venerdì, gennaio 10, 2014
Dopo il recente pronunciamento della Corte europea dei diritti umani, che ha condannato l’Italia per aver negato ad una coppia la possibilità di dare alla figlia il cognome della madre, il Consiglio dei ministri ha approvato stamani il disegno di legge bipartisan, presentato dal Partito Democratico e da Forza Italia, sull’attribuzione del cognome ai figli.

Radio Vaticana - Previsto l'obbligo, per l'ufficiale di stato civile dell’iscrizione all'atto di nascita, del cognome materno in caso di accordo tra entrambi genitori. In una nota di Palazzo Chigi si precisa che la materia verrà comunque approfondita. Lo scopo del provvedimento è di garantire piena libertà ai genitori nel decidere quale cognome – uno solo o entrambi e in quale ordine – attribuire ai figli. Il servizio di Amedeo Lomonaco. ascolta

“In nomen omen”: nel nome – diceva lo scrittore latino Plauto – è racchiuso il destino. Ancora oggi, in diversi contesti, è rilevante il significato che la società e l’individuo attribuiscono al fatto di discendere da una certa famiglia. Il cognome, inoltre - soprattutto nei secoli passati - era legato spesso alla trasmissione ereditaria della proprietà e di attività produttive. Ma non è solo una questione legata all’identità. Ci possono essere motivazioni affettive per sigillare ad esempio, anche formalmente, l’amore di una figlia verso il padre. Dietro la scelta di attribuire - solo o anche - il cognome materno c’è, secondo alcuni, anche la volontà di superare lo strascico di quella che viene considerata una “cultura patriarcale”. E al contrario di vari Paesi europei o dell’America Latina, in Italia resta una norma consuetudinaria, saldamente radicata, quella di trasmettere al figlio solo il cognome del padre.

In base alle disposizioni in vigore prima dell’approvazione, stamani, del disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri, era possibile aggiungere il cognome della madre, ma non dopo la nascita di un figlio nel momento della registrazione all’anagrafe. La domanda doveva essere inoltrata alla Prefettura di competenza e, nell’apposito modulo, i genitori dovevano anche spiegare le motivazioni della loro richiesta, solitamente legata al desiderio di trasmettere ai figli i cognomi di entrambi. Più complesso l’iter per sostituire il cognome paterno con quello materno, ad eccezione dei casi in cui il cognome del padre è ritenuto “ridicolo o vergognoso”.

Nel presentare la proposta di legge, è stato ricordato come sia “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. “Il figlio naturale – si legge nel testo approvato oggi – assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto”. “Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume i cognomi di entrambi i genitori”. Su questo disegno di legge si sofferma mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente generale dell’Azione Cattolica:

R. – A me pare che questa proposta di legge, evidentemente, affronti uno dei problemi che riguardano il concetto di famiglia; credo che però i valori da ricercare oggi siano altri e le leggi dovrebbero preoccuparsi di altre cose, molto più gravi e molto più urgenti, anche se questa non è da scartare. E’ bene che ci siano tutte e due le possibilità: un riferimento alla famiglia del padre e alla famiglia della madre.

D. – Anche perché il focus della questione riguarda proprio l’implicazione legata all’identità, sia quella del padre, sia quella della madre …

R. – Certo. Per quello che io sarei contrario ad ammettere soltanto quello della mamma, adesso, perché saremmo ancora al punto di prima. Se facciamo una legge, facciamola proprio perché ci siano tutte e due queste identità, che questo figlio si porta come nuova sintesi di un mondo che tiene conto delle sue radici. E le radici sono due.

D. – Una sintesi di cui troviamo traccia anche nella natura, nella biologia: ogni nascituro possiede 46 cromosomi, 23 di origine paterna e 23 di origine materna …

R. – Ma è chiaro questo: il Creatore questo lo aveva già fatto! Quindi siamo noi che siamo complicati con i nostri registri. Se oggi questo viene anche tradotto concretamente, può essere una bella innovazione. L’importante è che ambedue i genitori vengano considerati come fondamentali nella costituzione di questa nuova vita, di questo figlio che ha dei riferimenti molto precisi.

D. – A proposito di registri, di certificati, non mancano possibilità di scelta che possano, poi, generare confusione. Si può, ad esempio, verificare il caso di due fratelli che abbiano cognomi diversi, creando anche possibili problemi di tipo burocratico, giuridico …

R. – Sì, ma poi le nostre casistiche sono specializzate in questo: li metteranno a posto, non ci saranno problemi. Gli strumenti da usare devono essere intelligentissimi!

D. – La famiglia fondata sul matrimonio è sempre più bersaglio di attacchi. Si può riscontrare, in questo caso, anche il rischio che si indebolisca la figura del padre, decidendo come lei ha ricordato, ad esempio, di non dare ai figli il suo cognome?

R. – Potrebbe essere anche un attacco; però, mi pare una soluzione vecchia! Stiamo cercando di innovare: andiamo a finire dall’altra parte, da quella parte che stiamo cercando di superare. Quindi, non è un superamento: questo è un ritorno indietro! Non farei la legge del “solo”: se stiamo cercando di cambiare in qualcosa che coinvolga tutti e due, vediamoli tutti e due. Altrimenti, riportiamo ancora il discorso del maschio soltanto. E’ bene che invece ci siano tutte e due queste possibilità.


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