibet: L’Unione europea difenda i diritti dei tibetani

Per il 26° Dialogo con la Cina sui diritti umani, gruppo proTibet invita l’Ue a chiedere notizie sulle recenti condanne a morte di tibetani e sugli oltre 1.000 detenuti non ufficiali.

Dharamsala (AsiaNews) – L’UE deve condannare con chiarezza la crescente persecuzione delle autorità cinesi contro il Tibet. In occasione del 26° Dialogo sui diritti umani, che l’Ue tiene in questi giorni a Praga, il gruppo pro-diritti Free Tibet (Ft) invita i leader europei ad assumere una posizione chiara e netta e ad utilizzare questo forum per chiedere concessioni a favore della popolazione tibetana.

La persecuzione operata dalla Cina in Tibet è aumentata negli ultimi mesi. Da oltre un anno sono detenuti più di 1.000 tibetani arrestati per le proteste del marzo 2008. Di recente 5 tibetani sono stati condannati a morte con l’accusa di avere causato incendi a Lhasa durante queste proteste.

Ft invita l’Ue a domandare a Pechino le ragioni di queste condanne e di queste detenzioni, ad avere un elenco degli oltre 1.000 tibetani detenuti di cui molti in segreto e a chiedere la nomina di una commissione di indagine internazionale sulle proteste del 2008 in Tibet e su come sono stati svolti questi processi.

Stephanie Bridgen, direttore di Ft, osserva che “tra i temi del dialogo ci sono l’accesso alla giustizia e i diritti dei difensori, è un’importante opportunità per rappresentare alla controparte cinese la ferma opposizione alle condanne a morte di 5 tibetani”, “emanate in processi chiusi a osservatori indipendenti”.
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venerdì, maggio 15, 2009

L’Onu: con la crisi si rischia l’aumento del lavoro forzato

Il fenomeno del lavoro forzato ha assunto ormai una “dimensione mondiale”: in Asia sono più di 6 milioni i lavoratori senza voce né diritti

Radio Vaticana - In questo tempo di crisi economica aumenta il rischio della diffusione del lavoro forzato. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato dall'agenzia delle Nazioni Unite per il lavoro (Ilo). Le “pratiche immorali, fraudolente e criminali” associate al lavoro starebbero crescendo in ogni Continente: tra le prime vittime dello sfruttamento – denuncia l’Ilo – ci sono gli immigrati irregolari. Ufficialmente, le vittime del lavoro forzato sono almeno 12,3 milioni. L’ammontare delle somme illecitamente sottratte ai lavoratori attraverso la coercizione supera i 20 miliardi di dollari l’anno. Il fenomeno ha assunto ormai una “dimensione mondiale”: in Asia sono più di 6 milioni i lavoratori senza voce né diritti. In America Latina sono circa un milione a lavorare contro la propria volontà. In Africa il numero di persone vittime del lavoro forzato è di almeno mezzo milione. La piaga – denuncia l’agenzia dell’Onu - non risparmia neanche i Paesi più industrializzati dove i casi stimati sono circa 113 mila. Ufficialmente, le legislazioni nazionali “sono state rafforzate” ma in certi casi – si sottolinea nel rapporto ripreso dal quotidiano Avvenire – il reato è definito ancora in modo troppo vago: “Le legislazioni nazionali restano così lettera morta, anche in ragione del potere locale acquisito dalle reti criminali coinvolte”. L’Organizzazione delle Nazioni Unite considera come forzato ogni lavoro eseguito sotto la minaccia di una pena e contro la volontà della persona che “causa indicibili sofferenze”. (A.L.)

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venerdì, maggio 15, 2009

Ospedale Bambin Gesù: tecnologie d'avanguardia e un nuovo logo

“Mettiamoci la faccia”, n’iniziativa che ha fatto posare tutti i professionisti per una foto originale, con cui i medici si presentano ai pazienti ed alle loro famiglie in modo da trasmettere l’idea di un ospedale vicino alla sofferenza ed alle speranze di chi bussa alla porta

Radio Vaticana - La mano stilizzata, che accoglie sul proprio palmo la figura appena accennata di un bambino, sostenendolo e dandogli impulso per un nuovo slancio. E’ il nuovo logo dell’ l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che ha inteso ripartire da un messaggio simbolico che racchiuda la storia, guardando al futuro. E' lo spirito con cui questo polo di eccellenza di respiro internazionale, ha inteso ricordare i 140 anni dalla sua fondazione. Al logo, realizzato dalla società internazionale leader di brand identity InArea, si aggiungono le nuove dotazioni tecnologiche d'avanguardia ed altre strutture. Si allarga l’offerta medica, restano i valori che muovono il personale medico e paramedico operante. Quattro sedi, organizzate per elementi funzionali, una struttura per le ricerche con laboratori ad alta tecnologia su più di 3.000 metri quadrati, un centro di alta formazione internazionale in campo pediatrico e un riammodernamento tecnologico di ultima generazione. Il profilo con cui si presenta oggi l’Ospedale Bambino Gesù: assistenza, cura, ricoveri, interventi talvolta unici nel genere, accompagnati dall’innovazione tecnologica. La nuova veste si lega anche ad una campagna di questi giorni: “Mettiamoci la faccia”. Un’iniziativa che ha fatto posare tutti i professionisti per una foto originale, con cui i medici si presentano ai pazienti ed alle loro famiglie in modo da trasmettere l’idea di un ospedale vicino alla sofferenza ed alle speranze di chi bussa alla porta. I numeri parlano da soli. Sono quasi 800 i posti letto (592 per acuti, 21 per la riabilitazione e 185 per i day hospital), il Bambino Gesù nel 2008 ha fatto registrare 32.875 ricoveri, 108.001 casi trattati in day hospital e day surgery, 6.883 giornate di riabilitazione, 930.448 prestazioni ambulatoriali e 53.921 accessi al pronto soccorso. Sono appena partiti i lavori per il potenziamento strutturale e tecnologico del Dipartimento Emergenza e Accettazione che, al termine dell'intervento, sarà più ampio, più accogliente per i genitori in attesa e con un'area di "osservazione breve intensiva" in grado di migliorare ancor di più l'incisività e il numero delle prestazioni di emergenza (più di 600.000 casi in 10 anni). Nel dettaglio il progetto prevede la realizzazione di un edificio che si sviluppa su tre piani, di cui uno fuori terra e due parzialmente interrati. Il piano superiore fuori terra, denominato “piano Obi”, avrà una superficie complessiva di circa 318 mq e ospiterà gli spazi principali e di servizio della funzione Osservazione Breve Intensiva, con alcuni punti di comunicazione con l’attuale Dea. Le cure, ricerche e studi portati avanti dall’Ospedale Pediatrico superano pure i confini italiani. Tra gli obiettivi strategici per il triennio 2009-2011, sempre più rilevanza rivestono le missioni internazionali (più di 40 i Paesi in cui i professionisti dell’Ospedale sono andati a prestare soccorso) e le partnership paritetiche con strutture all’avanguardia nel panorama sanitario mondiale (Mayo Clinic di Rochester-New York, Kinderspital di Monaco di Baviera e i Children’s Hospital di Miami, Houston e Boston). (A.V.)

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venerdì, maggio 15, 2009

Assisisi: incontro di 80 Missionari sul tema della difesa del creato

La Creazione ‘vista’ dai missionari e l’importanza della tutela dell’ambiente come nuova frontiera di ‘missione’ per gli Istituti: sono questi due dei principali temi di dibattito del seminario che si concluderà domani ad Assisi e al quale partecipano circa 240 missionari di 82 Istituti e Congregazioni religiose internazionali.

Agenzia Misna - Il seminario – dal tema “La Creazione nel cuore della missione” – pone al centro dell’attenzione dei partecipanti il futuro del pianeta.Dopo aver aperto il seminario con una relazione sulla “storia dell’universo” (una sintesi dell’evoluzione dell’universo dal Big Bang, 14.7 miliardi di anni fa, fino ai nostri giorni), il missionario irlandese della società di san Colombano Séan McDonagh ha presentato un quadro sulla drammatica rapidità con la quale la società moderna sta consumando e distruggendo risorse formatesi sul pianeta nel corso di milioni di anni. Secondo il missionario colombano abbiamo a disposizione solo una quindicina di anni di opportunità per impostare un nuovo stile di vita che potrebbe prevenire cambiamenti distruttivi che non potranno mai più essere corretti. Proprio per questo, hanno sottolineato i partecipanti, la storia della creazione e la salvaguardia dell’ambiente dovrebbero essere sempre più al centro della missione della Chiesa. Un tema affrontato anche da padre Denis Edwards, dell’Università di Flinders in Australia, che nel suo intervento, intitolato 'Ecologia e Gesù Cristo, la conversione ecologica', ha sollecitato i suoi ascoltatori a "una conversione ecologia che è più profonda della ritualità della creazione”. Il seminario è organizzato da Sedos (Servizio di Documentazione e Studi sulla Missione) e dalla Commissione Giustizia, Pace e Integrità del Creato dell’Unione dei Superiori Generali di religiosi e religiose (USG/UISG).

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venerdì, maggio 15, 2009

Spagna: via libera a nuova legge sull'aborto

Le nuove misure prevedono la possibilità di abortire per le donne che abbiano compiuto 16 anni di età fino alla 14.ma settimana di gravidanza

Radio Vaticana - Il governo spagnolo ha dato il via libera al progetto di legge sull'aborto. Il disegno di legge, che in ogni caso non sarà sottoposto all’approvazione del Parlamento prima dell’estate, prevede anche di autorizzare la vendita della “pillola del giorno dopo” senza bisogno di una ricetta medica. I vescovi spagnoli e le associazioni pro vita hanno subito espresso la loro contrarietà. Le nuove misure prevedono la possibilità di abortire per le donne che abbiano compiuto 16 anni di età fino alla 14.ma settimana di gravidanza. In caso di approvazione del disegno di legge, l’aborto sarà inoltre possibile fino alla 22.ma settimana se verrà accertato un grave rischio per la salute della madre o per malformazioni del feto. La Chiesa cattolica spagnola ha subito promosso varie iniziative contro questo progetto di legge: in questi giorni, in particolare, è stata organizzata una campagna informativa nella quale si sottolinea che “i bambini non nati rimarranno indifesi” mentre animali come la lince iberica sono protetti dalla legge. “La cosa peggiore – ha affermato Alicia Latorre, presidente della Federazione spagnola delle Associazioni in favore della vita – è che si parla dell’aborto come di un diritto”. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere – ha aggiunto – per fermare questa legge”. Secondo un sondaggio realizzato dalla società Sigma 2, la legge è respinta da una chiara maggioranza di cittadini. Effettivamente il 43,1% delle donne sono contrarie alla legge. Complessivamente, il 40,5% della popolazione respinge il progetto. Un’altra decisione controversa, presa nei giorni scorsi dal governo spagnolo, è quella di autorizzare la vendita in farmacia della “pillola del giorno dopo” anche a minorenni e senza obbligo di ricetta. A questa decisione sono subito seguite le reazioni della Chiesa e dei movimenti in difesa della vita. L’associazione “Diritto a vivere” ha sottolineato che l’istituzione dell’aborto “libero” costituisce “un’aberrazione medica e umanitaria” che consente alle minorenni di abortire “senza che i genitori siano informati”. La segreteria generale della Conferenza Episcopale Spagnola, per indicazione espressa del Comitato Esecutivo, riunito ieri, ha di nuovo richiamato gli orientamenti che l’episcopato ha reso pubblici dal 1998 al 2001. Il 18 giugno 1998 è stato pubblicato il documento “L’aborto con la pillola è anche un crimine”, dove si sottolinea che l’aborto chimico è tanto immorale come quello “chirurgico” perché si tratta dell'eliminazione di un essere umano innocente. Mesi dopo, nell’ottobre di quello stesso anno, la Commissione Permanente ha poi pubblicato una nota intitolata “Con la pillola si uccide”. Nel dicembre dell’anno 2000, la sottocommissione per la Famiglia e Difesa della Vita della Conferenza Episcopale Spagnola ha pubblicato una nuova Nota su “La pillola del giorno dopo” definita “autentica tecnica abortiva”. Il 27 aprile 2001 un’altra nota dell'Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale spagnola: “La pillola del giorno dopo, nuova minaccia contro la vita”. (A cura di Amedeo Lomonaco) - ascolta.

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venerdì, maggio 15, 2009

Greenaccord: gestione del tempo e difesa dell'ambiente

L'appuntamento di quest’anno affronterà la delicata questione della crescente incapacità di gestire il tempo, che caratterizza buona parte delle società avanzate attuali, e il suo rapporto con le minacce all’ambiente

Agenzia Misna - "Il tempo del Creato e il tempo dell'uomo": questo il titolo dell'appuntamento, aperto a tutti gli operatori della comunicazione e dell'informazione, che si terrà a Pistoia dal 26 al 28 Giugno per la sesta edizione del Forum dell'Informazione Cattolica per la Salvaguardia del Creato organizzato dall’associazione ‘Greenaccord’. Presentato oggi dal vescovo di Pistoia monsignor Mansueto Bianchi e dal presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, l’appuntamento di quest’anno affronterà la delicata questione della crescente incapacità di gestire il tempo, che caratterizza buona parte delle società avanzate attuali, e il suo rapporto con le minacce all’ambiente. La scelta di affrontare la questione del tempo, ha detto oggi monsignor Bianchi, “sposta il tema dell'ecologia dalle cose alla persona, dai rapporti esterni ai criteri interiori, mentali e spirituali (…) In questo senso la riflessione ecologica si radicalizza e si intensifica nella dimensione personale, fino a toccare i gesti ed i momenti costitutivi per una "ecologia dello spirito" o meglio per ricostruire un'armonia di rapporti tra la persona, il Signore, gli altri, gli eventi, le cose”. Grazie all’aiuto di esperti saranno approfonditi i temi del 'Chronos' e del 'Kairòs', il tempo logico e sequenziale ed il tempo qualitativo, affinché (spiegano gli organizzatori) “riflettendo su questi temi culturali e teologici, si possa riscoprire il senso profondo del vivere in modo responsabile e sostenibile”. Tra le novità di quest’anno spicca poi il conferimento, per la prima volta, del premio “Sentinella del Creato”, che verrà assegnato a operatori del mondo dell'informazione che si sono particolarmente distinti nella trattazione di temi inerenti la difesa dell’Ambiente e la Salvaguardia del Creato.

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venerdì, maggio 15, 2009

Il Papa e la tristezza del muro

Nell’ultimo giorno del suo pellegrinaggio in Terra Santa, Benedetto XVI lancia un appello a porre fine alle violenze e costituire due Stati liberi e sicuri. E chiede ancora che il muro venga abbattuto. Al Santo Sepolcro la speranza che non delude che viene dalla tomba vuota. Il richiamo all’unità dei cristiani.

Gerusalemme (AsiaNews) – Con un accorato appello a porre fine a 60 anni di conflitti e alle sofferenze che essi hanno provocato e provocano a israeliani e palestinesi, dando vita ai due Stati, Benedetto XVI ha concluso il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Non è mancato nemmeno un accenno al “triste” muro che divide i due popoli, per il quale il pontefice ha detto di pregare ogni giorno, insieme ai cristiani perché tale muro sia reso inutile dalla costruzione della pace. Un appello alla pace che, nella mattinata, ha trovato la sua espressione più profonda nelle visita al Santo Sepolco, dove ha parlato della “speranza che non delude” offerta dalla tomba vuota di Gesù. “Il Vangelo – ha sottolineato - ci dice che Dio può far nuove tutte le cose, che la storia non necessariamente si ripete, che le memorie possono essere purificate, che gli amari frutti della recriminazione e dell’ostilità possono essere superati, e che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna, per l’intera famiglia umana, ed in maniera speciale per il popolo che vive in questa terra, così cara al cuore del Salvatore”.

Il viaggio del Papa aveva numerosi obiettivi, non secondario quello di portare avanti il dialogo con le altre confessioni cristiane. A tale scopo sono state dedicate le visite compiute al Patriarcato greco-ortodosso, che è proprio accanto al Santo Sepolcro e all’antica chiesa patriarcale armena di San Giacomo.

In entrambi gli incontri, Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza che la Chiesa cattolica attribuisce al dialogo e i progressi che esso ha compiuto. “Questo dialogo, sostenuto dalla preghiera – ha sottolineato nella visita agli armeni - ha fatto progressi nel superare il fardello di malintesi passati ed offre molte promesse per il futuro”. “Stando in questo santo luogo, a fianco della Chiesa del Santo Sepolcro – aveva detto poco prima al Patriarca greco-ortodosso - che segna il posto dove il nostro crocifisso Signore risorse dai morti per l’intera umanità, e vicino al Cenacolo, dove nel giorno di Pentecoste “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1), chi potrebbe non sentirsi sospinto a porre la pienezza della buona volontà, della sana dottrina e del desiderio spirituale nel nostro impegno ecumenico?”

“È perciò imperativo – ha aggiunto - che i Capi cristiani e le loro comunità rechino una testimonianza vigorosa a quanto proclama la nostra fede: la Parola eterna, che entrò nello spazio e nel tempo in questa terra, Gesù di Nazareth, che camminò su queste strade, chiama mediante le sue parole e i suoi atti persone di ogni età alla sua vita di verità e d’amore”.

E appare motivato proprio da verità e affetto l’appello che il Papa ha rivolto, al momento del congedo, quando al presidente Shimon Peres ha detto: “mi permetta di ricordare che sono venuto qui come amico degli Israeliani, così come sono amico del popolo Palestinese. Gli amici amano passare il tempo nella compagnia l'uno dell'altro e trovano doloroso vedere la sofferenza l'uno dell'altro. Nessun amico degli israeliani e dei palestinesi può fare a meno di piangere per la sofferenza e la perdita di vite che entrambi i popoli hanno sopportato negli ultimi sei decenni. Mi permetta di fare questo appello a tutte le persone di queste terre: Mai più spargimento di sangue! Mai più combattimenti! Mai più terrorismo! Mai più guerre! Al contrario, facciamo in modo di spezzare il circolo vizioso della violenza. Facciamo in modo che vi sia una pace durevole basata sulla giustizia, che vi sia autentica riconciliazione e risanamento sociale. Venga universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il popolo Palestinese ha il diritto ad una patria indipendente e sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. Fate in modo che la soluzione dei due-stati divenga una realtà, non rimanga un sogno. Facciamo in modo che la pace si diffonda da questa terra, che essa sia "luce delle nazioni" (Is 42,6), così da portare speranza alle molte altre regioni che sono colpite da conflitti”.

L'ultimo pensiero è rivolto alla dolorosa presenza del muro: "Una delle immagini più tristi per me durante la mia visita in questi paesi - ha detto il papa - è stato il muro. Mentre vi passavo accanto ho pregato per un futuro in cui i popoli della Terra Santa possano vivere insieme nella pace e nell’armonia senza il bisogno di questi strumenti di sicurezza e di separazione, ma piuttosto rispettandosi e avendo fiducia l’uno nell’altro, rinunciando a tutte le forme di violenza e di aggressione. Signor presidente, so quanto è duro arrivare a questo scopo. So quanto è difficile è il suo compito e quello dell’Autorità Palestinese. Ma assicuro che la mia preghiera e le preghiere dei cattolici in tutto il mondo sono con voi, mentre continuate i vostri sforzi nel costruire una pace giusta e duratura in questa regione".
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venerdì, maggio 15, 2009

Il mondo delle piccole gioie quotidiane


di Monica Cardarelli

C’è un mondo a parte in ciascuno di noi e intorno a noi, come una sorta di involucro, di guscio protettivo dal mondo esterno. È il mondo delle piccole gioie, un ambiente prezioso e delicato, da custodire e difendere con tenerezza. Non sempre è evidente a noi stessi e agli altri, ma c’è, sussiste. Per crescere però, ha bisogno di attenzioni e di essere coltivato.
C’è bisogno di tempo, per ogni cosa, anche per coltivare quella parte di sé invisibile agli occhi della ragione. Tempo e pazienza. Saper aspettare per veder crescere, maturare questo ‘cuore’ interno ad ogni esser umano, avendo cura anche di spolverarlo di tanto in tanto da tutte le membrane che rischiano di avvolgerlo: razionalità, cinismo, rancore, superficialità.
Si tratta di quella ‘zona di luce’ pura e ancora incontaminata che alcuni poeti hanno chiamato lo spirito di fanciullezza, il fanciullino pascoliano o l’esprit d’enfance di Georges Bernanos che porterà il protagonista de ‘Diario di un curato di campagna’ ad affermare in punto di morte “Che cosa importa? Tutto è grazia.”
Sensazioni ed emozioni semplici che ti accendono lo sguardo, che ti fanno accapponare la pelle, che ti tolgono il respiro, che ti fanno piangere senza volerlo, di gioia.
Quelle sensazioni che non puoi controllare, che ti assalgono e fuoriescono da te all’improvviso, che sono quella parte di te che non pensa prima di parlare, che non riflette prima di abbracciare, che dona mentre accoglie, senza chiedere, gratuitamente.
È un ambiente delicato perché indifeso. È un luogo in cui non ci si riconosce perché ancora non ci si conosce pienamente e proprio per questo rappresenta una scoperta continua per noi stessi e per gli altri.
È un momento lungo tutto una vita in cui non siamo noi a pensare, ma se ci appoggiamo l’orecchio riusciamo a percepire suoni, rumori, odori.
Riusciamo cioè a sentire quello che impulsivamente il nostro corpo ci rimanda come flashback.
È là che si annidano le sensazioni delle piccole gioie quotidiane.
Il ricordo di te bambino in una grande piazza; le sensazioni di serenità e semplicità di quei momenti; i giochi condivisi con i primi amici e il gusto dell’amicizia semplice; il sapore delle lacrime quando piangi di gioia; il rumore della pioggia sul vetro delle finestre e quello del ciocco che brucia nel caminetto d’inverno; il ricordo della sensazione piacevole che torna al palato quando si assapora un cibo che ci rievoca qualcosa, come le ‘madeleines’ di Proust da cui proviene tutto un universo di ricordi, di sensazioni.
“La felicità è fragile. Tu non sei un equilibrista e avanzi passo dopo passo. Non sai niente dei tuoi giorni, sei in bilico sul filo, non vedi lontano. Se guardi in basso hai le vertigini, non guardare. Tu cammini un po’ più in alto, ma la felicità è difficile. Rischi ad ogni passo, avanzi docilmente. Ad ogni rischio la felicità è là. Tu avanzi verso di te; la fine del filo non esiste.”
Così inizia il libro “Le bonheur” (La felicità) di Philippe Delerm, con questa descrizione di felicità prima di proseguire raccontando con tratto leggero i piccoli piaceri della vita, le piccole gioie quotidiane.
È vero, la felicità è fragile, è difficile da mantenere, vacilla ad ogni passo. Ma la cosa interessante è che l’uomo avanza ‘verso di sé’ perché la felicità non è qualcosa di esterno da raggiungere ma risiede in noi. La felicità è in noi stessi o meglio, siamo noi con tutto il nostro essere che possiamo percepirla. Noi possiamo percepire le piccole gioie quotidiane.
È proprio in quell’angolo delicato e prezioso che risiede la capacità di ‘sentire’ e apprezzare le piccole gioie e la felicità. Perché se la felicità è difficile da mantenere costante, è anche vero che sono le piccole gioie quotidiane che aiutano a mantenere vigile l’attenzione e la tensione verso la felicità. La gioia è preparatoria allo stato di felicità.
“Le gioie semplici sono le più belle. Sono quelle che alla fine sono le più grandi.” Sono le parole della Preghiera Semplice che San Francesco scrisse nella chiesa di San Damiano.
La semplicità di cuore, ecco la ricetta per poter apprezzare le piccole gioie della vita. Ecco il modo per alimentare e coltivare il mondo delle piccole gioie quotidiane, così tenero e delicato che ci permette di essere sensibili a ciò che siamo, alla vita.
La semplicità di un sorriso, lo sguardo di un bambino. Piccole gioie quotidiane.

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venerdì, maggio 15, 2009

In Grecia il conclave dei potenti

E' iniziato ieri in Grecia, in un'esclusiva località balneare alle porte di Atene, l'annuale conclave dell'élite politico-economia-militare occidentale riunita nel Bilderberg Group: il più potente e riservato organo decisionale del pianeta che dal 1954 si riunisce ogni anno a porte chiuse per concertare le linee guida a cui tutti i governi, le banche centrali e gli organismi internazionali devono poi attenersi. I lavori si concluderanno domenica.

PeaceReporter - 130 tra capi di Stato e di governo, ministri economici, banchieri centrali, economisti, amministratori delegati delle principali multinazionali, responsabili delle agenzie d'intelligence e direttori dei grandi netowrk televisivi ed editoriali di Europa e Nord America sono arrivati nel lussuoso di Vouliagmeni, una ventina di chilometri a sud di Atene, in un susseguirsi di limousine blindate con vetri oscurati. Giornalisti e curiosi sono tenuti a debita distanza dalla polizia greca e da guardie private e agenti servizi segreti di diversi Paesi. Non sono previste conferenze stampa o comunicati ufficiali per sapere gli argomenti in discussione (solo nel 2006 gli organizzatori diramarono un documento in cui si rendeva noto che si sarebbe parlato di guerra al terrorismo, fonti energetiche, finanza e immigrazione). Ma quest'anno lo scrittore russo Daniel Estulin (che da anni indaga e pubblica libri sul Bilderberg Group) ha dichiarato di essere riuscito a ottenere per vie traverse una copia dell'ordine del giorno dei lavori del summit greco, che sarebbe: "Il futuro dell'economia Usa e del dollaro; La disoccupazione Usa: soluzioni e previsioni; Depressione o stagnazione prolungata?; La ratifica del Trattato di Lisbona".
Massimo riserbo anche sui partecipanti. Secondo le informazioni raccolte dal quotidiano londinese Times, è certa la presenza del presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, del segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, del direttore della Banca Centrale Europea, Claude Trichet, e di quello della Banca Centrale Tedesca, Jo Ackermann.

Una classe dirigente globale. Per avere un'idea degli altri partecipanti bisogna rifarsi alle foto ‘rubate' dai teleobiettivi dei paparazzi ai precedenti incontri, alle informazioni trapelate in passato su singoli partecipazioni e soprattutto all'unica lista resa pubblica dal Bilderberg Group nel 2006. Il risultato è un elenco che comprende sempre: i vertici dell'amministrazione Usa (in passato in passato Henry Kissinger, Donald Rumsfeld, Richard Perle, Paul Wolfowitz), il grande banchiere David Rockefeller, i dirigenti della Federal Reserve, di Credit Suisse e della Rothschild Europe (il vice presidente Franco Bernabè), delle compagnie petrolifere Shell, Bp e Eni (Paolo Scaroni), della Coca Cola, della Philips, della Unilever, di Time Warner, di AoL, della Tyssen-Krupp, della Fiat (il vicepresidente John Elkann), rappresentanti della Nato, dell'Onu, della Banca Mondiale e della Ue, i direttori e corrispondenti del Times di Londra, del Wall Street Journal, del Financial Times, dell'International Herald Tribune, di Le Figarò, del Globe and Mail, del Die Zeit, economisti (tra cui Giulio Tremonti e Mario Monti) e molti ministri dei governi occidentali (Tommaso Padoa-Schioppa). Altri partecipanti italiani a precedenti meeting del Bilderberg sono stati Giovanni e Umberto Agnelli, Emma Bonino, Rodolfo De Benedetti, Ferruccio De Bortoli, Mario Draghi, Paolo Fresco, Corrado Passera, Marco Tronchetti Provera, Alessandro Profumo, Gianni Riotta, Carlo Rossella, Renato Ruggero, Domenico Siniscalco, Walter Veltroni, Ignazio Visco e altri ancora.
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