giovedì, ottobre 27, 2011
È iniziata questa mattina la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo nella Basilica di Santa Maria degli Angeli

della nostra inviata Monica Cardarelli

Si è svolto questa mattina l’incontro del Papa con i Delegati delle diverse religioni nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, luogo particolarmente significativo per Francesco e Chiara e per il loro cammino spirituale. Si sono così susseguiti gli interventi dell’Arcivescovo di Costantinopoli, del Primate della Comunione Anglicana e del Primate della Diocesi Armena in Francia, che hanno ribadito come la religione debba essere momento di incontro e non di divisione e che punto di partenza è il dialogo e il rispetto reciproco: “Ogni dialogo autentico porta in sé i germi di una metamorfosi da realizzare. La natura di tale trasformazione costituisce una conversione che ci fa uscire dai nostri particolarismi per considerare l’altro come soggetto di relazione e non più come oggetto d’indifferenza. Perché è dall’indifferenza che nasce l’odio, è dall’indifferenza che nasce il conflitto, è dall’indifferenza che nasce la violenza. Contro questi mali, solo il dialogo è una soluzione percorribile e a lungo termine. In quanto capi religiosi, il nostro ruolo è soprattutto quello di promuoverlo e di mostrare attraverso il nostro esempio quotidiano che noi non viviamo unicamente gli uni contro gli altri, o gli uni accanto agli altri, ma piuttosto gli uni insieme agli altri, in uno spirito di pace, di solidarietà e di fraternità. (…) Non si tratta, come alcuni insinuano, di fare del dialogo interreligioso, o un dialogo ecumenico, in una prospettiva sincretista. Al contrario, la visione che noi lodiamo nel dialogo interreligioso possiede un senso tutto particolare, che deriva dalla capacità stessa delle religioni di investire il campo della società per promuovervi la pace” ha affermato Bartolomeo I, Patriarcato Ecumenico, Patriarca Ecumenico.

Dialogo e incontro dunque, ma sempre nel rispetto delle differenze, come ha ricordato Rowan Douglas Williams, Arcivescovo di Canterbury: “Noi non siamo qui per affermare un minimo comune denominatore di ciò che crediamo, ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti, ancora innamorato dell’idea di una sicurezza basata su di una ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare o ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie”.

Norvan Zakarian, Primate della Diocesi della Chiesa Apostolica Armena di Francia, ha ricordato come la promozione della pace nel mondo costituisca parte integrante della missione della Chiesa che in questo modo “continua l’opera redentrice del Cristo sulla terra. Il perdono reciproco non deve sopprimere le esigenze della giustizia né, meno ancora, impedire il cammino che conduce alla verità; al contrario, giustizia e verità rappresentano le condizioni concrete per la riconciliazione.”

Particolare attenzione al pellegrinaggio è stata espressa dal Rabbì David Rosen, Ksg, Cbe, Direttore Internazionale per gli affari interreligiosi, AJC: “Un pellegrinaggio è, per definizione molto più che un viaggio. Le parole ebraiche per pellegrinaggio sono ‘aliyah la’ regel’, espressione che significa ‘salita a piedi’. (…) Questo concetto di pellegrinaggio , di ascesa, è centrale alla visione profetica dello stabilimento del Regno dei Cieli sulla terra – la visione messianica di pace universale. (…) Ciò che gli uomini e le donne di fede cercano e ciò a cui anelano, ‘salire alla montagna del Signore’ è un’idea di pace quale espressione sublime della volontà divina e dell’immagine divina nella quale ogni essere umano è creato.”

Anche Acharya Shri Shrivatsa Goswami, Sri Radharamana Temple, Vrindavan, India, rappresentante della religione Hindu, si è soffermato sul concetto di pellegrinaggio nell’Induismo: “L’induismo è un pellegrinaggio dall’ignoranza alla verità, dalla morte all’immortalità. Questo pellegrinaggio ha due aspetti. Partendo dall’esterno, noi siamo in cerca della verità che può essere manifesta nel mondo fisico. Cerchiamo di rafforzare i sistemi ecologico, sociale ed economico. L’equa distribuzione di cibo e di altre risorse materiali è una grandissima virtù e pratica religiosa. Ma c’è poi il secondo aspetto: il pellegrinaggio interiore. Non potremmo sostenere il cammino esteriore se non fossimo in viaggio all’interno del mondo dei valori e dei principi che sostiene il comportamento umano.”

Un particolare richiamo alla vita e alla conversione di san Francesco è stato fatto dal Olav Fykse Tveit, Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese: “Siamo qui per lasciare che la conversione di Francesco ci parli e per far sì che la conversione tra di noi divenga una sorgente di giustizia e di pace. C’è da guadagnare di più mediante il rispetto per l’altro. Una pace sostenibile richiede che vi sia uno spazio, uno spazio sicuro e senza pericoli, non solo per me, ma anche per l’altro. I cristiani devono ricordarsi che la croce non è per le crociate, ma è un segno di come l’amore di Dio abbracci tutti, anche l’altro.”

Per poter giungere da pellegrini della verità a pellegrini della pace è necessario tener presente che la parola ‘pace’ non è solo assenza di conflitti ma investe molti ambiti tra cui, il rapporto dell’uomo con il creato: “Una condizione fondamentale per la pace , perciò, è che tutte le persone di fede abbiano rispetto e amore le une per le altre. Relazioniamoci alle persone per il carattere che hanno, non sulla base della religione che praticano o della denominazione cui appartengono. Lavoriamo tutti insieme per un maggiore rispetto, amore e giustizia, mentre al tempo stesso ci manteniamo fedeli alle dottrine delle religioni che abbracciamo. (…) Non è sufficiente rispettare il nostro prossimo, uomini e donne. Abbiamo bisogno di sviluppare anche un profondo rispetto per la natura.” ha sottolineato Wande Abimbola, Awise Agbaye, Portavoce della Religione Ifu e Yoruba nel mondo.

Dopo aver ascoltato l’intervento di Ja-Seung, Presidente dello “Jogye Order”, rappresentante del buddismo coreano, che ha proposto il raggiungimento di una ‘fraternità in favore della vita’, intesa come “il radunarsi insieme di persone di fede per eliminare le radici della violenza e della guerra condotta in nome della religione o dell’ideologia. Vorrei anche che vi uniste a me in una ‘fraternità in favore della pace’, così che la coesistenza armoniosa ed il mutuo rispetto siano resi possibili in questo mondo, indipendentemente dalla religione, dalla razza e dalla cultura.”, Kyai Hasyim Muzadi, Segretario Generale della Confederazione Internazionale degli Studiosi Islamici (ICIS) e già Presidente di Nabdlatul Ulama (NU), ha ricordato come le religioni non debbano mai essere motivo di divisione: “Dobbiamo essere saggi per discernere quei problemi che possono essere definiti come religiosi, da quelli che si presentano abusivamente come problemi religiosi. Molte volte, gli interessi delle autorità politiche sono etichettati come questioni religiose, mentre in realtà sono ben lontani dall’essere tali. A questo riguardo, dobbiamo identificare la religione come ciò che è al di sopra di tutti gli interessi.”

Gli interventi dei delegati si sono conclusi con Julia Kristeva, che ha parlato come rappresentante dei ‘Non Credenti’: “L’età del sospetto non è più sufficiente. Di fronte alle crisi e alle minacce che si aggravano, è giunta l’età della scommessa. Osiamo scommettere sul rinnovamento continuo delle capacità di uomini e donne a credere e a conoscere insieme. Affinché nel ‘multiverso’ bordato di vuoto l’umanità possa perseguire ancora a lungo il proprio destino creativo.”

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