martedì, luglio 12, 2016
Nel relitto del peschereccio naufragato il 18 aprile del 2015 centinaia di corpi di migranti a cui dare un nome, ma "non ci sono soldi per fare gli esami". La protesta dei medici legali: "Trattati a pesci in faccia".

di Lorenzo Carchini

Nell'Italia arraffata tra banchetti del Sì e del No al referendum, tra una velata e l'altra nei mari a bandiera blu, dei migranti morti in mare non interessa proprio a nessuno? Chiedetelo ai medici legali accorsi ad Augusta, nell'hangar della marina militare, dove sono stati trasferiti centinaia di cadaveri recuperati in fondo al mare, quelli della strage del 18 aprile 2015.

Lavoro volontario, s'intende, perché in Italia ormai funziona così, e guai a parlare di rimborsi spese. I medici legali debbono pagarsi le spese di viaggio, di alloggio, i trasferimenti in aereo, treno o automobile di tasca propria.

E guai anche a parlare di accesso ai servizi: cambiamoci direttamente in auto, a che serve dopotutto lo spogliatoio, prima e alla fine di una giornata passata a studiare cadaveri dimenticati e lasciati in cattivo stato di conservazione?

Infine ci sono le spese di laboratorio, e qui, direte, "stanno lavorando, gratuitamente, ad una missione umanitaria per conto dello stato, vuoi che non ci sia qualche contributo almeno per quello?". Illusi. I costi di laboratorio non possono essere sostenuti neanche dalle università.

La verità è che non è stato previsto nessuno stanziamento e quindi neanche i rimborsi delle spese vive. C'è il serio rischio che gli sforzi per riportare in superficie il barcone affondato e di dare un nome ai poveri resti siano del tutto vani. Persone che hanno perso perfino il diritto di essere ricordate.

"Non ci sottrarremo all'impegno preso" hanno affermato alcuni di loro. Finora sono stati recuperati dai vigili del fuoco oltre 200 cadaveri dalla stiva del relitto, che alcuni testimoni hanno descritto schiacciati come in fosse comuni, e affidati appunto ai medici legali. Al loro buon cuore la possibilità di dare alle vittime un nome ed ai parenti un corpo da piangere.


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