martedì, marzo 01, 2016
Per gli irakeni è una “esagerazione”. Il pericolo secondo Washington è “serio e senza precedenti”. In caso di cedimento a rischio fino a 1,47 milioni di persone. Da 30 anni i tecnici innestano materiale alla base per sostenerla. Per un breve periodo è finita sotto il controllo dello Stato islamico. Parlamentare cristiano: non vi sono segnali di cedimento.

Baghdad (AsiaNews) - Il rischio collasso della diga di Mosul è “serio e senza precedenti” e le popolazioni che stanno a valle devono tenersi pronte in qualsiasi momento a evacuare. È l’allarme lanciato dall’ambasciata statunitense a Baghdad, secondo cui in caso di scoppio le acque frutto dell’inondazione potrebbero uccidere fino a 1,47 milioni di irakeni stanziati lungo il corso del fiume Tigri. Il premier Haydar al-Abadi riferisce che sono state prese misure preventive e - a differenza del governo statunitense - minimizza il problema, affermando che le possibilità di crollo sono “altamente improbabili”
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La diga di Mosul è fra le più pericolose al mondo. Realizzata all’inizio degli anni’80 su terreni calcarei e altri minerali che si dissolvono a contatto con l’acqua, ha rischiato fin dall’inizio dei lavori di collassare. Da 30 anni gli addetti alla manutenzione sono costretti a pompare tonnellate di malta alla base, per cercare di sostenerla ed evitare una breccia catastrofica.

Di recente il genio militare americano, che pone molta enfasi sulla vicenda, ha rinnovato le preoccupazioni: in caso di cedimento un lago da 11 milioni di metri cubi di acqua inonderebbe la valle del Tigri allagando Mosul, Baghdad, Samarra e Tikrit, con conseguenze catastrofiche. Era la paura che, per un breve periodo del 2014, in tanti avevano avvertito quando i jihadisti dello Stato islamico (SI) avevano interrotto i lavori di protezione.

Uno studio dei ricercatori dell’università svedese di Lulea ha analizzato il caso, simulando le conseguenze di una inondazione: un’onda d’acqua di 26 metri raggiungerebbe Mosul in 4 ore, proseguendo dopo altre 18 ore con un’altezza di 16 metri fino a coprire con 4 metri di acqua e detriti il centro di Baghdad il giorno successivo.

Nelle scorse settimane il governo irakeno ha affidato a un’azienda italiana, la Trevi Group, il compito di mettere in sicurezza la struttura; garantire la sicurezza dei lavoratori vi saranno almeno 500 militari dell’esercito, che avranno fra gli altri anche compiti di formazione e addestramento delle forze locali.

Se la vicenda della diga di Mosul tiene banco sui media internazionali e nelle cancellerie occidentali, i vertici istituzionali irakeno non sembrano prestare grande attenzione alla controversia. Interpellato da AsiaNews il parlamentare cristiano Yonadam Kanna, leader dell'Assyrian Democratic Movement, membro della Commissione parlamentare sul Lavoro e gli affari sociali, spiega che “i primi avvertimenti Usa” sulla diga “risalgono al 2006”. Non riesco a capire, aggiunge, il perché di questa “attenzione esagerata” degli Stati Uniti sulla vicenda; l’ultima informativa statunitense è di qualche giorno fa e parlava di un “abbassamento improvviso di un metro del livello dell’acqua”, come evidenziato dalle immagini satellitari. In realtà, l’analisi sul campo dei tecnici irakeni ha mostrato che “non vi è alcun abbassamento delle acque della diga”. “In ogni caso posso confermare - conclude il parlamentare cristiano - che al momento non vi sono segnali di possibili cedimenti in alcun punto della struttura” e questo varrà anche “per i prossimi decenni”.


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