Un anno prima della sua morte, Padre Marcello scriveva “ave Maria in coelum Asumpta. Offro la mia morte per la gloria del Padre, per la consolazione di Gesù, per il diletto della mia Madre Immacolata”. Scriveva anche che era stata la “piccola via” di Santa Teresa di Gesù Bambino ad insegnargli l’atteggiamento da tenere davanti a Dio-Amore che si dona in Cristo Gesù. Si tratta di una completa auto donazione del bambino che dà tutto se stesso con fiducia. Ma il modello più compiuto Padre Marcello lo trova in Maria ed è, per mezzo di Lei che l’amore trinitario lo afferra e gli fa sperimentare la stessa vita d’amore. Nel suo diario afferma “nella mia vita spirituale non poteva esserci alcun posto per il mio “Io”. Esso fu definitivamente annientato perché interamente dato a Dio... Senza di me non potete fare nulla così pure senza la Madre. Per questo l’Uomo-Dio ci ha lasciato come testamento sulla croce “ecco tua madre”. ….è dunque possibile essere autodidatti? L’ideale dell’uomo cristiano può essere soltanto questo : solo la Vergine Madre mi educa” (dalla scheda scritta da padre Marcello il 15 agosto 1965). E ancora si può ben constatare come questo scritto steso poco tempo prima di morire, trovava riscontro con quanto padre Marcello provava già nei primi anni della sua vita in cui egli aveva ricevuto in dono gratuitamente la dolce presenza di Maria. Ecco cosa dice: “Sono nel settanttottesimo anno. Ebbene. Cosa seguirà?.....cercavo la felicità in tutto. Non l’ho trovata neanche nell’ideale femminile….non c’era da nessuna parte. Poi l’ho trovata. Essendo ancora molto giovane mi sono innamorato di Lei. Fu un amore celeste. L’ho abbandonata. Ma l’ho cercata fino a quando l’ho ritrovata. Da allora sono molto felice. Chi è il mio amore? L’Immacolata…sono diventato di nuovo bambino…Lei è il segreto della mia felicità”.
Quindi egli afferma che da piccolo senza cercarla l’ebbe in dono. Ma questa felicità però non durò e infatti, dopo averla trovato, la perse per poi ritrovarla in età adulta. Ma le circostanze in cui padre Marcello riprende il suo cammino affianco alla Madonna, sono molto più difficili. Infatti da 15 anni vive fuori dal proprio convento a causa della persecuzione religiosa ed alloggia in un piccolo ripostiglio dietro la chiesa carmelitana di Budapest. Egli soffre di gravi infermità ed è incapace di provvedere a se stesso. Deve dipendere ed essere accudito. Ma la cosa che lo fa più soffrire è soprattutto l’incomprensione dei confratelli che non l’accettano e non lo stimano. E’ veramente una condizione penosissima ma in tutto questo Padre Marcello vive certamente la rassegnazione e la serenità ma più ancora la felicità, quella del bambino che si sente amato o del giovane sposo che condivide l’amore con la propria amata. Se si esamina la sua vita alla luce della fede, si può ravvisare che ci si trova di fronte all’incarnazione concreta dello spirito delle beatitudini. Infatti padre Marcello fu sedotto dalla Bellezza dell’Amore (Cristo) riflessa sulla Vergine Immacolata. Accogliendola nella sua vita anch’egli assorbe via via quelle che sono le caratteristiche del Regno di Dio. Rinascendo nello Spirito, riscopre quella infanzia spirituale tipica del bambino evangelico.
Esaminando la sua vita nel mondo (per la cronaca egli si chiamava Boldizsar Marton ) si può notare che dal 1887 al 1925 aveva già una profonda sensibilità per la bellezza e una grande sete per la vera felicità. Già da bambino era attirato dalla bellezza della natura e infatti egli ricorda un giorno in cui ebbe la gioia di poter godere della visione del lago Balaton. “ Alla sera al chiaro di luna, correvo in riva al Balaton e per ore e ore godevo la scia bellissima e splendente che la luna, questo prezioso corpo celeste, tracciava sullo specchio dell’acqua. Stendevo le braccia e abbracciavo quella bellezza. Sentivo che anche quella bellezza mi amava ed io le appartenevo” (dal libro scritto da padre Marcello “il Bell’Amore”).
Dal 1901 al 1905, padre Marcello ebbe un primo incontro con la Vergine Maria. Infatti un suo parente sacerdote lo portò in ritiro a Nagyszombat dove egli incontrò l’amore di Dio nella eucaristia. In questa egli ebbe la consapevolezza che la Bellezza di Dio si rifletteva nella Madre sua e che il pane eucaristico appagava tutti i suoi desideri. Fu coinvolto così dal Bell’Amore e infatti affermò “ Mi sono lasciato amare, mi sono lasciato guidare . Ero un bambino, un vero bambino. Non mi prefiggevo nessuno scopo, solo mi consegnavo, mi abbandonavo al Bell’Amore. “ Questo periodo fu quello più incisivo per la formazione di tutta la sua vita. Infatti all’età di 63 anni egli ricordava quanto, a quel tempo, non ne fosse consapevole ma semplicemente ne godeva.
Purtroppo ci fu un’interruzione in questa vita d’amore. Il futuro padre Marcello, si iscrisse alla università di Budapest e l’ambizione divenne più forte della fede. Il giovane studente universitario prese infatti coscienza dei suoi talenti, si immerse nella cultura e cercò esperienze sempre nuove cominciando a viaggiare per tutta l’Europa soprattutto in Francia, in Germania e in Italia. Ma la sua sete di bellezza fu fortunatamente incanalata verso l’ammirazione della natura e delle opere d’arte evitando di identificarsi con la mentalità di questo mondo. Divenne così professore di letteratura, di latino e di greco. Ma per ben sedici anni non frequentò più la chiesa e quindi neanche i sacramenti della confessione e della comunione. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale offrendosi volontario al posto di un padre di famiglia. Quando ritornò dalla guerra scrisse un romanzo “Su tombe mussulmane” dove tra le altre vicende raccontò l’amore per una ragazza mussulmana di cui si era talmente innamorato da volerla portare con sé. Ma tale progetto fu tragicamente interrotto dalla morte della ragazza uccisa dai suoi familiari per la colpa che lei aveva avuto per un “infedele”.
Sembrava che le delusioni lo travolgessero ma la Madre del Bell’Amore continuò ad essergli fedele e padre Marcello scoprirà la presenza di Maria nella sua vita convertendosi gradualmente attraverso la delicata pedagogia della Madonna che si manifestò attraverso vari avvenimenti. Ci fu una grande trasformazione in lui, soprattutto con la lettura di “Storia di un’anima” di S. Teresa del Bambino Gesù. L’infanzia spirituale di cui parlava la piccola Teresa lo coinvolse non poco e poi sentiva che “Qualcuno” lo guidava, lo prendeva per mano e avvertiva di non essere più padrone di se stesso. Lo colpì una partecipazione alla Passione di Cristo dove, nel vedere Gesù deriso e umiliato, esclamò che la scena non era rimasta solo nella sua memoria ma soprattutto nella sua anima e nel suo cuore. Successivamente un’attrazione forte a ritirarsi per essere con Dio solo e diceva: “ Volevo rimanere in incognito nel silenzio, nel deserto perché Dio potesse parlare al mio cuore”. Così accettò una proposta di fare un ritiro nel convento di Modling dove per 40 giorni potè comprendere fino in fondo che solo Dio basta e dove, purificandosi ulteriormente, realizzò che la celeste sapienza della povertà di spirito diventasse la sua stessa vita. Così ritrovò il Bell’Amore che aveva sperimentato nella sua giovinezza e scoprì che “dobbiamo lasciare che Gesù viva in noi a qualunque prezzo. A costo del nostro Io “. Comprese in questo ritiro che era chiamato a vivere la vita del Bell’Amore sotto il manto della Vergine del Carmelo e all’età di 38 anni lasciò tutto per entrare definitivamente proprio nel Carmelo. Dopo la sua ordinazione venne nominato maestro dei novizi e in questo ruolo si espresse meravigliosamente come padre, madre, fratello, direttore spirituale, insegnante nei confronti dei suoi allievi. Ma scoprì anche le esigenze forti del Bell’Amore e la grande difficoltà di identificarsi al modello di Gesù dovendo patire le prove delle incomprensioni e delle calunnie. Fu prolifico di insegnamenti per la vita spirituale ma fu criticato dai suoi confratelli perché giudicato troppo esagerato, troppo pieno di devozione, soprattutto per quel che riguarda il raccoglimento e la pratica della presenza di Maria . Argomento quest’ultimo molto caro allo scrivente che ha potuto constatare la difficoltà da parte della maggior parte dei Cristiani a comprendere pienamente questo concetto, non credendo quindi nella Sua presenza viva e reale in mezzo a noi. Solo alcuni santi hanno avuto in dono questa percezione. Uno dei tanti è stato don Bosco che prima di morire diceva agli astanti “la Madonna è qui … è proprio qui” ma purtroppo non fu capito. Per padre Marcello ci fu una piccola “persecuzione” che fu però un boomerang per i suoi confratelli che rivelarono così un animo insensibile e poco praticante. Ci fu poi un’altra croce e cioè la diffamazione circa una sua presunta sifilide anche se gli esami prescritti dai superiori erano risultati negativi. Volevano persino privarlo dell’insegnamento ma il Padre Generale lo difese e lo confermò nel suo incarico. Padre Marcello, in questa circostanza, non si lasciò sfuggire neppure una lamentela e trattava tutti con amore. Di questa vicenda emerse qualcosa solo dal racconto di alcuni testimoni dopo la sua morte e dalla sua autobiografia solo alcuni versi che alludono alle sue sofferenze morali. Ma attraverso questa durissima prova Padre Marcello provò una delicatissima unione a Cristo e a sua madre. Padre Marcello divenne poi famoso in Ungheria sia come predicatore e sia come confessore diventando spirituale di varie autorità ecclesiastiche. Il suo padre provinciale nel 1950 gli diede un mese di vacanza perché scrivesse la storia della sua vita rispondendo principalmente alla domanda di fondo e cioè quale influsso avesse avuto la Vergine Maria nella sua anima. Così egli potè meglio riscoprire se stesso volgendo indietro il suo sguardo nella sua giovinezza. Comprese scrivendo il libro “Il Bell’ Amore” con quale amore meraviglioso e con quale sollecitudine materna era stato guidato dalla Vergine Maria. Nel suo libro si può notare il suo grande ringraziamento e la sua lode alla Madonna e soprattutto il suo personale Magnificat rivolto all’amore trinitario che ha fatto grandi cose in Maria e per mezzo di Lei anche a padre Marcella. Egli scrive infatti “ Tutto è opera meravigliosa del tuo amore : grandi cose hai fatto per me, mia Regina, mia madre, mia sposa, per te elevo il mio canto …….”
Si preparavano tempi duri per la chiesa perché la dittatura comunista avrebbe chiuso di lì a poco tempo i conventi e i monasteri. Ma padre Marcello confida nella presenza amorosa di Maria per la quale trova la fiducia che nulla potrà ostacolare la stesura della della sua autobiografia. La soppressione degli ordini religiosi nel 1950 lo costrinse a lasciare il convento ma la sua speranza era irremovibile e, da qualche testimonianza raccolta, si vedeva che egli mostrava una sicurezza e una certezza del tutto incomprensibile alla maggior parte dei religiosi. Fece persino un voto d’amore oramai convinto che nulla poteva separarlo dall’amore di Dio.
Padre Marcello dovette adattarsi a vivere in famiglia condividendo la stanza e dovendo praticare una povertà ancora più stretta di quella del convento. Non poteva predicare né celebrare messa (che però fece nascostamente). Poteva solo confessare e molti religiosi si rivolgevano a lui portando così sollievo spirituale a tutti, persino al cardinale Mindszenty. Quest’ultimo, dopo i pochi giorni di speranza della rivoluzione ungherese nel 1956, dovette rifugiarsi nell’ Ambasciata degli Stati Uniti restandovi fino al 1951. Negli ultimi anni della sua vita poté abitare nelle vicinanze della chiesa carmelitana ma dovette accettare di occupare solo un piccolo ripostiglio non essendo stato accolto nell’appartamento dove si erano alloggiati i suoi confratelli !! Anche qui dovette offrire al Signore la mancata accoglienza e i forti disagi di un locale che minerà la sua salute e di ciò egli disse “ho offerto a Gesù la mia dolorosa nevralgia affinché io possa completare nel mio corpo quello che manca alle sofferenze di Cristo in favore del suo corpo : la Chiesa”. Nel 1962 fu sottoposto ad una delicata operazione alla prostata. Fu in pericolo di vita ma con un lungo trattamento , si riprese. Il suo animo non si esarcebò ma prese tutto come un dono e una grazia di Dio che lo aveva reso simile a Sé tanto che ebbe ad esclamare “ Sono diventato Gesù… oh annullamento meraviglioso, che bella rinascita meravigliosa! Davvero non avevo più bisogno di niente: ero interamente di Gesù” . Padre Marcello perse il dono dell’udito che si abbassò notevolmente infliggendogli umiliazioni ancora dai confratelli. Anche se malato non si sentiva inutile, anzi cercava di essere più ricettivo alle notizie esterne, senza concentrarsi verso il suo male. Assorbiva le novità che arrivavano da Roma. In particolare scriveva nel suo diario i discorsi papali, le intuizioni dei padri conciliari circa la riforma liturgica e la rivalutazione del ruolo dei laici all’interno della Chiesa. Si sentiva negli ultimi suoi anni sempre più coinvolto con il Bell’Amore e diceva “ MA io sono in Lui e Lui è in me. Come la spugna è nell’acqua e l’acqua è nella spugna. Sono anch’io nell’oceano dell’Amore”.
Soprattutto, avvicinandosi il giorno della sua morte, Padre Marcello percepiva sempre più la Presenza della Vergine Maria (concetto caro allo scrivente e per il quale anch’egli ha avuto l’incomprensione e l’allontanamento della persona amata). In un sogno percepì gli ochhi di Maria bambina e ciò gli si impresse profondamente e intensamente nella sua memoria. Non ho visto che gli occhi ma li ho visti proprio da vicino … era tanto espressiva che la Sua sollecitudine penetrò in me come una realtà impareggiabile. Pareva dirmi : Vedi io sono con te incessantemente, i miei occhi vigilano sempre su di te”.
Il 16 maggio 1966 Padre Marcello cadde e si ruppe il collo del femore e dopo il ricovero in ospedale, provando sofferenze indicibili, morì il 29 maggio all’alba della domenica di Pentecoste, la festa dell’Amore divino e i confratelli videro in questa coincidenza un segno inequivocabile che la Santissima Trinità lo aveva finalmente accolto nel suo seno.
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