sabato, giugno 11, 2011
In occasione dei referendum di domenica 12 e lunedì 13 giugno, pubblichiamo sulla nostra rivista un approndimento in quattro puntate di Marco Ciamei. Il quarto quesito (scheda di colore verde) riguarda il cosiddetto “legittimo impedimento”.

QUARTO QUESITO - “Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale”

Di cosa si tratta? Con la legge n. 51 del 2010, a pochi mesi dalla nota sentenza della Corte Costituzionale (7 ottobre 2009) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del c.d. Lodo Alfano, il Parlamento italiano ha previsto, per il Presidente del Consiglio dei ministri, che costituisce causa specifica di legittimo impedimento a comparire alle udienze dei procedimenti penali “il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti”, comprese “le relative attività preparatorie e consequenziali”, nonché “ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo”: in pratica, quasi sempre. Lo stesso vale per i Ministri, con l’esclusione però, a differenze del Presidente del Consiglio, delle “relative attività preparatorie e consequenziali”.
È previsto, inoltre, che la Presidenza del Consiglio dei ministri possa attestare il “carattere continuativo” delle funzioni presidenziali e ministeriali: in questo caso il giudice è obbligato a rinviare l’udienza ad un periodo successivo, tuttavia non superiore a sei mesi.

Il corso della prescrizione rimane sospeso per tutta la durata del rinvio, ossia il conteggio dei giorni utili al calcolo della prescrizione rimane “congelato” sino all’udienza successiva, non subendo gli effetti del legittimo impedimento. Tali norme hanno efficacia massima di 18 mesi, dunque fino all’ottobre prossimo, ossia sino a che il Parlamento non approvi una legge costituzionale sulla materia, così come indicato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza sul Lodo Alfano (la Corte Costituzionale, in quella occasione, aveva affermato che questa disciplina non viola di per sé i principi costituzionali, ma non può essere prevista in una legge ordinaria, poiché la questione attiene all’equilibrio dei poteri degli organi costituzionali e, quindi, richiede una modifica della Costituzione).

2. Perché la Corte di Cassazione ha riformulato il quesito?

L’originaria raccolta di firme aveva ad oggetto il testo della legge n. 51/2010, ma successivamente è intervenuta nuovamente la Corte Costituzionale. Lo scorso 13 gennaio, infatti, la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale di tali norme nella parte in cui prevedono un meccanismo “automatico” di slittamento delle udienze sulla base della sola allegazione dell’imputato.

È bene ricordare che l’art. 420-ter del codice di procedura penale prevede già da tempo il “legittimo impedimento”, ma subordina il rinvio di udienza alla verifica, in capo al Giudice, dell’effettiva esistenza di una causa di “assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento”. La fase valutativa è stata, invece, eliminata dalla legge del 2010 per il Presidente del Consiglio e per i Ministri: in pratica, la legge ha “tipizzato” le cause di legittimo impedimento per tali soggetti pubblici, indicando una sorta di presunzione assoluta di legittimo impedimento, rendendo automatico il rinvio nel caso di richiesta fondata su tale legge.
Questo aspetto è stato ribaltato dalla Corte Costituzionale, che ha stabilito di tenere in piedi la legge interpretandola nel senso che, comunque, il giudice possa provvedere al rinvio d’udienza solo dopo aver verificato se effettivamente gli impegni presidenziali e ministeriali costituiscano un “legittimo impedimento” a partecipare all’udienza.

3. Cosa accade se la legge viene abrogata?

Anche nei confronti del Presidente del Consiglio e nei confronti dei Ministri si applicherà l’art. 420-ter del codice di procedura penale, rimanendo in capo al giudice l’onere di verificare, di volta in volta, se l’imputato versi effettivamente in una causa di “legittimo impedimento” a comparire in udienza. In realtà già adesso, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di gennaio, di fatto è così. Viene meno, tuttavia, la volontà espressa nella legge di procedere con una modifica della Costituzione.

4. Cosa accade se la legge non viene abrogata?

Rimane in vigore il sistema del legittimo impedimento “rafforzato” per il Presidente del Consiglio e per i Ministri fino al 9 ottobre prossimo (salvo proroghe), termine entro il quale il Parlamento dovrebbe approvare una legge costituzionale sull’argomento. Attenzione, però: rimarrebbe in vigore la legge n. 51/2010 così come “modificata” dalla Corte Costituzionale, ossia senza il meccanismo del rinvio automatico, ma rimanendo comunque saldo in capo al giudice il potere di valutare la fondatezza o meno della richiesta di legittimo impedimento.

5. Cosa è da valutare per rispondere positivamente o negativamente al quesito?

In sostanza, viene chiesto ai cittadini italiani se approvano il fatto che il ricoprire e svolgere le funzioni di Presidente del Consiglio o di Ministro della Repubblica giustifichi, di per sé, una causa di legittimo impedimento opponibile al giudice penale.
Il primo problema, quindi, è valutare se sia giusto che gli organi esecutivi del nostro Stato abbiano, a causa dell’esercizio delle loro funzioni apicali, ragionevoli motivazioni per rinviare i processi penali a loro carico, fermo restando la sospensione dei termini prescrizionali del reato. Come ha precisato da sempre la Corte Costituzionale, l’art. 3 della Costituzione non prevede, come spesso di crede, che tutti cittadini devono essere trattati allo stesso modo, ma solo che “situazioni uguali vanno trattati in modo uguale, situazioni diverse in modo diverso”: la domanda giusta da porsi è, quindi, se la situazione oggettivamente diversa di coloro che hanno ricevuto mandato elettorale ad amministrare il Paese giustifichi o meno il rinvio dei processi penali eventualmente pendenti a loro carico.

Ma la questione è ancora più ad ampio raggio e richiede una riflessione più generale sull’equilibrio tra i vari poteri dello Stato. Come sappiamo, la Carta Costituzionale aveva previsto un delicatissimo sistema di poteri e contro poteri tra i vari Organi costituzionali, pur propendendo, però, per una diminuzione dei poteri degli Organi esecutivi (si ricorda che la Costituzione è del 1948, a ridosso dei disastri della dittatura fascista).
Bisogna quindi chiedersi se sia ancora attuale il sistema di equilibri proposto dalla Carta Costituzionale. Se è riscontrabile una situazione di non equilibrio, si ritiene la normativa del 2010 adeguata a porvi rimedio? In altri termini, il legittimo impedimento costituisce una norma giusta nell’equilibrio dei poteri o un ingiusto privilegio dannoso per la democrazia del nostro Paese?

La valenza di questo quesito è squisitamente politica, anche tenuto conto del fatto che la legge è temporanea, ossia valida sino a quando il Parlamento non tradurrà in legge costituzionale la teoria del legittimo impedimento (la legge contiene un espresso invito in tal senso). Un sì o un no su questo quesito, quindi, dà certamente un segnale chiaro alle forze politiche che si apprestano a redigere il testo di modifica costituzionale.

6. Dunque voto sì, voto no o mi astengo?

Vai a votare e voti sì: vuoi che il Presidente del Consiglio e i Ministri siano soggetti, come tutti i cittadini, all’art. 420-ter del codice di procedura penale in materia di legittimo impedimento a comparire in udienza penale e, conseguentemente, vuoi che non si proceda con una modifica costituzionale.
Vai a votare e voti no: vuoi che venga riconosciuto il particolare status del Presidente del Consiglio e dei Ministri, approvando il rinvio (seppur non più automatico) dei processi a loro carico durante l’esercizio delle funzioni e vuoi che si proceda con la relativa modifica costituzionale.
Non vai a votare: vuoi che non si raggiunga il quorum e, di fatto, propendi per il “no”.

DUE OSSERVAZIONI PER CONCLUDERE

La prima, sulla legittimità dell’astensione. I costituenti hanno congegnato il sistema del referendum abrogativo con la previsione di un quorum che non autorizzava, di per sé, alla scelta astensionistica. Il quorum era, semmai, una garanzia per il popolo, che non doveva subire l’abrogazione di una legge approvata dalla maggioranza del Parlamento ad opera di una porzione anche minima di votanti.

L’astensione rimane, tuttavia, una scelta civicamente valida per contestare l’istituto referendario in sé. Ciò può accadere, ad esempio, in quanto si ritiene che la norma da abrogare sia troppo tecnica, impossibile da affidare alla valutazione della generalità dei cittadini (con cultura, cognizioni, età e competenze eterogenee e certamente non all’altezza); ciò può accadere anche in quanto si può ritiene “disonesta” la campagna di informazione fatta sui temi referendari, poco rispettosa dell’intelligenza dei cittadini, basata su slogan sensazionalistici, o ancora a ridosso di fatti esterni che potrebbero portare il popolo a votare “di pancia”.

La seconda, sulla validità del sistema del referendum abrogativo. Personalmente, pur con tutti gli abusi che si sono realizzati nel tempo (pensiamo a certi referendum su argomenti risibili di qualche anno fa), rimango dell’idea che il referendum sia il più alto strumento di partecipazione civica di un Paese. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti fissati dalla Costituzione, recita l’art. 1 della Carta costituzionale: ma, proprio perché la funzione legislativa è affidata dal popolo al Parlamento, è cosa buona e necessaria che proprio il popolo possa ovviare, in ogni momento, ad errori più o meno gravi che quel Parlamento possa aver compiuto.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Buongiorno a tutti, non studio legge quindi non ho i mezi adeguati per capire a fondo questi nuovi articoli. Tuttavia ho un dubbio! L'Art. 1, comma 4 recita: "Ove la Presidenza del Consiglio dei Ministri attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi." Fin qua sembrerebbe tutto chiaro, e qualora servisse per "garantire il sereno svolgimento delle funzioni [...]" sarei d'accordo. Ma ho un dubbio sul termine dei sei mesi. Cio' cosa significa? Ipoteticamente allo scadere dei sei mesi l'imputato potrebbe presentarsi in aula alla prima udienza, alla seconda rievocare il legittimo impedimento e cosi' via. O sbaglio? In questo modo sarebbe permesso alle piu' alte cariche dello stato di compiere reati e non essere puniti, almeno fino alla scadenza della carica..

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