domenica, maggio 31, 2009

'Era mezzanotte, troppo tardi, eravamo in giro a cercare soldi da prendere a prestito. Eravamo confusi e disperati. Non c'era nessuna macchina disponibile.' Kumba Dabor racconta della notte in cui morì sua sorella Hawa. Nel tardo pomeriggio del 19 marzo 2008 iniziò il travaglio e Hawa andò a piedi fino all'ambulatorio del villaggio. La sua gravidanza gemellare non era stata individuata dai controlli prenatali. L'infermiera le disse che doveva andare all'ospedale di Kabala, ma Hawa morì alle 2.30 del mattino. In Sierra Leone le donne rischiano di perdere la vita durante il parto più che in quasi ogni altra parte del mondo e ogni anno, a causa di complicanze della gravidanza che potrebbero facilmente essere curate, perdono la vita a migliaia. Questa non è solo un'emergenza sanitaria, è uno scandalo per i diritti umani.


Ospedali e ambulatori sono a corto di personale, mancano di attrezzature idonee e farmaci essenziali e spesso si trovano in zone distanti dalle case delle pazienti. Per il trasporto in ospedale occorre pagare una tassa di registrazione al momento dell'arrivo nella struttura, il costo del parto, dei farmaci, di attrezzature sanitarie quali guanti e fleboclisi, delle sacche di sangue per trasfusione, degli esami e delle operazioni chirurgiche è troppo elevato e la maggior parte delle donne in Sierra Leone non può permetterselo. Questi costi contribuiscono in modo diretto alla mortalità materna. Molte donne giungono troppo tardi in ambulatori e ospedali perché perdono tempo a raccogliere il denaro, dato che devono pagare in anticipo i servizi, anche se la vita della madre è in pericolo.

A dispetto di una linea programmatica ufficiale del governo adottata nel 2001, secondo la quale le cure mediche per donne in gravidanza e bambini fino ai cinque anni dovrebbero essere gratuite, non è stata adottata alcuna misura per attuarla.

Il monitoraggio da parte del governo sulle morti materne, sul personale medico e sul sistema sanitario nel suo complesso è pericolosamente inadeguato e l'accertamento delle responsabilità nei casi di morti materne evitabili è scarso o del tutto assente. A ogni livello del sistema sanitario pubblico, la formazione professionale del personale e la supervisione delle loro attività sono carenti o del tutto inesistenti. Inoltre, la mancanza di informazioni sanitarie e i bassi livelli di istruzione impediscono alle donne di riconoscere i segnali di pericolo durante la gravidanza.

La capacità delle donne di esercitare il proprio diritto a decidere il numero, l'intervallo e la tempistica delle gravidanze è minima; la pressione sociale ad aver figli è, infatti, molto forte e le donne della Sierra Leone hanno una media di 6-8 figli ciascuna. Inoltre, le complicanze dovute ad aborti praticati in condizioni di rischio sono una delle principali cause di mortalità materna.

Per ridurre la mortalità materna, oltre all'accesso alla pianificazione familiare e alle prestazioni sanitarie gratuite, sono fondamentali la presenza di personale sanitario qualificato al momento del parto, l'assistenza ostetrica d'urgenza e le reti di ascolto e assistenza. La Sierra Leone è un paese povero che con le proprie risorse si trova a far fronte a molti problemi ed esigenze. Nonostante le numerose difficoltà, la Sierra Leone ha l'obbligo di adottare misure concrete e mirate per garantire il diritto delle donne ai più alti standard sanitari possibili.

Incapacità a fornire le cure essenziali
Si stima che, in tutto il mondo, il 15 per cento delle donne incinte rischiano di andare incontro a complicanze della gravidanza, che possono mettere in pericolo la loro vita. L'assistenza ostetrica d'urgenza è essenziale per salvarle. Secondo uno studio condotto nel 2008 dall'Unicef e dall'Unfpa, dei 38 ospedali della Sierra Leone dotati di reparti maternità solo 14 sono in grado di fornire assistenza ostetrica completa (che comprende trasfusioni sanguigne e parti cesarei) e nessun ambulatorio è in grado di fornire le basilari cure ostetriche d'urgenza. Dei 13 distretti in cui è diviso il paese, sei non possiedono strutture per le emergenze ostetriche e centinaia di migliaia di donne sono perciò prive di accesso a trattamenti salvavita.

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