Usa e Russia organizzano una conferenza di pace, la Chiesa orientale una giornata di preghiera
di Patrizio Ricci
Nella situazione in Siria non c’è nessuno veramente super-partes se non la Chiesa siriana, che da tempo preme per la riconciliazione. Con l’aiuto concreto alla popolazione e con l’iniziativa “Mussalaha” ha unito alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi: una riconciliazione dal basso a partire dalle famiglie, dai clan, dalle diverse comunità della società civile siriana che non parteggia per nessuna delle parti in lotta. Sarebbe stato facile capire che la via della riconciliazione era l’unica soluzione possibile. Solo ora, ad un passo dal baratro, a distanza di più di due anni dall’inizio del conflitto e con quasi 90.000 morti alle spalle, i grandi della terra sembra comincino a rendersene conto.
La settimana scorsa gli eventi sembravano ulteriormente precipitare. L’argomento delle famigerate ‘armi di distruzioni di massa’ sembrava dovesse portare ancora una volta ad un passo dall’intervento militare unilaterale, con tutte le sue catastrofiche conseguenze per la popolazione. “L'uso delle armi chimiche in Siria sono una linea rossa invalicabile: se sorpassata, il gioco potrebbe cambiare”, aveva detto Obama. Il presidente americano si era dimenticato che una linea può essere oltrepassata anche all’inverso; lo abbiamo visto di lì a poco: dalla tv svizzera il commissario ONU Carla Del Ponte (membro della Commissione sui crimini di guerra) a proposito dei gas proibiti aveva raccontato un’altra verità: “Ci sono concreti sospetti, se non ancora prove inconfutabili, che è stato usato del gas sarin, per come le vittime sono state curate”, ed ha aveva aggiunto: “Abbiamo potuto avere delle testimonianze sull’utilizzo di armi chimiche ed in particolare il gas nervino, ma non da parte delle autorità governative, bensì da parte degli opponenti, dei resistenti”. La precisazione dell’ONU non ha cambiato la sostanza, anzi ha aumentato l’impressione di un conflitto globale: “Le prove non sono definitive né dall’una né dall’altra parte”, peccato che avesse taciuto prima, quando l’indice era diretto verso i cattivi.
Comunque mentre teneva banco il solito balletto delle interpretazioni e dei distinguo, i jet israeliani bombardavano il monte Qassiyoun a est di Damasco. Obiettivo: i missili iraniani destinati a Hezbollah. Quindi si colpiva la Siria ma si mirava all’Iran. Anche per questo il commento USA al raid è stato assolutorio: “Israele ha agito nel proprio interesse sovrano”. L’ambiguità di questa dichiarazione è estrema: è proprio il diritto di usare le armi per salvaguardare il ’proprio interesse sovrano' che è causa del perdurare del conflitto. Ognuno ha armato i suoi nel proprio interesse. Se quest’idea fosse adottata su larga scala, non è difficile immaginare cosa succederebbe nel mondo.
E’ evidente che con tali prospettive c’erano ormai tutti i segnali visibili di un imminente allargamento del conflitto che avrebbe incendiato tutto il Medioriente. E’ con questa consapevolezza che a Mosca si è svolto il summit Usa-Russia fra il Presidente russo Vladimir Putin e il Segretario di Stato americano John Kerry. Al termine dell’incontro, le parole del ministro degli esteri russo Lavrov lasciano ben sperare: “Russia e Stati Uniti incoraggeranno il governo siriano e i gruppi d’opposizione a cercare una soluzione politica”. L’accordo è di organizzare al più presto una conferenza di pace, probabilmente a fine mese, “come seguito della Conferenza che si tenne a giugno dello scorso anno a Ginevra”.
Anche l’Europa plaude all’iniziativa, e il portavoce di Catherine Ashton ha così commentato: "L'Unione europea è molto soddisfatta. Abbiamo ripetuto all'infinito che la soluzione del conflitto viene solo con un accordo politico globale. Siamo pronti a dare il nostro contributo in qualsiasi forma e speriamo che la conferenza sia l'inizio di un processo di pace".
Sono quindi giorni decisivi per una cessazione della guerra in Siria. Per questo, rilanciamo con ancora più convinzione l'invito rivolto dalle Chiese Siriane (di tutte le confessioni) alle Chiese cristiane sorelle di tutto il mondo perché si uniscano al loro grido nella giornata di preghiera per la pace in Siria, sabato 11 maggio, che hanno chiamato "La preghiera di un cuore spezzato". Quattro le intenzioni suggerite: il ritorno della pace, la liberazione di tutti gli ostaggi, l’aiuto e il sostegno ai bambini traumatizzati dalla guerra e gli aiuti umanitari per i profughi siriani.
di Patrizio Ricci
Nella situazione in Siria non c’è nessuno veramente super-partes se non la Chiesa siriana, che da tempo preme per la riconciliazione. Con l’aiuto concreto alla popolazione e con l’iniziativa “Mussalaha” ha unito alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi: una riconciliazione dal basso a partire dalle famiglie, dai clan, dalle diverse comunità della società civile siriana che non parteggia per nessuna delle parti in lotta. Sarebbe stato facile capire che la via della riconciliazione era l’unica soluzione possibile. Solo ora, ad un passo dal baratro, a distanza di più di due anni dall’inizio del conflitto e con quasi 90.000 morti alle spalle, i grandi della terra sembra comincino a rendersene conto.
La settimana scorsa gli eventi sembravano ulteriormente precipitare. L’argomento delle famigerate ‘armi di distruzioni di massa’ sembrava dovesse portare ancora una volta ad un passo dall’intervento militare unilaterale, con tutte le sue catastrofiche conseguenze per la popolazione. “L'uso delle armi chimiche in Siria sono una linea rossa invalicabile: se sorpassata, il gioco potrebbe cambiare”, aveva detto Obama. Il presidente americano si era dimenticato che una linea può essere oltrepassata anche all’inverso; lo abbiamo visto di lì a poco: dalla tv svizzera il commissario ONU Carla Del Ponte (membro della Commissione sui crimini di guerra) a proposito dei gas proibiti aveva raccontato un’altra verità: “Ci sono concreti sospetti, se non ancora prove inconfutabili, che è stato usato del gas sarin, per come le vittime sono state curate”, ed ha aveva aggiunto: “Abbiamo potuto avere delle testimonianze sull’utilizzo di armi chimiche ed in particolare il gas nervino, ma non da parte delle autorità governative, bensì da parte degli opponenti, dei resistenti”. La precisazione dell’ONU non ha cambiato la sostanza, anzi ha aumentato l’impressione di un conflitto globale: “Le prove non sono definitive né dall’una né dall’altra parte”, peccato che avesse taciuto prima, quando l’indice era diretto verso i cattivi.
Comunque mentre teneva banco il solito balletto delle interpretazioni e dei distinguo, i jet israeliani bombardavano il monte Qassiyoun a est di Damasco. Obiettivo: i missili iraniani destinati a Hezbollah. Quindi si colpiva la Siria ma si mirava all’Iran. Anche per questo il commento USA al raid è stato assolutorio: “Israele ha agito nel proprio interesse sovrano”. L’ambiguità di questa dichiarazione è estrema: è proprio il diritto di usare le armi per salvaguardare il ’proprio interesse sovrano' che è causa del perdurare del conflitto. Ognuno ha armato i suoi nel proprio interesse. Se quest’idea fosse adottata su larga scala, non è difficile immaginare cosa succederebbe nel mondo.
E’ evidente che con tali prospettive c’erano ormai tutti i segnali visibili di un imminente allargamento del conflitto che avrebbe incendiato tutto il Medioriente. E’ con questa consapevolezza che a Mosca si è svolto il summit Usa-Russia fra il Presidente russo Vladimir Putin e il Segretario di Stato americano John Kerry. Al termine dell’incontro, le parole del ministro degli esteri russo Lavrov lasciano ben sperare: “Russia e Stati Uniti incoraggeranno il governo siriano e i gruppi d’opposizione a cercare una soluzione politica”. L’accordo è di organizzare al più presto una conferenza di pace, probabilmente a fine mese, “come seguito della Conferenza che si tenne a giugno dello scorso anno a Ginevra”.
Anche l’Europa plaude all’iniziativa, e il portavoce di Catherine Ashton ha così commentato: "L'Unione europea è molto soddisfatta. Abbiamo ripetuto all'infinito che la soluzione del conflitto viene solo con un accordo politico globale. Siamo pronti a dare il nostro contributo in qualsiasi forma e speriamo che la conferenza sia l'inizio di un processo di pace".
Sono quindi giorni decisivi per una cessazione della guerra in Siria. Per questo, rilanciamo con ancora più convinzione l'invito rivolto dalle Chiese Siriane (di tutte le confessioni) alle Chiese cristiane sorelle di tutto il mondo perché si uniscano al loro grido nella giornata di preghiera per la pace in Siria, sabato 11 maggio, che hanno chiamato "La preghiera di un cuore spezzato". Quattro le intenzioni suggerite: il ritorno della pace, la liberazione di tutti gli ostaggi, l’aiuto e il sostegno ai bambini traumatizzati dalla guerra e gli aiuti umanitari per i profughi siriani.
| Tweet |

Nicolò Renna, chitarrista palermitano, sbanca il web con il suo singolo Breathing. Lo abbiamo incontrato a Palermo. L'intervista di Paolo A.Magrì
Domenico Fioravanti, la Leggenda di Sydney 2000. Una vita da rincorrere a bracciate.Il ranista, prima medaglia d’oro azzurra alle Olimpiadi di Sydney 2000, intervistato da Emanuela Biancardi.
"L'intelligenza umana è la nostra principale risorsa". Parla Ermete Realacci, tra attivismo e sfide economiche
mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara, intervistato per LPL News 24 da Patrizio Ricci su politica europea ed immigrazione.
Max Cavallari della coppia 'I Fichi d'India', intervistato per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Laura Efrikian, Attrice, scrittrice, promotrice di 'Laura For Afrika', intervistata per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Patty Pravo festeggia cinquant’anni di successi intramotabili nel mondo della musica, tirando fuori ancora una volta pezzi da ‘90. Intervista di S. Santullo
Sergio Caputo celebra i trent’anni di “ Un Sabato Italiano”, con un nuovo omonimo album. Intervista a Sergio Caputo, di Simona Santullo
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.