Solo il 50% della frutta risulta incontaminata mentre, a 32 anni dalla sua messa al bando, ricompaiono tracce di DDT in un campione di insalata analizzato in Friuli
GreenReport - Sono i risultati più evidenti del dossier di Legambiente Pesticidi nel piatto 2011. Nonostante gli sforzi tesi a una riduzione dell'uso della chimica di sintesi in agricoltura, anche quest'anno la quantità di residui di pesticidi rilevati nei campioni di ortofrutta e derivati risulta eccessivamente elevata. Rispetto allo scorso anno, il rapporto di Legambiente elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici, ha evidenziato una maggiore presenza di campioni multi residuo ovvero di campioni che presentano contemporaneamente più e diversi residui chimici.
«I dati del dossier Pesticidi nel piatto 2011 di Legambiente confermano che l'agricoltura italiana deve fare ancora importanti passi avanti in termini di sostenibilità e sicurezza alimentare. Checché ne dicano le pretestuose campagne denigratorie cui abbiamo assistito negli ultimi mesi - commenta Andrea Ferrante, presidente nazionale AIAB -, il biologico presenta un migliore livello di sicurezza rispetto all'agricoltura tradizionale. Il settore dell'agricoltura bio, infatti, è disciplinato da un rigido disciplinare europeo che impone la certificazione e controlli capillari».
Se le irregolarità registrate dal dossier firmato da Legambiente sono lievemente scese, i casi di campioni multi residuo sono aumentati sia nell'ortofrutta che nei prodotti derivati, facendo segnalare concentrazione di residui particolarmente alta in prodotti di eccellenza del made in Italy come il vino (38,6% dei campioni analizzati con uno o più di un residuo) e l'olio d'oliva (26,1% con uno o più di un residuo).
«Preoccupa fortemente - conclude Ferrante - l'alta concentrazione di residui chimici rilevata in prodotti 'vetrina' dell'agricoltura italiana nel mondo come il vino e l'olio. Casi che evidenziano una volta di più l'urgenza di convertire il nostro settore primario, compresa dunque l'agricoltura tradizionale, verso più alti standard di sostenibilità ambientale».
GreenReport - Sono i risultati più evidenti del dossier di Legambiente Pesticidi nel piatto 2011. Nonostante gli sforzi tesi a una riduzione dell'uso della chimica di sintesi in agricoltura, anche quest'anno la quantità di residui di pesticidi rilevati nei campioni di ortofrutta e derivati risulta eccessivamente elevata. Rispetto allo scorso anno, il rapporto di Legambiente elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici, ha evidenziato una maggiore presenza di campioni multi residuo ovvero di campioni che presentano contemporaneamente più e diversi residui chimici.«I dati del dossier Pesticidi nel piatto 2011 di Legambiente confermano che l'agricoltura italiana deve fare ancora importanti passi avanti in termini di sostenibilità e sicurezza alimentare. Checché ne dicano le pretestuose campagne denigratorie cui abbiamo assistito negli ultimi mesi - commenta Andrea Ferrante, presidente nazionale AIAB -, il biologico presenta un migliore livello di sicurezza rispetto all'agricoltura tradizionale. Il settore dell'agricoltura bio, infatti, è disciplinato da un rigido disciplinare europeo che impone la certificazione e controlli capillari».
Se le irregolarità registrate dal dossier firmato da Legambiente sono lievemente scese, i casi di campioni multi residuo sono aumentati sia nell'ortofrutta che nei prodotti derivati, facendo segnalare concentrazione di residui particolarmente alta in prodotti di eccellenza del made in Italy come il vino (38,6% dei campioni analizzati con uno o più di un residuo) e l'olio d'oliva (26,1% con uno o più di un residuo).
«Preoccupa fortemente - conclude Ferrante - l'alta concentrazione di residui chimici rilevata in prodotti 'vetrina' dell'agricoltura italiana nel mondo come il vino e l'olio. Casi che evidenziano una volta di più l'urgenza di convertire il nostro settore primario, compresa dunque l'agricoltura tradizionale, verso più alti standard di sostenibilità ambientale».
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