martedì, aprile 28, 2009

Palestina: ricominciati i colloqui inter-palestinesi

Hamas rinomina i suoi vertici

Agenzia Misna - Con un invito alla formazione di un governo di unità nazionale espresso dal presidente dell’autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e una disponibilità di fatto di Hamas, è cominciato oggi al Cairo una nuova fase di colloqui inter-palestinesi. Nella capitale egiziana, con la mediazione del capo dei servizi segreti del presidente Hosni Mubarak, si sono incontrati una delegazione di Fatah e del movimento che controlla dal 2007 la Striscia di Gaza. L’obiettivo, come nelle altre occasioni, la riconciliazione e la formazione di un governo di coalizione. Secondo alcune fonti, l’incontro avrebbe fatto segnare qualche progresso su più punti.“Vogliamo un governo palestinese costituito da tutte le anime politiche del nostro popolo” ha detto da Ramallah Abu Mazen, “che ci consenta di trovare soluzioni per la questione palestinese e che ci conduca a nuove elezioni legislative e presidenziali”. Intanto, Khaled Mesh’al è stato rieletto per la terza volta a capo dell’ufficio politico di Hamas, l’organismo di più alto grado del movimento. Al voto, a scrutinio segreto e con modalità non note, tenutosi nei giorni scorsi hanno partecipato palestinesi dei Territori occupati, ma anche dei paesi vicini. Mesh’al continuerà ad essere la massima autorità di Hamas per i prossimi quattro anni e presiederà un ufficio politico composto da 15 membri.

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martedì, aprile 28, 2009

Arabia Saudita, alle prossime elezioni forse il voto alle donne

Agenzia Misna - Le prossime elezioni potrebbero essere le prime nella storia del regno a vedere la partecipazioni di donne in qualità di elettori. Lo ha reso noto il principe Mansour Bin Muteb, viceministro per gli affari comunali e rurali, parlando al quotidiano Al Quds al Arabi, precisando che “le donne saudite potrebbero essere autorizzate a partecipare già alle elezioni municipali previste entro l’anno, ma solo in qualità di elettrici e non di candidate”. Nelle elezioni comunali svoltesi nel 2005, le prime nell’intera storia della monarchia assoluta sin dalla sua nascita, nel 1932 – solo i cittadini maschi ebbero la possibilità di votare. In quell’occasione fu possibile eleggere la metà dei membri dei consigli comunali, mentre l’altra metà fu nominata dal governo di Riad. Se approvata, la proposta di suffragio universale, ancora in via di discussione, rappresenterebbe un passo in avanti significativo lungo il difficile percorso di emancipazione politica, culturale e sociale delle donne saudite; un evento storico in tal senso è stata la nomina, nel febbraio scorso, di Norah al Faiz come vice ministro dell’Istruzione, la prima viceministro donna nella storia del paese.

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martedì, aprile 28, 2009

Somalia: rilasciati gli operatori sanitari rapiti

Agenzia Misna - Sono stati rilasciati questa mattina i due operatori di un’organizzazione umanitaria internazionale rapiti il 19 aprile scorso nella regione di Bakool, in Somalia. Lo riferiscono fonti giornalistiche somale e internazionali. Secondo il sito dell’emittente radiofonica somala 'Shabelle', una delle principali fonti di informazione sul paese, gli anziani del distretto di Rabdure hanno confermato il rilascio dei due dipendenti di Medici senza frontiere (Msf), un olandese e un belga, precisando che per la loro liberazione non è stato pagato alcun riscatto. L’agenzia di stampa inglese ‘Reuters’ ha ricevuto la conferma della liberazione da uno dei due ostaggi, il dottore belga, il quale ha fatto sapere che i due si trovano ora insieme agli anziani. Fonti dell’ufficio italiano di Msf preferiscono essere più cauti e precisano che l’organizzazione, una delle poche ancora attive con personale straniero in Somalia, non ha “nessuna conferma e nessun commento” sulle informazioni in circolazione sulla stampa.

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martedì, aprile 28, 2009

Kirkuk: commando attacca due famiglie cristiane, tre i morti

Oggi mons. Sako, arcivescovo di Kirkuk, ha celebrato i funerali. Alle esequie hanno partecipato “le massime autorità locali e molti musulmani”, che hanno manifestato “sdegno” per i nuovi episodi di violenza. Fonti di AsiaNews parlano di una “esecuzione” a sfondo “confessionale”.

Kirkuk (AsiaNews) – Cristiani irakeni di nuovo nel mirino dei fondamentalisti islamici. Ieri sera a Kirkuk un commando armato ha fatto irruzione all’interno di due case cristiane, uccidendo a sangue freddo tre persone. Nel primo attacco è stato ucciso Yussef Saba, impiegato nella compagnia petrolifera Northern Oil Company; il commando ha ferito anche due parenti della vittima. Poco dopo, il gruppo è penetrato in una seconda abitazione, uccidendo due donne: Munna Dauod e Susan Latif.

I funerali delle vittime si sono tenuti oggi nella cattedrale del Sacro Cuore di Kirkuk e sono stati celebrati da mons. Louis Sako, arcivescovo della diocesi. Il prelato sottolinea che “tutta la comunità di Kirkuk” ha partecipato ai funerali: alle esequie “erano presenti le autorità” e semplici cittadini, insieme a “moltissimi esponenti della comunità musulmana” che hanno mostrato “il loro sdegno” per le nuove violenze. Il prelato condanna gli attacchi terroristi, che mirano solo a “creare confusione” nella città e “alimentare il clima di paura” fra i cristiani.

Adnan Abdullah, ufficiale di polizia irakeno, spiega che gli attacchi “si sono verificati a breve distanza l’uno dall’altro”. Solidarietà alla comunità cristiana viene espressa dal vice-presidente irakeno Adel Abdul Mahdi, musulmano sciita, il quale invita i cristiani “a non abbandonare il Paese” e chiede alla comunità internazionale “aiuto e protezione” contro gli estremisti.

“Gli inquirenti mantengono uno stretto riserbo sulle indagini”, commenta una fonte anonima locale di AsiaNews e non è trapelato nulla “sui motivi alla base dell’attacco”. “Le famiglie non avevano problemi particolari – prosegue la fonte – e le modalità in cui si è svolto l’attacco fanno pensare a una vera e propria esecuzione. Dalle abitazioni non è stato rubato nulla”. Secondo la fonte, la comunità cristiana irakena è “di nuovo nel mirino dei fondamentalisti islamici” che progettano ed eseguono “attacchi premeditati”.

Da Kirkuk spiegano che le famiglie erano già state vittima di un attacco, nella serata di domenica 19 aprile. Esattamente una settimana prima del raid mortale di ieri. “È un omicidio a sfondo confessionale – conclude la fonte – per mandare un avvertimento alla comunità cristiana in Iraq”.
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martedì, aprile 28, 2009

Influenza suina: vicini alla pandemia

Oms: innalzato a livello 4 il rischio pandemia. Un’influenza simile, 40 anni fa, ha causato un milione di morti. Morti in Messico, casi sospetti in molti Paesi, fra cui Israele e Sudcorea. Ci vorranno mesi per produrre il vaccino. Scendono le azioni delle compagnie aeree.

Hong Kong (AsiaNews) – Per l’influenza suina gli esperti della medicina mondiale cominciano a parlare di un rischio pandemia, la prima dopo 40 anni, mentre sale il numero dei morti in Messico e quello delle persone infette nel resto del mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha innalzato a livello 4 l’allarme pandemia (il massimo è 6), con il quale si avvisa che il virus è capace di passare da uomo a uomo e può produrre epidemie diffuse in comunità e gruppi.

L’ultima influenza di questo tipo che si ricordi è quella di Hong Kong nel 1968 che ha causato la morte di un milione di persone. Keiji Fukuda, assistente generale dell’Oms, ha dichiarato che a tutt’oggi il virus è troppo “diffuso per contenerlo”. Mentre le nazioni dove esso è presente devono cercare con tutti i mezzi di mitigarne gli effetti, egli ha fatto notare che “chiudere le frontiere o restringere i viaggi ha effetti irrisori nel fermare la diffusione del virus”. Ciò è dovuto alla velocità con cui si viaggia e si comunica.

Molti aeroporti hanno approntato dei punti di verifica della temperatura corporea per i passeggeri, pedane disinfettanti e distribuzione di mascherine per chi entra nel Paese.

Finora il virus ha fatto 150 morti in Messico, di cui solo 20 casi sono confermati. Nel Paese, dove le scuole sono state chiuse e le occasioni di raduno cancellate, sembra che la forza del virus stia diminuendo. Si confermano casi di influenza suina in Usa (40); Canada (6); Gran Bretagna (2); Spagna (1); casi sospetti si segnalano in Israele, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Brasile, Guatemala, Perù.

Gli esperti fanno notare che il virus viene dallo stesso ceppo che produce le influenze stagionali negli esseri umani, ma esso è rafforzato da materiale genetico influenzale che di solito colpisce i polli e i maiali. L’Oms avverte che ci vorranno almeno 4-6 mesi per produrre il primo vaccino anti-influenzale e molti più mesi per produrlo in grandi quantità.

Sebbene non vi siano controindicazioni nel cibarsi di carne di maiale, Russia, Cina, Ucraina, Kazakistan, Filippine, Thailandia ed Emirati arabi hanno bloccato le importazioni di carne di maiale proveniente dagli Stati Uniti.

Il timore di epidemie sta causando una caduta delle azioni delle compagnie aeree. La Cathay Pacific ha perso oggi l’1,7%, mentre ieri le sue azioni sono scese dell’8%; a Taiwan la China Airlines e la Eva Airways hanno perso rispettivamente il 4 e il 7%; ieri avevano perso il 7%.
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lunedì, aprile 27, 2009

Domani la visita del Papa alle popolazioni terremotate d'Abruzzo

Radio Vaticana - C’è attesa nelle zone terremotate dell’Abruzzo per la visita di domani di Benedetto XVI che arriverà in mattinata per incontrare le popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile. Alle 9.30 il Papa giungerà ad Onna, in elicottero: poi si trasferirà all’Aquila. Prima tappa alla Basilica di Collemaggio per la venerazione all’urna di Celestino V. Quindi, la breve sosta alla Casa dello studente, seguita dall’incontro, nel piazzale della Scuola della Guardia di Finanza a Coppito, con i sindaci e i parroci dei Comuni più colpiti e poi con i fedeli e il personale impiegato nei soccorsi.


Il Papa guiderà la recita del Regina Coeli. Infine il saluto alle rappresentanze delle categorie presenti. Alle 12.00 la partenza per il Vaticano. Ma sulla giornata appena trascorsa sentiamo uno dei nostri inviati in Abruzzo, Massimiliano Menichetti

Ad accogliere il Papa in Abruzzo sarà l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari. Ascoltiamolo al microfono di Massimiliano Menichetti:

R. – E’ stata un’iniziativa che viene proprio dal suo cuore di padre, di pastore, vedendo la nostra sofferenza di questo momento. La nostra tragedia è conosciuta in tutto il mondo, però la presenza del Papa, la farà conoscere ancora di più e questo ci porterà anche, certamente, ad avere ancora più solidarietà da parte di tutti e per noi questo è importante. Però, a prescindere da questo, quello che è più importante, è proprio sul piano religioso, sul piano della fede.

D. – Mons. Molinari, che cosa vi porterà il Papa?

R. – Quello che conta è che lui ci confermi nella fede. E’ lui che ci indica la strada da seguire, è lui che ci dice da quale parte sta la verità che guida il popolo cristiano; è lui che ci rassicura e che ci libera dal dubbio. In questo momento, veramente, confermare i propri fratelli nella fede, questi fratelli che sono nella prova, nella sofferenza, diventa ancora più bello, ha un sapore ancora più profondo, un significato ancora più bello. In fondo, una volta mi disse un teologo: “Io mi aspetto dal mio vescovo solo questo: che mi confermi nella fede del Cristo risorto”. Il Papa quindi, viene a confermarci in questa fede, nel Cristo risorto, con tutto quello che questo significa. Significa buttarsi dietro alle spalle tutto quello che sa di sfiducia, di rassegnazione, di dubbio; di rinuncia ad impegnarci a lottare per andare avanti. Credere nel Cristo risorto significa mettere da parte tutto quello che è cultura di morte, che è crisi della speranza per imboccare, invece, decisamente la strada dell’affidarsi totalmente al Signore, anche quando sembra tanto, tanto difficile: ed in questo momento è difficile. Di fronte ad una prova così grande, il nostro popolo ha tanta fede però, indubbiamente, è un momento difficile e quindi, la presenza del Papa ci richiama alla centralità di questa fede. E' vero, noi sappiamo che abbiamo bisogno davvero di tanta solidarietà da parte di tutti e per questo ringraziamo tutti, ma prima di tutto abbiamo bisogno di profonda fede, quella fede che genera anche la speranza, che genera la forza di andare avanti e tutto questo non lo ritroviamo nei ragionamenti umani. La povera ragione umana, di fronte a questo mistero del dolore, di una prova così grande, si arrende, non trova spiegazione. Alla luce della fede, non è che abbiamo delle spiegazioni preconfezionate, astratte, però abbiamo l’esempio di Cristo che, salendo sulla Croce, soffrendo, dando la sua vita, ha salvato tutto il mondo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

E sulla preparazione di quanto necessario all’arrivo del Papa sentiamo Guido Bertolaso capo della protezione civile, al microfono di un altro dei nostri inviati Fabio Colagrande

Sull’attesa del Papa in Abruzzo ecco alcune testimonianze raccolte sempre da Massimiliano Menichetti:

D. – Domani ci sarà l’arrivo del Papa: che cosa vi aspettate da questa visita?

R. – (Paolo) Sarà un segno di grande speranza; incoraggiante insomma. Dà quella speranza di andare avanti, anche al di là delle macerie.

D. – E che cosa porterete al Papa?

R. – Sicuramente tanta sofferenza per la situazione che si vive; anche tanta preoccupazione per il futuro. Però, c’è la speranza di un futuro.

D. – Come stanno andando le cose?

R. - (Lucia) Per quanto riguarda l’accoglienza e l’assistenza sono ottime. Abbiamo degli angeli qui dentro. Abbiamo la Protezione civile, i Vigili del Fuoco, che danno veramente un aiuto a livello psicologico, anche fisiologico, per quanto riguarda gli ammalati. Certo, mancano le nostre quattro mura. Speriamo, però, che al più presto Dio ci dia una mano per poter rientrare nelle nostre case.

D. – Trovo straordinario il fatto che voi siate in una tenda e mi diciate: “Abbiamo di tutto e di più”. Com’è possibile una cosa del genere?

R. – Sì, perché abbiamo visto di peggio: le persone che ormai non ci sono più. E a questo punto possiamo dire veramente che Dio ci ha aiutato. Dobbiamo, allora, continuare ed andare avanti.

D. – Domani ci sarà l’arrivo del Papa. Che cosa si aspetta da questo incontro?

R. – Noi avvertiamo nell’aria questa presenza. L’avvertiamo.
D. - Come sta vivendo questa situazione?

R. – (Luciana) Con tanta pace dentro perché penso che la mia casa sia questa. Quando sono venuta qui ed ho trovato i frati, per me è stata una cosa molto importante perché sento la presenza di Cristo; nonostante tutto, vedo che Dio non ci abbandona.

D. – Lei dice: “la mia casa è questa” e sta indicando una cappella-tenda…

R. – Sì, perché qui trovo veramente, in Gesù Cristo, la forza di andare avanti.

D. – Cosa significa per lei questo arrivo del Papa?

R. – Io penso che sia molto importante, sento veramente che è Cristo sulla terra.

D. – Che cosa porterà al Papa, nel suo cuore?

R. – La preghiera per lui. Io penso che la preghiera è importante, la preghiera reciproca.
D. – Lei è dell’Aquila?

R. – (Norma) Sì, proprio aquilana. Mi manca l’Aquila, è finito tutto. Il Corso e i Portici non ci sono più ed allora è triste, ci viene da piangere.

D. – Domani verrà il Papa. Che cosa si aspetta da questo incontro con il Papa?

R. – Sempre cose buone perché quando uno ha la fede, deve sperare sempre. Già che siamo salvi, è tanto; pensando a tutte quelle persone che sono rimaste sotto le macerie, è triste.(Montaggio a cura di Maria Brigini)




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lunedì, aprile 27, 2009

Non dimentichiamo Chernobyl

Attenti al nucleare, avvisa Legambiente

Concluse le centinaia di eventi simultanei per il “Chernobyl Day” – la mobilitazione internazionale contro il nucleare coordinata a livello europeo da Sortir du nucléaire, una federazione francese di 842 associazioni attiviste – anche noi di ECO 51 partecipiamo alla commemorazione proseguendo a scrivere sul nucleare (qui e qui).


Eco51.it - Ventitré anni fa – nella notte tra il 25 e il 26 aprile del 1986 – successe il più grave disastro nella storia dell’energia nucleare a Chernobyl, una cittadina dell’Ucraina settentrionale (allora Unione Sovietica): esplose uno dei reattori della centrale nucleare e fuoriuscirono cesio, stronzio, plutonio. Il fallout radioattivo, cioè la ricaduta al suolo di particelle radioattive, durante i nove giorni del rogo, contaminò il 10% del territorio ucraino, provocando gravissimi effetti a lungo termine sulla salute pubblica, conseguenze ambientali e ripercussioni socio-economiche. Furono evacuate dapprima più di 100mila persone e in seguito altre 230mila dalle zone contaminate, tuttora inabitabili. Le perturbazioni meteorologiche dei giorni successivi all’incidente sospinsero la contaminazione fino a gran parte dell’Europa. Dopo i primi 65 decessi, ne avvennero altri 200mila - in Ucraina, Bielorussia, Russia - in seguito a malattie tumorali, tumori alla tiroide e leucemie, mentre diversi tipi di malformazioni genetiche colpirono le nuove generazioni. Nell’impossibilità attuale di una valutazione finale, le proiezioni a lungo termine dell’ Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stimano che, nei prossimi decenni, i casi mortali siano ancora destinati a salire a 9mila casi, mentre l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) ne prevede fino a 16mila.

Il reattore dell’incidente fu racchiuso in un sarcofago di cemento e la centrale nucleare di Chernobyl fu chiusa definitivamente il 14 aprile 2000. In seguito il sarcofago si è deteriorato, rischiando di cedere e rilasciare altri quantitativi significativi di radioattività nel raggio di diverse decine di chilometri, ma tentare la resa in sicurezza ammonta a circa 900 milioni di euro, riferisce l’associazione ambientalista Greenpeace.

Il nostro primo ministro Silvio Berlusconi ha formalizzato il ritorno del nucleare in Italia siglando, nel febbraio scorso, l’accordo di cooperazione energetica con il presidente francese Nicolas Sarkozy e riprendendo ciò che, secondo lui, era stato “frenato negli anni ‘70 dal fanatismo ecologico di una parte politica”. Il premier italiano punta quindi su quella che egli ritiene ”energia pulita e in assoluta sicurezza” per collaborare a realizzare centrali nucleari in Francia e in altri paesi, a partire dall’Italia, denuclearizzata dal referendum del 1987. Così, l’anno seguente alla catastrofe di Chernobyl, gli italiani sancirono l’abbandono del nucleare come forma di approvvigionamento energetico, così furono chiuse le quattro centrali nazionali. Dopo 22 anni, il governo italiano ha deciso di seguire l’esempio nucleare della Francia credendo così di coprire il fabbisogno energetico italiano, ridurre le emissioni di gas serra e dimezzare i costi delle bollette.

Di tutt’altro avviso è l’associazione ambientalista Legambiente: la scelta dell’atomo è pericolosa - “pone ancora gravi problemi di sicurezza” - e inutile, non permetterà all’Italia di ridurre la spesa energetica e la dipendenza nazionale dai carburanti fossili dell’estero, né di rispettare l’accordo europeo 20-20-20 per la riduzione delle emissioni di gas serra prevista per il 2020. Il timore degli ambientalisti è che i costi ingentissimi da sostenere per il nucleare finiscano con l’annullare ogni tipo di investimento alternativo per sviluppare politiche di efficienza energetica da energie rinnovabili e tecnologie pulite, rinunciando di conseguenza anche al nuovo mercato occupazionale nel settore verde. Legambiente invece ribadisce che soltanto la modernizzazione sostenibile operata da una rigorosa politica nazionale è il modello energetico che potrà dare un reale contributo alla lotta ai cambiamenti climatici.

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lunedì, aprile 27, 2009

Riapre la cucina economica del Circolo San Pietro

Radio Vaticana - E’ di nuovo operativa la mensa del Circolo San Pietro di via Adige, che serve 20 mila pasti caldi all'anno. Mons. Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ha benedetto lo scorso 24 aprile le due sale riaperte dopo un periodo di ristrutturazione dei locali. “Il Circolo S. Pietro – ha sottolineato mons. Boccardo – da 140 anni tenta di essere come quel Samaritano che vede il bisognoso sul ciglio della strada e vuole farsi strumento della carità del Papa. Siamo qui quindi – ha aggiunto – a prendere coscienza di questa opera di attività incessante di cui il Circolo ci dà testimonianza”. Il segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano – rende noto la rivista diocesana RomaSette - ha invocato quindi la benedizione sui volontari del Circolo San Pietro e “coloro che ogni giorno vengono qui a cercare qualcosa da mangiare ma anche consolazione, ascolto e speranza”. Entusiasta della riapertura della mensa di via Adige è stata anche Lavinia Mennuni, consigliere comunale e delegata del sindaco allo sviluppo dei rapporti con il mondo cattolico, che ha spiegato come “da sempre il Circolo S. Pietro si distingue per l'eccellenza dei servizi offerti ed è un vero e proprio punto di riferimento per il sociale. Speriamo – ha spiegato – che questo tipo di iniziative possano proliferare su tutto il territorio capitolino”. Il presidente del Circolo, il duca Leopoldo Torlonia, ha sottolineato che “le Cucine sono aperte a tutti: si conserva l'anonimato di chi siede alla mensa per mangiare un pasto caldo e nessuno va via senza essere stato servito”. (A.L.)

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lunedì, aprile 27, 2009

Febbre suina: oltre 100 morti in Messico

L'Oms potrebbe alzare il livello di allerta

Radio Vaticana - Si aggrava nel mondo il bilancio delle vittime di febbre suina: 149 sono i morti in Messico, oltre 1650 i casi sospetti. L’Oms prevede di alzare i livelli di allerta, mentre l’Ue anticipa a giovedì il vertice dei ministri della salute per fare il punto sull’emergenza dopo il primo caso accertato in Spagna. Stato di allerta negli Stati Uniti con 40 casi finora accertati, 6 invece in Canada. Preoccupazione per il rischio di una pandemia è stata espressa dall’Onu.
Il ministro degli esteri italiano Frattini intanto ribadisce: “l'Italia si attiverà come presidenza del G8 contro l'emergenza da febbre suina, per ora i rischi sono insignificanti, bisogna evitare allarmismi”. Cecilia Seppia (ascolta)


E il portavoce vaticano Padre Federico Lombardi attraverso i mass media messicani ha fatto sapere che Benedetto XVI è molto vicino a tutti gli ammalati e sta pregando per le vittime del virus e per le loro famiglie.

E il Messico oggi è stato colpito anche da una forte scossa di terremoto di magnitudo 6 gradi della scala Richter, che è stata avvertita anche nella capitale, città del Messico. La gente è fuggita dalle case ma finora non ci sono notizie di vittime. Il sisma si è fatto sentire alle 11.46 ora locale, le 18 meno un quarto ora italiana ed è stato localizzato presso la citta' di Guerrero, ad 82 chilometri a nord-est di Acapulco.



E sul territorio italiano intanto, in relazione al virus suino, sono stati allertati i medici di base e la rete per il controllo dell’influenza. Alessandro Guarasci ha intervistato il segretario generale della Federazione Medici di Famiglia, Giacomo Milillo

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lunedì, aprile 27, 2009

"La Sindone è il lenzuolo che ha avvolto Gesù"

Marco Tosatti: "Io credo che la Sindone sia realmente il lenzuolo che ha avvolto Gesù"

PapaBoys - E' da poco in libreria l'ultimo libro di Marco Tosatti, uno dei giornalisti (anche vaticanista in pensione de 'La Stampa ndr) più apprezzati nel nostro paese sia per l'informazione religiosa, sia per le sue posizioni sempre equilibrate, di analisi - non di servilismo - di confronto - non di polemica - di approfondimento (alla rcierca insomma, della verità!). E' anche il caso dell'ultimo libro appunto, sulla Sacra Sindone, "Inchiesta sulla Sindone" uscito da marzo di quest'anno e che pone una dettagliata, ma comprensibile analisi, anche scientifica, sul lenzuolo di lino più famoso al mondo, quello che milioni di fedeli ritengono abbia avvolto, duemila anni fa, il corpo di Gesù deposto nel sepolcro. Abbiamo rivolto alcune domande a Marco Tosatti per approfondire la questione 'Sindone', con una chiave di lettura rivolta anche ai giovani, maggiori fruitori della nostra comunicazione attraverso la rete internet.

Marco Tosatti, perché un libro sulla Sindone?

TOSATTI: Devo fare una premessa. In ventotto anni di informazione religiosa, mi sono sempre occupato poco della Sindone; lavoravo per un giornale di Torino, e il Telo era naturalmente “coperto” dal punto di vista dell’informazione dai colleghi piemontesi. Quando la Piemme mi ha chiesto se il progetto mi interessava, ho risposto di sì perché volevo esaminare tutto ciò che di scientifico, e solo quello, si poteva sapere sull’argomento. Compresi gli ultimi, recentissimi studi, presentati al Congresso dell’Università dell’Ohio nell’agosto scorso. Ho pensato che era il momento adatto per rivisitare quell’argomento, da troppo tempo trascurato.

Si riapre un capitolo secondo lei, attraverso la sua indagine avvalorata anche da supporti scientifici?

TOSATTI: Credo di sì. La valutazione, fatta da esperti docenti universitari, lontani dal mondo della Sindone, dell’errore di calcolo nell’esame del Carbonio 14 dovrebbe spingere il British Museum e i laboratori a rendere pubblici i “dati grezzi” dell’esame, cosa che non hanno mai fatto, nonostante le richieste della diocesi di Torino. L’esame avrebbe dovuto essere rifatto. Un comportamento certamente molto, molto strano. E la scoperta delle anomalie del tessuto fatta da Marino, Benford, Ray Rogers e di cui Roberto Villareal ha dato la dimostrazione scientifica nell’agosto scorso, che fa pensare a un “rammendo invisibile”, con la presenza di cotone e di una gomma, può spiegare sia la “giovinezza” del tessuto, sia i dati bizzarri riscontrati nell’esame al C14. Ci vogliono certamente altri esami; anche perché, e questo tutti dobbiamo saperlo, fino a questo momento tutti gli esami scientifici sulla Sindone, salvo quello del C 14 che come abbiamo visto però non era valido sono tutti contrari all’ipotesi del falso.

Quale è il suo parere di uomo (non del giornalista…) sulla Sindone?

TOSATTI: Il mio parere, di uomo, è eguale a quello di giornalista. Secondo me le probabilità che si tratti del sudario sepolcrale di Cristo sono altissime. E’ evidente che non è un falso.

Analizziamo una certezza e poniamo una domanda: “la Sindone è un lenzuolo di lino a spina di pesce. Misura cm 437 in lunghezza e cm 111 in larghezza, compresa una striscia cucita longitudinalmente larga circa cm 8. Sul tessuto è impressa un'immagine, l'impronta frontale e dorsale di un uomo crocifisso”. La domanda: e se quell’Uomo crocifisso fosse davvero Gesù, il Figlio di Dio incarnato, morto in croce e risorto?

TOSATTI: Avremmo una conferma fattuale – che per chi crede sarebbe solo un qualche cosa di più – che i Vangeli ci hanno detto la verità. Lo crediamo egualmente; ma certi particolari, come il colpo di lancia al costato, così inusuale nei confronti dei crocifissi ebrei, a cui si spezzavano le gambe, per evitare che giungessero vivi al Sabato, e il tipo di ferita, il “sangue e acqua”, in un periodo in cui non si conosceva la distinzione fra siero e sangue, e la corona di spine….Se si trattasse di Tutankhamen o di Alessandro il macedone non ci sarebbe nessun problema di identificazione. Ma dal momento che c’è il rischio che si tratti proprio di Gesù….

A chi è destinato come pubblico il libro ‘Inchiesta sulla Sindone’ ed un valido motivo per acquistarlo in libreria.

TOSATTI: E’ un libro non per specialisti. E’ destinato a un lettore comune, che come me quando sente parlare di chi quadro gli viene uno sguardo smarrito. E’ il tentativo, spero riuscito, di mettere qualche punto fermo, facilmente comprensibile da chiunque sulla storia di un oggetto assolutamente unico e incredibile, tale da costituire un enigma per chiunque voglia cercare di esaminarne i segreti. Ed è anche, per un cristiano, un qualche cosa di molto importante; la nostra fede è la stessa, con la Sindone o senza la Sindone; ma non possiamo fare finta che non esista, e che non ci racconti con la sua immagine, con il suo sangue, una Storia.
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lunedì, aprile 27, 2009

Grazie, scusami. Perdono.

di Monica Cardarelli

La lingua di un paese rappresenta la sua cultura. La ricchezza di termini e le loro sfumature rispecchiano il modo di pensare della società in cui viviamo. Oltre a tutto ciò, però, le parole hanno un loro profondo significato che, spesso, non viene valutato, venendo così utilizzate con maggiore leggerezza, alleggerite cioè del loro significato iniziale per cui sono nate. Quante volte nel nostro quotidiano ci troviamo a dire un ‘Grazie’ oppure ‘Scusa’ fino ad arrivare ad una parola così impegnativa come ‘Perdono’ solo per formalità, senza soffermarci al pensiero di cosa significhi veramente ringraziare e che cosa metta in funzione dentro di noi. Ringraziare è il modo per apprezzare un dono e per dimostrarlo. È, dunque, un’azione che ci mette in relazione con l’altro, è una risposta a qualcosa che ci è stato donato, una reazione. Tutto ciò mette in movimento noi e l’altro, crea empatia, risonanza. L’altro ci dona qualcosa che ‘esce’ dal suo ‘sé’ e giunge fino a noi che recepiamo questo ‘qualcosa’ come un dono, apprezzandone il valore e il nostro ‘sé’ reagisce rispondendo con un ‘Grazie’.
Di conseguenza, per poter dire appieno il nostro ‘Grazie’ dovremmo veramente essere disponibili all’incontro con l’altro, a guardare e ascoltare l’altro, a perdere qualcosa di noi per far spazio a quel qualcosa che l’altro ci sta donando.
Essere disponibili a ricevere, ad arricchirsi. Non sempre è facile ricevere, accogliere. A volte è più semplice donare. Così come non è facile farsi aiutare quanto piuttosto aiutare gli altri.
A mio avviso ciò è dovuto, in parte, al fatto che oggi si è troppo concentrati alla ricerca di un equilibrio interiore, di una stabilità personale, di una stima e fiducia in sé stessi (indispensabili) e siamo meno inclini a perdere tutto questo e metterci in discussione, o meglio, farci mettere in discussione dagli altri.
Perché accettare l’aiuto dell’altro significa prima di tutto ammettere a sé stessi di averne bisogno, demolendo quindi l’immagine di sicurezza e autosufficienza che abbiamo creato di noi stessi ai nostri occhi e a quelli degli altri.
Poi significa essere disponibili ad accettare l’aiuto dell’altro, qualunque esso sia, anche se questo aiuto fosse espresso in una forma che noi pensiamo non essere consona alle nostre necessità.
Questa accettazione presuppone però una disponibilità al cambiamento. Perché quel ‘qualcosa’ che l’altro ci dona inevitabilmente ci cambia.
A ben guardare si tratta solo e semplicemente di un gioco di equilibri in cui a giocare si è sempre in due. Non si sta parlando di equilibrio personale (quello deve esserci come punto di partenza), ma di relazione con un altro diverso da me.
Non un’altalena in cui posso giocare da solo, ma un ‘bilico’ in cui si è in due a mantenere l’equilibrio e a turno, si sale e si scende.
Così, dire un ‘Grazie’ riacquista il suo senso e significato originario.

Infatti, come dice il protagonista di “Grazie” di Daniel Pennac, alle prese con i ringraziamenti ad una cerimonia di premiazione: “Non è possibile immaginare un mondo in cui nessuno ringrazierebbe mai nessun altro, tranne che per le porte! Un mondo in cui si farebbero solo regali aziendali, dove il grazie sarebbe plausibile solo se messo in scena! E verrebbe trasmesso solo nelle ‘condizioni della diretta’!...un mondo così simile al nostro non è immaginabile! (…) Io sono venuto qui per…sono venuto in cerca di…qualcuno…è stato qualcuno ad attirarmi qui, la promessa di un incontro che mi ha fatto salire su questo…”.
La relazione umana, l’incontro. Se davvero riesco ad ascoltare, ad essere vigile, a percepire l’altro posso accorgermi se il mio rapportarmi a lui provoca o meno dispiacere, sofferenza o una qualunque sensazione negativa che meriti da parte mia l’uso di una parola come ‘Scusa’ o ‘Mi dispiace’.
È sempre necessaria una relazione ed una vera empatia, una conoscenza. Dispiacersi di qualcosa presuppone una consapevolezza del ‘fastidio’ arrecato.
Nel ‘Mi dispiace’ si percepisce chiaramente che l’azione di essere dispiaciuti parte e si sviluppa nel soggetto che parla per giungere e interessare altri, i soggetti dello ‘Scusa’.
È interessante notare come i verbi e le parole citati fin qui (ringraziare, scusa, dispiacersi…) presuppongano un’emozione e questa parte e conduce ad un movimento interiore e ad un movimento verso l’altro.
Dalla parte dell’altro, dopo le ‘scuse’, si potrebbe arrivare a ‘Perdonare’, altro termine estremamente impegnativo.
La parola ‘Perdono’ risulta un composto di ‘PER – DONO’. Presuppone, quindi, che colui che ha ricevuto un’offesa reagisca e reazioni a questo rapporto umano con un ‘dono’.
Il perdono, proprio perché è un ‘dono’ lo può concedere solo colui che deve perdonare, non lo si può chiedere come regalo all’altro.
Non si può chiedere un dono all’altro come scrive Tiziano Ferro nella sua canzone ‘Perdono’: “infatti chiedo perdono” quanto invece, come si legge in un altro suo testo, la canzone ‘Alla mia età’: “Perché Dio mi ha suggerito che ti ho perdonato e ciò che dice Lui, l’ho ascoltato”.
Il perdono è un regalo estremamente faticoso da regalare ma nel momento in cui lo si fa, ci si sente improvvisamente alleggeriti di un gran fardello che pesava fino ad allora.
A questo ‘dono’ tanto desiderato, a questo punto si potrebbe rispondere con un sincero ‘Grazie!’ e ricominciare il delicato ma attraente gioco della relazione umana.

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lunedì, aprile 27, 2009

Le Tigri tamil proclamano una tregua unilaterale...

I ribelli annunciano la tregua “davanti alla crisi umanitaria” ed in risposta alle richieste della comunità internazionale. Per il governo dello Sri Lanka è una “farsa”. Il sottosegretario Onu per le crisi umanitarie sull’isola per convincere la autorità di Colombo sugli aiuti ai civili intrappolati nella zona. Per mercoledì attesi i ministri degli esteri di Inghilterra, Francia e Svezia.

Colombo (AsiaNews) - Le Tigri tamil proclamano il cessate il fuoco unilaterale, ma il governo dello Sri Lanka rifiuta di fermare le operazioni militari e continua la guerra. Con un comunicato ufficiale reso noto domenica i ribelli affermano che “davanti alla crisi umanitaria senza precedenti ed in risposta alle richieste dell’Onu e dei governi di Usa, India e altri, il Liberation Tigers of Tamil Eelam annuncia un cessate il fuoco unilaterale. Tutte le operazioni militari offensive del Ltte cesseranno con effetto immediato”. Secca la risposta del governo di Colombo che chiede la resa incondizionata del Ltte. Il segretario alla Difesa Gotabaya Rajapaksa ha definito la tregua offerta dai ribelli una “farsa”. “Non c’è bisogno di un cessate il fuoco - ha affermato Rajapaksa, fratello del premier -: devono arrendersi. Questo è quanto”.

Nel frattempo proseguono gli sforzi della comunità internazionale per trovare una soluzione al conflitto. John Holmes, sotto-segretario Onu per le crisi umanitarie, ha raggiunto nel fine settimana l’isola per cercare di convincere il governo di Colombo a permettere l’intervento di aiuto alla popolazione civile nella zona di guerra.

I civili fuggiti nell’ultima settimana dalla zona di guerra sono ormai oltre 130mila. L’Onu afferma che da gennaio ad oggi i morti tra la popolazione sono oltre 6400 mentre i feriti sono circa 13 mila.

John Miliband, ministro degli esteri del Regno Unito, ha annunciato la sua visita nello Sri Lanka per mercoledì insieme al responsabile del dicastero degli esteri francese, Bernard Kouchner, e a quello svedese, Carl Bildt.
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lunedì, aprile 27, 2009

Roxana Saberi in sciopero della fame nel carcere iraniano

Il padre della giornalista fa sapere che la donna non è in cattive condizioni, ma è “fisicamente fragile” ed è “disperata”. Speranze nell’appello, dopo gli interventi di Obama e della Clinton. Per Reporters sans frontieres il suo arresto è “un avviso” ai giornalisti che operano nel Paese.

Teheran (AsiaNews) – E’ da sei giorni in sciopero della fame Roxana Saperi, la giornalista con doppia nazionalità, iraniana e americana, condannata a otto anni di prigione per spionaggio a favore degli Stati uniti. L’ha fatto sapere suo padre Reza, il quale ha aggiunto che la donna, 31anni, non è in cattive condizioni, ma è “fisicamente fragile” ed è “disperata”. La giornalista, alla quale la legge iraniana non riconosce la doppia nazionalità - pur essendo nata negli Usa - ripone qualche speranza nel processo di appello, secondo quanto il suo avvocato, Abdolsamad Khorramshahi, ha detto all’iraniana ISNA. Richieste di liberazione della giornalista sono venute dal presidente americano Barack Obama e dal segretario di Stato Illary Clinton, la quale ha affermato che la liberazione della Saberi sarebbe un gesto di buona volontà. La vicenda, di fatto, appare come un potenziale ostacolo al tentativo del presidente americano di aprire un nuovo rapporto con l’Iran. Secondo Reporters sans frontieres, inoltre, il suo arresto è “un avviso” ai giornalisti che operano nel Paese.

Suscita ipotesi contrastanti la risposta del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad alle richieste americane. Da un lato ha chiesto il rispetto delle leggi iraniane, dall’altro ha detto di aver chiesto al procuratore generale di assicurare alla giornalista il pieno diritto alla difesa. Quest’ultimo, da parte sua, ha dichiarato che il processo di appello si svolgerà “in modo accurato, rapido ed equo”.

La giornalista è stata arrestata a fine gennaio per aver lavorato nella Repubblica islamica con l'accredito di giornalista scaduto. La donna è stata poi incriminata per spionaggio.
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domenica, aprile 26, 2009

Migliaia le donne sostenute dai Centri di aiuto alla vita

Radio Vaticana - Le donne alle prese con una gravidanza indesiderata vivono spesso momenti di profonda solitudine e molte fra loro si rivolgono a strutture in grado di fornire ascolto e consigli. Tra queste strutture ci sono i Centri di aiuto alla vita (Cav), gestiti dal Movimento della vita. Migliaia sono le madri che hanno trovato aiuto e altrettante le migliaia di vite sottratte all’aborto, come spiega, al microfono di Fabio Colagrande, Ubaldo Camillotti del Movimento per la vita di Padova e membro della Segreteria nazionale di coordinamento dei Cav (ascolta).

R. – Io vorrei che questi numeri ve li raccontassero quei quattro mila volontari dei Centri di aiuto alla vita, perché sono veramente loro che dovrebbero raccontarvi le emozioni che stanno dietro questi numeri. E’ proprio il lavoro di queste persone, silenziose, che ha permesso di giungere a questi numeri straordinari. Solo l’anno scorso, in 172 Cav su 315, sono nati poco meno di otto mila bambini; quindi, la stima di 14 mila in tutta Italia, è più che attendibile. Sono state assistite 12 mila gestanti, 15 mila donne con vari problemi, non solo di gravidanza. L’anno scorso, mediamente, sono nati in ogni Cav 46 bambini, sono state assistite 160 donne. Questo ci permette di enucleare, in due numeri - spazzando via tutto il resto - che i bambini nati in questi oltre 30 anni di attività sono stimati ragionevolmente intorno ai 110 mila, e che sono circa 340 mila le donne assistite. Più della metà di queste donne non hanno avuto problemi di gravidanza. Questo manifesta chiaramente la nostra amicizia verso le donne. Questi due numeri rendono onore a quei quattro mila volontari che tutti i giorni, silenziosamente, scommettono sulla vita.

D. – Qual è l’aspetto più interessante del tipo di conforto, assistenza offerta dai volontari dei Centri di aiuto alla vita?

R. - L’aspetto più interessante della nostra attività è proprio che nonostante le difficoltà economiche, denunciate maggiormente dalle donne, la presenza del volontario per la vita fa superare la grande difficoltà che è costituita, non tanto da una gravidanza inattesa, ma dalla solitudine in cui si trova. E’ la solitudine che crea i problemi e, in particolare, la solitudine di una donna che aspetta un bambino. L’attività del volontario fa superare questa difficoltà e addirittura trasforma la difficoltà della donna in un’occasione di crescita. Questa è la grande lezione che secondo me proviene dal volontariato per la vita. Nessuna donna è mai venuta da noi a lamentarsi per aver messo al mondo un figlio, pur in mezzo a tante difficoltà. Questo significa che anche una gravidanza inattesa può essere facilmente accolta se la donna non viene lasciata sola. Lo dimostrano, fra l’altro, i nostri numeri secondo cui la maggior parte delle donne che manifestano la volontà di abortire, una volta venute a contatto con un Centro di aiuto alla vita, ritornano sulla loro decisione e accettano il figlio.
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domenica, aprile 26, 2009

Messico: sospese nella capitale le Messe

A causa dell'influenza suina sono state sospese le messe in tutte le chiese della capitale

Radio Vaticana - L'arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera, “preoccupato e rattristato per la situazione sanitaria che ha causato diverse vittime” colpite dall'influenza suina, ha annunciato la sospensione, a partire da questa domenica, e fino a nuovo ordine, di tutte le Messe in programma nell’arcidiocesi della capitale. “Sono sospese tutte le Messe fino a nuova disposizione” in tutte le parrocchie della città, si legge nel comunicato dell’arcivescovo trasmesso alla stampa ieri sera dal responsabile per le comunicazioni José de Jesùs Aguilar, con la precisazione che la decisione è stata presa in accordo con il ministero della Sanità. In concreto, la misura non implica la chiusura delle chiese per quei fedeli che intendano recarvisi a pregare. La Messa, tuttavia, spiega il comunicato, dovrà essere seguita via radio, grazie alle celebrazioni trasmesse da altre zone del Paese o dall'estero. Fino a qualche ora prima di questa disposizione, la Chiesa aveva evitato di sospendere le Messe in programma nella giornata di oggi, limitandosi a raccomandare ai fedeli a recarsi in chiesa con le mascherine per coprire bocca e naso. Il cardinale Norberto Rivera Carrera ricorda che è dovere dei pastori “la cura non solo della salute spirituale, ma anche di quella fisica”. Questa grave decisione, precisa il porporato, non esime i fedeli cristiani dall’adempiere il precetto dominicale e perciò si raccomanda di unirsi alla celebrazione eucaristica tramite la radio e la Tv nazionale e internazionale. D’altra parte l’arcivescovo chiede a tutti di rivolgere una particolare preghiera a Nostra Signora di Guadalupe affinché protegga tutti, in particolare le popolazioni delle zone a rischio come il Distretto federale. Infine, nel comunicato, il cardinale Rivera Carrera chiede a tutti di collaborare con le autorità del Paese adottando responsabilmente i comportamenti suggeriti e, al tempo stesso, ricorda ai parroci il loro dovere di assecondare queste raccomandazioni per il bene comune e di ogni cittadino. (A cura di Luis Badilla)
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domenica, aprile 26, 2009

Una via intitolata "suore della resistenza" ?

Agenzia Misna - “I partecipanti al convegno fanno propria la proposta di mons. Giovanni Barbareschi perché nelle città e nei paesi in cui vi sia stato un Istituto di suore che ha collaborato alla lotta di Liberazione e alla Resistenza in vario modo (salvataggio di ebrei, partigiani, popolazioni inermi), sia dedicata una ‘Via Suore della Resistenza’. Invitano gli amministratori e chiunque ne ha la possibilità a farsi parte attiva perché il progetto possa trovare realizzazione presto e nel modo più esteso possibile”: è l'odg approvato al termine del convegno “Le suore e la Resistenza”, organizzato a Milano, con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il patrocinio di enti locali, dalla Fondazione culturale "Ambrosianeum" e dall'Azione Cattolica Ambrosiana. “Tra le forme di Resistenza non armata, quella attuata da numerosi istituti religiosi femminili, che spesso hanno anche ospitato attività clandestine della Resistenza, è finora tra le più dimenticate” ha sottolineato Marco Garzonio, presidente dell' “Ambrosianeum” sul cui sitoweb si può leggere tra l'altro: "La Resistenza è stata studiata da numerose prospettive e in tanti modi diversi. La riscoperta avvenuta negli ultimi anni delle forme di Resistenza non armata consente oggi il recupero di molti protagonisti trascurati... da numerose testimonianze emerge un ruolo tutt’altro che secondario, come soccorritrici, infermiere, informatrici. I loro istituti hanno spesso ospitato attività clandestine della Resistenza. Nel suo percorso di riscoperta di questi soggetti l’"Ambrosianeum", dopo aver offerto negli anni scorsi un contributo sui preti e sulle donne, propone un primo bilancio e sollecita nuove ricerche. Si tratta di un lavoro ancora pionieristico, ma certo utile al fine di mostrare il carattere davvero popolare della lotta di liberazione in Italia".

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domenica, aprile 26, 2009

Nell’Eucaristia la risposta alla crisi e allo smarrimento

Benedetto XVI ha canonizzato cinque nuovi santi, esempio che è possibile “porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta”.

AsiaNews – Dal tempo in cui Gesù Risorto era fisicamente presente tra gli apostoli fino ai nostri giorni, segnati da una grave crisi economica e dallo “smarrimento” soprattutto dei giovani, i fedeli trovano nell’Eucaristia ispirazione e sostegno. In “una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo” è possibile “porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta”.

E’ l’insegnamento che Benendetto XVI ha indicato nella vita di cinque beati, quattro italiani e un portoghese, che ha canonizzato nel corso di una messa solenne celebrata sul sagrato della basilica di San Pietro, in una giornata grigia, alle 30mila persone riunitesi per il rito che ha iscritto tra i santi Arcangelo Tadini, (1846-1912), fondatore della congregazione delle Suore operaie della Santa casa di Nazareth; Bernardo Tolomei (1272-1348), abate, fondatore della congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto dell’ordine di San Benedetto; Nuno De Santa Maria Álvares Pereira (1360-1431), religioso, dell’ordine dei Carmelitani; Geltrude Comensoli (1847-1903), fondatrice dell’istituto delle Suore Sacramentine; Caterina Volpicelli (1839-1894), fondatrice della congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore.

“Le diverse vicende umane e spirituali di questi nuovi Santi – ha sottolineato il Papa - stanno a mostrarci il rinnovamento profondo che nel cuore dell’uomo opera il mistero della risurrezione di Cristo; mistero fondamentale che orienta e guida tutta la storia della salvezza. Giustamente pertanto la Chiesa sempre, ed ancor più in questo tempo pasquale, ci invita a dirigere i nostri sguardi verso Cristo risorto, realmente presente nel Sacramento dell’Eucaristia”.

“Lunghe ore trascorreva in preghiera davanti all’Eucaristia sant’Arcangelo Tadini, che, avendo sempre di vista nel suo ministero pastorale la persona umana nella sua totalità, aiutava i suoi parrocchiani a crescere umanamente e spiritualmente”. “Assunse per questo non poche iniziative concrete e coraggiose, come l’organizzazione della "Società operaia cattolica di mutuo soccorso", la costruzione della filanda e del convitto per le operaie e la fondazione, nel 1900, della "Congregazione delle suore operaie della Santa Casa di Nazareth", allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth. Quanto profetica fu l’intuizione carismatica di Don Tadini e quanto attuale resta il suo esempio anche oggi, in un’epoca di grave crisi economica! Egli ci ricorda che solo coltivando un costante e profondo rapporto con il Signore, specialmente nel Sacramento dell’Eucaristia, possiamo poi essere in grado di recare il fermento del Vangelo nelle varie attività lavorative e in ogni ambito della nostra società”.

“Anche in san Bernardo Tolomei, iniziatore di un singolare movimento monastico benedettino, spicca l’amore per la preghiera e per il lavoro manuale. La sua fu un’esistenza eucaristica, tutta dedita alla contemplazione, che si traduceva in umile servizio del prossimo”. “In occasione della grande peste del 1348, lasciò la solitudine di Monte Oliveto per recarsi nel monastero di S. Benedetto a Porta Tufi, in Siena, ad assistere i suoi monaci colpiti dal male, e morì egli stesso vittima del morbo come autentico martire della carità. Dall’esempio di questo Santo viene a noi l’invito a tradurre la nostra fede in una vita dedicata a Dio nella preghiera e spesa al servizio del prossimo sotto la spinta di una carità pronta anche al sacrificio supremo”.

Alvares Pereira è eroe nazionale del Portogallo. Conestabile del regno di Portogallo, nominato generale a soli 23 anni, guida l’esercito nella vittoria nella battaglia di Atoleiros, grazie alla quale il Portogallo conquista la piena indipendenza. Rimasto vedovo e sistemata l'unica figlia vivente, andata in sposa al figlio di re Joao I, nel 1423 entra a Lisbona nel convento da lui fondato per l'Ordine dei Carmelitani. Vuole essere un semplice "donato" e prende il nome di fra Nuno di Santa Maria. Muore il giorno di Pasqua del 1431, lasciando il ricordo di un uomo di preghiera e di penitenza, generoso verso i poveri, devoto della Madonna.

“Una particolare attrazione per Gesù presente nell’Eucaristia avvertì sin da bambina santa Gertrude Comensoli”. “Fu infatti davanti all’Eucarestia che santa Gertrude comprese la sua vocazione e missione nella Chiesa: quella di dedicarsi senza riserve all’azione apostolica e missionaria, specialmente a favore della gioventù. Nacque così, in obbedienza a Papa Leone XIII, il suo Istituto che mirava a tradurre la ‘carità contemplata’ nel Cristo eucaristico, in ‘carità vissuta’ nel dedicarsi al prossimo bisognoso. In una società smarrita e spesso ferita, come è la nostra, ad una gioventù, come quella dei nostri tempi, in cerca di valori e di un senso da dare al proprio esistere, santa Gertrude indica come saldo punto di riferimento il Dio che nell’Eucaristia si è fatto nostro compagno di viaggio. Ci ricorda che ‘l’adorazione deve prevalere sopra tutte le opere di carità’ perché è dall’amore per Cristo morto e risorto, realmente presente nel Sacramento eucaristico, che scaturisce quella carità evangelica che ci spinge a considerare fratelli tutti gli uomini”.

“Testimone dell’amore divino fu anche santa Caterina Volpicelli, che si sforzò di ‘essere di Cristo, per portare a Cristo’ quanti ebbe ad incontrare nella Napoli di fine Ottocento, in un tempo di crisi spirituale e sociale. Anche per lei il segreto fu l’Eucaristia. Alle sue prime collaboratrici raccomandava di coltivare una intensa vita spirituale nella preghiera e, soprattutto, il contatto vitale con Gesù eucaristico”. “Per essere autentiche educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come amava ripetere, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può trovare la sua ‘stabile dimora’. Santa Caterina mostra alle sue figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo. E’ possibile così porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta”. E, ha aggiunto in francese prima della recita del Regina Caeli, “che l’esempio dei nuovi santi ci dia di non avere paura di andare verso i nostri fratelli e sorelle per trasmettere la Parola di vita nel mondo intero”.
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domenica, aprile 26, 2009

Colombia, terra di sfollati

Seicento indigeni Emberá sono stati costretti ad abbandonare i loro villaggi situati nel cuore del Chocó, nordovest della Colombia, a causa dei violenti scontri tra la guerriglia, i paramilitari e l'esercito. La denuncia arriva dalla Corce rossa internazionale.

PeaceReporter - Le comunità desplazadas sono state costrette a vagare nella selva per giorni, in attesa che gli scontri a fuoco si placassero. Adesso, secondo Caracol Radio, sono riusciti a rifugiarsi nel centro urbano di Pizarro e in un villaggio agricolo dei dintorni. A fornire loro gli alimenti base e le cure necessarie supplendo all'emergenza sono gli uomini della Cruz Roja, aiuti che non potranno durare all'infinito. "Il Comitato internazionale della Croce rossa è preoccupato per la sorte della popolazione civile di questa zona, che da molte settimane sopporta un aggravarsi delle conseguenze del conflitto armato. La maggioranza delle persone colpite da questa situazione è formata da donne e bambini", conclude il comunicato dell'organizzazione medica. La delegata incaricata della zona, Silvia Padrón, ha cercato di sottolineare lo stato d'angoscia in cui si trovano queste persone nel sapere di familiari e vicini sperduti nella selva, tra scontri a fuoco e attacchi.

La denuncia di Msf. Uno sfollamento, questo degli indigeni, che va a sommarsi a quelli avvenuti nelle ultime settimane in molte altre zone del Chocó. All'inizio di marzo, Medici senza frontiere ha denunciato un escalation di violenze tra paramilitari e guerriglieri dell'Esercito di Liberazione nazionale (Eln) che ha costretto famiglie intere a lasciare i loro villaggi. Si tratta di circa ottocento persone, che si sono rintanate a Catru, un piccolo villaggio di 1200 anime. Ad attendere a questa ennesima emergenza ci ha pensato questa volta Msf: "La comunità locale ha mostrato grande solidarietà nell'accogliere la gente desplazada nelle loro case. Al momento ci sono dalle due alle quattro famiglie in ogni casa, e si tratta di casupole che vanno strette anche a un singolo nucleo familiare", ha spiegato Oscar Bernal, coordinatore per la Colombia di Msf. "Il sovraffollamento fa aumentare il rischio di diffusione di malattie infettive".

Ogni giorno Medici senza frontiere procura un team di settanta fra medici e psicologi. "I principali problemi di salute sono dati dalla malaria, poi c'è la tubercolosi e la malnutrizione dei bambini", spiega Bernal. Poi si contano gravidanze a rischio, polmonite e tubercolosi extra polmonare e per raggiungere il primo ospedale è necessario percorrere 4 ore di barca e molte altre via terra. Ma ciò che sta accadendo adesso in Chocó non è certo un'emergenza nuova, come non lo è per molte altre zone della Colombia, martoriate da un conflitto ultraquarantennale. Il numero di desplazados colombiani, infatti, fanno del paese sudamericano il secondo al mondo dopo il Sudan per numero di sfollati interni. Le cifre ufficiose, date da Ong, parlano di circa 4 milioni di desplazados contro l'1.9 milioni dichiarati dal governo. A questi si aggiungono altre cifre della crisi umanitaria: oltre alle vittime, che si aggirano oltre i 300mila - ma che sono difficili da stimare per la natura stessa della guerra in Colombia - si contano oltre mille persone l'anno ferite da mine antiuomo, centinaia di rapiti ogni anni a scopo di riscatto dai vari gruppi armati (486 nel 2007) e da bande di criminali comuni, e il dieci percento della superficie territoriale coltivata a coca (dato delle Nazioni Unite del 2007).

Accordo di pace. Forse. Intanto, il presidente della Repubblica, nemico giurato delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia e da sempre paladino delle prove di forza in nome di una guerra senza esclusione di colpi, dà l'impressione di rendersi conto di quanto sia lontana la tanto sbandierata vittoria sul campo. E guarda a un accordo di pace con le Farc, mentre quello in atto con le Eln langue da anni. In cambio, le Farc dovranno rispettare, però, un cessate il fuoco a partire da questa settimana, la Semana Santa, quale dimostrazione di buona fede verso dei negoziati che la guerriglia va dicendo di volere da anni. Si tratta del secondo invito ad accordi di pace in 24 ore. Un atteggiamento quello tenuto da Alvaro Uribe nel fine settimana, che ha colto di sorpresa molti settori politici, visto che solo una settimana fa aveva rigettato ogni proposta di dialogo lanciata dalle Farc. Già arrivata la risposta delle Farc, che si sono dette disponibili a realizzare lo scambio di prigionieri che viene rimandato da anni, ma per la prima volta dimostrandosi meno inflessibili sull'esigenza di una zona smilitarizzata nel sudest del paese, condizione sine qua non delle proposte passate. Ventidue, fra militari e poliziotti, contro 500 guerriglieri prigionieri nelle carceri di Stato. Questo quanto chiesto dalle Farc. A Uribe l'ardua risposta.
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domenica, aprile 26, 2009

I Nostri Speciali

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domenica, aprile 26, 2009

Ragazzi attenti, non bevetevi il cervello!

Sono quelli che in una sola serata alternano birra e gin, poi passano alla tequila e al whisky, sconfinano negli aperitivi alcolici e nell’immancabile vino: una scelta, quest’ultima, che torna di moda, soprattutto tra le under 18, anche per il costo basso che si concilia bene con la crisi economica.

PapaBoys - Il dato è chiaramente allarmante e ci dispiace sinceramente doverlo proporre: ma è possibile che più di un milione di giovani italiani siano a 'rischio alcool'? Preoccupano i minori: al Nord il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze che bevono sino ad ubriacarsi (sei bicchieri a sera) ha meno di 18 anni. I dati sono dell'Istat e dell'Istituto superiore di Sanità, che nella giornata dell'Alcohol Prevention Day 2009, hanno presentato due distinte ricerche. Sembra destinata a sparire l’immagine del tipo che tiene la bottiglia di vino in una mano e il bicchiere nell’altra. Sembra sempre più frequente, invece, quella del giovane “policonsumatore”. Quello che in una sola serata, quasi sempre nel week end, alterna birra e gin, poi passa alla tequila e al whisky, sconfina negli aperitivi alcolici e nei “breezer” (cocktail alcolico del tipo Ready to drink), per poi terminare nell’immancabile vino: una scelta, quest’ultima, che torna di moda, soprattutto tra le ragazze minori, anche per il costo basso che si concilia bene con la crisi economica. Le bevande alcoliche e la successione possono anche non essere quelle proposte, ma la sostanza è questa: quattro bicchieri e mezzo di un cocktail di bicchieri a sera per gli under 18 maschietti e addirittura 6 per le femminucce. Con bevute fino a tarda notte, happy-hours e brindisi, facendo la spola tra un locale e l'altro, a le possibilità di diventare protagonisti di incidenti stradali che si moltiplicano con l’avvicinarsi dell’alba. E non sono fenomeni isolati: perché in Italia risultano a rischio dipendenza da alcol il 14,9% dei ragazzi e il 6,8% delle ragazze. A darci queste notizie da brivido sono l'Istat e l'Istituto superiore di Sanità, che nella giornata dell'Alcohol Prevention Day 2009, hanno presentato due ricerche sull'uso e (soprattutto) l'abuso di alcol in Italia. In entrambi i casi, che solo nel nostro Paese coinvolge qualcosa come 10 milioni di italiani, quello che fa pensare è la superficialità con la quale i più giovani si avvicinano al bicchiere. Secondo l'Istat le fasce di popolazione in cui i comportamenti a rischio sono più diffusi sono gli anziani con più di 65 anni, i giovani di 18-24 anni e i minori di tra gli 11 e i 17 anni. In particolare sono i giovani tra i 18 ed i 24 anni i più soggetti al “binge drinking”: si tratta di una vera e propria “bevuta esagerata", tipica de Nord Europa, concentrata in singole occasioni. Un dato che fa ancora più scalpore se si pensa che l'Oms raccomanda da anni la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni. A livello territoriale, in Italia i comportamenti a rischio risultano maggiormente diffusi nella popolazione residente al Nord. E ancora una volta sono i giovani, alla ricerca di uno sballo a basso costo, a preoccupare: basti pensare che il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze che bevono sino ad ubriacarsi ha meno di 18 anni. Secondo la ricerca 'Il Pilota' dell'Osservatorio Nazionale Alcol del Cnesps dell'Istituto superiore di sanità, i ragazzi bevono in media 4 bicchieri di alcol, 3 le ragazze. Gli under 18 fanno registrare addirittura un record in questa cattiva abitudine: 4 bicchieri e mezzo i maschi, inaspettatamente 6 le femmine.

QUALI PROBLEMATICHE E MOTIVAZIONI?
Per l'Istituto superiore di Sanità non ci sono dubbi: al cocktail di bevande assunto dai giovani corrisponde un cocktail di motivazioni: l`accresciuta disponibilità e accessibilità delle bevande alcoliche da parte dei giovani abbinata all`abbassamento dei prezzi nelle occasioni di happy-hours, per passare alle sempre più persuasive forme di pubblicità e strategie di marketing. Nel conto va messa poi la cattiva educazione in famiglia: il comportamento di non pochi genitori che, inclini a bere, si trasforma in invito indiretto verso i figli a fare lo stesso. Non a caso è potenzialmente a rischio il 22,7% dei ragazzi di 11-17 anni che vivono in famiglie dove almeno un genitore adotta comportamenti propensi al consumo di bevande alcoliche.

LO SBALLO DEL MOMENTO
Ed infine c’è la moda del momento. Come quella di realizzare lo sballo del sabato sera in piazza tra amici con l’intento di bere un’intera damigiana costituita de vino e bevande alcoliche e superalcoliche a basso costo: si tratta di “una tendenza viva in paesi come la Spagna – spiega Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale Alcol, del Centro Oms per la ricerca sull'alcol e presidente della Società italiana di Alcologia - dove il rito del cosiddetto “butellon” impera da almeno 5 anni. Oggi infatti non è infrequente, soprattutto nelle Regioni italiane del Nord-Est e Nord-Ovest, vedere gruppi di giovani che in piazza o nei luoghi pubblici consumano collettivamente cocktail di alcol secondo una ritualità che ha molte analogie con il consumo delle droghe".
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sabato, aprile 25, 2009

Giornata Mondiale sulla Malaria

Assicurata prevenzione per il 40% delle persone a rischio, ma resta molto da fare

Radio Vaticana - Sono stati compiuti importanti progressi nella lotta contro la malaria, in particolare in Africa, dove la malattia è maggiormente diffusa, ma occorre fare di più per affrontare questa piaga a livello mondiale. E' quanto sottolinea l'UNICEF in occasione dell’odierna Giornata mondiale sulla Malaria. I dati presentati nel Rapporto "Malaria and Children, Progress in Intervention Coverage", realizzato congiuntamente dalla Roll Back Malaria Partnership (RBM) e dal Fondo mondiale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, mostrano importanti segnali di progresso in tutta l'Africa, in particolare, in Eritrea, Rwanda, Zambia e Madagascar. Dal 2004 al 2008, il numero di zanzariere trattate con insetticida in tutto il mondo è più che triplicato, passando da 30 a 100 milioni, e la loro distribuzione ha coperto oltre il 40% delle popolazioni a rischio malaria. Tuttavia, ogni anno - denuncia il direttore generale dell’UNICEF, Ann M. Veneman - questa malattia uccide ancora un milione di persone, in maggior parte bambini africani. E ci sono poi alcuni Paesi in cui le morti per malaria sono raddoppiate di due terzi. Dunque, c’è ancora molto lavoro da fare. Il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, chiede un raddoppiato impegno. (A cura di Fausta Speranza)


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sabato, aprile 25, 2009

La “Dottrina cristiana” in filippino disponibile in digitale

Stampato nel 1593, è il più antico esempio di letteratura cristiana in lingua locale. Esso si basa sugli insegnamenti del card. Bellarmino, teologo e Dottore della Chiesa. La sola copia esistente è conservata nella biblioteca del Congresso Usa a Washington.

Manila (AsiaNews) – “La Dottrina Cristiana in lingua spagnola e tagala” è il primo libro, scritto in lingua locale, ad essere stato stampato nelle Filippine. Pubblicato nel 1593, esso costituisce la prima testimonianza di un alfabeto distintivo del Paese. Oggi questo prezioso volume è disponibile in rete, negli elenchi della Biblioteca digitale mondiale. Nel 1593 venne dato alle stampe la Dottrina cristiana nel dialetto Tagalog, basato sugli insegnamenti del card. Roberto Francesco Romolo Bellarmino, teologo e Dottore della Chiesa. Il volume intendeva diffondere il cristianesimo nella popolazione, utilizzando la lingua locale, di cui è diventato il testo di riferimento. L’opera segue di un paio di mesi l’uscita del primo libro in assoluto stampato nel Paese, la versione in lingua cinese della stessa “Dottrina”.

La sola copia esistente oggi della “Dottrina cristiana” in lingua tagala è conservata nella biblioteca del Congresso degli Stati Uniti a Washington; gli internauti possono leggerne una copia cliccando sulla copertina del volume, disponibile negli elenchi della Biblioteca digitale mondiale.
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sabato, aprile 25, 2009

Salesiani: 150 anni di vita da festeggiare

Nonostante l’età resta sempre giovane: la Famiglia Salesiana dà il via ai festeggiamenti per i 150 anni della fondazione.

Korazym - Torino, culla della pastorale educativa don Bosco, si prepara a vivere un’intensa giornata sabato 25 aprile a cui prenderà parte anche il Rettor Maggiore don Pascual Chavez Villanueva, nono successore del fondatore. Il programma di sabato 25 aprile si apre alle 9 con l’accoglienza a Valdocco; alle 10 il Rettor Maggiore presiederà la messa nella basilica di Maria Ausiliatrice e al termine, dopo la consegna di un riconoscimento ad alcuni salesiani, sarà benedetta la nuova urna di don Bosco che partirà alla volta di Roma per proseguire i festeggiamenti intorno al mondo.

Dopo il pranzo, che potrà essere self service o al sacco, alle 14,30 inizierà la visita ai luoghi salesiani di Valdocco. Spiritualità e arte si fonderanno alle 16,30 nell’Auditorium RAI di Torino con il concerto intitolato “Sapientiam dedit illi” (ingresso libero fino ad esaurimento posti): il Coro Interuniversitario di Roma e l’Orchestra degli studenti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, diretti da Massimo Palombella e Giuseppe Ratti, spazieranno dal canto gregoriano alle arie di Gioacchino Rossini e Ludwig van Beethoven passando per il “Credo” musicato da Giovanni Pierluigi da Palestrina. Tutta la giornata sarà seguita e trasmessa a cura di Missioni Don Bosco - Media Centre su streem www.missionidonbosco.tv, ed ancora in diretta tv su Telepace e in diretta radio su Radio Vaticana.

In un secolo e mezzo di vita lo spirito lanciato dal padre fondatore si è diffuso in tutto il mondo, tanto che oggi questa Famiglia conta circa 402.500 membri: 26 gruppi, dei quali 15 rappresentati da Istituti religiosi (ben oltre, quindi, i Salesiani, le Suore e i Cooperatori), due da Istituti secolari e nove da associazioni laiche. Inoltre, una trentina di altri gruppi aspirano a farne parte. Da Torino la missione si è estesa a tutta l’Europa, all’America Latina e all’Africa e all’Asia. Per la peculiarità di sviluppare il carisma di don Bosco adattandolo alle esigenze del luogo e del tempo, don Chavez definisce la Famiglia un “Movimento Spirituale Apostolico”.

Tutto ebbe inizio con un sogno che il piccolo Giovanni Bosco (1815 – 1888) fece a nove anni, quando viveva con mamma Margherita nella frazione I Becchi di Castelnuovo d’Asti. In questo sogno, in forma velata, Gesù e la Vergine gli preannunciarono la sua missione a servizio dei giovani: “Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediata¬mente a fare loro un'istruzione sulla bruttezza dei pec¬cato e sulla preziosità della virtù”.

Tuttavia, le origini della congregazione si possono far risalire all’8 dicembre 1841, giorno dell’incontro del già sacerdote don Bosco con un ragazzo di strada nella sacrestia di una chiesa a Torino. Fu poi nel gennaio 1854 che il “sognatore” don Bosco utilizzò il nome “salesiani” per indicare un gruppo di 17 giovani desiderosi di seguire le sue orme. Lui, che non conosceva altra politica che quella del Padre Nostro, sarebbe riuscito poi a far accettare persino a quel mangiapreti di Urbano Rattazzi, allora Presidente della Camera, l’idea di istituire un nuovo ordine religioso dedito all’educazione della gioventù; e fu lo stesso Urbano Rattazzi, noto anche come “l’avvocato dei poveri”, che consigliò di chiamare questa famiglia “Pia Società di San Francesco di Sales”.

Infine, un altro passo importante nella storia salesiana è stato segnato il 18 dicembre 1859 con la nascita dell’Istituto religioso dei Salesiani che ancora oggi continua a trasmettere ai giovani con vigore l’amore per la vita posta al servizio dei fratelli e il valore della preghiera come dialogo privilegiato con il Signore: “Voglio regalarti la formula della santità. Primo: Allegria. Secondo: Doveri di studio e di preghiera. Terzo: Far del bene agli altri” (dalle parole del Santo).

Sito di riferimento per le iniziative e le missioni salesiane: www.sdb.org
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