I consigli ai genitori di Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, su come comportarsi con tv, Internet e videogiochi
Città Nuova - Qual è la differenza tra la narrazione televisiva e quella delle favole?
«Il libro permette al bambino di immaginarsi una realtà più congeniale alla sua creatività e alla sua fantasia. Le favole colpiscono i bambini per i colori, la semplicità di comprensione, l’identificazione con i ruoli. I bambini più piccoli sono colpiti dai colori, quelli più grandi dalle azioni che compie l’eroe. In un film o un programma tv il bambino è meno portato all’immaginazione perché tutto è già definito e si deve solo adeguare a ciò che vede».
Perché è importante che i genitori guardino la televisione in compagnia dei figli? «È importante perché quando ci sono delle scene di violenza sia nei telegiornali che nei cartoni animati l’adulto riesce a dare un equilibrio all’emotività del bambino, stemperando, spiegando, togliendo le ombre».
Qual è l’uso corretto della tv da parte dei bambini? Come regolarsi? «I bambini oggi usano vari strumenti, tv, videogiochi e Internet, a seconda dell’età. È una realtà che trattano con molta semplicità. Il problema è quanto tempo un bambino deve trascorrere di fronte allo schermo? Il criterio è semplice: con un videogioco si può andare dai 15 ai 60 minuti, massimo 1 ora e mezza a seconda dell’età. Per la tv si va dai 30 minuti ad 1 e 30, cioè la lunghezza di un film, dopo si spegne. Il senso di fondo è che lo schermo è solo una delle attività della giornata, non l’unica. Si gioca, si va al parco, si fanno i compiti: il criterio è variegare le opzioni. In una giornata si possono e devono fare tante cose, anche se è difficile. Il problema è che i bambini passando molte ore davanti ai tanti schermi che hanno a disposizione perdono le naturali capacità motorie. In Inghilterra fanno corsi per insegnare a giocare, ad andare in bicicletta, perché andiamo verso una generazione più sedentaria dove le energie dei bambini sono indirizzate più verso la capacità visiva e intuitiva del mondo iconico e non esperienziale dove siano loro gli interpreti. È come vedere una partita di calcio in tv invece di giocarla».
Sull’uso della pubblicità nei programmi per i bambini ci sono diverse opinioni? «La pubblicità non ci deve essere, e non è opinabile. Può essere valido per le tv private ma non per la tv pubblica perché riceve il canone. La Rai dovrebbe astenersi dalla pubblicità nei programmi per bambini e lasciarla nei programmi per adulti.
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«Il libro permette al bambino di immaginarsi una realtà più congeniale alla sua creatività e alla sua fantasia. Le favole colpiscono i bambini per i colori, la semplicità di comprensione, l’identificazione con i ruoli. I bambini più piccoli sono colpiti dai colori, quelli più grandi dalle azioni che compie l’eroe. In un film o un programma tv il bambino è meno portato all’immaginazione perché tutto è già definito e si deve solo adeguare a ciò che vede».
Perché è importante che i genitori guardino la televisione in compagnia dei figli? «È importante perché quando ci sono delle scene di violenza sia nei telegiornali che nei cartoni animati l’adulto riesce a dare un equilibrio all’emotività del bambino, stemperando, spiegando, togliendo le ombre».
Qual è l’uso corretto della tv da parte dei bambini? Come regolarsi? «I bambini oggi usano vari strumenti, tv, videogiochi e Internet, a seconda dell’età. È una realtà che trattano con molta semplicità. Il problema è quanto tempo un bambino deve trascorrere di fronte allo schermo? Il criterio è semplice: con un videogioco si può andare dai 15 ai 60 minuti, massimo 1 ora e mezza a seconda dell’età. Per la tv si va dai 30 minuti ad 1 e 30, cioè la lunghezza di un film, dopo si spegne. Il senso di fondo è che lo schermo è solo una delle attività della giornata, non l’unica. Si gioca, si va al parco, si fanno i compiti: il criterio è variegare le opzioni. In una giornata si possono e devono fare tante cose, anche se è difficile. Il problema è che i bambini passando molte ore davanti ai tanti schermi che hanno a disposizione perdono le naturali capacità motorie. In Inghilterra fanno corsi per insegnare a giocare, ad andare in bicicletta, perché andiamo verso una generazione più sedentaria dove le energie dei bambini sono indirizzate più verso la capacità visiva e intuitiva del mondo iconico e non esperienziale dove siano loro gli interpreti. È come vedere una partita di calcio in tv invece di giocarla».
Sull’uso della pubblicità nei programmi per i bambini ci sono diverse opinioni? «La pubblicità non ci deve essere, e non è opinabile. Può essere valido per le tv private ma non per la tv pubblica perché riceve il canone. La Rai dovrebbe astenersi dalla pubblicità nei programmi per bambini e lasciarla nei programmi per adulti.
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