Spread, ruolo dell’Unione europea e futuro dell’Italia. Questi i temi del confronto a distanza, stamane, in tv, tra il premier Mario Monti e Silvio Berlusconi.
Radio Vaticana - Sullo sfondo i dati preoccpanti forniti da Confindustria che allontana la ripresa al 2014, teme l’effetto della campagna elettorale e prevede una pressione fiscale in crescita fino al 53,9%. Dunque cosa è più urgente fare e come valutare le variazioni dello spread, un imbroglio,come sostiene Berlusconi, o una questione seria come dice Monti? Gabriella Ceraso ne ha parlato a Marco Lossani economista all'Università Cattolica di Milano: ascolta
R. - Ritenere lo spread un indicatore falso, mi sembra una affermazione molto audace, anche se talvolta può essere soggetto a fenomeni di euforia o di panico. Ci potrà anche essere il ruolo della speculazione, ma il mercato comunque reagisce anche a notizie che dipendono dal quadro politico. Da questo punto di vista dobbiamo preoccuparci!
D. - I progressi sono stati fatti, ma non c’è stata crescita: “Era ovvio!”, dice il premier Monti; dall’altra Berlusconi ribatte “E’ colpa di una politica troppo germanocentrica”. Dunque, cosa si poteva fare in realtà?
R. - Sicuramente è vero che la mancata crescita italiana va ricercata in tutta una serie di motivi, che risalgono a molto tempo fa. E’ del tutto evidente che una politica di austerità fiscale non può produrre, nel breve periodo, crescita e questo lo sapevamo sin dall’inizio: se però il mercato, che detiene buona parte dei nostri titolo di Stato, a un certo momento chiede determinate misure o noi cerchiamo di andargli incontro oppure ci chiamiamo fuori. A questo punto, però, o siamo autosufficienti o altrimenti andiamo verso un default.
D. - Anche i dati di oggi, tra Confindustria e Istat, non dicono cose positive: la ripresa si allontana, il Paese è anche nella paura di ciò che può accadere. Quali sono i rischi reali e cosa tutelare affinché ciò che è stato fatto di buono non vada perduto?
R. - I timori ci sono tutti! Tenga presente che a legislazione vigente, l’anno venturo il nostro Paese avrà bisogno di altri 26 miliardi di risorse per coprire i conti della finanza pubblica. La cosa che è assolutamente da fare è fare in modo che nell’arco di poco tempo questo Paese possa avere un governo credibile per portare avanti questa opera di risanamento della finanzia pubblica e di ricerca di una maggiore efficienza del sistema economico.
Radio Vaticana - Sullo sfondo i dati preoccpanti forniti da Confindustria che allontana la ripresa al 2014, teme l’effetto della campagna elettorale e prevede una pressione fiscale in crescita fino al 53,9%. Dunque cosa è più urgente fare e come valutare le variazioni dello spread, un imbroglio,come sostiene Berlusconi, o una questione seria come dice Monti? Gabriella Ceraso ne ha parlato a Marco Lossani economista all'Università Cattolica di Milano: ascolta
R. - Ritenere lo spread un indicatore falso, mi sembra una affermazione molto audace, anche se talvolta può essere soggetto a fenomeni di euforia o di panico. Ci potrà anche essere il ruolo della speculazione, ma il mercato comunque reagisce anche a notizie che dipendono dal quadro politico. Da questo punto di vista dobbiamo preoccuparci!
D. - I progressi sono stati fatti, ma non c’è stata crescita: “Era ovvio!”, dice il premier Monti; dall’altra Berlusconi ribatte “E’ colpa di una politica troppo germanocentrica”. Dunque, cosa si poteva fare in realtà?
R. - Sicuramente è vero che la mancata crescita italiana va ricercata in tutta una serie di motivi, che risalgono a molto tempo fa. E’ del tutto evidente che una politica di austerità fiscale non può produrre, nel breve periodo, crescita e questo lo sapevamo sin dall’inizio: se però il mercato, che detiene buona parte dei nostri titolo di Stato, a un certo momento chiede determinate misure o noi cerchiamo di andargli incontro oppure ci chiamiamo fuori. A questo punto, però, o siamo autosufficienti o altrimenti andiamo verso un default.
D. - Anche i dati di oggi, tra Confindustria e Istat, non dicono cose positive: la ripresa si allontana, il Paese è anche nella paura di ciò che può accadere. Quali sono i rischi reali e cosa tutelare affinché ciò che è stato fatto di buono non vada perduto?
R. - I timori ci sono tutti! Tenga presente che a legislazione vigente, l’anno venturo il nostro Paese avrà bisogno di altri 26 miliardi di risorse per coprire i conti della finanza pubblica. La cosa che è assolutamente da fare è fare in modo che nell’arco di poco tempo questo Paese possa avere un governo credibile per portare avanti questa opera di risanamento della finanzia pubblica e di ricerca di una maggiore efficienza del sistema economico.
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