martedì, giugno 09, 2009
Il Senegal rassicura la Corte dell'Aja: l'ex presidente ciadiano non fuggirà. Ma il processo tarda.

PeaceReporter - Hissène Habré, l'ex-presidente del Ciad in esilio in Senegal dal 1990, accusato di aver partecipato alla tortura e all'assassinio di circa 40.000 civili e oppositori politici durante i suoi 8 anni al potere, rimarrà a Dakar in attesa del processo. Le autorità senegalesi hanno infatti assicurato la Corte Penale Internazionale, interpellata dal Belgio, che non lasceranno espatriare Habré, il cui processo per crimini contro l'umanità non è però ancora stato fissato.

Hissene HabréStamane, la Corte dell'Aja si è detta soddisfatta dalle rassicurazioni del Senegal, nonostante le autorità belghe avessero chiesto che la Cpi emettesse un'ingiunzione nei confronti di Dakar per avviare il processo contro Habré o estradarlo in Belgio, dove alcuni cittadini ciadiani hanno avviato una causa nei suoi confronti. Fuggito dal Ciad nel 1990 dopo otto anni di presidenza (o dittatura, secondo i suoi oppositori), Habré si rifugiò in Senegal, dove ha vissuto fino ad oggi. Solo nel 2006, a séguito di una domanda di estradizione emessa dalla giustizia belga, il presidente senegalese Abdoulaye Wade accettò di giudicare Habré, dopo aver ottenuto un mandato speciale da parte dell'Unione Africana.

Nonostante una apposita modifica costituzionale (approvata l'anno scorso) che permette al Senegal di giudicare i crimini contro l'umanità commessi in passato e fuori dai propri confini, le autorità di Dakar non si sono mai trovate a proprio agio nel gestire la vicenda Habré. L'anno scorso Dakar tentò di bloccare il procedimento legale contro l'ex presidente a séguito della sua condanna a morte in contumacia in Ciad, decretata da una corte di N'Djamena per la presunta partecipazione a un tentativo di rovesciare l'attuale capo di stato Idriss Deby Itno, organizzato nel febbraio del 2008 da un gruppo di ribelli.

Hissene Habré e l'ex presidente congolese MobutuPur avendo accettato di giudicare Habré, il Senegal continua a chiedere alla comunità internazionale i circa 27 milioni di euro necessari per istruire il processo. I fondi tardano però ad arrivare, e di conseguenza l'intero procedimento non è ancora stato avviato. L'organizzazione Human Rights Watch, da sempre in prima linea nel tentativo di portare alla sbarra l'ex presidente ciadiano (che nega tutte le accuse a suo carico), preme perché la macchina della giustizia si avvii. Ma finora, da questo punto di vista, tutto tace.

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