domenica, maggio 31, 2009
“L’Unione Africana è stata lasciata sola sulla Somalia”: lo ha detto il presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA) Jean Ping, in un’intervista rilasciata alla MISNA a margine della Giornata dell’Africa celebrata in Italia il 28 maggio al Quirinale alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Agenzia Misna - “Sul futuro della Somalia le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza continuano a tergiversare” aggiunge Ping, che, come i suoi predecessori e come gli ultimi due presidenti della Somalia o tutti gli organismi continentali africani e dei paesi arabi, negli ultimi anni ha ripetutamente chiesto al Palazzo di vetro di inviare una missione di pace nel paese a sostegno delle istituzioni di transizione così faticosamente create. “Crediamo che il governo di transizione in carica abbia tutta la legittimità necessaria. Il presidente è stato scelto dai deputati somali e gode di un vasto sostegno popolare. Il nuovo esecutivo è stato riconosciuto ed è guardato con speranza da buona parte della comunità internazionale” ha aggiunto Ping, evidenziando come, facendo riferimento alla cronaca degli ultimi giorni, questo governo si trovi ora minacciato da poche migliaia di oppositori armati. Oppositori che potrebbero essere contenuti da una forza internazionale degna di questo nome. “L’Onu e il Consiglio di Sicurezza continuano a risponderci che non c’è una pace da mantenere in Somalia e che per mandare una missione di ‘peacekeeping’ serve una pace (‘peace’) da mantenere (‘to keep’)” scandisce sorridendo il presidente dell’Unione Africana, nella sua conversazione con la MISNA. “Ci dicono fate la pace in Somalia e poi invieremo una forza. Ma chi porta la pace in Somalia?” chiede Ping. “La responsabilità di mantenere la pace è delle Nazioni Unite. Cinquantadue paesi africani su 53 sono membri delle Nazioni Unite, che, se non ricordo male, non sono una società a partecipazione limitata” aggiunge ironico il presidente della Commissione dell’Unione Africana, ricordando come l’Unione Africana abbia più volte chiesto l’invio di una missione di pace. “Non riesco a capire quale sia il motivo per i ripetuti ‘no’ ottenuti in risposta alle nostre richieste (l’ultimo solo qualche giorno fa, ndr). La richiesta di attesa della pace in Somalia l’abbiamo già affrontata e credo che sia chiaro come questo approccio porti a un circolo vizioso senza via d’uscita, l’altra cosa che mi viene in mente è che alcuni paesi molto influenti nel Consiglio di Sicurezza siano ancora impauriti per quanto accadde nel 1993 con la missione Onu ‘Restore Hope’” aggiunge Ping, facendo riferimento alla fallimentare missione umanitaria delle Nazioni Unite durante la guerra civile seguita alla caduta di Siad Barre nel 1991 e che si concluse con una ritirata dei caschi blu (a partire dal contingente statunitense dopo le perdite subite a Mogadiscio e immortalate nel lungometraggio hoolywoodiano ‘Black Hawk down’) e l’abbandono totale della Somalia al suo destino. “Se questo è il problema – dice Ping riferendosi ad eventuali paure per episodi passati – basta dirlo e se ne può parlare. Le condizioni di oggi e di allora, infatti, sono molto diverse”. Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, comunque, sottolinea con orgoglio la presenza del contingente inviato dall’Ua in Somalia: Amisom. “Siamo gli unici ad essere presenti sul posto. Abbiamo avuto dei problemi di finanziamento iniziali, ma adesso le cose stanno migliorando. I paesi contributori (Uganda e Burundi, ndr) hanno rinforzato i rispettivi contingenti e altri paesi si aggiungeranno presto alla lista” dice ancora Ping, anticipando un coinvolgimento nigeriano, ghanese e di altri paesi. La situazione di Amisom e il suo potenziale a sostegno del governo di transizione somalo “stanno crescendo” secondo Ping il quale sottolinea come finalmente siano cominciate ad arrivare risposte a due delle richieste avanzate in questi anni. “Alla conferenza di Bruxelles la comunità internazionale si è impegnata a stanziare circa 250 milioni di dollari per la Somalia, anche se finora solo pochi paesi hanno effettivamente versato la quota per cui si erano impegnati (Italia e alcuni paesi scandinavi, ndr), soldi con cui è possibile finanziare Amisom; in secondo luogo altri paesi hanno risposto all’appello di intervenire nella formazione di una forza di sicurezza somala. Stiamo lavorando per creare 10.000 poliziotti somali. Dobbiamo addestrarli, dotarli di attrezzature e pagarli e per fortuna alcuni paesi hanno dato la loro disponibilità ad aiutarci” spiega citando lo Yemen, l’Egitto e l’Algeria. Interrogato sulla discrepanza di attenzione con cui la comunità internazionale ha trattato finora il problema della politica somalo e quello della pirateria a largo delle sue acque, il presidente della Commissione dell’Unione Africana risponde, concludendo l’intervista e sfoderando un sorriso sincero: “i nostri amici dovrebbero capire che i pirati somali non nascono in mare”. Un concetto, quello di curare la malattia (l’insicurezza della Somalia) e non solo uno dei suoi sintomi (in questo caso la pirateria), molto caro a Jean Ping. (Intervista di Massimo Zaurrini)


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