giovedì, agosto 04, 2011
La protesta dei nomadi: «Noi non vogliamo vivere così, noi vogliamo campi attrezzati e vivibili». L'Unicef dichiara: “Proteggere la loro esistenza e i loro diritti [...] è un dovere di tutti e che tocca le coscienze di ognuno”.

di Benedetta Biasci

Ieri pomeriggio alle 15 e 45 è morto George, il bambino rom che, mentre stava inseguendo una pallina colorata, è incappato in un filo scoperto del frigorifero che gli è stato fatale. La tragedia è avvenuta nel campo nomadi di Tor de' Cenci, un “campo tollerato”, anche se uno dei più contestati della capitale. George non viveva lì, ma in un campo autorizzato di Roma: era stato accompagnato dai suoi genitori nella “casa-roulotte” della nonna perché stavano sistemando la loro abitazione. Ma quel filo elettrico gli è stato fatale. Inutili i soccorsi e il ricovero all'ospedale Sant'Eugenio.

Il piccolo George avrebbe compiuto un anno il 31 agosto. C’è dolore e rabbia per una morte così triste: i genitori piangono la morte del loro angioletto e chiedono di non effettuare l'autopsia su George per evitare un'ulteriore violazione al piccolo corpo del loro unico figlio.

Intanto scatta la polemica sulle condizioni di vita e di sicurezza dei campi nomadi. Perché consentire a uomini, donne e bambini di vivere in condizioni così degradate? Tor de' Cenci è il “campo delle baracche” dove quotidianamente vi è anche un'attività fiorente di spaccio di eroina e cocaina. Il Comune non vi effettua nessun controllo sociale o socio-sanitario e la pulizia all'interno del campo è stata affidata proprio a una cooperativa di rom. Nel frattempo i rom fuori dall'ospedale si fanno sentire: “Viviamo peggio delle bestie”, “Una fine così orribile si sarebbe potuta evitare”, “Non ho altra scelta su dove vivere”.

Il vicesindaco e assessore alle Politiche sociali di Roma, Sveva Belviso, si mostra addolorata per l'accaduto: “Ciò che fa più male è il fatto che mentre il campo River, dove il bimbo abitava con la sua famiglia, è autorizzato, quello a Tor de' Cenci è solo tollerato, ovvero aperto finché non saranno disponibili campi a norma, soluzione preferibile rispetto agli accampamenti abusivi. Il piano nomadi prevede infatti la chiusura di tutti i campi tollerati e Tor de' Cenci sarà il primo ad essere trasferito a fine anno al campo della Barbuto nel decimo municipio sull'Appia in direzione Ciampino”.

Non poteva mancare l'appello dell'Unicef, che in questi casi non può di certo rimanere a guardare: “Chiediamo al Comune di Roma e alla Provincia, insieme alle altre autorità competenti, di implementare tutti gli strumenti necessari per effettuare immediatamente un monitoraggio permanente della situazione dei diritti di tutti i bambini e gli adolescenti rom presenti sul territorio romano, che abbia lo scopo di comprendere la condizione di vita in cui essi si trovano dal punto di vista sanitario, sociale, educativo”. E aggiunge: “I nomadi, i bambini nomadi, sono cittadini di Roma e in quanto tali meritano garanzie e politiche di inclusione sociale al pari dei loro coetanei, non solo sgomberi, pregiudizi e attacchi ingiustificati”.

Sono presenti 4 commenti

Anonimo ha detto...

che s'ammazzassero e andassero a lavorare che è l'unica razza che non ho mai visto fare un mestiere tutti gli altri si!

Anonimo ha detto...

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la Redazione.

Anonimo ha detto...

scusatemi!

Anonimo ha detto...

La dichiarazione del vicesindaco Belviso è inquietante e non corrisponde a verità. Non è vero che il campo di Tor de Cenci è "tollerato ma non autorizzato". Non è affatto un campo abusivo, semplicemente è stato costruito dalle precedenti (e altrettanto inette) amministrazioni con tanto di container, asfalto e allacci ai servizi. C'è persino uno svincolo sulla Pontina con tanto di cartello stradale ufficiale. Quindi non ci vengano a raccontare le favole. A meno che Alemanno non definirebbe anche il Colosseo un monumento tollerato ma non autorizzato, visto che non l'ha costruito lui. All'inizio c'erano la vigilanza, i servizi sociali e un presidio sanitario. Sarebbe dovuto essere una sistemazione provvisoria. Poi la politica ha scelto di abbandonare queste persone, quasi tutti bambini e adolescenti, al loro destino. L'amministrazione attuale ha scelto invece di perseguitarli, in linea con il governo, e di non curarsi dei minori in difficoltà, perchè richiede tempo e risorse economiche. Sta di fatto che hanno sulla coscienza l'ennesimo bambino innocente morto, come i quattro fratellini carbonizzati, nell'indecente indifferenza di una città. Nè tollerata nè autorizzata.

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