La Freedom Flotilla pronta a partire. Intervista a Thomas Sommer, tra i coordinatori del progetto
PeaceReporter - Questione di pochi giorni ormai. Anche se probabilmente molti tra coloro che prenderanno il mare alla volta di Gaza a bordo di una delle navi della Freedom Flotilla, stanno già contando le ore. ''Finalmente siamo pronti a partire'', dice da Atene Thomas Sommer, attivista e scrittore francese, tra i coordinatori del convoglio umanitario intitolato alla memoria di Vittorio Arrigoni. Un anno fa la mattanza a bordo della Mavi Marmara. L'assalto delle squadre speciali dell'esercito israeliano si concluse con la morte di nove attivisti. Un massacro. Oggi il traghetto turco torna ad essere sotto i riflettori a una settimana o poco più dalla partenza: ''Purtroppo - continua Sommer - le notizie che ci arrivano da Istanbul non ci fanno ben sperare, la possibilità che la Mavi Marmara rinunci a salpare è concreta, anche se l'ultima parola non è ancora detta. In mezzo 13 mesi di lavoro frenetico, di contatti e viaggi, veri e virtuali, in giro per il Mediterraneo e anche oltre. Mesi carichi di tensioni e paure in cui gioia e soddisfazioni si alternavano a frustrazioni e rabbia: una strada comunque sempre in salita''.Poteva essere diversamente?
Purtroppo no. Basti pensare che la prima riunione formale sulla Flotilla 2011 avvenne nel carcere israeliano di Beer Sheva all'indomani della strage sulla Mavi Marmara. La questione palestinese era e resta un tabu per la politica occidentale e Gaza è un buco nero dentro un buco nero.
Quando avete avuto capito che la Freedom Flotilla sarebbe ripartita?
Io personalmente appena uscito dal carcere. All'improvviso mi sono reso conto di quanta gente fosse dalla nostra parte. Ero sorpreso. Per la prima volta il muro di omertà che da sempre cela i crimini israeliani si era crepato. Una breccia era stata aperta. Allora ho capito che quel muro con un po' di dedizione si poteva abbattere...
Quali sono le principali differenze tra le due esperienze?
La Flotilla è cresciuta. È aumentata la mole di lavoro. Più persone coinvolte, più cose da fare. Anche se fondamentalmente ciò che è davvero cambiato è stato l'approccio della gente comune verso la Flotilla. Ci siamo impegnati fin dall'estate scorsa a scendere per le strade e a bussare porte e finistre. Di conseguenza i politici e i media si sono svegliati. In Francia per esempio abbiamo più di 400 amministratori e rappresentanti eletti, dal piccolo comune al parlamento europeo, che hanno aderito ufficialmente offrendoci supporto mediatico, economico e logistico. E anche se in gran parte parliamo di partiti e movimenti di sinistra non sono mancati felici eccezioni in forza alla destra repubblicana. E poi come detto siamo diventati grandi: siamo passati da 6 a 14 coordinamenti nazionali. L'anno scorso eravamo 700, quest'anno siamo più del doppio. Solo in Francia siamo riusciti a raccogliere quasi 600 mila euro grazie soprattutto alla gente normale che ha contribuito con 5 o 10 euro...
L'ostacolo che sembrava insormontabile?
Ho l'imbarazzo della scelta. Sicuramente quello che ha fatto e che fa tuttora più male sono le campagne subdole, meschine e ipocrite che ci dipingono come violenti e strumentalizzati e che ignorano e fanno di tutto per nascondere quella che è la vera missione della Freedom Flotilla. A questo bisogna aggiungere anche le pressioni internazionali, veri e propri ricatti, che alcuni paesi terzi stanno esercitando verso i governi più esposti come la Turchia. Per parlar chiaro se la Mavi Marmara non dovesse unirsi alla Flotilla non sarà sicuramente una scelta libera.
Quali sono invece i vosti rapporti con le autorità Palestinesi, sia a Gaza che a Ramallah?
Non abbiamo alcun rapporto ufficiale né con l'Autorità Palestinese né con con il governo di Hamas a Gaza, ma entrambi in più occasioni hanno espresso apprezzamento e gratitudine per quello che stiamo facendo. Ovviamente per poter, in linea teorica, attraccare nel porto di Gaza dovremmo ottenere un'autorizzazione formale da parte delle autorità locali, ma ci hanno assicurato che questo non sarà un problema. Quello che più mi preme di sottolineare è piuttosto l'incredibile supporto che ci arriva giorno dopo giorno dalla popolazione palestinese sia a Gaza sia nei Territori. Un coinvolgimento profondo e concreto visto che sono proprio in base alle esigenze dei comuni cittadini che abbiamo deciso cosa caricare sui cargo destinati a Gaza.
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