mercoledì, maggio 27, 2009

La passione per il calcio e l’entrata nella FIFA Cup

Essere appassionati di calcio e giocare nelle strade e nelle scuole del Sud Africa, ha permesso a 4 ragazzi dei Villaggi SOS locali di diventare “ball boys” per la prossima FIFA Confederation's Cup.

S.O.S. Villaggi dei bambini - Fra meno di un mese il mondo intero potrà finalmente assistere alla prossima FIFA Confederations Cup che si terrà in Sud Africa. Questo importante avvenimento sportivo è visto dagli organizzatori come una prova generale per vedere se il paese sarà in grado di gestire positivamente i tornei per la Coppa del Mondo di calcio nel 2010. Mentre gli appassionati di calcio di tutto il mondo saranno impegnati a guardare le partite negli stadi o dalle loro comode poltrone, 4 ragazzi dei Villaggi SOS potranno vivere queste emozione direttamente nel campo da gioco.


Due ragazzi del Villaggio SOS di Rustenburg e due ragazzi del Villaggio SOS di Port Elizabeth sono stati scelti per fare i raccattapalle durante le partite della FIFA Confederations Cup, che inizierà il prossimo giugno 2009.

Ipeleng (di 16 anni) e Simphiwe (di 15 anni) faranno parte della squadra a bordo campo durante la partita fra il Bafana Bafana (Sud Africa) e l'Iraq. I ragazzi prenderanno parte ad un allenamento ufficiale di formazione prima della partita inaugurale della Confederations Cup.

Simphiwe racconta: "Sono tanto felice di essere stato scelto come una raccattapalle! Non è una cosa da tutti i giorni riuscire a vedere da vicino degli sportivi di questo livello e vedere la partita da bordo campo è un po’ come partecipare direttamente all’azione. Cercherò di scoprire quali sono i loro segreti di gioco e diventerò più consapevole sulle mie capacità.. chissà, forse un gioco anche io potrò giocare nel torneo FIFA!”.

"Simphiwe è davvero una buona scelta per fare da “ball boy” ha dichiarato Kerileng Mushi, direttore del Villaggio SOS di Rustenburg. "E un leader nato ed è il tipo di ragazzo che farebbe di tutto per aiutare come può."

Durante il primo periodo in cui era al Villaggio SOS, Ipeleng era il ragazzo più grande che viveva presso la struttura. Il ragazzo ha presto sentito il dovere di essere un modello di ruolo per i bambini più piccoli e cerca sempre di mettere pace quando qualcuno litiga. Ipeleng è felice di essere stato scelto: "Mi sento privilegiato di questa opportunità, mi sembra di essere un po’ come una celebrità a stare assieme a giocatori famosi che ho sempre visto solo dalla televisione! Potrò imparare qualcosa di nuovo sul mondo del calcio ed incontrare altri appassionati di questo sport."

Sinethemba e Monde (entrambi di 14 anni) arrivano dal Villaggio SOS di Port Elizabeth ed oltre a diventare raccattapalle, sono stati anche scelti assieme ad altri 14 bambini del Sud Africa per partecipare agli eventi della Confederations Cup.

"Ho un po’ paura" ha detto Sinethemba. "ma spero di incontrare il mio eroe Lucas Radebe!" Sinethemba e Monde giocano nella squadra under-15 della Upcoming Stars Soccer Team del paese. Sinethemba è un difensore molto dotato e Monde gioca in posizione di attaccante. "Non vedo l'ora di incontrare tutte le stelle del calcio Sudafricano e sopratutto Pitso Mosimane (ex calciatore del Sud Africa e attualmente allenatore)” ha detto Monde parlando della sua selezione.

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martedì, maggio 26, 2009

Un gioco da ragazzi

Armi illegali e armi legali. Le prime si combattono, le seconde si fatturano. Il risultato: 140mila morti all'anno nella sola America latina

PeaceReporter - Far entrare armi illegalmente in America Latina? Un gioco da ragazzi. Almeno a quanto rivelano i due processi ai più potenti trafficanti d'armamenti del mondo: il russo Viktor Bout, il mercante di morte, catturato in Thailandia e ora in attesa di estradizione in Usa, e il siriano Monser al Kassar, condannato a trent'anni a New York. La porta privilegiata per il continente: il Nicaragua. Acquirenti particolari: le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, ma non solo.

Nicaragua e dintorni. Secondo la Dea, Agenzia antidorgra statunitense, sia Bout che Al Kassar stavano tentando di vendere dei lanciamissili portatili terra-aria russi Sam alle Farc. La via individuata per riuscirci: Romania o Bulgaria, quindi il paese centroamericano, da dove sarebbero decollati mezzi aerei che avrebbero paracadutato le armi direttamente nella selva colombiana, in braccio alla guerriglia. "Certo non ci sono prove che il governo di Daniel Ortega sia complice, ma senza dubbio il paese ha enormi lacune illegali che facilitano il traffico illegale", ha dichiarato allo spagnolo El Pais Roberto Orozco, esperto nicaraguense di Studi strategici e politiche pubbliche. "Non dimentichiamo, comunque, che Ortega ha dato riparo ai narcoterroristi delle Farc", ha quindi replicato il direttore della Fondazione filo-uribista Sicurezza e Democrazia di Bogotà.
Un attacco al Nicaragua in piena regola, rafforzato dalle fonti della Difesa Usa: "I porti nicaraguensi sono dei colabrodi per le armi", specialmente, secondo Orozco, il porto di Corinto, "l'unico che ha acque profonde e che è controllato da Esercito e polizia, che fanno finta di niente. Non ci sono statistiche affidabili sulla quantità di imbarcazioni che attraccano lì, ma sono sufficienti due o tre caricati bene per rifornire il mercato di migliaia di armi".

Armi-droga, connubio perfetto. Sono più di 80 milioni le armi illegali in America Latina. Lo stabilisce il Centro per l'informazione della Difesa di Washington. Chiunque può riuscire a comprare una pistola o un fucile. E per chi si impegna un po' di più, ecco che trova facilmente un bazzuca o un lanciamissili. E, valutando il tasso di omicidi della regione i conti son presto fatti: la Banca mondiale dichiara che sono 140mila all'anno i morti ammazzati, più del doppio della media mondiale. E se si guardano alcuni paesi i dati balzano alle stelle: la Colombia, a causa del conflitto interno, ha una media di 65 morti da arma da fuoco ogni centomila abitanti, seguita da 50 in Guatemala, 45 nel Salvador, 35 in Venezuela e 28 in Brasile. E va da sé che l'acquisto di armi illegali vada a braccetto con il narcotraffico.
I centri di smistamento, una volta che le armi sono arrivati perlopiù, appunto, dal Nicaragua, ma anche dal Guatemala, sono la Tripla frontiera tra Brasile, Argentina e Paraguay; il golfo colombiano di Urabà, al confine con Panamà; e il confine in piena regione amazzonica fra Perù, Colombia e Brasile. E, a quanto pare, nella maggior parte dei traffici illegali ci sono invisghiati poliziotti o militari, che ci ricavano lauti guadagni.
Ma molto spesso c'è uno scambio alla pari droga-armi. Una sorta di baratto, gestita dalla mafia internazionale: cocaina dalla Colombia, dal Perù e dalla Bolivia verso l'Europa, attraverso il Venezuela, l'Ecuador e il Brasile, e in cambio arrivano armi dal medesimo canale in senso contrario.
Un tema, quello del traffico di armi, legale e illegale, che preoccupa molto le amministrazioni europee, ma anche statunitensi. E' del 20 maggio, infatti, la notizia che alla Camera dei rappresentanti Usa è stata approvata una proposta di legge che, se promulgata, imporrà multe milionarie e fino a dieci anni di prigione per il delitto di traffico di armi verso il Messico. Perché, per quanto riguardano gli armamenti da e per gli Usa la porta messicana è logisticamente la preferita, sia clandestinamente che alla luce del sole. E infatti la nuova legge prevede non solo un controllo attento delle armi legali ma, anche, la nascita di una Forza speciale per prevenire il traffico di armi illegali nell'intero continente americano, che verrà guidata dai dipertimenti di Stato, della Sicurezza interna e della Giustizia.

Da e per il Messico. A scoperchiare il vaso di pandora e a far sì che il Parlamento Usa sia corso ai ripari, fu, circa un mese fa, l'ambasciatore messicano negli Stati Uniti, Arturo Sarukhán, il quale denunciò che il 90 percento delle armi utilizzate dai cartelli della droga messicani provengono dagli Usa. Una diretta conseguenza del fatto che la legge che regolava la vendita di armi di assalto e semiautomatiche è decaduta nel 2004, per la pressione, guarda caso, del Partito Repubblicano e di organizzazioni come l'Associazione nazioanel del Rifle. E se si pensa che, in Messico, soltanto tra il 2008 e il 2009, sono morti ammazzati per la violenza legata al narcotraffico almeno settemila persone, tutto è più chiaro. Come è chiara la caotica rivalità tra mercato legale e mercato illegale delle armi. Sì perché, a prima vista, questa battaglia, l'ennesima, contro il traffico di armi illegali potrebbe anche sembrare una buona notizia per chi sogna un mondo senza guerre, ma se si guarda un po' più attentamente la speranza inizia a sfumare. Perché, va bene il no all'illegalità, ma restano le armi vendute regolarmente, e sono tante. Questo mercato è stato e resta fra i più redditizi dell'economia globale. Quindi qualcosa resta stonato e il dubbio rimane: tanta veemenza nel combattere l'illegalità in questo campo non sarà dettata dal fatto che il traffico clandestino di armi fa troppa concorrenza al mercato di armi con tanto di fattura?

di Stella Spinelli


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martedì, maggio 26, 2009

Tibetani pronti a morire per difendere il "monte sacro"

Ser Ngol Lo è un luogo sacro per i tibetani, ma è ricco d’oro che le autorità cinesi vogliono estrarre. La popolazione è pronta anche a morire, per impedire gli scavi. Mobilitato l’esercito.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Centinaia di tibetani si confrontano da giorni con la polizia a Ser Ngol Lo, nel sottodistretto di Tsangshul del villaggio Lhara (contea di Markham, prefettura di Chamdo), per impedire gli scavi minerari di una montagna che per loro è sacra. Ser Ngol Lo significa in tibetano “Anno d’oro e d’argento”, qui si svolgono riti propiziatori contro la siccità. Ma le autorità cinesi ritengono esserci ricche miniere d’oro e altri metalli e la ditta Zhongkai Co. è stata autorizzata a fare scavi. Per impedirlo i tibetani hanno occupato la zona in modo pacifico. Le autorità hanno chiamato l’esercito. Secondo l’agenzia Radio Free Asia, il 24 maggio c’erano almeno 300 soldati.
La protesta è in atto da mesi, con i residenti che non cedono e le autorità che insistono per scavare la montagna. Fonti locali riferiscono che all’inizio di aprile è venuto Pema Thimley, vicepresidente del Partito comunista del Tibet, per convincere gli abitanti a consentire gli scavi. La situazione si è aggravata dal 16 maggio, quando è arrivata la polizia. Oltre 500 residenti hanno subito bloccato la strada che porta al sito minerario. Da allora ci stanno giorno e notte, mentre le forze cinesi si sono stabilite in una vicina scuola.

Un residente riferisce che soldati e ditta mineraria hanno minacciato di “aprirsi la strada con la forza”. Altri raccontano che l’esercito ha circondato i dimostranti, stendendo un cordone per isolarli dal villaggio e bloccando tutti i telefoni fissi e cellulari. Un altro abitante spiega che i buddisti tibetani “vogliono resistere anche a costo di sacrificare le loro vite per proteggere le colline sacre”. (continua a leggere)

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martedì, maggio 26, 2009

Tiananmen 20 anni dopo

di Bernardo Cervellera

Roma (AsiaNews) - Il 2009 segna 20 anni dalle manifestazioni e sit-in di studenti, operai e contadini che per oltre un mese hanno occupato piazza Tiananmen nell’aprile - maggio 1989. Il movimento non violento chiedeva “più democrazia e meno corruzione” al Partito comunista che, avendo intrapreso alcune modernizzazioni economiche, resisteva ad attuare le riforme politiche. Per settimane giovani da tutta la Cina hanno sostato nella piazza più grande del mondo, sostenuti dalla popolazione di Pechino e attendendo un’apertura e il dialogo con la leadership. Il 26 aprile il Partito, con un furioso editoriale sul Quotidiano del popolo, ha bollato il loro movimento come “contro-rivoluzionario”, mirante a rovesciare il sistema comunista, e per questo doveva essere dissolto. La notte fra il 3 e il 4 giugno di 20 anni fa, l’esercito “per la liberazione del Popolo” è intervenuto coi carri armati a “liberare” la piazza occupata da studenti e operai indifesi.Secondo organizzazioni internazionali (Croce Rossa e Amnesty International) oltre 2600 persone sono state uccise quella notte nella piazza e nelle vie adiacenti. Almeno 20 mila persone sono state arrestate nei giorni seguenti, mettendo fine al “sogno della democrazia”.

Personalità del Partito che avevano resistito all’ordine del massacro, sono state arrestate ed esautorate. Fra essi vi è Zhao Ziyang, all’epoca segretario generale del Partito e Bao Tong, suo collaboratore. Zhao ha vissuto agli arresti domiciliari per tutto il resto della vita, fino alla sua morte, il 17 gennaio del 2005.

Bao, dopo aver passato 7 anni in prigione, vive ancora oggi agli arresti domiciliari, col telefono controllato.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato (in inglese e in cinese) un libro con le memorie di Zhao Ziyang, dal titolo “Prigioniero di Stato”. In esso - grazie a registrazioni segrete avvenute nella casa di Zhao ed elaborate all’estero - emergono alcune verità sul massacro di Tiananmen, sulle responsabilità del leader Deng Xiaoping, che nella sua “paranoia” temeva una rivoluzione giovanile; sulle responsabilità dell’ex premier Li Peng, che ordinò il massacro e sull’acquiescenza dell’allora sindaco della capitale Chen Xitong, che permise l’arrivo dei carri armati sulla piazza. Entrambi hanno appoggiato Deng solo per mire di carriera e di potere.

Da allora, il Partito ha cercato di cancellare la memoria del massacro, giustificandolo talvolta come “il male minore”, il prezzo pagato per garantire la “stabilità” e raggiungere lo sviluppo economico che ne è seguito.

Ogni anno, all’arrivo del 4 giugno, il silenzio sul massacro è di norma, i dissidenti vengono messi agli arresti e i controlli vengono aumentati. Ma ogni anno, soprattutto i genitori che hanno avuto i figli falcidiati dall’esercito, domandano al Partito di conoscere la verità sul bagno di sangue, su chi ha dato l’ordine, sul perché. Raccolti in un’associazione chiamata “Madri di Tiananmen” essi esigono che il Partito cambi la definizione di “controrivoluzionari” data ai loro figli defunti, per chiamarli invece “eroi” e “patrioti” perché, essi dicono, stavano lavorando per il bene del popolo cinese.

L’avvenimento del 4 Giugno segna uno spartiacque nella vita della Cina e del mondo. Per aiutare i giovani di tutto il mondo – anche i cinesi - a conoscere cosa è il “massacro di Tiananmen”, senza farsi manipolare dalle invenzioni del potere, AsiaNews presenta una serie di testimonianze offerte dai protagonisti di quei giorni. La memoria del passato serve a non ripetere gli errori nel futuro. Purtroppo la Cina sembra dirigersi in modi molto pericolosi verso una ripetizione amplificata di quel massacro. Questa volta le vittime sono operai, contadini, studenti, lavoratori migranti che a centinaia di milioni non godono del benessere creato dall’attuale sviluppo economico, segnato – proprio come 20 anni fa – dalla corruzione dei membri del Partito e dalla mancanza di democrazia e di dialogo.
In una verifica del cammino di questi 20 anni, vale la pena anche mettere in luce il legame fra movimento democratico e libertà religiosa. Nei primi anni dopo l’89, il braccio di ferro fra i dissidenti e il Partito è rimasto troppe volte a livello di rivendicazione economica o di particolare libertà individuale. Ma ormai in Cina si diffonde sempre più una cultura che mette al centro la persona e i suoi diritti inalienabili, valorizzando il potere dello Stato, ma non la sua dittatura autoritaria. Per questo salto è stato importante per alcuni dissidenti proprio l’esilio all’estero, il contatto con comunità cristiane occidentali, o la ricerca religiosa all’interno della Cina. Personalità come Gao Zhisheng, Han Dongfang, Hu Jia hanno scoperto la fede cristiana come la base del valore assoluto della persona, come la forza della loro dissidenza e della difesa dei diritti umani. Questo innesto fra impegno civile e libertà religiosa è uno dei frutti che fa più sperare per il presente e il futuro della Cina.

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martedì, maggio 26, 2009

Clima e multinazionali, tra vertici e greenwashing

Al World Business Summit on Climate Change di Copenhagen grandi corporation e rappresentanti Onu si sono riuniti in vista dell'accordo di dicembre. Ma coinvolgere i lobbisti nei negoziati per alcuni rischia di essere un cavallo di troia ed ecco che al summit arrivano i premi "greenwashing". Sul podio anche Shell.

Qualenergia.it - Arruolare nella lotta al global warming chi avrebbe più interesse a boicottare qualsiasi misura anti-emissioni . O almeno negoziare apertamente con i giganti economici per evitare posizioni ostruzioniste sull’accordo sul clima per il post-Kyoto. A Copenhagen, in questi giorni, i vertici di 500 tra le più grandi aziende del pianeta si sono incontrati con i rappresentanti delle Nazioni Unite che stanno lavorando per l’accordo che si discuterà a dicembre.

Un incontro importante, quello del World Business Summit on Climate Change, che sulle pagine dei giornali è arrivato soprattutto con le dichiarazioni di intenti verdi di qualche grande multinazionale e con gli appelli lanciati in questa occasione dal segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e da Al Gore. Ma il fatto che l’agenda dell’azione contro il cambiamento climatico venga discussa con chi ha più interesse a intralciarla ha suscitato anche dubbi e timori di un “dirottamento” del dibattito.

“Dobbiamo farlo quest’anno. Non l’anno prossimo – ha ammonito Gore all’incontro riferendosi all’accordo mondiale – perché la lancetta sta camminando e Madre Natura non fa operazioni di salvataggio a posteriori”. Ancora più diretto il messaggio di Ban Ki-moon, solo poche aziende, ha sottolineato, stanno facendo della lotta al global warming una priorità, mentre la maggior parte o stanno a guardare o difendono lo status quo: “Per quelli di voi che stanno direttamente o indirettamente facendo azione di lobbying contro la lotta al cambiamento climatico, ho un messaggio chiaro: le vostre idee sono superate e il vostro tempo sta per scadere.”

Dal fronte industriale, invece, sono arrivate prese di posizioni differenti e spesso ambigue. I dirigenti di alcune delle più grandi compagnie mondiali, come riporta il Wall Street Journal, starebbero spingendo affinché a dicembre si raggiunga un accordo forte, che garantirebbe la chiarezza e la stabilità necessaria per investimenti a lungo termine: un campo da gioco comune con regole certe e uguali per tutti. Da altri invece torna il solito allarme per gli effetti negativi che le misure anti-emissioni potrebbero avere sulla ripresa economica: un argomento portato avanti in primo luogo dalla Camera di Commercio Usa, dalla quale si sono però smarcate aziende importanti come Nike e Johnson & Johnson.

Ma quanto deve essere coinvolto il mondo economico nelle decisioni da prendere per fermare il riscaldamento globale? Il rischio di far sedere al tavolo dei negoziati i giganti del capitale è che l’agenda venga distorta, privilegiando non le misure più efficaci, ma quelle che farebbero loro un danno minore. Come la cattura della CO2, sulla quale le grandi compagnie delle fonti fossili stanno puntando molto e che sta ricevendo molti finanziamenti e attenzioni politiche, pur essendo una tecnologia ancora in fase embrionale e di dubbia applicabilità su larga scala. L’unica certezza sulla CCS per ora infatti è che non potrà essere messa in pratica in misura rilevante per il 2012 quando entrerà in vigore il nuovo accordo che si stabilirà a Copenhagen (per diffusione su larga scala forse bisognerà attendere almeno fino al 2020). E proprio il fatto di dipingere la CCS come soluzione risolutiva, continuando nel frattempo pratiche insostenibili come lo sfruttamento delle sabbie bituminose, è valso a Shell il secondo posto ai Greenwash Climate Awards 2009, assegnanti proprio in occasioni del vertice.

Tutte le prime sei posizioni di questa disonorevole classifica, stilata da associazioni come Corporate Europe Observatory, ATTAC, e Friends of the Earth, sono occupate da grandi aziende che hanno partecipato attivamente al summit. La “vincitrice” è stata la compagnia petrolifera di stato svedese Vettenfell, per la sua prosecuzione del business as usual , mentre, ridipintasi di verde, ha creato un gruppo di lobbying apposito, Combat Climate Change, per promuovere tecnologie “climate friendly”, leggasi cattura della CO2 e nucleare. Seguono, dopo Shell, Dong, Arcelor Mittal, BP e Repsol.

Una menzione speciale infine è andata al Governo Danese che ha organizzato il World Business Summit on Climate Change “per aver fornito ai lobbisti un accesso diretto e privilegiato ai negoziatori prima degli UN Climate Change talks di dicembre”. Sul vertice, infatti, la visione delle ONG che hanno promosso i Greenwash Climate Awards è netta: “I lobbisti delle multinazionali hanno tentato fin dall’inizio di influenzare i negoziati Onu sul clima - spiega Kenneth Haar ricercatore di Corporate Europe Observatory - ma ora sono stati invitati a definire l’agenda ancora prima che ci si sieda ai tavoli delle trattative. Se le loro richieste fossero ascoltate potremmo anche fermarci qui con la lotta al cambiamento climatico.”

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martedì, maggio 26, 2009

Aperto ad Assisi il Capitolo generale dei Frati minori

Ieri mattina ad Assisi sono iniziati i lavori del 187.mo Capitolo generale dei Frati Minori. Si tratta di un'assemblea dei responsabili delle entità (Province e Custodie) in cui è suddiviso l'Ordine in tutto il mondo.

Terrasanta.net - I padri capitolari che vi prendono parte sono 155. I lavori si svolgono a pochi passi dalla basilica di Santa Maria degli Angeli, che racchiude il piccolo santuario della Porziuncola, chiesetta particolarmente cara a san Francesco d'Assisi e ai suoi primi compagni. Il Capitolo generale, autorità suprema, viene convocato ogni sei anni con il compito di verificare e programmare la vita dell'Ordine ed eleggere il ministro generale e il suo consiglio. L'elezione del nuovo ministro è prevista per giovedì 4 giugno sotto la presidenza del delegato pontificio, il cardinale José Saraiva Martins, appositamente nominato da Benedetto XVI.Il ministro generale uscente, padre José Rodriguez Carballo potrebbe anche essere rieletto per altri sei anni. Con poco meno di 15 mila religiosi, l'Ordine dei Frati minori è presente in 110 Paesi del mondo ed è organizzato in 103 Province, 8 Custodie Autonome, 14 Custodie dipendenti, 20 Fondazioni, 1 Federazione.

Le Province e le Custodie autonome sono governate rispettivamente dal Ministro provinciale e dal suo Definitorio, dal Custode e dal suo Consiglio, eletti nel Capitolo provinciale o custodiale. Le Province di una o più aree geografiche formano una Conferenza. Nell'Ordine le conferenze di ministri provinciali sono 14. Oltre al proprio ministro provinciale alcune entità con un elevato numero di frati inviano al Capitolo generale anche un secondo delegato.

Ogni Provincia è composta da diverse comunità o fraternità, ciascuna delle quali dimora in un convento e svolge le attività stabilite dal Capitolo provinciale e dal ministro provinciale. Ogni comunità è animata dal proprio guardiano (l'Ordine dei frati minori non ricorre al termine «superiore»).
Tra i padri capitolari presenti ad Assisi vi è anche il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa.

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martedì, maggio 26, 2009

In Abruzzo la Croce della GMG

Radio Vaticana - Il Centro Giovanile Internazione San Lorenzo, custode dal 1984 della Croce consegnata ai giovani del mondo da Giovanni Paolo II, ha annunciato che in via del tutto eccezionale la Croce visiterà i luoghi dell’Abruzzo colpiti dal terremoto “per esprimere – riferisce l’agenzia Sir - in maniera speciale la presenza di Gesù tra coloro che cercano una speranza nuova”. Dal 1984 la Croce ha toccato i luoghi della sofferenza, come Ground Zero, senza fermarsi mai. A partire dal 1996 esiste però una copia fedele del crocefisso che ha sostituto l’originale, lasciata stabilmente nel Centro San Lorenzo perché rovinata. Saranno proprio dodici giovani volontari provenienti dal Centro San Lorenzo, dall’Emmanuel School of Mission, dalla diocesi di Roma Centro e dal Pontificio Consiglio per i Laici a consegnare la Croce ai giovani de L’Aquila, sabato 30 maggio, dando il via al pellegrinaggio nelle aree colpite dal sisma.

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martedì, maggio 26, 2009

L'ONU condanna la Corea del Nord per i nuovi test nucleari

La comunità internazionale ha reagito con decisione al test nucleare nord coreano, con la condanna unanime da parte dei membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. I quindici Stati membri convocati d’urgenza hanno infatti deciso di preparare una risoluzione che comporterà nuove sanzioni per il governo di Pyongyang.

Agenzia Misna - Il governo di Pyongyang ha collaudato oggi due missili a corto raggio, all’indomani di un nuovo test nucleare sotterraneo che ha sollevato le critiche della comunità internazionale. Secondo fonti dell’agenzia sudcoreana ‘Yonaph’, i missili di oggi sarebbero stati lanciati lungo costa orientale, nei pressi della località di Hamhung. Al termine di una riunione urgente ieri sera il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato con forza quella che ha definito “una chiara violazione della risoluzione 1718”, annunciando di aver “cominciato a lavorare immediatamente su una nuova risoluzione”, come ha riferito alla stampa l’ambasciatore russo Vitaly Churkin; il presidente americano Barack Obama ha giudicato il test di ieri “una grave minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali”, mentre la sua ambasciatrice all’Onu, Susan Rice, ha invocato “misure forti” nei confronti di Pyongyang. Condanne si sono levate anche dal Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki-moon e dall’Asem (Asia-Europe Meeting) che vede riuniti in questi giorni ad Hanoi i ministri degli Esteri di Asia e Unione Europea, oltre che da Russia e Giappone.

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martedì, maggio 26, 2009

G8 Energia. Solar Revolution Now!

Roma (GreenPeace) — Siamo riusciti a portare il nostro messaggio al G8 Energia. Davanti l'Hotel Excelsior dove il meeting è in corso, un gruppo di attivisti manifesta con quindici specchi che proiettano la luce riflessa del sole. In uno specchio più grande è scritto "Solar Revolution Now".



Proprio in occasione del G8 Energia lanciamo il rapporto economico e scientifico “Global CSP Outlook 2009” che analizza la nuova frontiera dell’energia rinnovabile: il “solare a concentrazione (CSP)”. Il solare a concentrazione - noto anche come solare termodinamico - produce calore ed elettricità usando centinaia di specchi per concentrare i raggi del sole a temperature comprese tipicamente tra 400°C e 1000°C.

Le centrali a concentrazione possono fornire energia sicura su scala industriale per tutto il giorno ricorrendo a tecnologie di stoccaggio del calore. L’intensa attività di ricerca e sviluppo degli ultimi 15 anni ha permesso il decollo della tecnologia che negli ultimi anni si è sviluppata rapidamente.

I maggiori progetti in via di realizzazione sono in California e Spagna, che prevede di raggiungere 10 GW di potenza entro il 2017, una cifra molto elevata. Secondo le stime del nostro rapporto – redatto insieme a Estella (European Solar Thermal Electricity Association) e Solar Paces - il solare a concentrazione potrà soddisfare, nello scenario più favorevole, il sette per cento dei consumi mondiali di elettricità al 2030 e un quarto al 2050.

Secondo lo scenario di sviluppo moderato, il solare a concentrazione potrà creare oltre 200 mila posti di lavoro entro il 2020 nelle regioni esposte a maggiore radiazione solare. Il dato aumenta a oltre 1,1 milioni al 2050. Entro la stessa data questa tecnologia permetterà di risparmiare circa 2,1 miliardi di tonnellate di CO2 annue, pari a circa quattro volte le emissioni attuali dell’Italia.

Il costo dell’energia elettrica prodotta da centrali solari a concentrazione è in diminuzione. Mentre i costi di generazione della fonti rinnovabili continueranno a essere sempre più competitivi, il prezzo delle fonti fossili, invece, continuerà ad aumentare, sia a causa dell’esaurimento delle risorse che del costo crescente delle emissioni di CO2.

Abbiamo bisogno di nuove tecnologie pulite per tagliare la nostra dipendenza dai combustibili fossili e salvare il clima. Puntare su carbone e nucleare - come sta facendo il governo Berlusconi - è una strategia ‘killer del clima’ che rischia di far perdere all’Italia un’importante occasione di sviluppo economico.

Crediamo che per sviluppare il più rapidamente possibile tutte le fonti rinnovabili a disposizione occorra:
- introdurre incentivi in “conto energia”;
- fissare obiettivi vincolanti per lo sviluppo delle rinnovabili;
- promuovere la diffusione delle nuove tecnologie nei Paesi in via di sviluppo, e in particolare nelle aree desertiche del Nord Africa, Medio Oriente e Nord America.

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martedì, maggio 26, 2009

Non è cosa nostra

Manifestazione a Catania in ricordo di Falcone e delle vittime delle mafie

LiberaInformazione - “Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi”. Così, sulle note dei Modena city ramblers, i ragazzi della scuola media “Cavour” hanno dato inizio ieri sera a Catania alla commemorazione della strage di Capaci, organizzata dal circolo Città Insieme, dall' Asaae (Associazione Antiracket Antiusura Etnea), da Addio Pizzo e da Libera. "Sono passati diciassette anni dall'assassinio del giudice Falcone -commenta padre Salvatore Resca, presidente dell'associazione Città Insieme- ed ogni anno ci ritroviamo tutti qui. La prima volta, proprio la sera della strage, ricordo che ci radunammo spontaneamente, strabiliati da quanto era successo. Stasera ci saranno parole, immagini, suoni, messi insieme dai giovani di Città insieme e delle altre associazioni, con il contributo della scuola media “Cavour” e del Liceo Artistico “Emilio Greco”. Abbiamo lavorato un mese intero per mettere in piedi questa serata e per non perdere “il vizio della memoria”. Un vizio che, speriamo, diventi costume, modo di agire e di pensare, affinché la mafia cominci ad avere paura di noi".

Un entusiasmo palpabile quello dei giovanissimi studenti, che hanno alternato canti, balli classici e moderni, brani letti e recitati sulle scale del tribunale, sotto lo sguardo della Nike, come una variegata compagnia teatrale che si esibisce sul più importante. "Io ed altri insegnanti -ci racconta Angela Arena, insegnante di Lettere della scuola media “Cavour”- abbiamo sempre partecipato alla commemorazione di Capaci.

Quest'anno abbiamo deciso però di coinvolgere i ragazzi, dedicando all'iniziativa di questa sera il laboratorio di musical e recital che teniamo ogni anno a scuola.

Abbiamo realizzato così uno spettacolo che gli studenti hanno voluto chiamare “Non è cosa nostra” e scene tratte da film. Un percorso che ha ovviamente come tema conduttore l'impegno contro la mafia e il desiderio di diventare per un giorno delle star.

Non come cantanti o ballerini, ma come cittadini che vogliono cambiare le cose. Perché ci crediamo e perché, per parafrasare Giorgia, vogliamo vivere davvero". "La scuola -spiega Giuliana studentessa della “Cavour”- ci ha senz'altro fornito l'occasione per approfondire le nostre conoscenze in merito al problema della mafia e a capire l'importanza determinante di persone come Falcone. La Sicilia non è solo mafia, ma molto altro e noi siamo qui stasera per provarlo".

A sfilare sull'insolito palco, per non dimenticare, i nomi di quanti, nella storia dell'antimafia, hanno posto una pietra miliare: oltre a Falcone e Borsellino, sono stati ricordati infatti Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto, Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Cesare Mori, Joe Petrosino, Pio La Torre.

Video e musica hanno fatto da sfondo all'entusiasmo dei giovani artisti. Un entusiasmo però condiviso, spiace constatare, da una fetta troppo esigua di coetanei catanesi. "Devo purtroppo dire -ammette Padre Resca- che Catania è una città addormentata. E quando ci si trova a partecipare a manifestazioni come questa, ci si rende conto che i giovani catanesi non rispondono. Amano la movida, amano i pub, ma la loro attenzione verso i problemi della nostra società è altalenante e tende a puntare più verso il basso che verso l'alto. Forse molti di loro credono che manifestare sia inutile. Ma che sia, contemporaneamente, indispensabile.

Solo esprimendo ciò che si pensa e facendolo capire agli altri, infatti, c'è qualche speranza di cambiare le cose. "Tuttavia -commenta Marilù Fazio di Libera Catania- l'impegno di Libera in Sicilia ci porta ad occuparci anche di informazione, in particolare nelle scuole medie, perché riteniamo che i giovani, se debitamente stimolati, rispondono sempre in maniera molto positiva.

Insomma, crediamo che una speranza per Catania e per la Sicilia ci sia e vada affidata proprio alle giovani generazioni". "È fondamentale però -precisa Grazia Zuccarello, portavoce di Green Peace- che le nuove generazioni non dimentichino quanto è accaduto e che imparino a combattere in prima persona la mafia, come prima di loro hanno fatto i giudici Falcone e Borsellino. Bisogna credere ed investire nell'educazione e nell'informazione delle nuove generazioni. Anche attraverso momenti ed iniziative come quella di stasera".

Ricchi di spunti di riflessione gli interventi delle associazioni che hanno partecipato alla manifestazione, ai quali è stata dedicata la parte conclusiva della serata. "Le riflessioni di stasera -ci spiega Anna Interdonato, per Addio Pizzo- tanto da parte nostra quanto delle altre associazioni, vertono sul rapporto fra mafia e Istituzioni.

Siamo convinti che ognuno di noi debba fare la propria parte verso la conquista della legalità, che sia cittadino o istituzione. Ognuno di noi deve pretendere che la legalità venga sempre applicata, dagli altri, ma anche da noi in prima persona".

Ma qual è il rapporto fra associazioni e Istituzioni? Quale il ruolo giocato da queste ultime a Catania nella lotta alla mafia e nella conquista della legalità.
Una posizione critica in proposito arriva dall'Asaae.

"Le aziende che riaprono dopo una denuncia -dichiara Gabriella Guerini, presidente dell'associazione antiracket- vanno incontro ad immense difficoltà: perché?

È solo paura da parte dei cittadini che, magari, reputano l'azienda “a rischio” e nel pericoloso mirino della mafia? Noi crediamo di no.

Crediamo che il problema stia invece nella mancanza di appoggio ed nel disinteresse da parte delle istituzioni.

Non dimentichiamo però che anche le istituzioni hanno bisogno di noi.

Non dimentichiamo che solo tutti insieme, possiamo diventare forti e, nel nome della legalità, possiamo vincere".

Riflessioni che rimangono, tuttavia, prive di un interlocutore, almeno nell'immediato. In quanto, sotto quella scalinata, delle istituzioni locali non c'è traccia. Al cospetto della Nike, nessuna autorità, nessun referente politico.

Un'assenza che rende ancora più pregnante l'intervento di Libera, affidato alle parole di don Primo Mazzolari, lette da Giuseppe Strazzulla:

"Ci impegniamo noi e non gli altri. Senza accusare chi non s'impegna, senza disimpegnarci perché c'è chi ci ignora.
Ci impegniamo per dare un senso alla vita.

Non ci interessa passare alla storia, ma lasciare qualcosa a chi verrà dopo di noi."

E compiere ancora cinque, dieci, cento passi verso la giustizia e la legalità.
... (continua)
martedì, maggio 26, 2009

Padre Marcello della Vergine del Carmelo

... e la presenza di Maria nella sua vita

del nostro redattore Carlo Mafera

Un anno prima della sua morte, Padre Marcello scriveva “ave Maria in coelum Asumpta. Offro la mia morte per la gloria del Padre, per la consolazione di Gesù, per il diletto della mia Madre Immacolata”. Scriveva anche che era stata la “piccola via” di Santa Teresa di Gesù Bambino ad insegnargli l’atteggiamento da tenere davanti a Dio-Amore che si dona in Cristo Gesù. Si tratta di una completa auto donazione del bambino che dà tutto se stesso con fiducia. Ma il modello più compiuto Padre Marcello lo trova in Maria ed è, per mezzo di Lei che l’amore trinitario lo afferra e gli fa sperimentare la stessa vita d’amore. Nel suo diario afferma “nella mia vita spirituale non poteva esserci alcun posto per il mio “Io”. Esso fu definitivamente annientato perché interamente dato a Dio... Senza di me non potete fare nulla così pure senza la Madre. Per questo l’Uomo-Dio ci ha lasciato come testamento sulla croce “ecco tua madre”. ….è dunque possibile essere autodidatti? L’ideale dell’uomo cristiano può essere soltanto questo : solo la Vergine Madre mi educa” (dalla scheda scritta da padre Marcello il 15 agosto 1965). E ancora si può ben constatare come questo scritto steso poco tempo prima di morire, trovava riscontro con quanto padre Marcello provava già nei primi anni della sua vita in cui egli aveva ricevuto in dono gratuitamente la dolce presenza di Maria. Ecco cosa dice: “Sono nel settanttottesimo anno. Ebbene. Cosa seguirà?.....cercavo la felicità in tutto. Non l’ho trovata neanche nell’ideale femminile….non c’era da nessuna parte. Poi l’ho trovata. Essendo ancora molto giovane mi sono innamorato di Lei. Fu un amore celeste. L’ho abbandonata. Ma l’ho cercata fino a quando l’ho ritrovata. Da allora sono molto felice. Chi è il mio amore? L’Immacolata…sono diventato di nuovo bambino…Lei è il segreto della mia felicità”.

Quindi egli afferma che da piccolo senza cercarla l’ebbe in dono. Ma questa felicità però non durò e infatti, dopo averla trovato, la perse per poi ritrovarla in età adulta. Ma le circostanze in cui padre Marcello riprende il suo cammino affianco alla Madonna, sono molto più difficili. Infatti da 15 anni vive fuori dal proprio convento a causa della persecuzione religiosa ed alloggia in un piccolo ripostiglio dietro la chiesa carmelitana di Budapest. Egli soffre di gravi infermità ed è incapace di provvedere a se stesso. Deve dipendere ed essere accudito. Ma la cosa che lo fa più soffrire è soprattutto l’incomprensione dei confratelli che non l’accettano e non lo stimano. E’ veramente una condizione penosissima ma in tutto questo Padre Marcello vive certamente la rassegnazione e la serenità ma più ancora la felicità, quella del bambino che si sente amato o del giovane sposo che condivide l’amore con la propria amata. Se si esamina la sua vita alla luce della fede, si può ravvisare che ci si trova di fronte all’incarnazione concreta dello spirito delle beatitudini. Infatti padre Marcello fu sedotto dalla Bellezza dell’Amore (Cristo) riflessa sulla Vergine Immacolata. Accogliendola nella sua vita anch’egli assorbe via via quelle che sono le caratteristiche del Regno di Dio. Rinascendo nello Spirito, riscopre quella infanzia spirituale tipica del bambino evangelico.

Esaminando la sua vita nel mondo (per la cronaca egli si chiamava Boldizsar Marton ) si può notare che dal 1887 al 1925 aveva già una profonda sensibilità per la bellezza e una grande sete per la vera felicità. Già da bambino era attirato dalla bellezza della natura e infatti egli ricorda un giorno in cui ebbe la gioia di poter godere della visione del lago Balaton. “ Alla sera al chiaro di luna, correvo in riva al Balaton e per ore e ore godevo la scia bellissima e splendente che la luna, questo prezioso corpo celeste, tracciava sullo specchio dell’acqua. Stendevo le braccia e abbracciavo quella bellezza. Sentivo che anche quella bellezza mi amava ed io le appartenevo” (dal libro scritto da padre Marcello “il Bell’Amore”).

Dal 1901 al 1905, padre Marcello ebbe un primo incontro con la Vergine Maria. Infatti un suo parente sacerdote lo portò in ritiro a Nagyszombat dove egli incontrò l’amore di Dio nella eucaristia. In questa egli ebbe la consapevolezza che la Bellezza di Dio si rifletteva nella Madre sua e che il pane eucaristico appagava tutti i suoi desideri. Fu coinvolto così dal Bell’Amore e infatti affermò “ Mi sono lasciato amare, mi sono lasciato guidare . Ero un bambino, un vero bambino. Non mi prefiggevo nessuno scopo, solo mi consegnavo, mi abbandonavo al Bell’Amore. “ Questo periodo fu quello più incisivo per la formazione di tutta la sua vita. Infatti all’età di 63 anni egli ricordava quanto, a quel tempo, non ne fosse consapevole ma semplicemente ne godeva.

Purtroppo ci fu un’interruzione in questa vita d’amore. Il futuro padre Marcello, si iscrisse alla università di Budapest e l’ambizione divenne più forte della fede. Il giovane studente universitario prese infatti coscienza dei suoi talenti, si immerse nella cultura e cercò esperienze sempre nuove cominciando a viaggiare per tutta l’Europa soprattutto in Francia, in Germania e in Italia. Ma la sua sete di bellezza fu fortunatamente incanalata verso l’ammirazione della natura e delle opere d’arte evitando di identificarsi con la mentalità di questo mondo. Divenne così professore di letteratura, di latino e di greco. Ma per ben sedici anni non frequentò più la chiesa e quindi neanche i sacramenti della confessione e della comunione. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale offrendosi volontario al posto di un padre di famiglia. Quando ritornò dalla guerra scrisse un romanzo “Su tombe mussulmane” dove tra le altre vicende raccontò l’amore per una ragazza mussulmana di cui si era talmente innamorato da volerla portare con sé. Ma tale progetto fu tragicamente interrotto dalla morte della ragazza uccisa dai suoi familiari per la colpa che lei aveva avuto per un “infedele”.
Sembrava che le delusioni lo travolgessero ma la Madre del Bell’Amore continuò ad essergli fedele e padre Marcello scoprirà la presenza di Maria nella sua vita convertendosi gradualmente attraverso la delicata pedagogia della Madonna che si manifestò attraverso vari avvenimenti. Ci fu una grande trasformazione in lui, soprattutto con la lettura di “Storia di un’anima” di S. Teresa del Bambino Gesù. L’infanzia spirituale di cui parlava la piccola Teresa lo coinvolse non poco e poi sentiva che “Qualcuno” lo guidava, lo prendeva per mano e avvertiva di non essere più padrone di se stesso. Lo colpì una partecipazione alla Passione di Cristo dove, nel vedere Gesù deriso e umiliato, esclamò che la scena non era rimasta solo nella sua memoria ma soprattutto nella sua anima e nel suo cuore. Successivamente un’attrazione forte a ritirarsi per essere con Dio solo e diceva: “ Volevo rimanere in incognito nel silenzio, nel deserto perché Dio potesse parlare al mio cuore”. Così accettò una proposta di fare un ritiro nel convento di Modling dove per 40 giorni potè comprendere fino in fondo che solo Dio basta e dove, purificandosi ulteriormente, realizzò che la celeste sapienza della povertà di spirito diventasse la sua stessa vita. Così ritrovò il Bell’Amore che aveva sperimentato nella sua giovinezza e scoprì che “dobbiamo lasciare che Gesù viva in noi a qualunque prezzo. A costo del nostro Io “. Comprese in questo ritiro che era chiamato a vivere la vita del Bell’Amore sotto il manto della Vergine del Carmelo e all’età di 38 anni lasciò tutto per entrare definitivamente proprio nel Carmelo. Dopo la sua ordinazione venne nominato maestro dei novizi e in questo ruolo si espresse meravigliosamente come padre, madre, fratello, direttore spirituale, insegnante nei confronti dei suoi allievi. Ma scoprì anche le esigenze forti del Bell’Amore e la grande difficoltà di identificarsi al modello di Gesù dovendo patire le prove delle incomprensioni e delle calunnie. Fu prolifico di insegnamenti per la vita spirituale ma fu criticato dai suoi confratelli perché giudicato troppo esagerato, troppo pieno di devozione, soprattutto per quel che riguarda il raccoglimento e la pratica della presenza di Maria . Argomento quest’ultimo molto caro allo scrivente che ha potuto constatare la difficoltà da parte della maggior parte dei Cristiani a comprendere pienamente questo concetto, non credendo quindi nella Sua presenza viva e reale in mezzo a noi. Solo alcuni santi hanno avuto in dono questa percezione. Uno dei tanti è stato don Bosco che prima di morire diceva agli astanti “la Madonna è qui … è proprio qui” ma purtroppo non fu capito. Per padre Marcello ci fu una piccola “persecuzione” che fu però un boomerang per i suoi confratelli che rivelarono così un animo insensibile e poco praticante. Ci fu poi un’altra croce e cioè la diffamazione circa una sua presunta sifilide anche se gli esami prescritti dai superiori erano risultati negativi. Volevano persino privarlo dell’insegnamento ma il Padre Generale lo difese e lo confermò nel suo incarico. Padre Marcello, in questa circostanza, non si lasciò sfuggire neppure una lamentela e trattava tutti con amore. Di questa vicenda emerse qualcosa solo dal racconto di alcuni testimoni dopo la sua morte e dalla sua autobiografia solo alcuni versi che alludono alle sue sofferenze morali. Ma attraverso questa durissima prova Padre Marcello provò una delicatissima unione a Cristo e a sua madre. Padre Marcello divenne poi famoso in Ungheria sia come predicatore e sia come confessore diventando spirituale di varie autorità ecclesiastiche. Il suo padre provinciale nel 1950 gli diede un mese di vacanza perché scrivesse la storia della sua vita rispondendo principalmente alla domanda di fondo e cioè quale influsso avesse avuto la Vergine Maria nella sua anima. Così egli potè meglio riscoprire se stesso volgendo indietro il suo sguardo nella sua giovinezza. Comprese scrivendo il libro “Il Bell’ Amore” con quale amore meraviglioso e con quale sollecitudine materna era stato guidato dalla Vergine Maria. Nel suo libro si può notare il suo grande ringraziamento e la sua lode alla Madonna e soprattutto il suo personale Magnificat rivolto all’amore trinitario che ha fatto grandi cose in Maria e per mezzo di Lei anche a padre Marcella. Egli scrive infatti “ Tutto è opera meravigliosa del tuo amore : grandi cose hai fatto per me, mia Regina, mia madre, mia sposa, per te elevo il mio canto …….”

Si preparavano tempi duri per la chiesa perché la dittatura comunista avrebbe chiuso di lì a poco tempo i conventi e i monasteri. Ma padre Marcello confida nella presenza amorosa di Maria per la quale trova la fiducia che nulla potrà ostacolare la stesura della della sua autobiografia. La soppressione degli ordini religiosi nel 1950 lo costrinse a lasciare il convento ma la sua speranza era irremovibile e, da qualche testimonianza raccolta, si vedeva che egli mostrava una sicurezza e una certezza del tutto incomprensibile alla maggior parte dei religiosi. Fece persino un voto d’amore oramai convinto che nulla poteva separarlo dall’amore di Dio.
Padre Marcello dovette adattarsi a vivere in famiglia condividendo la stanza e dovendo praticare una povertà ancora più stretta di quella del convento. Non poteva predicare né celebrare messa (che però fece nascostamente). Poteva solo confessare e molti religiosi si rivolgevano a lui portando così sollievo spirituale a tutti, persino al cardinale Mindszenty. Quest’ultimo, dopo i pochi giorni di speranza della rivoluzione ungherese nel 1956, dovette rifugiarsi nell’ Ambasciata degli Stati Uniti restandovi fino al 1951. Negli ultimi anni della sua vita poté abitare nelle vicinanze della chiesa carmelitana ma dovette accettare di occupare solo un piccolo ripostiglio non essendo stato accolto nell’appartamento dove si erano alloggiati i suoi confratelli !! Anche qui dovette offrire al Signore la mancata accoglienza e i forti disagi di un locale che minerà la sua salute e di ciò egli disse “ho offerto a Gesù la mia dolorosa nevralgia affinché io possa completare nel mio corpo quello che manca alle sofferenze di Cristo in favore del suo corpo : la Chiesa”. Nel 1962 fu sottoposto ad una delicata operazione alla prostata. Fu in pericolo di vita ma con un lungo trattamento , si riprese. Il suo animo non si esarcebò ma prese tutto come un dono e una grazia di Dio che lo aveva reso simile a Sé tanto che ebbe ad esclamare “ Sono diventato Gesù… oh annullamento meraviglioso, che bella rinascita meravigliosa! Davvero non avevo più bisogno di niente: ero interamente di Gesù” . Padre Marcello perse il dono dell’udito che si abbassò notevolmente infliggendogli umiliazioni ancora dai confratelli. Anche se malato non si sentiva inutile, anzi cercava di essere più ricettivo alle notizie esterne, senza concentrarsi verso il suo male. Assorbiva le novità che arrivavano da Roma. In particolare scriveva nel suo diario i discorsi papali, le intuizioni dei padri conciliari circa la riforma liturgica e la rivalutazione del ruolo dei laici all’interno della Chiesa. Si sentiva negli ultimi suoi anni sempre più coinvolto con il Bell’Amore e diceva “ MA io sono in Lui e Lui è in me. Come la spugna è nell’acqua e l’acqua è nella spugna. Sono anch’io nell’oceano dell’Amore”.

Soprattutto, avvicinandosi il giorno della sua morte, Padre Marcello percepiva sempre più la Presenza della Vergine Maria (concetto caro allo scrivente e per il quale anch’egli ha avuto l’incomprensione e l’allontanamento della persona amata). In un sogno percepì gli ochhi di Maria bambina e ciò gli si impresse profondamente e intensamente nella sua memoria. Non ho visto che gli occhi ma li ho visti proprio da vicino … era tanto espressiva che la Sua sollecitudine penetrò in me come una realtà impareggiabile. Pareva dirmi : Vedi io sono con te incessantemente, i miei occhi vigilano sempre su di te”.

Il 16 maggio 1966 Padre Marcello cadde e si ruppe il collo del femore e dopo il ricovero in ospedale, provando sofferenze indicibili, morì il 29 maggio all’alba della domenica di Pentecoste, la festa dell’Amore divino e i confratelli videro in questa coincidenza un segno inequivocabile che la Santissima Trinità lo aveva finalmente accolto nel suo seno.
... (continua)
lunedì, maggio 25, 2009

Abruzzo: emergenza caldo nelle tendopoli

Il post-terremoto in Abruzzo. Sono cominciati oggi i sopralluoghi disposti dalla Protezione civile per verificare l'agibilità degli edifici nella cosiddetta zona rossa dell'Aquila, l'area centrale e più colpita dal sisma del 6 aprile scorso.

Radio Vaticana - Intanto prosegue l’emergenza caldo nelle tendopoli, dove è appena stata completata l’installazione dei condizionatori. Il servizio di Linda Giannattasio (ascolta):
Sono centinaia le persone che questa mattina hanno raggiunto il centro storico de L’Aquila, finora interdetto all’accesso. Sono proprietari e residenti della zona che accompagnano la Protezione civile nelle ispezioni che verificheranno l’agibilità delle case più colpite dal terremoto. Intanto, in tutta la zona il caldo continua ad essere asfissiante ed è sempre più dura la vita nelle tendopoli, come spiega Giovanni Punzi, consigliere nazionale Unitalsi e coordinatore del campo di Piazza d’Armi a L’Aquila:


R. – L’Unitalsi in questo campo di Piazza d’Armi porta avanti il suo carisma: stare accanto alle persone in difficoltà, ai disabili e agli ammalati. Siamo affianco alle persone allettate, portiamo loro il pasto, le aiutiamo ad andare in bagno, le laviamo, e poi cerchiamo soprattutto di essere loro vicini. Il caldo di questi giorni chiaramente non facilita lo stare insieme. Tenga presente che nelle tende non ci sono spesso gli stessi nuclei familiari, ma ci sono più nuclei familiari, magari anche di etnia diversa o di nazionalità diversa, che prima magari non si conoscevano nemmeno. Abbiamo realizzato qui, in una piccola zona, uno spazio che si chiama sollievo alla solitudine, proprio perché la gente sa che qui c’è uno spazio dove potersi incontrare per poter chiacchierare, scambiare due parole.

D. – Quali sono le maggiori difficoltà in questo momento?

R. – Le difficoltà più grosse sono quelle di avere una prospettiva. Le persone hanno bisogno di tempi certi che in questo momento comunque non hanno; hanno bisogno di sapere quando lasceranno il campo per andare sia pure in alcuni prefabbricati di legno ..

Dal giorno del sisma nelle tendopoli è presente e forte l’appoggio dei sacerdoti che vivono le difficoltà di ogni giorno al fianco degli sfollati, come racconta un frate cappuccino del primo campo del capoluogo abruzzese:

R. – Le persone hanno una grande capacità di relazionarsi con noi. Il nostro compito è quello di stare vicini alla gente, vivere con loro la stessa situazione giornaliera, quindi nelle tende, stare con loro anche con il caldo, andiamo a lavarci insieme, mangiamo insieme … quindi, una vita quotidiana e poi da lì si parte per instaurare dei rapporti; soprattutto, ecco, ci si arricchisce vicendevolmente.


D. – Quanto è importante per queste persone un appoggio spirituale?


R. – Bè, è molto importante. Sentono la vicinanza; la certezza di questi fratelli che abbiamo incontrato qui è che loro si sentono aiutati attraverso la preghiera.

D. – Chi ha officiato la Messa parlava di “pellegrinaggio della ricostruzione” …

R. – Crediamo che la vita dell’uomo sia tutto un pellegrinaggio. Il cammino dell’uomo, nel cercare di ricostruire la sua bellissima identità davanti all’immagine stupenda del Signore: riuscire a fare questo, insieme, è la forza più grande che abbiamo. Da soli non si può …


... (continua)
lunedì, maggio 25, 2009

Tratta e traffico si esseri umani

Lo sfruttamento della disperazione e gli affari delle mafie transnazionali

Liberainformazione - Sono stati definiti criminali. E che invadono il nostro Paese, sottraendo lavoro agli italiani. Ma i “nuovi schiavi” che arrivano con i barconi, dopo un viaggio disumano, non sono che esseri umani che per riacquistare la propria libertà e dignità scappano dalla povertà e dai conflitti. E sono le vere vittime di un traffico illegale da cifre spaventose e gestito dalle organizzazioni criminali transnazionali. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono circa un milione gli esseri umani trafficati ogni anno nel mondo, di questi 500mila in Europa. L’Organizzazione internazionale del lavoro stima in12 milioni e 300mila le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo e sessuale. Tra queste, ogni anno, circa 800mila persone sono trasportate oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi. L’80 per cento delle vittime è costituito da donne e ragazze; in più del 50 per cento dei casi, minorenni. Tutti dati raccolti in una relazione dal titolo “La tratta di esseri umani e le sue implicazioni per la sicurezza della Repubblica” del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) presieduto da Francesco Rutelli e trasmessa già un mese fa alle presidenze delle Camere. La relazione è frutto di un lavoro iniziato nel luglio 2008 con audizioni di esperti di organismi nazionali e internazionali. Un fenomeno, quello della tratta di esseri umani, dai guadagni elevati. Secondo quanto rilevato dal ministero dell’Interno, un mercato illegale che rende alle organizzazioni criminali diversi miliardi di dollari l’anno, una cifra inferiore soltanto al traffico di stupefacenti e di armi. E con l’implicazione anche del nostro Paese. Dalla relazione si evince che l’Italia è meta e snodo delle rotte dei trafficanti. Tra lavoro nero, accattonaggio, prostituzione, caporalato sono decine di migliaia gli esseri umani vittime del fenomeno. Nel 2007 nel nostro Paese sono state 1.267 le denunce per riduzione in schiavitù, 108 quelle per acquisto di schiavi, 645 quelle per sfruttamento della prostituzione minorile, 278 quelle per tratta di persone. Per quel che riguarda il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (commesso non solo dagli autori del reato di tratta ma anche dai trafficanti di migranti), nel 2007 le persone denunciate ammontavano a 1.770, mentre nel 2008 sono state 2.183. Le vittime vengono acquistate o catturate in Bielorussia, Moldavia, Ucraina, nella regione balcanica, in Niger, Ciad, Somalia, Libia, Nigeria e nel mondo asiatico. Circa le rotte utilizzate, esse mutano in funzione dell’efficienza e della incisività delle attività di contrasto. In ogni caso, è possibile tracciare alcune rotte ricorrenti, per le quali esistono evidenze di analisi d’intelligence di un utilizzo da parte delle reti criminali transnazionali: è il caso dei flussi dall’Estremo Oriente, i quali seguono la via degli Urali, del Caucaso, fino alla Serbia per poi raggiungere l’Albania o l’Ungheria. Dall’Albania (o dal Montenegro) le vittime vengono trasferite via mare in Italia, mentre dall’Ungheria transitano per la Slovenia per poi raggiungere il nostro Paese. O ancora, della direttrice nigeriana, la quale si avvale di metodi apparentemente legali (visti temporanei), per via aerea o marittima. L’Egitto funge da Paese di transito per gli emigranti provenienti da diverse aree del pianeta. E tra le rotte egiziane, due di queste portano verso la Libia, attraverso rotte desertiche, che prevedono un trasferimento a Tripoli o Zuwarah per poi raggiungere l’Italia, o via mare su barche da pesca, per poi proseguire - partendo dalle città libiche di Bengasi, Bamba o Tobruk - per l’Italia o la Grecia, transitando per la Turchia o Malta. Le tariffe imposte individualmente dai gruppi criminali variano dai 2.000 ai 5.000 dollari. “All inclusive”. E che alimentano quotidianamente le casse della criminalità globalizzata.

... (continua)
lunedì, maggio 25, 2009

Due scuole a confronto per gli edifici di domani

Due diversi modi di progettare gli edifici che potranno diventare, su più vasta scala, elementi imprescindibili nelle abitazioni a basso consumo dei prossimi anni. Un parallelo delle idee e delle strategie di Thomas Herzog e Mario Cucinella presentate recentemente a Verona.

Qualenergia.it - Come saranno i futuri edifici in Europa? “Carbon Neutral”, così li definisce l’Unione Europea, riprendendo la iniziativa già avviata dal Regno Unito, dove a partire del 2016 tutti i nuovi edifici abitativi dovranno abbassare fortemente i consumi energetici e inoltre azzerare l’emissioni di CO2. A Verona, in occasione di Solarexpo, a discutere di questi argomenti sono stati chiamati, per il convegno internazionale “Nextbuilding”, alcuni tra i maggiori esperti di fama mondiale in materia, architetti che progettano e costruiscono edifici particolarmente attenti all’ambiente e all’uso dell’energia (articolo su Qualenergia.it). Tra questi Thomas Herzog e Mario Cucinella. Entrambi hanno espresso il loro comune impegno alla sostenibilità attraverso i loro progetti e dimostrato che intraprendendo strade diverse si può raggiungere lo stesso obiettivo.

Per l’architetto tedesco, infatti, la sostenibilità sta nel progettare edifici bioclimatici a basso consumo di energia, flessibili, organici, che utilizzano nuove tecnologie e materiali. Per lui è soprattutto necessaria una rigorosa verifica del progetto, non solo con modelli di simulazione termica e luminosa, ma anche presso laboratori di ricerca dotati da tunnel di vento, cieli artificiali e altri apparecchi ancora. Questa modo di procedere, caratteristico di Herzog, preside della Facoltà di Architettura di Monaco di Baviera dotato di laboratori di avanguardia e titolare dello studio Herzog and Partners, ha permesso di unire intorno ai suoi progetti ricercatori, produttori dei componenti e architetti. Un connubio che da anni dimostra di essere decisamente vincente.
La prova sta nell’esempio che ha presentato a Verona: la sede del fondo pensione degli edili tedeschi, il SOKA BAU. Un edificio di 70.000 mq con spazi di grande flessibilità (gli affittuari spesso cambiano e quindi anche l’organizzazione interna degli spazi), con sistema di climatizzazione a pavimento radiante per riscaldare e raffrescare, con impianti di cogenerazione a gas naturale e dotato anche di sistemi di ventilazione naturale. Particolare attenzione è stata data al controllo dell’illuminazione naturale e artificiale. Tanto che il fiore all’occhiello del progetto è un sistema di ombreggiamento altamente tecnologico, che si regola secondo il fabbisogno luminoso interno e assicura i livelli di comfort luminoso desiderati. Un sistema accuratamente testato dai laboratori austriaci della Bartenbach Lichtlabor e in specifici tunnel di vento. Previsto anche il recupero delle acque piovane per il riuso nei giardini: materiali naturali, di lunga durata senza rivestimenti o pitture per ridurre i costi di manutenzione.
Poi arrivano i numeri: per funzionare, l’intero edificio consuma solo 1/4 dell’energia della media tedesca, cioè intorno ai 90 kWh/mq anno. Insomma, si è dimostrato che un forte impegno progettuale e tecnologico può portare a grandi risparmi energetici a beneficio di tutti.

Un approccio decisamente diverso è quello presentato dall’architetto italiano Mario Cucinella. Il suo lavoro si indirizza soprattutto nella ricerca di soluzioni di tipo progettuali, più che tecnologiche. Anche qui vediamo simulazioni termiche, luminose e forme degli edifici che rispondono alle caratteristiche del clima locale. Le soluzioni sono molte e diverse tra di loro, spesso particolarmente suggestive.
Il primo esempio è la sede del centro di ricerca sulle tecnologie per energie rinnovabili a Ningbo, in Cina, dove l’architetto si ispira ad una lanterna cinese, con sistemi di ventilazione e illuminazione naturale e consumi energetici di circa 8 kWhel/mq anno per la sola climatizzazione con una pompa di calore geotermica. Il secondo è un edificio residenziale a Parigi, partecipante al concorso “Habiter ecologiche”, in cui Cucinella utilizza il legno come materiale strutturale e vetro per l’involucro, con sistemi di ventilazione naturale e sistemi fotovoltaico per la produzione di energia elettrica.

Altro progetto è la sede dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente di Ferrara con una interessante e semplice proposta, ma molto efficace: numerosi camini in legno consentono di illuminare e ventilare naturalmente gli spazi interni e caratterizzano fortemente la cosiddetta quinta facciata, cioè la copertura. Un sistema che riesce a ridurre notevolmente i consumi di climatizzazione estiva.
Poi c’è la nuova sede della 3M a Pioltello, comune della periferia milanese. Un lungo edificio per uffici di 5 piani, di 105 x 21 metri, che pare disgregarsi verso sud, arrivando ad un solo piano e lasciando spazio a numerose terrazze e cortili interni. Le facciate est, ovest e nord, completamente vetrate sono dotate da sistemi di opportuni sistemi ombreggiamento.

Particolare attenzione è stata posta alla casa 100K, a basso consumo energetico, di basso impatto ambientale, capace di generare la propria energia con sistemi fotovoltaici e miniaerogeneratori. Il costo? 1.000 euro a metro quadrato. L’involucro edilizio è costruito con pannelli di cemento alleggerito (ricerca avviata insieme alla Italcementi) che consentano flessibilità al progetto e basse dispersioni termiche. Una risposta che l’architetto ha voluto dare al “problema casa” e ai costi crescenti degli immobili.

Due architetti, due modi di affrontare il tema della sostenibilità, con soluzioni che dovranno essere prima o poi applicate in ogni futuro progetto architettonico. Due studi di architettura che si avvalgono quotidianamente di esperti provenienti dalle diverse aree: fisici, biologi, chimici, capaci di valutare i diversi impatti degli edifici sull’ambiente. Progetti realizzati dopo numerosi studi sul comfort termico e luminoso, sulle tecnologie a basso impatto ambientale, sulla durabilità e riciclabilità: tutti elementi chiavi di una progettazione sostenibile.


Patricia Ferro (Resp. "Formazione" Kyoto Club)

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lunedì, maggio 25, 2009

Giornata mondiale per l'Africa, messaggio di Ban Ki-Moon

Ban Ki-moon ha assicurato che continuerà “a sollecitare i governi mondiali a svolgere un’azione efficace e coordinata” e allo stesso modo “a dare pieno sostegno per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e al Nuovo partenariato per lo sviluppo africano”

Agenzia Misna - La Giornata Internazionale per l’Africa “ha lo scopo di mettere in evidenza i risultati raggiunti finora dal continente e offre, al tempo stesso, la possibilità di fare il punto sulle grandi sfide da portare avanti”: lo afferma nel suo messaggio in occasone di questa ricorenza, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon precisando che “dopo i risultati raggiunti negli ultimi anni in termini di crescita economica e stabilità, l’impatto della crisi globale si sta facendo sentire pesantemente. E’ nostro dovere proteggere la popolazione più povera e vulnerabile del continente. La comunità internazionale non deve tirarsi indietro dagli impegni presi”. Ban Ki-moon ha assicurato che continuerà “a sollecitare i governi mondiali a svolgere un’azione efficace e coordinata” e allo stesso modo “a dare pieno sostegno per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e al Nuovo partenariato per lo sviluppo africano”. Dopo aver ricordato la minaccia costituita dai cambiamenti climatici, “le cui conseguenze più gravi saranno risentite dai più poveri e bisognosi” il Segretario generale dell'Onu ha sottolineato l’importanza di raggiungere un accordo sull’emissione dei gas-serra inquinanti in occasione dell’incontro di Dicembre a Copenhagen. “Nel 2008 – ha concluso Ban Ki-moon – si è registrato un aumento e un consolidamento dei rapporti strategici tra Onu e Unione Africana; celebrando questa giornata, ribadisco l’impegno dell’intero sistema Onu a sostegno degli africani nel loro sforzo per costruire una pace durevole, sicurezza e sviluppo sostenibile”.



... (continua)
lunedì, maggio 25, 2009

La sfida della Corea del Nord

Test nucleare e missili a corto raggio

RadioVaticana - La Nord Corea ha concluso stamattina un imponente test nucleare sotterraneo e contemporaneamente il lancio di due missili a corto raggio. L’esperimento, che sfida apertamente il regime di sanzioni varato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dopo i test atomici falliti nel 2006, ha provocato un forte sisma di 4,5 gradi della scala Richter avvertito anche in Corea del Sud. Unanime la condanna internazionale che vede nei test nucleari di Pyongyang una concreta minaccia alla pace. Nel pomeriggio di oggi infatti è stata convocata una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dedicata alla questione nucleare norcoreana, in cui un ruolo di primo piano sarà giocato dalla Cina, membro permanente del Consiglio con diritto di veto. Sull’allarme internazionale provocato dal test di questa mattina Stefano Leszczynski ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente da Pechino del quotidiano La Stampa.

R. – E’ un elemento di minaccia certamente maggiore che il Nord Corea pone sul tavolo, molto più che altre volte.

D. - E’ stato molto duro e inusuale il commento del presidente americano nei confronti di questo nuovo esperimento e soprattutto in concomitanza con la riunione di urgenza del Consiglio di Sicurezza...

R. – C’è però un altro elemento importante e cruciale proprio per il Consiglio di Sicurezza, dove tra l’altro la Cina ha diritto di veto, e cioè il fatto che oggi la Cina popolare, Pechino, ha una possibilità di unirsi di più con Taiwan e in qualche modo abbandonare la Nord Corea. Questo potrebbe spingere la Cina ad avere una posizione più dura verso il Nord Corea.

D. – In sostanza, non fa il gioco di Pechino avere un elemento di disturbo così potente agli equilibri geopolitici in Asia?

R. – Assolutamente no e come anche nell’occasione del 2006, questi esperimenti nucleari del Nord Corea sono tarati esattamente contro Pechino. Nel 2006 era in occasione di un vertice con il Giappone, questa volta in occasione di un vertice pan cinese della grande Cina, tra comunisti e nazionalisti. Da questo si vede che il vero grande obiettivo strategico di Pyong Yang è Pechino, che in qualche modo è colpevole di avere tradito la grande alleanza, fratellanza con la Nord Corea.

D. – A breve si dovrebbe tornare a parlare anche di rinnovo del trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. Una nuova minaccia nucleare di questo tipo nel mondo può provocare un forte ripensamento sulla riduzione delle armi nucleari...

R. – Viste le necessità strategiche oggettive, la quantità di testate strategiche in giro per il mondo - almeno quelle americane, russe e così via - è assolutamente pletorica, eccessiva, per le esigenze teoriche di difesa. Certo è che il problema nord coreano non pone un problema di difesa nucleare, non è pensabile che la Nord Corea possa attaccare in maniera efficace la difesa missilistica americana. La vera minaccia strategica della Nord Corea non è la sua testata nucleare o i suoi missili, ma i circa ottomila cannoni che sono puntati su Seul. Un attacco a sorpresa americano potrebbe eliminare i siti nucleari, i siti missilistici, ma certamente non ce la farebbe ad eliminare tutti gli ottomila cannoni che sono puntati invece su questa metropoli di circa 10 milioni di abitanti.
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lunedì, maggio 25, 2009

Sotto controllo la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina

La Lettera del papa è oscurata. A causa di freni e divieti, le diocesi non hanno organizzato pellegrinaggi al santuario di Sheshan. Poca pubblicità anche nella diocesi di Shanghai. Nell’Hebei i cattolici senza messa perché i sacerdoti sono agli arresti. Sul sito vaticano, la Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi (in cinese) è ancora oscurata.

Roma (AsiaNews) – La Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina si è svolta in tono molto basso in molte diocesi della Cina Popolare. Nell’Hebei, a causa dello stretto controllo, i fedeli delle comunità sotterranee non hanno potuto nemmeno partecipare alla messa per la mancanza di sacerdoti. Con la Lettera ai cattolici cinesi del giugno 2007, Benedetto XVI aveva lanciato l’idea di una Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina, da tenersi il 24 maggio, festa di Maria Aiuto dei cristiani, che si venera nel santuario mariano di Sheshan, a poche decine di chilometri da Shanghai. L’intenzione del papa è che attraverso la preghiera cresca l’unità della Chiesa in Cina e il legame con il successore di Pietro. Il santuario di Sheshan, meta di pellegrinaggio da oltre un secolo, è un luogo adatto, perché ad esso vanno sia cattolici ufficiali che sotterranei. Ma da quando il pontefice ha istituito la Giornata di preghiera, per i cattolici andare a Sheshan è divenuto difficile. Quest’anno, come l’anno scorso, la polizia ha messo strette regole per il traffico per tutto il mese di maggio e le diocesi sono state sconsigliate di intraprendere pellegrinaggi a Sheshan. Quest’anno perfino la diocesi di Shanghai – l’unica a cui è permesso senza problemi - ha promosso il pellegrinaggio il 23 maggio, ma in tono molto minore, senza pubblicizzarlo. Negli anni precedenti, nel mese di maggio arrivavano fino a 20 mila pellegrini. A tutt’oggi ne sono arrivati solo poche migliaia.

Altre diocesi hanno preferito organizzare pellegrinaggi ai santuari mariani vicini. Fonti di AsiaNews riferiscono che nell’Hebei, la regione a più alta densità di cattolici, le comunità sotterranee non hanno potuto nemmeno celebrare la messa per la mancanza di sacerdoti. Ciò è dovuto a un controllo serrato in atto nella regione, che inibisce ogni raduno, e al fatto che almeno 10 sacerdoti sotterranei sono già in prigione per aver celebrato messe fuori dei luoghi registrati presso l’Ufficio affari religiosi.

Ieri il sito della Santa Sede ha varato il Compendio della Lettera del papa ai cattolici cinesi, che riprende i temi della Lettera in forma di domande e risposte, aiutandone la comprensione (cfr http://www.vatican.va/chinese/pdf/1Compendium_zh-s_en.pdf ) . Le pagine del Compendio sono pubblicate in inglese e in cinese, semplificato e tradizionale. Intanto però, ancora oggi il sito in cinese del Vaticano subisce oscuramenti e rimane impossibile leggere e scaricare nei computer la Lettera del papa in lingua cinese.
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lunedì, maggio 25, 2009

La potenza dei sogni, la forza della fede

di Monica Cardarelli

È incredibile come l’essere umano riesca, a volte, quando si trova in situazioni di difficoltà, a recuperare forza, energia e positività per riemergere. Come se improvvisamente eventi negativi o vissuti come tali diano lo stimolo di cercare dentro di sé qualcosa di nascosto, una forza che prima non pensavamo di avere. Il più delle volte si tende a cercare appigli al di fuori di noi. Subito dopo, però, ci si rende conto che tutto ciò non è utile, che sono solo dei palliativi e quello che può aiutarci dobbiamo e possiamo trovarlo dentro di noi. Solo allora si intraprende, se se ne ha il coraggio, un percorso che ci conduce e ci avvicina a noi stessi, mostrandoci le ‘parti’ nuove di noi che ancora non conoscevamo. Perché il cambiamento nell’essere umano è costante e continuo anche se a volte è indotto dalle circostanze.
“La mattina dopo Kostantin Levin partì da Mosca. (…) Si sentì ridiventare se stesso e non avrebbe voluto cambiarsi con un altro, ma soltanto avrebbe voluto migliorarsi.
Prima di tutto decise di abbandonare la speranza di una felicità straordinaria che doveva procurargli il matrimonio, e quindi non avrebbe più disprezzato il presente.”
Così Kostantin, un personaggio del romanzo “Anna Karenina” di Tolstoj affronta il suo rientro a Mosca dopo aver avuto il rifiuto alla sua proposta di matrimonio da parte di Kitty, la ragazza di cui era innamorato sin dall’infanzia.
Riappropriarsi di sé stesso, migliorare, apprezzare il presente. Sono tutte condizioni utili per l’uomo per cercare e recuperare quella forza necessaria per proseguire.
Ma una volta rientrato a casa che “era tutto il suo mondo”, “gli oggetti a lui noti vennero fuori uno a uno. (…) Quando vide tutte queste cose, per un momento gli venne un dubbio sulla possibilità di questa nuova vita della quale aveva sognato lungo il viaggio. Tutte queste tracce della sua vita passata lo riprendevano e pareva che gli dicessero: ‘No, tu non ci sfuggirai, non diventerai un altro ma resterai quello che sei, coi tuoi dubbi, con la tua eterna scontentezza, coi vani tentativi di migliorarti e le tue ricadute, con la perpetua attesa di una impossibile felicità’.
Ma questo gli dicevano le cose: intanto un’altra voce interiore gli diceva che non si deve sottoporsi al passato, e che si può fare tutto ciò che veramente si vuole.”
Il legame con il passato, con gli errori o i ricordi, con ciò che eravamo, ci lega e ci vincola nel raggiungimento di un cambiamento, nel migliorare.
A questo punto vengono in aiuto i sogni. Sogni, speranze che non possono essere disattese una volta scoperti.
La realizzazione di un sogno, altro non è che la possibilità di perseguire ciò che vogliamo. La potenza dei sogni, generalmente, dipende dalla chiarezza che si ha nel percepire la propria volontà. Maggiore è la consapevolezza di ciò che vogliamo e altrettanto grande sarà la potenza del sogno.
Sogno che non è inteso qui come una fantasia irrealizzabile quanto piuttosto una speranza.
Mi piace pensare che lo stesso Francesco abbia voluto seguire, inizialmente, un sogno, una speranza forte e insistente dentro di lui che a poco a poco è esplosa in modo così forte e fragoroso da non poterla trattenere.
Cercare di realizzare il sogno era per lui realizzare una volontà di vita, l’unica possibile. Non una volontà imposta da altri, ma un desiderio la cui realizzazione dà benessere.
Anche Chiara nella sua vita seguì il sogno che Dio aveva fatto su di lei, con la stessa passione e determinazione di Francesco e riuscì, affidandosi alla preghiera, a realizzare la volontà di Dio nel mondo, attraverso la sua vita.
Con umiltà percepì il proprio stato di ‘creatura’ fra le braccia di Dio e, sentendo tutta la finitezza umana, si abbandonò al Suo abbraccio materno e alla Sua tenerezza.
In comunione con Dio Chiara e Francesco hanno fatto della preghiera il momento costante di dialogo con Lui trovando, così, l’unica relazione che dava senso alla loro vita.

Nella vita di tutti i giorni, l’uomo non può che affidarsi a Dio e alla preghiera, cercando di percepire il sogno che Lui ha fatto su ognuno di noi per poterlo poi realizzare.
Ciò non è semplice ed è, come sempre, un percorso in cui la realizzazione del sogno ne rappresenta il punto di arrivo.
Nel frattempo, in questo cammino, dobbiamo cercare delle tappe intermedie di percorso, come delle soste che ci permettano di riposarci e ricaricarci per proseguire, consapevoli del cammino fatto e di quello che ancora dobbiamo percorrere.
“Egli sentì che non aveva rinunziato ai suoi sogni e che non poteva vivere senza di essi. Con lei o con un’altra, ma i suoi sogni si sarebbero avverati. (…) Sentiva che in fondo all’anima qualcosa prendeva consistenza e si fissava per sempre. (…) Ma d’ora in poi tutto andrà diversamente. Bisogna combattere!” pensava Kostantin che non perdeva la speranza nella realizzazione dei suoi sogni.
In ogni caso, non dobbiamo perdere le speranze di un mondo migliore e di un miglioramento personale, nonostante tutto. Dobbiamo continuare a credere alla realizzazione dei sogni, dei ‘nostri’ e di quello più grande che sovrasta tutto e tutti e ci contiene.
Possiamo, perciò, affermare con Olga, una delle protagoniste dell’opera “Tre sorelle” di Cechov: “La musica ha un ritmo così allegro, coraggioso, e dà una voglia di vivere! Dio mio! Un giorno ce ne andremo anche noi, per sempre, ci dimenticheranno, dimenticheranno i nostri volti, le nostre voci, quante eravamo, ma le nostre sofferenze si trasformeranno in gioia per quelli che vivranno dopo di noi, la felicità e la pace regneranno nel mondo, e loro ci ricorderanno con una buona parola, benediranno quelli che vivono oggi. Oh, sorelle care, non è finita, la nostra vita! Vivremo! La banda suona allegra, festosa, e sembra che da un momento all’altro sapremo perché viviamo, perché soffriamo…Oh! Poter sapere, poter sapere!”
Se vogliamo però, dalla potenza dei sogni, giungere alla forza della fede, non possiamo accontentarci.
Non possiamo fermarci ai ‘nostri’ sogni, dobbiamo essere consapevoli che sono dei palliativi, importanti ma temporanei perché solo l’incontro con la grazia di Dio ci permette di realizzare il Suo sogno su di noi.
Dobbiamo ancora proseguire, andare avanti perché, come afferma Louf in ‘Beata debolezza’: “Acconsentire alla grazia è anche quello che è offerto ogni giorno alla chiesa e a ciascuno di noi. (…) Infatti, per chi osa acconsentire alla grazia, la meraviglia si illumina e scoppia improvvisa e il miracolo è compiuto. Finché la grazia non si è manifestata ai nostri occhi o finché non riusciamo ad afferrarla là dove essa si offre, possiamo acconsentire provvisoriamente solo a noi stessi, alle nostre proprie forze, ai nostri progetti o a quelli degli altri. E lì, mentre siamo in attesa, abbiamo un alibi, senza dubbio onorevole e di cui Dio si accontenta provvisoriamente. Ma quando alla fine la grazia di Dio si rivelerà agli occhi del nostro cuore, tutto diventerà infinitamente più semplice. Perché la grazia semplifica tutto.”

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domenica, maggio 24, 2009

Benedetto XVI torna a Montecassino da Papa

L'ultima volta di Joseph Ratzinger a Montecassino fu per cinque giorni, nel febbraio del 2000.

L'osservatore Romano - L'occasione per il futuro Papa di maturare - come egli scrisse di suo pugno, ricordando una lunga intervista poi pubblicata in un libro dal titolo Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio - "un piccolo tentativo di introduzione nella fede per l'uomo d'oggi". Il ritorno di Benedetto XVI a Montecassino, oggi non si discosta da quel disegno che rimane l'unico, vero segreto per leggere nella giusta luce il suo pontificato. Egli torna a una delle più antiche fonti della spiritualità benedettina radicata nella sua formazione cristiana e spiega l'insistenza con la quale richiama i cristiani a una fede consapevole, se vogliono davvero concorrere a risvegliare la capacità culturale delle società europee in una fase di cambiamento dagli esiti imprevedibili.
Come al tempo di Benedetto - il padre del monachesimo occidentale - la società ereditata dall'impero romano era messa alla prova dai nuovi popoli venuti da fuori e non sempre amichevolmente, così anche oggi l'Europa si trova a dover fare i conti con decine di migliaia di immigrati sospinti dal bisogno. La ricomposizione del tessuto umano, che le migrazioni richiedono di realizzare nel tempo, trova nell'esempio benedettino un paradigma di metodo ancora efficace. Fin dalle elementari, ai bambini delle terre di san Benedetto, restava impressa la figura di Totila, re dei goti che depone la spada ai piedi del patriarca Benedetto. Per quale ragione - ci si potrebbe chiedere - un re, in quel momento vittorioso, si inginocchia davanti a un uomo inerme in un territorio calpestato da combattenti contrapposti? Era la saggia prospettiva di ricostruzione del tessuto sociale e religioso uscito frammentato dalle invasioni che dava credito a san Benedetto. Ed era la sua vita cristiana spesa per gli altri alla luce dell'esortazione di "niente anteporre all'amore di Cristo" indicata quale regola di vita dei nuovi monaci.
Benedetto XVI è strettamente collegato con lo stile benedettino e con la visione cristiana del santo fondatore di Montecassino. Ne ha scelto il nome, si è impegnato da subito per la comprensione tra i popoli e le religioni, ha chiesto alla Chiesa una conversione sincera verso una fede vissuta: nulla anteporre a Dio. Con la semplice motivazione dell'amore. Convertirsi per amore a un Dio che ama e vuole farsi percepire quale Dio d'amore anche nel XXI secolo.
Il Pontefice che intende armonizzare fede e ragione, preghiera e lavoro, così da intercettare la ricerca dell'assoluto presente anche fuori dei recinti religiosi, pensa di riuscirvi convertendo anzitutto i cristiani al primato dell'amore di Dio. L'attivismo dei credenti senza un'anima spirituale resterà, infatti, sterile.
La forza della testimonianza cristiana, un tempo affidata al fiorente monachesimo, è minore per le ridotte dimensioni della vita consacrata. In linea con la Chiesa del concilio il Papa chiede perciò a ogni cristiano di farsi carico del vangelo nella vita ordinaria. L'incontro con i fedeli di Montecassino e di tutto il Cassinate è ispirato da questa visione. Poiché è mosso da tale spirito di colloquio con tutti per consolidare la pace, Benedetto XVI può essere ormai annoverato tra quei profeti disarmati di un mondo più fraterno e solidale per il quale tantissime persone si adoperano e spendono la vita.

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domenica, maggio 24, 2009

Si apre nel Regno Unito la Settimana Nazionale della Famiglia

Mons. Vincent Nichols, arcivescovo nominato di Westminster e neo-presidente della Conferenza episcopale inglese e gallese, si vuole aiutare le famiglie ad apprezzare la presenza di Dio nelle loro vite

Radio Vaticana - Da domani, sino al 31 maggio la Chiesa nel Regno Unito, celebra la Settimana Nazionale della Famiglia. In vista dell’appuntamento, la Conferenza episcopale inglese e gallese ha preparato tre opuscoli informativi e uno speciale kit formativo per le parrocchie. Il kit si chiama “Home is a Holy Place” (“Il focolare domestico è un luogo santo”) e comprende vario materiale scritto e video destinato a diversi usi: dalle lezioni di catechismo per bambini, ai corsi di preparazione al matrimonio, agli incontri parrocchiali. L’obiettivo – riferisce l’agenzia dei vescovi CCN - è aiutare le parrocchie a celebrare la presenza di Dio amore nei rapporti familiari e a proclamare la santità dei focolari domestici quali luoghi di vita, amore, servizio, insegnamento, amicizia, testimonianza e preghiera. In particolare, spiega mons. Vincent Nichols, arcivescovo nominato di Westminster e neo-presidente della Conferenza episcopale inglese e gallese, si vuole aiutare le famiglie ad apprezzare la presenza di Dio nelle loro vite: “Per la maggior parte di noi la casa è il luogo dove sono state poste le fondamenta della nostra fede, ma anche il luogo dove impariamo a pregare, a parlare a Dio e a considerarci come una famiglia che vive con la presenza di Dio in mezzo a noi”. Il kit è già stato presentato in diverse parrocchie nel Regno Unito e il primo riscontro sembra molto positivo. Informazioni sulle altre iniziative promosse dall’Episcopato inglese e gallese possono essere trovate sul sito della Conferenza episcopale www.catholicchurch.org.uk. (L.Z.)

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