mercoledì, giugno 15, 2016
Scoppia la polemica per l'articolo uscito stamane su Repubblica: "Direi sì anche a Lucifero per mandarlo via. Dopo di lui possibile ricostruire il campo della sinistra". Bufera nel Pd. Ma subito arriva la smentita dal suo ufficio stampa: "Frasi mai pronunciate".

di Lorenzo Carchini

Il retroscena è di quelli gustosi, capaci di mandare di traverso il caffè ai lettori, e che potrebbe riempire pagine per i prossimi giorni, scaldando ulteriormente l'atmosfera prima del ballottaggio del 19 giugno prossimo. "Pur di mandare via Renzi, Massimo D'Alema, con un sorrisetto, dice che sarebbe disposto a votare Lucifero", scrive Goffredo De Marchis su Repubblica, figuriamoci davanti alla candidata grillina Virginia Raggi".

Una scelta figlia di incontri, sfoghi, battutine ed un sogghignante "No" a rilasciare commenti su queste Amministrative 2016, che vedono il Pd col fiatone in molte delle principali città italiane.

Una soluzione anti-renziana in piena regola, dunque, un tentativo di golpe interno al quale farebbe seguito la scelta del No al referendum d'ottobre, condito magari da una caduta di governo e la ricostruzione di una sinistra riformista. Il tutto smentendo le parole di una dalemiana doc come Livia Turco, che avrebbe ammesso: "D'Alema è contro Renzi ma voterà Giachetti".

Il tutto, nella ricostruzione di De Marchis, in un seducente vedo non vedo, tra incontri segreti nella "sua" Bari e a Palazzo Farnese, tra i membri della Fondazione Italianieuropei, alla ricerca di un'altra stagione politica, priva dell'ex sindaco di Firenze.

"Oggi è cambiato tutto", sarebbe questo il mantra dell'ex premier, ed il voto alla Raggi sarebbe soltanto un passaggio intermedio. Dal dato delle amministrative, soprattutto a Roma e Milano, partirebbe "un viaggio diverso", in direzione del referendum, per il quale D'Alema si attiverà per la formazione dei comitati del No.

Dunque, in barba ad ogni disciplina di partito, D'Alema, urne permettendo, sarebbe pronto a tirare la mazzata decisiva al governo, ricorrendo all'aiuto anche del presidente pugliese Emiliano, dell'ex sindaco Ignazio Marino e del presidente della Treccani Massimo Bray.

Ricostruzione affascinante, ma quanto realisticamente applicabile? Possono essere dei buoni compagni del "nuovo viaggio" un presidente forte ma fresco di sconfitta nel referendum No-Triv, l'ex sindaco di Roma ed un gentiluomo ex ministro dei Beni Culturali?

Le domande sarebbero molte, ma rimarrebbero aperte. La smentita da parte dell'entourage dell'ex premier non si è fatta attendere: "L'articolo pubblicato da 'Repubblica' è falso - si legge nella nota diramata - I numerosi virgolettati riportati, a cominciare dal titolo, corrispondono a frasi mai pronunciate".

Una ricostruzione, continua, frutto della fantasia del cronista "e della volontà dei suoi mandanti". E qui, direbbe il Bardo, sta l'intoppo. Chi sarebbero i mandati a cui la nota fa riferimento? C'è una lista di nomi o cosa? Che interesse avrebbe Repubblica o De Marchis, un giornale ed un professionista serio, a scrivere un articolo del tutto inventato?

Nel Pd, è già scoppiata la bufera - il tutto sopra la testa dell'inerme Giachetti - mentre Repubblica difende il proprio operato ed attacca: "Parlare di mandanti esterni è grottesco, a muoverci non è altro che il giornalismo che significa raccontare storie di interesse generale".

"Polemica chiusa" aveva perentoriamente scritto l'onorevole Orfini, all'arrivo della nota dell'ufficio stampa di D'Alema. E invece no, onorevole, la polemica è appena cominciata.


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