martedì, settembre 15, 2009
Proseguono i combattimenti a Mogadiscio tra i guerriglieri islamici shabaab e le forze governative, appoggiate da una missione dell’Unione africana.

Radio Vaticana - Negli ultimi quattro mesi, i morti sono stati centinaia e gli sfollati hanno raggiunto quota 250.000. La città assediata dalle milizie islamiche dello Shabaab e abbandonata da più di metà della popolazione sta vivendo il Ramadan più sanguinoso degli ultimi vent’anni. Solo nell’ultima settimana i morti sono stati più di 40, per la maggior parte donne e bambini, vittime di una guerra senza quartiere che non risparmia nessuno. Devastata da quasi vent’anni di guerra civile, alla mercé di bande e di rapitori pronti a vendersi al miglior offerente, Mogadiscio assomiglia sempre più a una città fantasma. Alle quattro del pomeriggio i negozi chiudono e la gente si rintana in casa lasciando le strade in mano alle milizie islamiche che si contendono i quartieri a colpi di kalashnikov e rpg. Da una parte all’altra della Makkah Al Mukarramah, la strada principale che taglia la città da nord a sud, lo Shabaab e le truppe del governo di transizione si scontrano per il controllo delle aree vitali di Mogadiscio: porti, aeroporti e linee di rifornimento che le autorità somale mantengono a fatica, grazie anche al supporto dei cinquemila uomini della missione di pace dell’Unione africana. Senza il supporto economico della comunità internazionale, senza un esercito e con una marina costretta a operare senza navi, il governo di transizione è in difficoltà contro una ribellione islamica che diventa ogni giorno più forte e aggressiva. Ormai apertamente affiliato ad Al Qaeda, lo Shabaab mira a rovesciare il presidente Sheikh Sharif e fare della Somalia una testa di ponte per la creazione di un regno islamico nel Corno d’Africa dove addestrare martiri e terroristi, una minaccia che molti somali sperano stimoli la comunità internazionale a interessarsi a una crisi che non conosce fine, costata la vita a più di un milione di persone.


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