Il ricordo di Beppe Montana, la sfida dei beni confiscati e i casi di attualità nelle parole del fratello Dario
Liberainformazione - Sono passati ventiquattro anni dall'uccisione di Beppe Montana, commissario della Mobile di Palermo. Il ricordo del suo assassinio è l'occasione per parlare del modo di fare memoria, e di fattivamente dare un contributo alla lotta alla mafia. Senza tralasciare storie passate di scottante attualità. Così ricordare i ventiquattro anni dall'uccisione del fratello è anche motivo di discutere della sua città Catania, della vicenda de “I Siciliani”, costretti a pagare debiti contratti dopo la morte di Pippo Fava e soprattutto presentare un progetto ambizioso: una cooperativa che su due province siciliana, Catania e Siracusa, nascerà sui terreni confiscati ai mafiosi. In nome di Beppe Montana.
Dario, due giorni fa erano 24 anni dalla morte di tuo fratello, come è stato ricordato e secondo te quanto ancora è forte la memoria di Beppe?
A riguardo ho una sensazione netta, maturata negli anni. Una sensazione di amarezza. Ti spiego, lo scorso anno organizzammo una serie di iniziative per ricordare Beppe: spettacoli teatrali e una messa che celebrò Don Luigi Ciotti. La presenza in Chiesa fu massiccia. Si riempì completamente, anche grazie a una forte partecipazione istituzionale. Fin troppo, direi io. Esponenti politici locali e deputati di ogni schieramento. Quest'anno la messa, celebrata il 27 per motivi burocratici, ha visto una chiesa inesorabilmente vuota. Non è certo una cosa che riguarda i familiari, impegnati nel ricordare Beppe da sempre. Ma un dato oggettivo con cui le persone devono fare i conti. Sono stato molto felice che l'anno scorso sia venuto Luigi a celebrare. Ma le persone che un anno ci sono e l'anno dopo non partecipano, di sicuro dovrebbero fare loro i conti con questa anomala situazione. Io provo molta amarezza.
Proprio il 28 una serata musicale ha voluto ricordare “I Siciliani” e promuovere la sottoscrizione per aiutare economicante i redattori di quel giornale a saldare un debito che viene loro contestato. In che modo il giornale e la storia di Beppe si sono intersercate?
Esattamente. Quest'anno il ricordo di Beppe assumeva anche questa valenza, molto forte. Ovvero avere davanti a noi una concreta occasione, quella di aiutare economicamente i “Siciliani”, per testimoniare il nostro impegno. Occuparsi di cose attuali, vicine ai nostri giorni, di problematiche che ci toccano penso sia il vero modo di fare memoria e e di rendere concreta la nostra attività. Ancora di più nei confronti di un giornale come i “Siciliani”, che dopo la morte di Pippo Fava continuò la sua avventura e ci fu molto vicino all'epoca. Con un giornalismo non truce, non “da sciacalli”. In un numero che vedeva interviste di Beppe e di Chinnici e una ultima pagina che, con grande lungimiranza parlava di aziende confiscate ai mafiosi da consegnare agli operai. Quindi partecipare a una serata di buona musica per una buona causa, sì. questo è il vero senso della memoria.
Pensi quindi sia fondamentale il supporto alla redazione de “I Siciliani”?
Si, certo. Ripercorrere gli anniversari è molto importante. Farlo collegandosi ai temi contingenti, essere vicini in maniera attuale al problema della mafia è fondamentale. Il nuovo questore di Catania, che ci è stato molto vicino nelle nostre battaglie ultimamente analizzando la situazione catanese ha detto di aver visto, in città poche manifestazioni antimafia e soprattutto poco informazione di inchiesta sul tema. Quell'informazione che i “Siciliani” ponevano davanti a tutto.
A proposito di tematiche attuali, quest'estate state portando avanti come Libera Catania diversi campi di lavoro sui beni confiscati. Anche lì avete ricordato Beppe?
Certo, sui beni confiscati portiamo avanti durante i campi diversi approfondimenti, tra cui uno su Beppe e su Chinnici, sulla realtà palermitana di quegli anni. Abbiamo celebrato una messa sui terreni e il questore, pur non potendo partecipare, ha più volte visitato i campi, dicendo cose che molto mi hanno colpito. Parlando di Beppe e di Ninni Cassarà come di due ragazzi che non mediavano su niente. Non disposti al compromesso. E legatissimi al loro dovere. Era così Beppe. Pensava che ciò che stava facendo fosse troppo importante per chinarsi di fronte alle mancanze di mezzi e fondi: utilizzava la sua macchina i suoi mezzi pur di continuare il suo lavoro. Ricordarlo sui terreni è stata memoria ma anche riappropriazione di un bene da parte della collettività.
Dove si stanno svolgendo questi campi?
Dopo i primi due campi già conclusi ora ne stiamo portando avanti uno a Belpasso, in una tenuta di sedici ettari con un agrumeto e un fabbricato confiscati alla famiglia Riela, tipico esempio di famiglia mafiosa imprenditrice. Da bracciante a dattilografo, il gruppo familiare dei Riela è diventato leader nell'autotrasporto con molti legami con mafiosi di alto calibro anche nella sicilia occidentale e contatti con la 'ndrangheta.
Oltre a Belpasso, altri terreni confiscati dovrebbe in futuro, confluire in un progetto di cooperativa, cosa ci puoi dire a riguardo?
Il nostro progetto, sebbene agli inizi, è molto ambizioso. Si tratta di una cooperativa che nelle nostre intenzioni gestirà terreni a Lentini, Belpasso, Ramacca e Motta Sant'Anastasia, tra le province, dunque, di Catania e Siracusa.
In che settori sarà impegnata la cooperativa?
L'idea è quella di sistemare i terreni, abbandonati da dieci anni per stabilire una coltivazione biologica di agrumi, commercializzati con il marchio Libera Terra. In seconda battuta valorizzare anche dal punto di vista turistico queste zone. I campi servono per sondare questa possibilità. Infatti pensiamo di restaurare il fabbricato di Belpasso per fargli ospitare 55 posti letto. E farne in futuro il fulcro di un possibile itinerario per il turismo scolastico. Sposando beni confiscati e turismo responsabile. Al momento siamo ancora agli inizi e anche organizzare i campi di lavoro è molto dura; ma già più di tremila persone sono state su questi terreni. E ne hanno fatto una zona viva dove si fa memoria concreta.
A proposito di memoria, oggi cosa significa per te ripensare a tuo fratello?
Il ricordo di Beppe è vivo in me. In diverse occasioni abbiamo mostrato a dei ragazzi un video di Beppe che ne 1982 con Chinnici va a parlare a dei ragazzi a Siracusa. Mi hanno fatto molto impressione le sue parole. Che fanno riferimento alla politica, ai rapporti con la mafia, a cose, che se fatte, avrebbero evitato molto sangue. Rivederlo così, con le sue movenze naturali in mezzo ai ragazzi, mi ha fatto ritornare il mente la sua abnegazione, il suo coraggio e la sua voglia di agire, senza mai far rischiare i suoi ragazzi. Impossibile per i ragazzi datare quell'intervento. Talmente attuale e lucida era la visione di Beppe.
Liberainformazione - Sono passati ventiquattro anni dall'uccisione di Beppe Montana, commissario della Mobile di Palermo. Il ricordo del suo assassinio è l'occasione per parlare del modo di fare memoria, e di fattivamente dare un contributo alla lotta alla mafia. Senza tralasciare storie passate di scottante attualità. Così ricordare i ventiquattro anni dall'uccisione del fratello è anche motivo di discutere della sua città Catania, della vicenda de “I Siciliani”, costretti a pagare debiti contratti dopo la morte di Pippo Fava e soprattutto presentare un progetto ambizioso: una cooperativa che su due province siciliana, Catania e Siracusa, nascerà sui terreni confiscati ai mafiosi. In nome di Beppe Montana.Dario, due giorni fa erano 24 anni dalla morte di tuo fratello, come è stato ricordato e secondo te quanto ancora è forte la memoria di Beppe?
A riguardo ho una sensazione netta, maturata negli anni. Una sensazione di amarezza. Ti spiego, lo scorso anno organizzammo una serie di iniziative per ricordare Beppe: spettacoli teatrali e una messa che celebrò Don Luigi Ciotti. La presenza in Chiesa fu massiccia. Si riempì completamente, anche grazie a una forte partecipazione istituzionale. Fin troppo, direi io. Esponenti politici locali e deputati di ogni schieramento. Quest'anno la messa, celebrata il 27 per motivi burocratici, ha visto una chiesa inesorabilmente vuota. Non è certo una cosa che riguarda i familiari, impegnati nel ricordare Beppe da sempre. Ma un dato oggettivo con cui le persone devono fare i conti. Sono stato molto felice che l'anno scorso sia venuto Luigi a celebrare. Ma le persone che un anno ci sono e l'anno dopo non partecipano, di sicuro dovrebbero fare loro i conti con questa anomala situazione. Io provo molta amarezza.
Proprio il 28 una serata musicale ha voluto ricordare “I Siciliani” e promuovere la sottoscrizione per aiutare economicante i redattori di quel giornale a saldare un debito che viene loro contestato. In che modo il giornale e la storia di Beppe si sono intersercate?
Esattamente. Quest'anno il ricordo di Beppe assumeva anche questa valenza, molto forte. Ovvero avere davanti a noi una concreta occasione, quella di aiutare economicamente i “Siciliani”, per testimoniare il nostro impegno. Occuparsi di cose attuali, vicine ai nostri giorni, di problematiche che ci toccano penso sia il vero modo di fare memoria e e di rendere concreta la nostra attività. Ancora di più nei confronti di un giornale come i “Siciliani”, che dopo la morte di Pippo Fava continuò la sua avventura e ci fu molto vicino all'epoca. Con un giornalismo non truce, non “da sciacalli”. In un numero che vedeva interviste di Beppe e di Chinnici e una ultima pagina che, con grande lungimiranza parlava di aziende confiscate ai mafiosi da consegnare agli operai. Quindi partecipare a una serata di buona musica per una buona causa, sì. questo è il vero senso della memoria.
Pensi quindi sia fondamentale il supporto alla redazione de “I Siciliani”?
Si, certo. Ripercorrere gli anniversari è molto importante. Farlo collegandosi ai temi contingenti, essere vicini in maniera attuale al problema della mafia è fondamentale. Il nuovo questore di Catania, che ci è stato molto vicino nelle nostre battaglie ultimamente analizzando la situazione catanese ha detto di aver visto, in città poche manifestazioni antimafia e soprattutto poco informazione di inchiesta sul tema. Quell'informazione che i “Siciliani” ponevano davanti a tutto.
A proposito di tematiche attuali, quest'estate state portando avanti come Libera Catania diversi campi di lavoro sui beni confiscati. Anche lì avete ricordato Beppe?
Certo, sui beni confiscati portiamo avanti durante i campi diversi approfondimenti, tra cui uno su Beppe e su Chinnici, sulla realtà palermitana di quegli anni. Abbiamo celebrato una messa sui terreni e il questore, pur non potendo partecipare, ha più volte visitato i campi, dicendo cose che molto mi hanno colpito. Parlando di Beppe e di Ninni Cassarà come di due ragazzi che non mediavano su niente. Non disposti al compromesso. E legatissimi al loro dovere. Era così Beppe. Pensava che ciò che stava facendo fosse troppo importante per chinarsi di fronte alle mancanze di mezzi e fondi: utilizzava la sua macchina i suoi mezzi pur di continuare il suo lavoro. Ricordarlo sui terreni è stata memoria ma anche riappropriazione di un bene da parte della collettività.
Dove si stanno svolgendo questi campi?
Dopo i primi due campi già conclusi ora ne stiamo portando avanti uno a Belpasso, in una tenuta di sedici ettari con un agrumeto e un fabbricato confiscati alla famiglia Riela, tipico esempio di famiglia mafiosa imprenditrice. Da bracciante a dattilografo, il gruppo familiare dei Riela è diventato leader nell'autotrasporto con molti legami con mafiosi di alto calibro anche nella sicilia occidentale e contatti con la 'ndrangheta.
Oltre a Belpasso, altri terreni confiscati dovrebbe in futuro, confluire in un progetto di cooperativa, cosa ci puoi dire a riguardo?
Il nostro progetto, sebbene agli inizi, è molto ambizioso. Si tratta di una cooperativa che nelle nostre intenzioni gestirà terreni a Lentini, Belpasso, Ramacca e Motta Sant'Anastasia, tra le province, dunque, di Catania e Siracusa.
In che settori sarà impegnata la cooperativa?
L'idea è quella di sistemare i terreni, abbandonati da dieci anni per stabilire una coltivazione biologica di agrumi, commercializzati con il marchio Libera Terra. In seconda battuta valorizzare anche dal punto di vista turistico queste zone. I campi servono per sondare questa possibilità. Infatti pensiamo di restaurare il fabbricato di Belpasso per fargli ospitare 55 posti letto. E farne in futuro il fulcro di un possibile itinerario per il turismo scolastico. Sposando beni confiscati e turismo responsabile. Al momento siamo ancora agli inizi e anche organizzare i campi di lavoro è molto dura; ma già più di tremila persone sono state su questi terreni. E ne hanno fatto una zona viva dove si fa memoria concreta.
A proposito di memoria, oggi cosa significa per te ripensare a tuo fratello?
Il ricordo di Beppe è vivo in me. In diverse occasioni abbiamo mostrato a dei ragazzi un video di Beppe che ne 1982 con Chinnici va a parlare a dei ragazzi a Siracusa. Mi hanno fatto molto impressione le sue parole. Che fanno riferimento alla politica, ai rapporti con la mafia, a cose, che se fatte, avrebbero evitato molto sangue. Rivederlo così, con le sue movenze naturali in mezzo ai ragazzi, mi ha fatto ritornare il mente la sua abnegazione, il suo coraggio e la sua voglia di agire, senza mai far rischiare i suoi ragazzi. Impossibile per i ragazzi datare quell'intervento. Talmente attuale e lucida era la visione di Beppe.
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