Nei giorni in cui il mondo plaude ai nuovi Nobel, c’è dal 1980 un altro riconoscimento, il “Premio Cuore Amico”, che ogni anno viene assegnato – alla stregua di un “Nobel missionario” – a religiosi e laici impegnati in opere di apostolato e di solidarietà particolarmente significative.
Radio Vaticana - Stamattina, a Brescia, dove ha sede l’Associazione "Cuore Amico Fraternità" onlus, sono stati premiati padre Aldino Amato, da 50 anni in Pakistan, suor Maria Giovanna Alberoni, per 60 anni medico-chirurgo in India, e due laiche da 30 anni in Congo: l’animatrice rurale, Mariuccia Gorla, e l’infermiera Lucia Robba, che al microfono di Alessandro De Carolis racconta la lunga opera di assistenza ospedaliera radicata nella diocesi di Uvira e le vicende affrontate durante le varie guerre che hanno sconvolto il Congo negli ultimi 15 anni: ascolta
R. – Io sono partita per il Congo, perché sin da piccola desideravo fare l’infermiera e andare in missione. Ora queste due cose le ho avute. Esprimo tutta la mia gioia, la mia serenità e il mio grazie, perché sono stata chiamata. Detto questo, però, le dico che il Congo è stato “biricchino” con noi, perché lì abbiamo vissuto la guerra del ’99, quella del 2001 e altre ancora. Siamo state anche prigioniere una settimana nelle mani dei ribelli e abbiamo fatto 150 chilometri di strada a piedi. Questa guerra – durante la quale ci hanno distrutto veramente tutto e quello che non hanno potuto rubare, lo hanno rotto – ci ha fatto comunque un regalo: quello di conoscerci di più. Oso dire che adesso siamo più di una famiglia.
D. – La situazione, dove vivete, adesso è più tranquilla o c’è sempre tensione?
R. – Lì da noi, dalle nostre parti, la situazione è tranquilla. Ci sono stati degli organismi internazionali che ci hanno dato qualcosa per ricominciare a far funzionare l’ospedale. Comunque da noi è tranquillo. Non posso dire, purtroppo, la stessa cosa per quanto riguarda il nord del Congo, verso Goma.
D. – Avete profughi dal Nord Kivu nella vostra zona?
R. – Non adesso. Noi abbiamo avuto moltissimi, moltissimi profughi durante la prima guerra del ’96 che arrivavano dal Rwanda. Tutti questi rwandesi, che sono arrivati dopo settimane e settimane di fuga, abbiamo avuto la fortuna di poterli curare.
D. – Di che cosa ha bisogno concretamente la comunità dove lei vive?
R. – La comunità avrebbe bisogno di tante cose. L’ospedale soffre: si tratta di un ospedale della diocesi, ma la diocesi è molto povera. Lo scorso anno, con i pochi aiuti che avevamo, abbiamo costruito il recinto dell’ospedale per cercare di proteggerlo. Se c’è però qualcuno che volesse, noi avremmo bisogno di una turbina, affinché l’ospedale potesse avere la luce, che ora non abbiamo. Adesso questo premio che ci ha dato “Cuore Amico”, sicuramente lo utilizzeremo per rinnovare tutti i serramenti dell’ospedale… Sono piccole, ma sono anche tante cose. Dopo se ci fosse anche l’elettricità, per noi, sarebbe il massimo!
Per chi volesse offrire un contributo, può connettersi al sito dell’Associazione Cuore Amico Fraternità Onlus “cuoreamico.org” - sezione “Unisciti a noi” – “Donazioni”.
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| Padre Aldino Amato, da 50 anni in Pakistan |
R. – Io sono partita per il Congo, perché sin da piccola desideravo fare l’infermiera e andare in missione. Ora queste due cose le ho avute. Esprimo tutta la mia gioia, la mia serenità e il mio grazie, perché sono stata chiamata. Detto questo, però, le dico che il Congo è stato “biricchino” con noi, perché lì abbiamo vissuto la guerra del ’99, quella del 2001 e altre ancora. Siamo state anche prigioniere una settimana nelle mani dei ribelli e abbiamo fatto 150 chilometri di strada a piedi. Questa guerra – durante la quale ci hanno distrutto veramente tutto e quello che non hanno potuto rubare, lo hanno rotto – ci ha fatto comunque un regalo: quello di conoscerci di più. Oso dire che adesso siamo più di una famiglia.
D. – La situazione, dove vivete, adesso è più tranquilla o c’è sempre tensione?
R. – Lì da noi, dalle nostre parti, la situazione è tranquilla. Ci sono stati degli organismi internazionali che ci hanno dato qualcosa per ricominciare a far funzionare l’ospedale. Comunque da noi è tranquillo. Non posso dire, purtroppo, la stessa cosa per quanto riguarda il nord del Congo, verso Goma.
D. – Avete profughi dal Nord Kivu nella vostra zona?
R. – Non adesso. Noi abbiamo avuto moltissimi, moltissimi profughi durante la prima guerra del ’96 che arrivavano dal Rwanda. Tutti questi rwandesi, che sono arrivati dopo settimane e settimane di fuga, abbiamo avuto la fortuna di poterli curare.
D. – Di che cosa ha bisogno concretamente la comunità dove lei vive?
R. – La comunità avrebbe bisogno di tante cose. L’ospedale soffre: si tratta di un ospedale della diocesi, ma la diocesi è molto povera. Lo scorso anno, con i pochi aiuti che avevamo, abbiamo costruito il recinto dell’ospedale per cercare di proteggerlo. Se c’è però qualcuno che volesse, noi avremmo bisogno di una turbina, affinché l’ospedale potesse avere la luce, che ora non abbiamo. Adesso questo premio che ci ha dato “Cuore Amico”, sicuramente lo utilizzeremo per rinnovare tutti i serramenti dell’ospedale… Sono piccole, ma sono anche tante cose. Dopo se ci fosse anche l’elettricità, per noi, sarebbe il massimo!
Per chi volesse offrire un contributo, può connettersi al sito dell’Associazione Cuore Amico Fraternità Onlus “cuoreamico.org” - sezione “Unisciti a noi” – “Donazioni”.
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