L'Europa, mai così divisa, si incontra per il vertice continentale. Tutto è in discussione, mentre la Bank of America denuncia la disgregazione dell'Unione come il rischio più grave ma meno improbabile per la stabilità mondiale. Un motivo in più per non decidere nulla.
Di Lorenzo Carchini
Trattati, Brexit, immigrazione, crescita. Sono tanti i temi sui quali i paesi europei dovrebbero sedersi e discutere. Eppure la sensazione è che anche questa volta il vertice si risolverà in parate, strette di mano e sorrisi in favore di camera. Con l'autunno, sembrano sbocciare vecchie alleanze in punta di coltello, quella tra Francia e Germania, tornano vecchie massime: "speranza con realismo" secondo Frau Merkel, "volontà nelle convinzioni" vola Juncker.
Parole che rafforzano l'impressione che in Europa un programma politico vero e proprio non ci sia e ancora per un po' non ci sarà. I piccoli passi diventano così necessari: piccole intese, minimo comune denominatore per un momentaneo prosieguo, in attesa di elezioni e referendum futuri.
Troppi temi vedono la conflittualità polare nel continente: Nord contro Sud, Ovest contro Est. Conflittualità che si riflettono in una società disordinata ed un'economia spezzata, lenta. La "crisi esistenziale" dell'Unione Europea è affare serio e non si risolverà in un vertice. Troppi interessi locali riescono ancora a tener testa al bene generale, non soltanto nell'Est dei muri e dei nazionalismi, ma anche nella Germania, inviperita per l'incontro euro-mediterraneo, e nella Francia del "presidente debole".
Dunque cosa aspettarsi? Meglio non aspettarsi nulla, Bratislava potrà al massimo essere l'inizio di un percorso destinato a protrarsi fino al vertice del prossimo Marzo a Roma, per i sessant'anni del Trattato, alla ricerca di una roadmap il più possibile condivisa, ovvero ridotta ai minimi termini.
A livello politico, lo scontro più forte sarà con i paesi dell'Est, in particolare sulla vicenda immigrati. Il gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) appare più compatto del "blocco occidentale" nel tentativo di bloccare il flusso migratorio dalla Turchia. Tuttavia, difficilmente si deciderà di "matare" lo stanco toro europeo, limitandosi a mostrare i muscoli, allettati dalla prospettiva, imprevedibilmente futuribile, di un piano di difesa europeo (che poi sarebbe il primo timido sbocco verso quell'esercito europeo tanto osteggiato dal Regno Unito).
A livello economico, invece, vedremo quali saranno i postumi dell'incontro organizzato da Tsipras con i sette paesi mediterranei sulla crescita e la flessibilità. Qui la divisione è nota da tempo e non troverà la classica soluzione dalla sera alla mattina: troppo vicine le elezioni in Olanda, Francia e Germania, con partiti euroscettici che rampano sul consenso popolare contro l'immobilismo ed il logorio della vita diplomatica del continente.
Infine, il famigerato TTIP. Nonostante la lettera firmata dall'Italia ed altri 10 paesi, con le elezioni americane alle porte difficilmente l'Unione, Germania e Francia in primis, muoverà un dito per sbloccare le trattative per un accordo che non c'è mai stato e che mai ha incontrato un particolare favore dell'opinione pubblica da nessuno dei lati dell'Atlantico.
Trattati, Brexit, immigrazione, crescita. Sono tanti i temi sui quali i paesi europei dovrebbero sedersi e discutere. Eppure la sensazione è che anche questa volta il vertice si risolverà in parate, strette di mano e sorrisi in favore di camera. Con l'autunno, sembrano sbocciare vecchie alleanze in punta di coltello, quella tra Francia e Germania, tornano vecchie massime: "speranza con realismo" secondo Frau Merkel, "volontà nelle convinzioni" vola Juncker.
Parole che rafforzano l'impressione che in Europa un programma politico vero e proprio non ci sia e ancora per un po' non ci sarà. I piccoli passi diventano così necessari: piccole intese, minimo comune denominatore per un momentaneo prosieguo, in attesa di elezioni e referendum futuri.
Troppi temi vedono la conflittualità polare nel continente: Nord contro Sud, Ovest contro Est. Conflittualità che si riflettono in una società disordinata ed un'economia spezzata, lenta. La "crisi esistenziale" dell'Unione Europea è affare serio e non si risolverà in un vertice. Troppi interessi locali riescono ancora a tener testa al bene generale, non soltanto nell'Est dei muri e dei nazionalismi, ma anche nella Germania, inviperita per l'incontro euro-mediterraneo, e nella Francia del "presidente debole".
Dunque cosa aspettarsi? Meglio non aspettarsi nulla, Bratislava potrà al massimo essere l'inizio di un percorso destinato a protrarsi fino al vertice del prossimo Marzo a Roma, per i sessant'anni del Trattato, alla ricerca di una roadmap il più possibile condivisa, ovvero ridotta ai minimi termini.
A livello politico, lo scontro più forte sarà con i paesi dell'Est, in particolare sulla vicenda immigrati. Il gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) appare più compatto del "blocco occidentale" nel tentativo di bloccare il flusso migratorio dalla Turchia. Tuttavia, difficilmente si deciderà di "matare" lo stanco toro europeo, limitandosi a mostrare i muscoli, allettati dalla prospettiva, imprevedibilmente futuribile, di un piano di difesa europeo (che poi sarebbe il primo timido sbocco verso quell'esercito europeo tanto osteggiato dal Regno Unito).
Infine, il famigerato TTIP. Nonostante la lettera firmata dall'Italia ed altri 10 paesi, con le elezioni americane alle porte difficilmente l'Unione, Germania e Francia in primis, muoverà un dito per sbloccare le trattative per un accordo che non c'è mai stato e che mai ha incontrato un particolare favore dell'opinione pubblica da nessuno dei lati dell'Atlantico.
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