sabato, settembre 24, 2011
Brevissima storia, tra esigenze turistiche e spirituali, di una festa che si svolge in due date differenti: 27 giugno e 30 novembre. Entrambe le date sono legate alla figura del santo: il 30 novembre si celebra la morte avvenuta nel 60 d.C., il 27 giugno si festeggia l’anniversario del miracolo a lui attribuito del 1544.

di Carlo Mafera

Come ricordavo nel precedente articolo sulle feste patronali, l’organizzazione di queste manifestazioni è condizionata da un rapporto di conflittualità tra autonomia locale e influsso ecclesiastico. Ciò da una parte è un bene, in quanto si va verso una modernizzazione delle feste religiose e una loro “spiritualizzazione”. La Chiesa infatti ha cercato, dopo il Concilio Vaticano II, di contrastare la tendenza verso la spettacolarizzazione delle feste nell’Italia meridionale, in primis nei confronti della festa di San Gennaro a Napoli e poi verso tutte quelle più famose come quella di Sant’Andrea ad Amalfi. E’ certo che quest’orientamento ecclesiale entra in conflitto con l’aspetto “folcloristico” promosso dagli enti locali attenti alla dimensione pubblicitaria e al business turistico. A titolo esemplificativo, si ricorda che nel 1994 l’arcivescovo di Amalfi dispose il divieto dell’accensione dei botti durante la processione ma tale disposizione fu completamente ignorata. Allo stesso modo l’alto prelato espresse la sua ferma critica nei confronti della cosiddetta “corsa” (una sorta di gara per portare la statua di Sant’Andrea lungo la scalinata prospiciente il duomo). Anche in questo caso l’indicazione del vescovo fu disattesa in quanto il comitato locale era preoccupato di soddisfare l’attrazione turistica.

C’è da dire, per fare un po’ di storia, che il processo di spiritualizzazione delle feste nella costiera amalfitana era già iniziato qualche decennio prima, tanto che alcuni studiosi del settore osservavano negli anni ’20 e ’30 che le feste avevano un decorso più disciplinato. Anche la distribuzione della cosiddetta “Manna” (il liquido oleoso e miracoloso emanato dalle reliquie del santo) già da tempo veniva distribuito democraticamente in batuffoli di ovatta. Tale prassi si richiamava e si richiama tutt’ora alla pur giusta visione protestante di Lutero secondo la quale la fede non deve essere collegata all’esteriorità.

Due aspetti, non marginali, che riguardano le feste nella costiera amalfitana sono quelli legati alla memoria storica, soprattutto quella dell’infanzia e quella sul mutamento familiare. Sono aspetti che rivalutano la dimensione popolare e sociale della festa con tutte le sue benefiche implicazioni nelle relazioni familiari. Nelle società povere infatti la festa era un giorno nel quale ci si poteva permettere ciò che negli altri giorni era considerato un lusso. E’ bene ricordare che, per esempio, - a differenza del nord – i bambini in costiera non sono influenzati dalle tante offerte commerciali come quelle di una grande città e possono solo gustarsi il fascino delle bancarelle con le loro colorate mercanzie.

Inoltre, in occasione della festa di Sant’Andrea, così come in quelle limitrofe, la trama delle relazioni inter-familiari veniva nuovamente intessuta e incrementata. La festa offriva e tutt’ora offre l’opportunità di ritornare al paese nativo, nella casa dei genitori o dei parenti, finalmente “si riunisce la famiglia”. E non la famiglia secondo la concezione moderna, bensì quella famiglia allargata di una volta, patriarcale, alla quale possono appartenere parenti di secondo o terzo grado. Basti pensare a quelle enormi tavolate con almeno 18 persone…

Che dire? Ben vengano queste feste patronali, ma, come in tutte le cose, cerchiamo di trovare un equilibrio. Non bisogna scadere negli eccessi opposti: non “commercializziamole” troppo ma al contempo non “spiritualizziamole“ altrettanto!

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