lunedì, gennaio 19, 2015
Cronaca per parole e immagini del Papa a Manila e Tacloban 

di Paolo Fucili 

La sintesi migliore, per brevità e brillantezza, è di mons. Villegas, presidente dei vescovi filippini, incaricato ieri in questa veste di rivolgere l’indirizzo di omaggio al Papa, al Rizal Park, alla messa dei 7 milioni (!) di partecipanti: “un amore a prova di tifone”, è quello sbocciato tra Francesco e quel popolo. Il riferimento è alla circostanza più “avventurosa” del viaggio (vedi sotto), ma varie altre se ne potrebbero citare, di 4 giorni (dall’arrivo giovedì sera alla partenza stamane) di crescendo rossiniano di emozioni vissute con Francesco nelle Filippine. Lo aveva detto già, del resto, sull’aereo per Manila, richiesto dai cronisti al seguito di far sintesi anche lui del messaggio fondamentale che portava con sé: “dirò una parola... Il centro, il nocciolo del messaggio saranno i poveri... i poveri che hanno sofferto per il tifone Yolanda... i poveri che hanno la fede, la speranza in questa commemorazione del V centenario della predicazione del Vangelo nelle Filippine”. E poveri più poveri della gente di Tacloban - cui il meteo ha fatto gentile dono di una tempesta anche nello storico giorno di un Papa che si spinge fin là a visitarli - è difficile anche solo immaginarli. Perciò la sintesi nostra del breve quanto impegnativo soggiorno filippino di Bergoglio partirà proprio da lì. Con tante scuse da subito, per meri motivi di spazio, per il non poco che rimarrà fuori.

TACLOBAN – La distesa di 300.000 impermeabili gialli sferzati dal vento, stretti attorno al Pontefice, incellophanato anche lui sopra i paramenti sacri, ha scritto sabato una pagina epica della storia dei viaggi papali. Non solo perché era la remota Tacloban da subito, abbiamo appreso là dalla viva voce di Francesco, la vera meta “ideale” del suo settimo viaggio all’estero, da quando l’eccezionale furia di Yolanda (novembre 2013, con registrati 8.000 e mezzo milione abbondante di case distrutte) fece parlare di sé fino a Roma: “in quei giorni ho deciso di fare il viaggio qui, ho sentito che dovevo venire qui”. E per fare tanta strada e infine ammettere “non so che cosa dirvi”, ci vuole tutta la disarmata schiettezza di cui Francesco è capace in casi simili. Vedi l’omelia improvvisata a braccio alla messa in aeroporto, “guardiamo Cristo: lui è il Signore, e lui ci comprende perché è passato per tutte le prove che ci hanno colpito”, niente altro. Le autorità del luogo frattanto avevano già deciso di riportare a Manila il Papa, tra la tempesta del mattino e quella del pomeriggio. Ma seppur pressato dal meteo infausto, per mitigare la generale delusione Francesco ha semplicemente “compresso”, anticipandoli, i tempi del programma, anziché tagliarlo: pranzo veloce all’episcopio di Palo con una delegazione di sopravvissuti di Yolanda e rapida visita in cattedrale per un saluto alla gente là radunata. Poi rapido decollo attorno all’una per Manila, dove lo ha raggiunto la notizia della povera Chrystel, 27 anni, volontaria dell’organizzazione morta schiacciata da un’impalcatura abbattuta dal vento. Non scontati, perciò belli, i gesti del dedicarle una preghiera in pubblico l’indomani, all’incontro coi giovani, e del ricevere il padre di lei alla nunziatura di Manila, dove il Papa soggiornava.

BAMBINI – Altro imprevisto “saliente” del viaggio, questo però volutamente cercato dal Pontefice, accompagnato come un’ombra dal fido arcivescovo Tagle di Manila (consacrato da questo viaggio astro nascente del collegio cardinalizio dell’era Bergoglio). Il primo giorno pieno di programma, venerdì, diceva 9.15 – in dettaglio – cerimonia di benvenuto al palazzo presidenziale, 11.15 messa con clero, religiosi e seminaristi in cattedrale. Al ritorno dunque in nunziatura, il corteo papale devia verso un centro della Fondazione ANAK-Tnk, impegnata con le legioni di poveri bambini di strada di quella sterminata megalopoli. Erano mesi, si è appreso poi, che tempestavano Santa Marta di lettere con storie di accattonaggio, violenza, droga, prostituzione.. Tenacia ampiamente ripagata con le istantanee più commoventi del viaggio, il Papa allegramente assalito da decine di piccole mani, alla ricerca di una carezza, un saluto o un gesto di affetto. “Perché Dio permette questo? E perché solo poche persone ci aiutano?”. A questo punto, domenica mattina, la quattordicenne June, ex bambina di strada anche lei, non ha più trattenuto il pianto mostrato da tutti i tg, col Papa intento a consolarla. Era una dei tre incaricati di rivolgere al Pontefice una domanda, all’Incontro con i giovani all’Università Santo Tomas, l’unica per la quale una “risposta” non c’è, tantomeno nel ‘freddino’ discorso pronto da leggere. Altro cambio di programma, dettato dall’ormai rovente atmosfera emotiva della circostanza. “E’ una grande domanda, per tutti”, Francesco spiega a braccio con l’aiuto del traduttore spagnolo-inglese (già chiamato peraltro in causa altre volte); “ci son realtà della vita che si vedono solo con gli occhi lavati dalle lacrime”. E “se non imparate come si piange non potrete essere buoni cristiani”.

AUTORITA’ – E di pianti di commozione, in effetti, le telecamere ne hanno inquadrati a iosa un po’ dappertutto. Con la vistosa eccezione citato palazzo del presidente Benigno Aquino III, scenario del benvenuto al Papa venerdì mattina. Inni nazionali, salve di cannone, onori militari, vuole il protocollo dei capi di Stato, i panni in cui papa Bergoglio sta meno comodo. Specie se poi il presidente se ne esce, al momento dei discorsi ufficiali, con una stonato lamento per le eccessive – a suo dire – critiche che l’episcopato cattolico fa piovere sulla sua testa. Risposta di Francesco, i politici si preoccupino piuttosto, ora più che mai, di “distinguersi per onesta, integrità, responsabilità per il bene comune, cogliendo semmai l’occasione dell’“anno dei poveri” - che la Chiesa vuole proclamare là – per un solenne buon proposito: “un fermo rifiuto di ogni forma di corruzione che distolga risorse dei poveri”, scalando così magari qualche posizione della relativa classifica mondiale, in cui le cattoliche Filippine giacciono scandalosamente in basso. Neppure sul volto devastato dai chirurghi plastici di Imelda Marcos – sempre in tema di autorità e scandali, e chiudiamo - si sono viste lacrime. Nessun pudore per la vedova del dittatore Ferdinando Marcos, deposto negli anni ’80, a dichiarare a Tacloban che “è bellissimo l’amore di Francesco per i poveri, se tutti lo seguissero il mondo sarebbe migliore", dice ora l’ex first lady di Manila, nota all’epoca per le migliaia di scarpe firmate del suo guardaroba presidenziale.

FAMIGLIA - E attenzione - Francesco ha aggiunto di fronte al presidente Aquino e alla classe dirigente del paese - al rischio dello “sfigurare” la famiglia, in tema di “rispetto per l’inalienabile diritto alla vita” , per i bimbi non ancora nati come per anziani e malati. E’ da anni che l’opinione pubblica filippina è agitata dal dibattito sulla legge sulla “salute riproduttiva” ratificata nel 2012 sotto pressione di ONU, UNICEF e altre ONG internazionali, per contenere – a loro dire - l’alto tasso di natalità con condom e pillole gratis. Sono le “colonizzazioni ideologiche” con cui l’Occidente ricco, tramontata l’epoca di quelle politiche, impone il proprio predominio sul resto del mondo. Il virgolettato è del lungo discorso (metà scritto, metà improvvisato anch’esso a braccio) alla Mall of Asia arena, il moderno centro commerciale e palazzo dello sport scenario venerdì del festoso incontro con le famiglie. “Come i nostri popoli”, per dirla proprio con Francesco, “in un momento della loro storia arrivarono alla maturità di dire ‘no’ a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto sagaci, molti abili, molto forti per dire ‘no’ a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica”. Altri del resto, sono i problemi delle famiglie filippine, a giudicar dalle testimonianze di alcune di loro. Le distanze che le dividono, ad esempio, quando uno dei genitori è costretto a partire per trovare lavoro e sostentare così i figli e il coniuge: una vera e propria emergenza sociale, in un paese con 10 milioni di uomini e donne trapiantati all’estero. Frammentazione e pure materialismo, stili di vita che “annullano le più fondamentali esigenze della morale cristiana”, tentativi di ridefinire anche laggiù la stessa istituzione del matrimonio “mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita”, Francesco ammonisce da Manila, non solo evidentemente a beneficio delle Filippine.

FESTA DI POPOLO – Infine una menzione doverosa per i tanti senza volto né nome, le sterminate folle sullo sfondo di ogni appuntamento del viaggio, compresi i tragitti per strada tra muri compatti e festosi di gente. E l’apoteosi, se ci è concesso il termine, è stata come prevedibile la messa di domenica pomeriggio al Rizal Park, stesso luogo della messa che là celebrò Wojtyla, 20 anni fa esatti, a fine decima Giornata mondiale della Gioventù. L’asticella del record della liturgia più affollata della storia è salita dai 4-5 milioni quantificati allora ai ben 7 stimati ieri dalle autorità. Con l’omelia del Papa che è sembrata quasi una “summa” di parole, gesti, discorsi del viaggio intero: “no” a “strutture sociali che hanno reso permanente la povertà, l’ignoranza, la corruzione”; “no” alle insidie del diavolo nascoste “dietro l’apparenza della sofisticazione, il fascino di essere ‘moderni’, ‘come tutti gli altri’”; “no” a “insidiosi attacchi” alla famiglia e a “programmi contrari a tutto quanto noi riteniamo vero e sacro”. E’ stata solennizzata anche così la festa del “santo Nino”, il Gesù bambino della statua donata illo tempore da Magellano ad un re indigeno, ora custodita a Cebu, in un venerato santuario, ogni terza domenica di gennaio. Un ricco capitolo di storia della proverbiale devozione popolare dei filippini. “Vi affido a lui”, è stato il commosso congedo di Francesco, perché “continui a benedire le Filippine e a sostenere i cristiani di questa grande nazione”, così che siano “missionari della gioia del Vangelo in Asia e nel mondo intero”.


È presente 1 commento

Unknown ha detto...

"Armatevi e partite" -> "Picchiate e partorite!" nelle rivisitazioni gesuite!

"Cattolici, fate i vostri figli in maniera responsabile"
urla bergoglio al risveglio[1] dopo la rissa con sbronza[2]
"che irresponsabilmente già se li fa il clero papabile "
avrà pensato nella sua mente cinica gesuitica e stronza...

Dopo la cazzata-mazzata del pugno ora rivende carote
coprendo il violento messaggio pregresso col sesso
le coppie sono sempre ottimi affari ... http://www.sharedits.net/M-Ebooks-E-2625956-C-1.html

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa