mercoledì, maggio 31, 2017
La politica a due facce degli Usa con le milizie sciite filo-iraniane: alleati in Iraq, nemici in Siria. Gli scontri fra ribelli e combattenti sciiti si concentrano nel sud-est del Paese. L’obiettivo è creare una via di rifornimento che collega Siria e Iraq. I problemi per la regione mediorientale e gli ostacoli al processo di riforme intrapreso a Teheran.

Damasco (AsiaNews) - Gli Stati Uniti hanno inviato un nuovo rifornimento di armi ai gruppi ribelli sunniti in Siria, in lotta contro il presidente Bashar al-Assad e le milizie sciite sostenute dall’Iran. Gli stessi gruppi combattenti che, in Iraq, sono invece un prezioso alleato nella lotta contro lo Stato islamico (SI) e nell’offensiva in atto a Mosul, roccaforte del “Califfato”.

Gli scontri in atto fra ribelli e milizie sciite si concentrano nel sud-est della Siria, teatro nell’ultimo periodo di una campagna promossa dalle forze filo-iraniane. L’obiettivo dei guerriglieri sciiti è quello di creare una via di rifornimento che va dall’Iraq alla Siria.

L’escalation della tensione dell’ultimo mese si concentra nella regione di Badia, nel sud-est della Siria. Le forze governative di Damasco, sostenute dalle milizie irakene, hanno ingaggiato pesanti combattimenti contro i gruppi ribelli anti-Assad. Oltreconfine, si registra il trasferimento di milizie filo-iraniane da Mosul verso il confine, per continuare anche in Siria la lotta contro l’Isis.

La decisione di Washington di fornire nuove armi e mezzi ai combattenti sunniti rischia di inasprire ancor più i rapporti con Baghdad, che conta sulla presenza dei guerriglieri sciiti per sconfiggere lo Stato islamico (SI). Inoltre, essa rischia di avere pesanti riflessi anche in territorio siriano esacerbando ancor più una situazione già incandescente.

Nel suo recente viaggio in Arabia Saudita, prima missione diplomatica all’estero dal suo insediamento, il presidente Usa Donald Trump ha rilanciato le accuse contro Teheran, colpevole secondo la Casa Bianca di “sostenere, armare e addestrare” terroristi e milizie in tutto il Medio oriente, ma soprattutto in Iraq e Siria.

Analisti ed esperti di politica mediorientale sottolineano che, più di Teheran, sono proprio gli Stati Uniti e gli alleati arabi a soffiare sul fuoco del conflitto. Un gruppo di studiosi - un economista, un sociologo e un geografo - citati da Le Monde ricordano la “prova di maturità” mostrata dagli iraniani con le ultime elezioni [e la riconferma del moderato Hassan Rouhani] e gli obiettivi di “stabilità” perseguiti dalla sua leadership.

Gi studiosi sottolineano che non è l’Iran responsabile “dell’occupazione di Mosul e Raqqa” o degli attentati dell’11 settembre, o ancora degli attacchi a Manchester o a Charlie Hebdo solo per ricordarne alcuni. Ed è proprio l’Iran, assieme ai curdi, la sola forza militare che ha mostrato di saper respingere sul campo le offensive dello Stato islamico in Siria e Iraq.

La politica promossa dal presidente americano, concludono gli esperti, in “concertazione” con Arabia Saudita e Israele, “non si tradurrà con tutta probabilità in una guerra aperta con l’Iran”. Tuttavia, essa rischia di minare la “dinamica pacifica” in atto nel Paese dall’ascesa dei moderati guidati da Rouhani.


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