lunedì, gennaio 13, 2014
L’incontro con Antonella Colonna Vilasi, autrice del libro dal titolo ”La storia del Mossad” (Sovera Edizioni), è l’apertura di una finestra su un mondo quale quello arabo e della questione ebraica, e sul sistema dell’intelligence, elemento nevralgico su cui si basa la difesa dello Stato israeliano. 

di Fabio Gioffrè

Ogni nazione ha un proprio organismo di sicurezza e di servizi di intelligence: secondo la sua opinione, per Israele, la costituzione del Mossad ha rappresentato un simbolo della ricerca e difesa dell’entità dello stato ebraico? 

Il libro delinea brevemente la storia di una delle organizzazioni più riconosciute e anche potenti del mondo “Il Mossad”, l’istituto centrale dell’intelligence e delle missioni speciali israeliano che ha la sua sede a Tel Aviv. Venne costituito nel 1951 per la sicurezza dello stato israeliano con la finalità di accentrare l’intelligence in unico ente.

Mi ha colpito un passo nel suo libro in cui viene riportato: “L’intellettuale ebreo riprende la definizione che fa dell’aspetto religioso un fattore costitutivo dell’io nazione”: significa che l’aspetto religioso è imprescindibile da quello politico? Ne diviene uno strumento?

La realtà ebraica è molto poliedrica, molti sono gli esponenti della sinistra laica, molti sono i volti del mondo ortodosso e della società intellettuale, comunque tutti animati da uno spirito unitario nei confronti dello Stato Israeliano. Questo contesto rappresenta certamente una tipologia di approccio unitaria verso la questione israeliana, volta all’affermazione di una propria di popolo “quale popolo di Israele”.

Potrebbe sintetizzarci, a suo modo di vedere, quali siano i tratti identificativi del Mossad? 

Il Mossad fin dalla sua istituzione è stato il simbolo della sicurezza, efficienza, im penetrabilità. Caratteristiche queste che sono state radicate e garantite in una struttura rigida, composta da un complesso di regole ferree, che devono essere rispettate in modo assoluto per non compromettere il successo delle operazioni. Duro è l’addestramento a cui sono sottoposti i futuri agenti, i quali devono affrontare prove psicofisiche ed esercizi finalizzati ad acquisire una forte capacità di autocontrollo, di concentrazione e di rapidità.

Lei traccia l’alternarsi dei capi del Mossad con le loro linee guida, ma ritiene che, nel compimento delle operazione dell’intelligence israeliana, possano intervenire azioni di stampo più moderato?

E’ indubbio che la storia del Mossad è la storia di una organizzazione volta ad un’azione costante di difesa da tutto e da tutti, attuata anche con operazioni violente, ma l’abilità del suo sistema di intelligence, della rete di informatori, di coperture dei suoi agenti ha permesso di portare a termine anche operazioni di altro stampo.

Potrebbe guidarci ad interpretare il ruolo delle donne nel Mossad visto che nella parte finale del libro ha evidenziato essere decisivo?

In Israele le donne ricoprono nel mondo politico e sociale un ruolo non marginale, sono arruolate nell’esercito da anni e ne rappresentano metà della composizione. Nel Mossad costituiscono una delle più im portanti risorse per la loro abilità tecnica, per la loro capacità intuitiva, di determinatezza e di interpretare le situazioni. Per ricoprire questo ruolo spariscono dalla proprie abitazioni e dalle proprie famiglie, al fine di emergere nelle diverse identità attribuite dalle operazioni senza alcuna esitazione.

Per terminare può svelarci se ha in cantiere nuove opere o approfondimenti relativi ai servizi segreti e all’intelligence?

E’ in cantiere un altro scritto che si discosta da questo primo lavoro, perché si tratterà una spy story incentrata su una vicenda di un agente e della sua missione realmente accaduta durante la guerra fredda.


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