Ci sono voluti quasi 20 anni ma alla fine pare sollevarsi il velo che ha coperto la vergognosa vicenda delle navi scomparse in fondo al mare come modalità adottata per smaltire partite di rifiuti scomodi, quali quelli nucleari.
di Lucia Venturi
GreenReport.it - Le immagini raccolte dal robot messo a disposizione della Regione Calabria di una nave inabissata a quasi 500 metri di profondità di fronte alle coste di Cetraro, sulla base delle indicazioni fornite dal pentito di 'ndrangheta Francesco Fonti non lasciano dubbi. Si tratta ora di stabilire quante di queste navi sono state affondate e quale è la natura e l'entità dei rifiuti che esse custodiscono. «L'importante ritrovamento del relitto affondato a largo di Cetraro speriamo permetterà di affrontare con nuovo vigore le inchieste chiuse forse troppo frettolosamente e le indagini mai correttamente approfondite su una pratica assai diffusa che ha visto, tra gli anni Ottanta e Novanta, una quarantina di navi affondare misteriosamente nei punti più profondi del Mediterraneo» ha dichiarato Sebastiano Venneri, vicepresidente di Legambiente che ha anche annunciato di aver «chiesto un incontro al Procuratore di Paola per offrire il nostro aiuto consegnando i dossier raccolti sin dal 1994 con i primi esposti presentati e l'ampia documentazione assemblata nel tempo sulle misteriose sparizioni di navi che non hanno mai lanciato il may-day mentre gli equipaggi si sono stranamente volatilizzati».Nell'elenco dei dossier di Legambiente figurano la motonave Nikos I, sparita nel 1985 durante un viaggio iniziato a La Spezia per giungere a Lomè (Togo), probabilmente affondata a largo tra il Libano e Grecia; la nave tedesca Koraline che affondò nel 1985 a largo di Ustica; la Mikigan, partita nel 1986 dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con tutto il suo carico sospetto. Ma anche la Rigel, naufragata il 21 settembre del 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento in Calabria, unico caso in cui - grazie alle denunce di Legambiente - è stata ricostruita almeno in parte la verità giudiziaria. Poi la motonave Rosso (ex Jolli Rosso) che andò a spiaggiarsi nel dicembre del 1990 lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza e la motonave maltese Anni, che affondò nel 1989 a largo di Ravenna in acque internazionali; la Marco Polo che sparì nel 1993 nel Canale di Sicilia.
«Ora si riaprano le inchieste - ha dichiarato Nuccio Barillà di Legambiente Calabria - per perseguire i responsabili e monitorare il pericolo di contaminazione delle acque per l'uomo e per l'ecosistema. Dobbiamo rilanciare la richiesta e l'impegno affinché si approdi quanto prima alla verità sulle tante vicende legate all'intrigo radioattivo, caratterizzato da connivenze e reticenze a vari livelli e finanche morti misteriose. Chiediamo misure serie ed immediate a tutela del diritto di sapere dei cittadini e per scongiurare che nel futuro fatti come questi tornino a verificarsi».
Ma per riaprire le inchieste servono fondi che non potranno che essere posti da una iniziativa forte da parte del governo che sia la procura di Paola, attuale titolare dell'inchiesta, sia la regione Calabria hanno richiesto.
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