lunedì, gennaio 13, 2014
Presentando la ricerca “Five Foods That Are Killing the Planet” (i cinque alimenti che stanno uccidendo il pianeta) di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista americana, Avital Andrews avverte: «Smettete subito di leggere se non potete vivere senza Quarter Pounders (hamburger), dolci confezionati o costoso sushi » 

GreenReport - Per mettere all’indice il primo dei cibi killer del Pianeta Sierra Club lascia parlare il critico gastronomico e vincitore del Premio Pulitzer Jonathan Gold, che ammonisce: «La gente deve smettere di mangiare Tonno rosso. Punto. Sarà difficile perché il tonno rosso è insolitamente delizioso e tende ad essere servito nei sushi bar di alta classe… dove la moda è dire “omakase” e sottomettersi al volere dello chef, ma il numero di questi magnifici pesci sta scendendo velocemente. Se non smettiamo di mangiarli adesso, smetteremo comunque tra pochi anni perché non ci saranno più». Il fondatore del Blue Ocean Institute aggiunge: «Dato che sono longevi, le popolazioni di tonno rosso non reggono bene alla pesante pressione della pesca è per questo che sono così esauriti. Tutto questo è troppo triste per mangiarli. Inoltre, i grandi pesci sono ricchi di mercurio». Sierra Club suggerisce di non contribuire al disastro degli stock di tonno rosso, sovra-sfruttati al 96%, mangiandosi un rotolino di sushi vegetariano.

Al secondo posto della lista degli alimenti con il maggior impatto ambientale c’è il caffè “convenzionale”. Secondo Stephen Madigosky, un professore di scienze ambientali della Widener University, sottolinea che «Nasce dalla manipolazione di questa pianta amante dell’ombra in una che cresce in pieno sole e richiede un utilizzo sostanzioso di erbicidi, pesticidi, fungicidi e fertilizzanti. Foreste biologicamente ricche vengono liquidate a favore di coltivazioni di caffè, che devastano le specie tropicali, soprattutto gli uccelli migratori. Ordinate java biologico per tagliare i pesticidi, e scegliete quello shade-grown per proteggere la biodiversità della foresta pluviale». Marc Lash, ambasciatore della sostenibilità di Frontstreet Facility Solutions, sottolinea che è il modo di prendere il caffè che fa la differenza: «A Starbucks, una black cup di caffè ha una impronta di carbonio di circa 30 grammi, mentre un “venti caramel latte” ne ha una di circa 420 grammi».

Al terzo posto ci sono gli hamburger e Logan Strenchock, sustainability officer della Central European University, non ha dubbi: «Gli hamburger economici sono killer ambientali». Nutrire le mucche per trasformarle in fabbriche di carne, spesso significa abbattere delle foreste tropicali per sostituirle con campi di mais e soia geneticamente modificati, che necessitano di pesticidi che inquinano l’acqua. «Ci vogliono da 4,5 a più di 6 kg di alimenti a base di cereali per mucca per ottenere 1 Kg di carne – dice Strenchock – Una volta macellata, la carne deve essere mantenuta al freddo, il che consuma enormi quantità di energia». Il consiglio di Andrews è: «Se dovete mangiare una mucca morta, mangiatene una nutrita con l’erba, ma anche allora, prendere in considerazione queste parole di Mary O’Brien, che dirige il Programma Utah foreste per il Grand Canyon fiducia: “Negli Stati Uniti occidentali, i bovini hanno il singolo maggior impatto pervasivo sui terreni pubblici, riducendo la biodiversità autoctona, aumentando gli invasivi esotici, deviando l’acqua, incrostando i ruscelli, e denudando il suolo”».

Al quarto posto Sierra Club mette il mais geneticamente modificato e Douglas Fox, professore di agricoltura sostenibile all’Unity College, spiega che «Viola molti limiti della sostenibilità, distruggendo habitat, spezzando i cicli dei nutrienti, impoverendo i terreni, inquinando acqua e aria, contaminando le varietà di mais autoctone, e così via». Terry Walters, autore di “Clean Food” concorda e aggiunge che «Queste monocolture mettono la nostra popolazione di api a rischio e stanno creando dei super-nocivi aggiunge che il prodotto nocivo del mais, lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, chiede un tributo enorme alla terra, nel tempo richiede sempre più pesticidi e fertilizzanti, via via che il suolo viene impoverito e richiede una lavorazione intensiva». Lee Greene, che gestisce la Scrumptious Pantry, un’azienda che produce cibo di qualità, aggiunge che basandosi sulle colture Ogm «Si continuerà a ridurre drasticamente la biodiversità ed a portare la frutta e la verdura tradizionali all’estinzione».

Quinto ma non ultimo viene l’olio di palma, «Una delle maggiori cause della distruzione della foresta pluviale», dice Laurel Sutherlin, un portavoce di Rainforest Action Network (Ran). Secondo Ran Usa, negli ultimi 10 anni l’utilizzo dell’olio di palma è aumentato del 500% ed ora è presente in circa la metà di tutti gli alimenti confezionati. Christy Wilhelmi, autore di “Gardening for Geeks”, sottolinea che «Questo olio può essere prodotto solo nelle zone tropicali, così enormi distese di foresta pluviale vergine in Indonesia e Malaysia sono stati abbattute dai bulldozer per piantare nuove palme. Sono stati già bruciati 8 milioni di acri e, di conseguenza, l’orango è in via di estinzione». In Indonesia, le emissioni di CO2 legate alla deforestazione la maggior parte delle quali provengono dall’espansione delle piantagioni di palma, superano la quantità di inquinamento provocato da tutte le automobili, camion, aerei e navi degli Stati Uniti. Sierra Club consiglia: «Per evitare l’olio di palma, bisogna leggere gli ingredienti sui prodotti confezionati, in particolare biscotti, cracker, e noodle soups istantanee».

di Umberto Mazzantini


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