mercoledì, maggio 13, 2009
Il Forum antimafia sembra non rompere il muro dell’indifferenza
Liberainformazione - Sono passati ormai 31 anni da quel lontano 9 maggio 1978, in cui furono ritrovati in un’alba tersa i poveri resti di Peppino Impastato, militante di sinistra e uomo di cultura e impegno civile, ucciso dalla mafia del luogo che aveva fretta di tappargli la bocca. A pochi giorni di distanza si dovevano tenere le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e Peppino minacciava di diventare una vera spina nel fianco per i mafiosi e i loro complici istituzionali. I killer mandati da Tano Badalamenti legarono il suo corpo ridotto in fin di vita sui binari della ferrovia, perché si potesse accreditare il depistaggio fin dalle prime ore dal ritrovamento: un attentato finito male, una bomba esplosa nelle mani del vile attentatore, questa la prima spiegazione data alla tragedia. Una tragedia che si aveva fretta di liquidare anche perché concomitante con il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. Ci sono voluti più di due decenni di impegno civile della famiglia e dei compagni di Peppino perché gli fosse restituito pienamente l’onore che tocca al militante caduto in battaglia e la verità scomoda fosse finalmente accertata prime nelle aule parlamentari e poi in quelle di tribunale: Impastato venne ucciso perché aveva ben chiaro i meccanismi di infiltrazione mafiosa in quel territorio e aveva dimostrato in passato, con la sua variegata attività di impegno politico e civile, di saper denunciare gli interessi delle cosche senza guardare in faccia a nessuno.
Raggiunta la verità storica – che una volta tanto è coincidente con quella ottenuta in sede giudiziaria ed è questo un fatto davvero degno di rilevanza in un paese come il nostro – oggi, a distanza di oltre trent’anni, si rinnova ancora il ricordo con il Forum sociale antimafia che, come ogni anno, si celebra a Cinisi, il paese dove Peppino si spese e dove trovò la morte. Dibattiti e approfondimenti che, a partire dalle riflessioni elaborate da Impastato, hanno l’obiettivo ambizioso di allargarsi alla proposta per rafforzare il versante del contrasto alle mafie.
Anche quest’anno si è parlato di diversi temi d’attualità, i più vari, perché varia e poliedrica era l’anima del giovane di Cinisi: l’ambiente (dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto all’emergenza rifiuti in Campania, passando per alcune campagne di mobilitazione, quale quella per la smilitarizzazione della base di Sigonella); il diritto al lavoro (dalla dimensione della precarietà alla fase di recessione mondiale, passando per la condanna della finanza e delle banche), l’antifascismo (con la presentazione di alcune esperienze di resistenze sociali di fronte alle nuove forme di neofascismo e razzismo, sempre in agguato nel Belpaese), i temi internazionali (con l’anteprima nazionale del nuovo video di Fulvio Grimaldi sulla Palestina dal titolo “Araba fenice, il tuo nome è Gaza”); la lotta alla mafia (dall’impegno della magistratura più impegnata alle prospettive dell’educazione alla legalità nelle scuole). A questi momenti di incontro e dibattito, si sono affiancate nel programma le numerose esibizioni di musicisti, artisti e teatranti, nella logica di alternare musica e cultura, gioia e riflessione, per favorire il pensiero libero, secondo uno degli insegnamenti più importanti lasciatici dal coraggioso antagonista di Badalamenti. Il 9 sera hanno concluso il loro entusiasmante tour in giro per l’Italia i Modena City Ramblers: quattordici tappe in quindici giorni in luoghi simbolo della lotta alle mafie, perché luoghi dove lo Stato con la legge 109 del 1996 ha restituito alla collettività i beni confiscati alle cosche. Il concerto nella piazza principale di Cinisi è stato un grande momento di festa collettivo, impreziosito dalle esibizioni di Fabrizio Varchetta e Zen.it PosseIl momento più importante del Forum dal punto di vista politico e civile, però, è stato il corteo del 9 pomeriggio che ha visto affluire alcune migliaia di persone e sfilare dalla vecchia sede di Radio Aut a Terrasini a Casa Memoria Impastato, in quel di Cinisi. Un corteo variopinto e festoso, animato da slogan e musica contro la mafia, slogan e musica per ricordare quanti, come Peppino, si sono battuti per liberare la società dall’ipoteca delle mafie e della collusione con politica e affari.
Nelle quattro giornate di Cinisi, si è avuto inoltre la possibilità di presentare due testi che restituiscono con modalità e linguaggi diversi la cifra dell’impegno di Impastato. >Stiamo parlando del libro scritto a quattro mani da Franco Vassia e Giovanni Impastato dal titolo “Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato” (Stampa Alternativa, Viterbo 2009). Il fratello di Peppino, oltre ad essere anima e cuore del Forum insieme a Salvo Vitale e Umberto Santino, gira instancabilmente per l’Italia per trasmetterne il messaggio politico e civile e per la prima volta rivela alcuni particolari inediti dei rapporti familiari, a partire dalla controversa relazione con il padre. >L’altro libro è invece un fumetto realizzato da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso dal titolo “Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia” (Beccogiallo Editore, Padova 2009): centoventi pagine in bianco e nero, con la prefazione di Lirio Abbate, per ricostruire a fumetti la figura di Peppino, grazie alle testimonianze inedite degli amici e soprattutto del fratello Giovanni. Senza cadere nella tentazione di ricalcare il copione de “I cento passi”, il fumetto sembra costituire una ottima occasione per raggiungere un pubblico nuovo, composto per lo più da giovani che ancora non conoscono la storia raccontata nel film dal regista Marco Tullio Giordana Un’ultima considerazione ci sembra doverosa anche se scomoda. Nonostante lo sforzo dei familiari e degli amici di esportare fuori da Cinisi la figura e il messaggio di Peppino Impastato, ancora oggi , dopo oltre trent’anni, sembra irrisolto il rapporto con il paese. Per quanti sono venuti da fuori è sembrato fin troppo evidente che la manifestazione si svolgesse quasi su un altro piano, senza un reale coinvolgimento dei compaesani di Impastato. E la troppa indifferenza è spesso e volentieri colpevole, anche e soprattutto in terra di mafia.
di Lorenzo Frigerio
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mercoledì, maggio 13, 2009
Estratto dall'articolo di Roberto Saviano di oggi su Repubblica
Liberainformazione - Questa mattina Roberto Saviano ha scritto di "coraggio dimenticato", la stessa riflessione che continuiamo a farci da circa un anno. Da quando, a Castelvolturno e Rosarno, gli "Africani" ci hanno insegnato il coraggio della dignità, quella che non hanno perso, nonostante le condizioni in cui si vedono costretti. In questa Italia che, volente o nolente, è divenuta multietnica, le parole di Saviano danno voce e respiro a quell'idea che comincia a divenire sempre meno una provocazione e sempre più una speranza di cambiamento: "Gli Africani salveranno Rosarno. E probabilmente anche l'Italia"
E poi a Rosarno. In provincia di Reggio Calabria, uno dei tanti paesini del sud Italia a economia prevalentemente agricola che sembrano marchiati da un sottosviluppo cronico e le cui cosche, in questo caso le 'ndrine, fatturano cifre paragonabili al PIL del paese.
La cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l'inchiesta del GOA della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il danaro della coca nell'edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in Belgio.
L'egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri - anche loro, come i ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi - si radunano per protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due soli giorni dall'aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza della 'ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai accaduto negli anni precedenti.
Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente, aveva sempre avuto il coraggio di resistere. Ne fu esempio Peppe Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi. Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno. E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti gli italiani. Difendono il diritto di lavorare e di vivere dignitosamente e difendono il diritto della terra. L'agricoltura era una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi. E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro.
Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" di Antonello Mangano, edito da Terrelibere. La popolazione africana ha immesso nel tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare. Anticorpi che nascono dall'elementare desiderio di vivere.
*da "Repubblica del 13 maggio 2009"
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mercoledì, maggio 13, 2009
L'Ordine Francescano celebra quest'anno gli 800 anni dall' "approvazione della forma di vita"
I francescani provenienti da tutta la Toscana (frati, suore, terziari) e alcune migliaia di giovani si riuniranno a Firenze, dal 14 al 17 maggio, per ricordare l'arrivo dei primi seguaci di San Francesco nel capoluogo toscano. Nel 1209, arrivati nel capoluogo toscano, Bernardo e Egidio, seguaci del Santo di Assisi, furono accolti presso Porta San Gallo. Un affresco trecentesco raffigura l'entrata dei frati Minori in città e le fonti francescane ricordano che vennero scambiati per mendicanti, ma rifiutarono l'elemosina dichiarando di essere poveri per scelta. L'Ordine Francescano, che celebra quest'anno gli ottocento anni dall' "approvazione della forma di vita", conta nel mondo circa 400 mila religiosi e religiose e 400 mila laici, e continua anche oggi ad esercitare un grande fascino, grazie all'intuizioni evangeliche del poverello di Assisi.
I dettagli del programma dei festeggiamenti sono stati presentati questa mattina in Palazzo Vecchio dal vicesindaco, padre Paolo Fantaccini (ministro provinciale ordine francescano minori), padre Luciano Baffigi (ministro provinciale ordine francescano minori cappuccini), padre Antonio Di Marcantonio (ministro provinciale ordine francescano minori conventuali). Quattro giorni di festa per celebrare una data storica ma anche un momento per riunire la grande famiglia francescana. Giovedì pomeriggio, alle 17, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, è prevista una tavola rotonda: monsignor Rino Fischella interverrà sull' 'Attualità del messaggio francescano', il professor Franco Cardini sull' 'Arrivo e significato dei primi francescani'.
Alle 17 di venerdì, in Santa Croce, ci sarà la cerimonia solenne per accogliere nella basilica, proveniente da Assisi, il testo della Regola francescana. Dopo la riflessione spirituale di padre Raniero Cantalamessa, ci sarà il rinnovo della professione religiosa da parte della famiglia francescana nelle mani dell' arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori. Sabato, sempre in santa Croce, pomeriggio e serata di festa con canti e testimonianze. Alle 19 è previsto il concerto del gruppo 'Janua Coeli', alle 21.15 il musical su San Francesco 'Hai guardato me'. Alle 11 di domenica, infine, solenne celebrazione eucaristica nella basilica di santa Croce, presieduta dall'arcivesvovo Gianfranco Gardin, segretario della congregazione per la vita consacrata.
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mercoledì, maggio 13, 2009
Un evento senza precedenti – spiegano gli organizzatori - che prende vita dallo Studentato internazionale di Rondine Cittadella della Pace
Radio Vaticana - Si chiama “Piazze di Maggio – Irrompere nel futuro” la manifestazione promossa dall’associazione Rondine Cittadella della Pace e dalla fondazione Rondine per riflettere sul futuro delle giovani generazioni e sul loro impegno per un mondo di pace. Per una settimana, dal 13 al 19 maggio, ad Arezzo, Rondine (Ar) e Firenze, sul tema si terranno incontri, eventi e dibattiti. Tra gli appuntamenti in calendario anche la prima Conferenza dei popoli del Caucaso “Ventidipacesucaucaso”. “Un evento senza precedenti – spiegano gli organizzatori - che prende vita dallo Studentato internazionale di Rondine Cittadella della Pace, originale laboratorio di convivenza e dialogo che dal 1997 vede convivere e studiare assieme giovani provenienti da Paesi in conflitto o in difficoltà del Caucaso, del Medio Oriente, dei Balcani, dell’Africa nel piccolo borgo medievale di Rondine in provincia di Arezzo”. Due i concerti in programma: Davide Riondino e Stefano Bollani si esibiranno venerdì 15 maggio per una raccolta fondi, mentre l’artista israeliana di origine yemenita Noa, la cantante arabo-israeliana di origine palestinese Mira Awad e il musicista Nicola Piovani saliranno sul palco lunedì 18 maggio al Santuario della Verna di Arezzo, nell’ambito del Concerto internazionale per la Pace “Musica per unire”. (C.D.L.)
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mercoledì, maggio 13, 2009
All’incontro parteciperanno i leader delle maggiori confessioni cristiane del Paese
Radio Vaticana - Si terrà sabato 16 maggio a Parigi l’edizione francese di "Insieme per l'Europa", iniziativa promossa sulla scia delle due manifestazioni europee svoltasi a Stoccarda e sostenute da movimenti cristiani di diverse Chiese. Ad aprire l’evento parigino sarà Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio che parlerà delle “Sfide per l’Europa”. All’incontro parteciperanno i leader delle maggiori confessioni cristiane del Paese: il metropolita Emmanuel, presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi in Francia, il pastore Claude Baty, presidente della Federazione protestante e il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese. E’ previsto anche l’intervento di Jacques Barrot, vice-presidente della Commissione europea, incaricato per la Giustizia. Nel corso della giornata, ci saranno tre tavole rotonde dedicate al tema delle beatitudini da proporre “in un mondo di violenza”; “la semplicità come stile di vita” “in un mondo in cui la condivisione delle ricchezze è divenuta indispensabile”; l’impegno ad “accogliere l’altro” per aprire “l’Europa agli altri continenti” e trovare “un modo nuovo di impegnarsi per i più deboli”. L’evento – ricorda il Sir - si concluderà con la proclamazione di un appello per la pace. (A.L.)
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mercoledì, maggio 13, 2009
Dalla fine della guerra circa 300 persone sono rimaste ferite o uccise a causa delle cluster con conseguenze anche sulla ripresa economica e sulla ricostruzione
Agenzia Misna - Con quasi tre anni di ritardo, Israele ha consegnato alla missione dell’Onu nel sud del Libano (Unifil) le mappe dei siti colpiti con bombe a grappolo durante gli ultimi giorni della guerra del luglio 2006. Si tratta di informazioni a lungo chieste dal governo libanese e dalle organizzazioni che stanno procedendo alla bonifica di ampi territori dove si stima – fonte Onu - siano circa un milione le sub-munizioni cluster (più letali e instabili delle mine anti-uomo) rimaste inesplose ma pronte a rilasciare il loro carico letale se solo sfiorate. Nei mesi successivi la fine della guerra fonti militari israeliane avevano ammesso il lancio di sub-munizioni cluster. Il primo ministro Fouad Siniora ha preso atto della consegna delle informazioni sottolineando che si tratta di un passo comunque tardivo. Dalla fine della guerra circa 300 persone sono rimaste ferite o uccise a causa delle cluster con conseguenze anche sulla ripresa economica e sulla ricostruzione. Ancor oggi, da Sidone procedendo verso sud l’esercito consegna agli automobilisti di passaggio volantini con le foto di sub-munizioni cluster come misura di cautela; inoltre le campagne attorno a Bint Jbeil e Tiro sono ancora considerate insicure e numerosi appezzamenti restano incolti proprio per il rischio che possano nascondere cluster.
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mercoledì, maggio 13, 2009
Fuggito da anni negli Usa, nel 2008 cerca di tornare in Cina ma la polizia lo ferma e lo tiene in carcere in segreto per mesi, prima di accusarlo per “truffa”. Intanto la Fondazione Dui Hua fa un elenco di almeno 30 dissidenti in prigione dalle proteste di piazza Tiananmen.
Pechino (AsiaNews) – Dopo mesi di detenzione “non ufficiale”, è stato formalmente arrestato ieri per truffa Zhou Yongjun, leader degli studenti che nel 1989 hanno protestato in piazza Tiananmen. A distanza di 20 anni, si ritiene che almeno 30 persone siano ancora in carcere per avere partecipato alle proteste. Zhou da anni risiede negli Stati Uniti. Nel settembre 2008 ha cercato di rientrare in Cina di nascosto, ma è stato arrestato appena arrivato da Hong Kong. Ieri, infine, la polizia della sua città natale Suining (Sichuan) ha notificato alla famiglia l’ordine di arresto, poco prima del 20° anniversario del massacro di piazza Tiananmen, che cade il 4 giugno.
La famiglia di Zhou afferma che la polizia ha parlato di spionaggio e delitti politici, prima dell’accusa di truffa.
Nel 1989 Zhou era studente alla facoltà di giurisprudenza ed è stato tra i promotori del movimento studentesco che ha portato alle proteste di massa. Era in piazza Tiananmen la notte del 4 giugno, quando l’esercito ha circondato la piazza e sparato su chiunque ci fosse, con centinaia, forse migliaia di morti (nella foto: protesta nella piazza nel maggio 1989). Detenuto per anni, nel 1993 è stato liberato ed è fuggito negli Stati Uniti. Nel 1998 ha cercato di tornare in Cina, ma è stato condannato a 3 anni di rieducazione-tramite-lavoro, condanna amministrativa a veri lavori forzati. Scontata la pena, nel 2002 è tornato negli Usa.
Oggi la Fondazione Dui Hua, gruppo per la difesa dei diritti umani, ha denunciato che sono ancora in carcere almeno 30 persone che quel 4 giugno erano nella piazza, accusati di avere assalito i soldati che sono avanzati sparando sulla folla. Molti allora erano giovani operai, che il governo ha colpito con estrema durezza, persino maggiore di studenti e intellettuali. La Fondazione ha indicato 16 nomi.
A distanza di 20 anni, in Cina è proibito persino parlare di quegli eventi.
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mercoledì, maggio 13, 2009
A Betlemme Benedetto XVI “supplica” tutti i popoli della regione di accantonare i rancori. Per due volte ricorda il conflitto di Gaza. Ai palestinesi chiede di divenire “ponte di dialogo”.
Betlemme (AsiaNews) – Il Papa appoggia il diritto dei palestinesi ad una “sovrana patria”, “sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti”, “supplica” tutti i popoli della regione, in guerra da 60 anni “ad accantonare qualsiasi rancore e contrasto”, spera che vengono “allegeriti” i problemi di sicurezza, che hanno dato origine a pesanti difficoltà della vita economica, sociale e familiare delle popolazioni e che proceda la ricostruzione di Gaza, invita a rifiutare il terrorismo e soprattutto a “non avere paura”, di “edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore”.
E’ giornata di festa a Betlemme: negozi chiusi, bandiere palestinesi e del Vaticano ovunque, decine di striscioni che danno il benvenuto a Benedetto XVI, i cui ritratti, come quelli del presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, occhieggiano da tutte le parti. Man mano che ci si avvicina alla piazza della Mangiatoia, dove il Papa celebra messa si odono trombe e tamburi. Sono anche arrivati un folto gruppo di scout, ragazzi e ragazze, che marciano e che ai tamburi hanno unito inattese cornamuse.
Il sole è caldo, ma non spaventa le persone venuta pure da altri Paesi. C’è un gruppo anche da Gaza, al quale gli israeliani hanno concesso un inusuale permesso di venire in Cisgiordania. Benedetto XVI vi arriva passando attraverso una grande porta di metallo che interrompe il muro di sicurezza costruito dagli israeliani e che incombe su quasi tutta Betlemme. C’è una chiesetta in una delle strade che si spengono sul muro, soffocata dalla barriera di cemento. Abbas, nel suo saluto al Papa parla di “apartheid”.
“So – gli risponde Benedetto XVI - quanto avete sofferto e continuate a soffrire a causa delle agitazioni che hanno afflitto questa terra per decine di anni. Il mio cuore si volge a tutte le famiglie che sono rimaste senza casa”. “A quelli fra voi che piangono la perdita di familiari e di loro cari nelle ostilità, particolarmente nel recente conflitto di Gaza, offro l’assicurazione della più profonda compartecipazione e del frequente ricordo nella preghiera. In effetti, io prendo con me tutti voi nelle mie preghiere quotidiane, ed imploro ardentemente l'Eccelso per la pace, una pace giusta e durevole, nei territori Palestinesi e in tutta la regione”.
Nel piccolo palazzo presidenziale dell’Autorità nazionale palestinese, Benedetto XVI fa sue le ragioni dei palestinesi, ma al tempo stesso lancia un forte invito alla riconciliazione, che più tardi, alla messa, diverrà una esortazione a sperare. “La Santa Sede – dice ad Abbas - appoggia il diritto del Suo popolo ad una sovrana patria Palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti. Anche se al presente questo obiettivo sembra lontano dall’essere realizzato, io incoraggio Lei e tutto il Suo popolo a tenere viva la fiamma della speranza, speranza che si possa trovare una via di incontro tra le legittime aspirazioni tanto degli Israeliani quanto dei Palestinesi alla pace e alla stabilità”. Ricordando le parole di Giovanni Paolo II, non vi può essere “pace senza giustizia, né giustizia senza perdono”, “supplico – esclama - tutte le parti coinvolte in questo conflitto di vecchia data ad accantonare qualsiasi rancore e contrasto che ancora si frapponga sulla via della riconciliazione, per arrivare a tutti ugualmente con generosità e compassione, senza discriminazione. Una coesistenza giusta e pacifica fra i popoli del Medio Oriente può essere realizzata solamente con uno spirito di cooperazione e mutuo rispetto, in cui i diritti e la dignità di tutti siano riconosciuti e rispettati. Chiedo a tutti voi, chiedo ai vostri capi, di riprendere con rinnovato impegno ad operare per questi obiettivi. In particolare, chiedo alla Comunità internazionale di usare della sua influenza in favore di una soluzione. Credo e confido che tramite un onesto e perseverante dialogo, con pieno rispetto delle aspettative di giustizia, si possa raggiungere in queste terre una pace durevole”.
“Prego anche – aggiunge ancora - perché, con l’assistenza della Comunità internazionale, il lavoro di ricostruzione possa procedere rapidamente dovunque case, scuole od ospedali siano stati danneggiati o distrutti, specialmente durante il recente conflitto in Gaza”. Agli abitanti della Striscia, durante la messa, invierà “un caloroso abbraccio”, condoglianze per le perdite e solidarietà. In conclusione un appello “ai tanti giovani presenti oggi nei Territori Palestinesi: non permettete che le perdite di vite e le distruzioni, delle quali siete stati testimoni suscitino amarezze o risentimento nei vostri cuori. Abbiate il coraggio di resistere ad ogni tentazione che possiate provare di ricorrere ad atti di violenza o di terrorismo. Al contrario, fate in modo che quanto avete sperimentato rinnovi la vostra determinazione a costruire la pace”.
L’esortazione a guardare con speranza e positività al futuro diviene centrale durante la messa. Nella piazza che fiancheggia la basilica della Natività, sopra all’altare c’è una cometa a due code: di fronte una enorme bandiera palestinese alta due piani di un palazzo. C’è qualche migliaio di persone, a riempire quasi interamente la piazza. Folla piccola in sé, ma grande per i numeri dei cristiani di questa zona.
A Betlemme, naturalmente, il discorso del Papa parte dalla Natività. “Nell’assumere la nostra carne, con tutte le sue debolezze, e nel trasfigurarla con la potenza del suo Spirito, Gesù ci ha chiamato ad essere testimoni della sua vittoria sul peccato e sulla morte. E questo è ciò che il messaggio di Betlemme ci chiama ad essere: testimoni del trionfo dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo, sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione fra fratelli che dovrebbero vivere insieme in unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire!”.
“Paolo – prosegue il Papa - trae dall’Incarnazione una lezione che può essere applicata in modo particolare alle sofferenze che voi, i prescelti da Dio in Betlemme, state sperimentando: ‘È apparsa la grazia di Dio – egli dice – che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della venuta della nostra beata speranza, il Salvatore Cristo Gesù (Tt 2,11-13). Non sono forse queste le virtù richieste a uomini e donne che vivono nella speranza? In primo luogo, la costante conversione a Cristo che si riflette non solo sulle nostre azioni, ma anche sul nostro modo di ragionare: il coraggio di abbandonare linee di pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili. La cultura di un modo di pensare pacifico basato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri di tutti, e l’impegno a collaborare per il bene comune. E poi la perseveranza, perseveranza nel bene e nel rifiuto del male. Qui a Betlemme si chiede ai discepoli di Cristo una speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese dal cielo per dimorare sulla terra. ‘Non abbiate paura!’. Questo è il messaggio che il Successore di San Pietro desidera consegnarvi oggi, facendo eco al messaggio degli angeli e alla consegna che l’amato Papa Giovanni Paolo II vi ha lasciato nell’anno del Grande Giubileo della nascita di Cristo”.
“Contate sulle preghiere e sulla solidarietà dei vostri fratelli e sorelle della Chiesa universale, e adoperatevi con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire nuove possibilità a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione. Edificate le vostre Chiese locali facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica. Al di sopra di tutto, siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto, di quella vita che può illuminare e trasformare anche le più oscure e disperate situazioni umane. La vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche, ma in modo più importante – potremmo dire – di una nuova infrastruttura “spirituale”, capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona volontà nel servizio dell’educazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune. Avete le risorse umane per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa vi attende. Non abbiate paura!”.
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mercoledì, maggio 13, 2009
GreenPeace si complimenta con il Corpo forestale dello Stato per aver sequestrato 100mila tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dalla centrale a carbone Enel di Brindisi. Tutto lo sporco viene a galla, a conferma che il carbone 'pulito' non esiste e che gli impatti per l’ambiente sono molteplici e gravi.
GreenPeace - I rifiuti pericolosi venivano smaltiti in una cava del Reggino, in una zona sottoposta a vincolo. Dieci persone sono state arrestate tra cui tre funzionari Enel. Gli scarti, classificati come pericolosi, venivano trasformati con certificati di analisi insufficienti in rifiuti non pericolosi e avviati apparentemente a recupero per la produzione di laterizi.
Continuiamo ad assistere a incidenti gravi che interessano centrali a carbone in tutta Italia. A Genova è stato recentemente sequestrato un deposito di carbone per mancanza dei necessari impianti di depurazione delle acque di scolo. Nel Sulcis, invece, la scorsa estate carbonili a cielo aperto hanno preso fuoco per processi di autocombustione, diffondendo fumi tossici sul vicino centro di Portoscuso.
La gestione delle grandi quantità di rifiuti solidi dalle centrali a carbone rimane un grave elemento di preoccupazione. Eppure il governo continua ad autorizzare nuovi impianti a carbone, contro gli impegni europei al 2020 che spingono verso lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
L'ultimo caso è l'autorizzazione della centrale Enel di Porto Tolle, nel bel mezzo del parco naturale del Delta del Po, contro le stesse leggi nazionali e regionali per la protezione dell'ambiente. Il fatto di autorizzarle in barba a regolamenti e norme regionali con un escamotage normativo rivela l'atteggiamento anti-ambientale del Governo.
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