mercoledì, maggio 21, 2014
Dopo il faccia a faccia Grillo - Vespa, Repubblica rompe gli indugi e fa il sui endorsement e titola: “Renzi sfida Grillo. Vincerò il derby, il governo non rischia”. 

di Corradino Mineo 

All’interno trova spazio un’intervista a Emanuele Macaluso, già comunista siciliano, sostenitore testardo del valore nazionale dell’operazione Milazzo (un governo Destra-Sinistra dell’isola quando, nel 58, sembrò che anche una parte della borghesia mafiosa cercasse strade nuove, e oggi interprete ascoltato del Napolitano-Pensiero. Repubblica gli chiede: “Poniamo che il sorpasso (di Grillo) invece avvenga, Napolitano scioglierà le Camere? «Non credo. Io non le scioglierei. Per cosa poi, per un sorpassino in un voto che non è nemmeno quello delle politiche? Non cambiano mica i rapporti parlamentari».

Il Fatto risponde con una lunga intervista di Marco Travaglio a Gianroberto Casaleggio, che cerca di correggere quella parte di amaro lasciata in bocca dal Grillo-Vespa, mostrando che M5S saprebbe ben guidare la transizione dall’attuale assetto costituzionale a una nuova Repubblica fondata sul superamento della democrazia rappresentativa e della contrapposizione destra-sinistra. “Se vinciamo, io e Grillo pronti a fare i ministri è il titolo” dell’intervista. L’altro direttore, Antonio Padellaro, se la prende con quelli che negano l’ineluttabilità del successo a 5 stelle: “Chi parla di mal di pancia fa finta di non capire cosa bolle nella profondità di una nazione, in quegli strati sociali massacrati dalla crisi che non credono più a una parola della politica tradizionale o nei compromessi: o noi o loro, appunto.”

Stampa e Corriere buttano la palla in angolo deprecando il tono volgare dello scontro: “Fra Grillo e Berlusconi, le europee degli insulti”, scrive il giornale di Calabresi, “Una campagna vergognosa. Liti da cortile, Europa dimenticata”, gli fa eco il quotidiano firmato De Bortoli. Da segnalare, sul Corriere, anche un “colloquio” non proprio un’intervista, della Meli e Renzi, il quale avrebbe definito “operazione Argo” l’invio in forza di fedelissimi (Maria Elena Boschi, Giuliano Poletti e Graziano Del Rio) nel sud e nelle isole, dove è più probabile che i voti dei democratici vengano “sequestrati” da Grillo. L’intento è di liberarli quei voti, come nel ’79 spie americane e canadesi riuscirono a portare a casa 6 funzionari a stelle e strisce tra quelli sequestrati dai rivoluzionari di Teheran. Personalmente avevo consigliato al segretario del Pd di commissariare il partito in Sicilia, vedremo. Vedremo se sovrapporre all’ultimo minuto l’immagine del Governo romano alla rissa tra i vari cacicchi del Pd e l’ineffabile Crocetta porterà qualche beneficio.

Basta. Fra meno di 5 giorni sapremo. Per quanto riguarda l’Europa, sapremo fino a che punto gli elettori francesi sanzioneranno il tentativo fallito di Hollande di ancorare la Francia alla “locomotiva" tedesca. Vedremo se Martin Schulz, candidato socialdemocratico alla Presidenza dell’Europa, verrà o no umiliato in patria. Se i popolari spagnoli pagheranno per la carneficina sociale in cui hanno precipitato il paese, e se Tsipras confermerà, in Grecia, il buon risultato delle amministrative. Quanto all’Italia, lo scenario peggiore (almeno per me) è che perda Renzi, non vinca Grillo e alla fine prevalga di nuovo Napolitano. Cioè, che torni, come ineluttabile, la vecchia idea delle “larghe intese”, la tendenza nel Pd ad arroccarsi nel palazzo insieme ad Alfano e a Berlusconi, l’illusione che il Paese si possa salvare varando riforme che hanno solo il senso di forzare le regole del gioco per garantirsi che il gioco continui: una legge elettorale che premi coalizioni pasticciate e riduca il ballottaggio a pura eventualità, un Senato trasformato in bivacco di sindaci e governatori, per dar modo al governo di controllarli. Qualcuno anticipa già un siffatto scenario: Bettini, ieri sul Messaggero, lo stesso Macaluso. Ci vorrà coraggio, disinteresse e trasparenza per salvare il salvabile, dopo il voto di domenica.

Chiudo con Agnes Heller, su Repubblica: “L’Europa diventerebbe un puro e semplice museo se dovesse scomparire anche la fantasia, lo spirito creativo degli europei, se gli europei dovessero limitarsi a starsene seduti sugli antichi allori, se l’ispirazione ricevuta dal passato dovesse lentamente morire, se la democrazia liberale dovesse diventare una questione di abitudine.

Sì, l’Europa potrebbe diventare un semplice “museo all’aria aperta”: ma speriamo che non accada.”


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