33 ordinanze di custodia cautelare nell'ambito di una vasta operazione antimafia nel Palermitano. Le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione ai danni di imprese aggiudicatarie di appalti pubblici e altri reati aggravati dall'agevolazione del sodalizio mafioso. Sequestrati beni per 1,5 milioni di euro.
Una vasta operazione antimafia è in corso nel Palermitano. I carabinieri hanno eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare, 24 in carcere e 9 ai domiciliari. Al centro degli arresti, i mandamenti di Trabia e San Mauro Castelverde, rispettivamente controllati dai boss Diego Rinella e Francesco Bonomo: l’operazione ha portato alla luce una serie di intimidazioni a imprenditori e politici. L'operazione è dei militari del gruppo di Monreale e della compagnia di Termini Imerese.
A coordinare le indagini il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, l'aggiunto Leonardo Agueci e i sostituti Sergio Demontis, Siro De Flammineis, Gaspare Spedale, Ennio Petrigni, Bruno Brucoli e Alessandro Picchi. Per gli accusati si ipotizzano i reati di associazione mafiosa, estorsione, furto, rapina, illecita detenzione di armi, intestazione fittizia di beni e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dall'agevolazione del sodalizio mafioso.
Dall'indagine e le intercettazioni ne risulterebbe il ritratto di una mafia "tipica" che impone il pizzo, controlla gli appalti pubblici e condiziona la vita amministrativa dei piccoli comuni della zona orientale della provincia di Palermo, da Bagheria fino ai confini delle province di Catania e Messina .
Quattro le estorsioni ricostruite senza la collaborazione delle vittime, fra i quali quella al costruttore una scuola a Termini Imerese ed all'imprenditore che si è aggiudicato l'appalto per ristrutturare l'Ex carcere di Castelbuono.
Le indagini svelano anche la matrice dell'intimidazione subita nel 2012 dall'allora sindaco di Cerda Andrea Mendola. Gli bruciarono la macchina e lasciò l'incarico accusando di "essere stato lasciato solo" in un "clima politico insostenibile". Di politico si scopre oggi che c'era ben poco: fu la mafia a metterlo sotto pressione fino a costringerlo alle dimissioni.
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Dall'indagine e le intercettazioni ne risulterebbe il ritratto di una mafia "tipica" che impone il pizzo, controlla gli appalti pubblici e condiziona la vita amministrativa dei piccoli comuni della zona orientale della provincia di Palermo, da Bagheria fino ai confini delle province di Catania e Messina .
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