giovedì, ottobre 25, 2012
In occasione della Giornata Missionaria Mondiale, Manuel Loreni ci racconta una bella esperienza di comunità nel Veneto

Un bell’insieme pastorale di sette parrocchie. Tre preti che vivono fraternamente in un’unica canonica a mezza collina. Il responsabile, don Lorenzo Zaupa che nasconde dentro un cuore africano, dopo una lunga missione nel Camerun. Un contesto geografico dal paesaggio dolce e collinare, paesetti antichi e case restaurate o recenti. Ecco l’unità pastorale “Valli Beriche” attorno al lago di Fimon, alla periferia di Vicenza. Oggi le campane dei villaggi suonano a stormo. È la giornata missionaria mondiale. I fedeli respirano aria di mondo, orizzonti aperti, missionari.

Padre Nico, dei Servi di Maria, fisarmonica al collo, inizia l’omelia nelle varie comunità con un suggestivo canto spagnolo: “Pescador de hombres”. Missionario in Argentina, Cile e Bolivia racconta con passione i suoi 40 anni laggiù. La gente ascolta attenta, complice di questo vecchio missionario. “Ma senti che cuore giovane!” esclama però ogni tanto, sentendolo cantare con tutte le fibre dell’anima. A fine messa, un applauso è d’obbligo. Così cresce una comunità in apertura di spirito e di cuore.

Padre Renato Zilio, scalabriniano, passa per quattro comunità di seguito, testimoniando che Dio oggi... attende alla frontiera! È il titolo del suo libro-testimonianza. Accompagna da 25 anni comunità di emigranti italiani all’estero, di portoghesi e di filippini: in Francia, Svizzera, Marocco e attualmente a Londra. Il “vangelo del servizio” corona oggi la liturgia. Occasione di ricordare quanto diceva un vecchio emigrante vicentino in terra svizzera: “Se qui i ponti, le autostrade, i tunnel parlassero, parlerebbero italiano!” Sì, i nostri emigranti, è stata gente che costruisce un Paese e, allo stesso tempo, la propria vita. Sulla terra degli altri. Una vita di migrante è sempre una lotta e una danza. Qualcosa di duro e complicato, ma allo stesso tempo di grande da vivere. Alla ricerca continua di due cose essenziali: il pane e la dignità. In un’Italia oggi con il fiato corto, il missionario ricorda, infine, che Dio ci attende alla frontiera della nostra creatività, delle nostre energie, della solidarietà.

Ad ogni celebrazione un gesto accompagna la preghiera. Qualcuno accende una lampada ad olio davanti all’altare: occasione speciale per ricordare l’anno della fede appena iniziato. In questa dinamica e motivata unità pastorale la fede si illumina di corresponsabilità, di concertazione e di spirito di servizio. “Le frontiere ce le abbiamo in casa - aggiunge qualcuno - nelle nostre comunità siamo in costante contatto con l'altro, il diverso, che troppo spesso è visto come occasione d'inciampo e non di crescita, di dialogo o confronto”.

A fine mattinata, un pranzo comunitario riunisce nella sala parrocchiale di Torri l’equipe missionaria, i preti, i due missionari e quattro giovani africani del Ghana. Vivono anch’essi nella canonica, perche’ respinti dalla Libia e affidati alla parrocchia. La loro richiesta di rifugiati è in attesa dell’esito incerto del ricorso. Con uno sguardo tranquillo e i tratti di un viso dolce mangiano silenziosamente e volentieri il loro piatto di lasagne. Attendono il loro destino. Si domandano quale Paese potrà mai accoglierli, visto che nella loro terra è ben difficile vivere... Uno di loro intona, in inglese, un canto religioso dolce e struggente. Tutti si rimane senza parola. Sì, il mondo e le sue tragedie sono in casa nostra. Dio ci attende alla frontiera.

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