martedì, settembre 28, 2010
Scaduta la moratoria di dieci mesi, le costruzioni negli insediamenti ebraici sono riprese in Cisgiordania in diverse colonie ma su scala ridotta, mentre da parte palestinese non è avvenuto il più volte minacciato ritiro dai negoziati di pace diretti con Israele. Negli Stati Uniti il Dipartimento di Stato ha espresso ''delusione'' per la fine della moratoria e il rischio di sospensione dei negoziati. Intanto sul terreno un nuovo raid su Gaza ha provocato 3 morti.

RadioVaticana - Per un commento sull'attuale situazione in Medioriente Roberta Gisotti ha raccolto il commento di Innocenzo Gargano, teologo, fondatore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli:
R. - Nessuno vuole mettere in dubbio che si tratti di una situazione veramente molto difficile, però, dal momento che finalmente avevamo cominciato a vedere qualche risultato positivo, lasciarsi deviare dalla indicazione, che è stata tenuta presente finora, e che ha permesso di arrivare a questi negoziati, a motivo di piccoli incidenti o di proteste più o meno poi esaltate dai mass media, mi sembra davvero una mancanza di serietà politica. Cioè, se questi responsabili, da una parte e dall’altra, hanno capito di avere finalmente imboccato la strada giusta per arrivare a vivere in pace tra vicini, si va avanti.

D. - Padre Gargano, si ha quasi l’impressione di essere di fronte a dei leader politici che mancano in qualche modo di autorevolezza, che sembrano prigionieri dei propri elettorati?

R. - Questo, sì, è un vero problema, ma vale per loro e vale per tutti i politici di questo mondo. Questo condizionamento che viene da frange estremiste, minimali, ce l’hanno tutti i politici. L’Italia ha avuto una storia abbastanza lunga su questo problema. Quindi, sì, potrei essere d’accordo che abbiamo bisogno di leader un po’ più robusti, più capaci di dire 'no', e che dicano 'abbiamo capito dove sta la strada per la pace e la perseguiamo fino in fondo'.
D. - Quindi, c’è da sperare nella lungimiranza di questi due leader che hanno in mano in questo momento un’occasione…
R. - Sì, soprattutto c'è bisogno di non lasciarli soli. Cioè, se queste grandi potenze ed anche l’opinione pubblica internazionale, a sua volta, sono motivate dalla pace e non da altri interessi - più o meno confessabili - devono supportare questi due leader che già hanno problemi all’interno delle loro situazioni politiche. Magari anche loro erano partiti da estremismi più o meno condivisibili. Mano a mano che hanno fatto l’esperienza si sono resi conto che l’unica strada della pace è il compromesso, a questo punto. Ma che cosa vogliamo fare? Il compromesso non è necessariamente negativo, il compromesso è “com-promittere”, cioè io do una cosa a te, tu la dai a me, in modo che insieme possiamo raggiungere un obiettivo. Questo è stato verificato in questi 10 mesi di sospensione. Perché non raccogliere i frutti adesso di quello che abbiamo verificato?

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