martedì, giugno 09, 2009
Dal 30 maggio al 2 giugno scorsi si è svolto a Cortona il VI Convegno Sempermeg


di Monica Cardarelli

'Sempermeg' è il gruppo nato dal movimento di formazione giovanile MEG (Movimento Eucaristico Giovanile), che quest’anno ha festeggiato i suoi 65 anni di vita, un Movimento Ecclesiale legato all’Apostolato della Preghiera, guidato dai padri Gesuiti. Il MEG è un Movimento Giovanile suddiviso in fasce d’età che si propone di accompagnare i ragazzi in un percorso di fede, aiutandoli a scoprire l’opera di Dio nella loro storia e sperimentando i frutti della sua presenza. Nell’Eucaristia trovano le energie per una vita sempre più libera dalle paure e vissuta in pienezza. La condivisione delle esperienze con i coetanei, la vita comunitaria, le varie forme di comunicazioni adatte ad ogni fascia di età, i tempi di ascolto e di preghiera permettono ai giovani del MEG, affidati alla guida dei padri Gesuiti, di crescere nella capacità di relazione, di scoprire e accogliere i propri talenti e limiti, di sviluppare lo spirito di servizio e di progredire nella conoscenza del Signore Gesù, della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa.
Il MEG si sviluppa in tutto il territorio nazionale e anche all’estero come in Francia con il MEJ ed in altri paesi.
Caratteristica del MEG è il fatto di essere un Movimento Giovanile. Perciò, da alcuni anni, coloro che non rientrano più nella fascia di età prevista per poter proseguire il cammino all’interno del Movimento e che hanno fatto nel tempo il percorso in tutte le sue tappe, hanno avvertito la necessità di ritrovarsi ancora fra loro e con il MEG, da cui provengono.
Da qualche anno, perciò, è nato il gruppo dei Sempermeg che raccoglie tutti coloro che per età anagrafica non possono più farne parte ma che, per il cammino di fede e di condivisione svolto, se ne sentono ancora parte viva.
Dal 2004 viene organizzato, una volta l’anno, un convegno per tutti i ‘grandi’, per le loro famiglie e i loro figli.
Tale necessità è nata sia dalla voglia e dal piacere di rincontrarsi ed avere del tempo da vivere con gli amici con cui si sono condivisi forti e innumerevoli momenti di preghiera sia dalla necessità di fermarsi a riflettere e a pregare su temi importanti nella nostra vita di fede vissuta quotidianamente.
Il gruppo dei Sempermeg è guidato da Padre Sauro De Luca che è anche il fondatore del MEG e che ha accompagnato tutti noi nel cammino di questi anni.

Il tema del convegno di quest’anno è stato “Il dizionario dell’indimenticabile” e riprendeva e continuava le riflessioni del convegno dell’anno passato su “Abitare sé stessi”. Con questo tema si proponeva a ciascuno di noi di riscoprire la ricchezza delle cose belle e indimenticabili che hanno segnato e segnano la nostra esistenza, tanto da costituire una nota fondamentale della nostra identità.
In queste giornate di incontri sono stati invitati a parlare Danilo Solfaroli, psicoterapeuta, e la teologa Manuela Terribile.
Non è facile per chi scrive e ha partecipato a questo come ad altri convegni nonché al cammino MEG, riuscire a riportare in modo oggettivo quanto ascoltato, vissuto e condiviso in queste giornate.
Cercherò, pertanto, di riportare le risonanze che le parole dei relatori, quelle di Padre De Luca e dei momenti di preghiera condivisi, mi hanno suscitato.
Il punto di partenza per poter parlare e riflettere sull’indimenticabile è il nostro rapporto con il tempo.
A volte si ha la sensazione di rincorrerlo; altre volte invece si ha l’impressione di essere rincorsi dal tempo; a volte, raramente forse, si ha la chiara percezione di essere adeguati nel proprio tempo.
Si tratta di quei rari istanti in cui si ha la percezione, con tutto il nostro essere, di vivere, semplicemente.
È sempre la percezione che abbiamo del nostro tempo che ci porta a dimenticare o a ricordare. L’equilibrio tra persistenza e mutamento, così difficile da ottenere e mantenere.
Si ricordano le cose e gli eventi che si vogliono ricordare e si dimentica o si rimuove ciò che non si vuole ricordare e che abbiamo bisogno di dimenticare. Ma non sempre ciò che è stato opportunamente dimenticato deve esserlo per sempre.
I ricordi, sono sempre soggettivi. Ad essi attribuiamo i nostri stati d’animo, le emozioni del momento e degli eventi ricordiamo solo alcuni particolari e non altri.
Spesso, il passare del tempo ci aiuta anche a ricordare, o meglio, a rievocare i ricordi e a ‘cambiargli il segno’ da negativo a positivo.
Il tempo trascorso, ci aiuta a recuperare i ricordi dolorosi, a riequilibrarli e dargli il giusto posto nella nostra vita. Non un posto predominante per tormentarci per gli errori commessi o le sofferenze subite, quanto avere la consapevolezza che anche quei ricordi fanno parte di noi, anche quei momenti e quegli eventi ci hanno costituito e noi ne abbiamo fatto parte.
Ci vuole del tempo per giungere a questo. Non penso al trascorrere del tempo, delle giornate, delle settimane, dei mesi e degli anni. Piuttosto al vivere quel tempo che inevitabilmente passa, riempiendolo sempre più di consapevolezza soprattutto di equilibrio e di pace.
Quel tempo necessario per riappropriarci di noi stessi, di ciò che siamo e di ciò che siamo chiamati ad essere, per poi proseguire nel percorso, in pace con noi stessi, con Dio e con gli altri per poter poi per-donare altri.
Così possiamo dire la nostra parola nel ritmo del nostro respiro e del respiro di Dio nel tempo che abitiamo.

Perché ricordare, significa guardare oltre, non restare ancorati al proprio passato, ma guardare con fiducia al futuro. La ‘memoria’ influisce sul presente e spinge verso il futuro.
La ‘memoria’ è anche un filo sottile che mette in collegamento i vari momenti di una vita quindi, un’identità. Il rapporto tra memoria e identità è molto stretto.
Per chiunque è fondamentale avere memoria e ricordo delle proprie origini, da dove veniamo, per capire ciò che siamo.


È affascinante constatare come anche la memoria non è solo ‘nostra’ ma i nostri ricordi sono il frutto di momenti vissuti in mezzo ad altri se non con altri. A volte i nostri ricordi sono addirittura quelli di altri che ci sono stati raccontati. Questo perché non siamo mai soli. Non si vive in modo isolato e la vita di ognuno di noi è permeata della vita e dei ricordi dei nostri familiari, dei nostri amici o conoscenti.
È la memoria che ci consente di amare. La solitudine ci porta a sentire il bisogno e ci spinge ad amare.

Con queste premesse, noi cristiani abbiamo una memoria in più da ricordare, un’identità diversa, arricchita.
Perché proveniamo da Gerusalemme e torneremo all’altra Gerusalemme, quella celeste.
Dimenticarci di Gerusalemme significherebbe dimenticarci chi siamo. Allo stesso tempo, viviamo nel mondo, in questo tempo ma fuori tempo. Cantiamo fuori da un coro che chiede di fare, di compiere, di riuscire, di riconoscersi onnipotenti.
Noi non possiamo. Dobbiamo avere la consapevolezza che non possiamo tutto, che non riusciamo nel quotidiano e non riusciremo nella nostra vita a compiere tutto.
Dobbiamo come cristiani risvegliare in noi il sentimento dell’abbandono. Quella consapevolezza di finitezza, di limiti umani che non significa sentirsi impotenti ma anzi, riconoscere le proprie forze e quelle di Dio.
Sapere che non abbiamo solo le nostre carte da giocare ma quando le abbiamo finite, abbiamo anche le carte di Dio.
“Volgendosi poi a se stessa, la Vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: ‘Và sicura – le dice – perché hai buona scorta, nel viaggio. Và, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore’. E tu, Signore – soggiunge –sii benedetto, che mi hai creata” (Leggenda santa Chiara 46) così Chiara in punto di morte salutò le sue Sorelle, con queste parole di pace.
Dobbiamo augurarci di riuscire sempre a sentirci delle ‘creaturine’ fra le braccia di Dio che con amore materno ci guida. Noi non dobbiamo fare altro che quello che possiamo, che è molto limitato, il resto, dobbiamo lasciarlo fare a Lui.

È una consapevolezza di finitezza umana che porta con sé una grande pace interiore. Non più l’inquietudine di dover fare, portare a compimento tutto, quanto piuttosto, abbandonarci all’amore di Dio che con tutta la sua tenerezza non ci abbandonerà mai così come non ci ha mai abbandonato.

Abbiamo ricevuto un amore gratuito immenso che ci è stato donato e possiamo considerarci ‘ricchi di famiglia’. Abbiamo un amore, forse difficile da capire, ma nessun amore è comprensibile. Abbiamo la certezza non di essere esauditi, ma di essere amati.


Ecco allora che nel ‘Dizionario dell’indimenticabile’ possiamo iniziare a inserire dei ricordi, la memoria che costituisce la nostra identità umana e di cristiani.
L’amore di Dio che mi ha scelto così come sono, nonostante tutto.
La consapevolezza di essere stato creato a sua immagine e somiglianza “Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (Sal. 8).
La Sua fedeltà per sempre “Non temere perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, io sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare” (Is. 43, 1-3).
La certezza che non mi abbandonerà mai “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se queste donne si dimenticassero, io non mi dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is. 49, 15-16).
La grandezza del Suo amore che lo ha portato a dare la vita per me “Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché tu sei degno di stima e io ti amo (Is. 43, 4)”.
Il sogno che ha fatto su di me. Il dono dell’amicizia.
Vivere il mio spazio e il mio tempo nella natura, nel mondo, qui e ora.

Questo e molto altro può essere scritto nel ‘Dizionario dell’indimenticabile’. I giorni scorsi a Cortona, alle conferenze o durante la Veglia penitenziale, o durante le Messe celebrate con gioia insieme, o nei momenti di svago abbiamo cominciato a scrivere questo ed ora, ciascuno di noi nella propria vita, nel quotidiano tra figli, scuola, lavoro e amici, continuerà a scrivere col proprio tempo molto altro.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa