giovedì, gennaio 17, 2013
Si respira ormai un atteggiamento profondamente diverso, teso alla valorizzazione del matrimonio e della famiglia, luogo privilegiato per l’espressione dell’amore nella sessualità e nella fecondità

di Carlo Mafera

Fino a non molti anni fa il pensiero teologico della Chiesa privilegiava sempre la condizione celibataria, considerata come vocazione più alta, come ho ben descritto in un mio articolo di qualche anno fa. Solo con Giovanni Paolo II la Chiesa ha sentenziato la pari dignità delle due vocazioni: quella nuziale e quella celibataria. Si respira ormai un atteggiamento profondamente diverso, teso alla valorizzazione del matrimonio e della famiglia, luogo privilegiato per l’espressione dell’amore nella sessualità e nella fecondità. Anche i processi di canonizzazione dovranno cambiare impostazione e dovranno essere dotati di strumenti più diversificati e consistenti, considerata la complessità e la particolare competenza in materia. Da ora in poi l’esame dell’eroicità delle virtù deve essere fatto in relazione anche alla dimensione carnale. Per i postulatori delle cause dei Santi dovrebbe venire in aiuto, ad esempio, l’affermazione del compianto Giovanni Paolo II: “Le relazioni carnali della tenerezza e il linguaggio del corpo esprimono il patto coniugale”. Già nel passato esisteva una tradizione teologica che sosteneva e valorizzava l’atto sessuale come espressione della tenerezza coniugale in cui la carnalità rivestiva un ruolo essenziale e diventava segno di un’alleanza vitale e in questo filone si inserisce il pensiero teologico contemporaneo. Riscoprire la ricchezza della sessualità coniugale in un’ipotesi di santità servirebbe inoltre a smascherare la sistematica banalizzazione del sesso da parte dei mass-media, la sessuomania culturale della nostra postmodernità che, idolatrando la carne, offende lo spirito.

Questa corrente di pensiero teologico trova fondamento su quello che è il concetto fondamentale che la Chiesa esprime riguardo al corpo. Questo non è svalorizzato ma anzi viene integrato inscindibilmente con l’anima tanto che il cristianesimo, unica tra tutte le religioni, predica una resurrezione finale anche del corpo non escludendolo da nessuna delle esperienze terrene ed escatologiche come si potrebbe pensare con un approccio superficiale e dettato dal senso comune.

Per rispondere alla vocazione universale alla santità, quindi, non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali; è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza alcuna riserva. «Se uno mi vuol servire – afferma il Maestro - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà» (Gv 12, 26). Chi lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che «chi ama la sua vita la perde, e, chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25).

L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. I Santi hanno perseverato nel loro impegno, «sono passati attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello» (Ap 7, 14). Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua “beatitudine”. Nel novero delle beatitudini ci siamo tutti: fra quelle nove ce n'è una proclamata e scritta per ciascuno di noi che deve indivi¬duare e realizzare la propria missione nel mondo. Anche nel percorso matrimoniale si possono esprimere tutte le varie sfaccettature delle Beatitudini.

Tra le coppie che si sono distinte nella santità, quella più rappresentativa è quella dei Beltrame Quattrocchi, che recentemente sono stati celebrati addirittura in Campidoglio con il convegno “Cittadini autentici: sulle orme di Maria e Luigi”, proprio nei giorni in cui in Vaticano si svolgeva l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. L’incontro, svoltosi a dieci anni dalla beatificazione, ha voluto porre l’attenzione sull’aspetto non solo cristiano e educativo della coppia, ma soprattutto su quello etico e civile, mettendo in risalto il contributo da “cittadini autentici”, come recita appunto il titolo, che Luigi e Maria hanno dato alla città di Roma e all’Italia.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa