lunedì, agosto 08, 2016
Dopo l’appello del Papa sulla Siria, all’Angelus, vogliamo riproporre la drammatica testimonianza di una giovane siriana, Rand Mittri, durante la veglia di preghiera a Cracovia con Francesco, sabato 30 luglio:

Radio Vaticana - "Mi chiamo Rand Mittri, ho 26 anni, sono diplomata alla Scuola di Scienze naturali di Siria e sto facendo un master presso l’Università di Aleppo; inoltre, sto lavorando con il Centro Salesiano Don Bosco ad Aleppo. Come sapete, la nostra città è stata distrutta, ridotta a un cumulo di macerie. Il significato delle nostre vite è stato cancellato: noi siamo la città dimenticata. Sono venuta qui per vederla con 21 amici, che rappresentano i Salesiani in Medio Oriente, compresi la Siria, il Libano e l’Egitto. E’ venuto con noi anche padre Simon, il direttore della Comunità salesiana. Ringraziamo Dio per poter essere qui, insieme a tutti voi.

Per molti di voi sicuramente è difficile sapere e comprendere tutta la portata di quello che sta accadendo nel mio amato Paese, la Siria. Per me sarà molto difficile riassumere per voi in poche frasi una vita di dolore: il dolore che è nel nostro cuore è troppo grande per essere espresso in parole. Ma cercherò di condividere alcuni aspetti della nostra realtà con voi, nostri compagni nella fede.

Ogni giorno, viviamo una vita che è circondata dalla morte. Come voi, noi chiudiamo la porta di casa alle nostre spalle, la mattina, quando andiamo al lavoro o a scuola. Ed è proprio in quel momento che la paura ci attanaglia: la paura di non tornare, di non ritrovare la nostra casa o la nostra famiglia come li abbiamo lasciati. Forse, in quel giorno saremo uccisi o forse la nostra famiglia sarà uccisa. E’ una sensazione grave e dolorosa quella di sapere che siamo circondati da morte e uccisioni e non c’è modo di sfuggire, non c’è nessuno che ci aiuti.

Dio, dove sei? Perché ci hai dimenticati? Esisti davvero? Perché non hai pietà di noi? Non sei forse Tu il Dio dell’amore?

Ogni giorno ci poniamo queste domande. Io non ho una risposta. E’ possibile che questa sia la fine e che noi siamo nati per morire nel dolore? O siamo nati per vivere e per vivere la vita nella sua pienezza? La mia esperienza in questa guerra è stata dura e difficile e mi ha costretta a maturare e diventare grande prima del tempo e a vedere le cose in una prospettiva diversa.

Lavoro presso il Centro Don Bosco di Aleppo. Il nostro Centro accoglie oltre 700 giovani, uomini e donne che vengono alla ricerca di un sorriso e di una parola di incoraggiamento; cercano qualcosa che manca nella loro vita: un trattamento genuinamente umano. Per me, però, è molto difficile dare gioia e fede ad altri, quando io stessa manco totalmente di queste cose nella mia vita.

Abbiamo perso molte persone che venivano al nostro Centro, in questa guerra. Jack, un ragazzo di 13 anni: è morto mentre aspettava il bus che lo portasse a lezione di catechismo e a giocare con i suoi amici. Purtroppo, l’asprezza della guerra e l’odio nel cuore dell’uomo hanno ucciso questo ragazzo. Poi, c’erano Anwar e Michelle: sono andate via una sera e noi le aspettavamo il giorno dopo. Purtroppo il loro sonno, quella notte, è diventato eterno perché la loro casa è stata distrutta ed è crollata su di loro e hanno raggiunto gli angeli in Paradiso. Altri sono morti, compresi i miei amici: Mouad, Antoine, William. E molti altri giovani, uomini e donne, la cui unica colpa era stata di avere osato credere nell’essere umano. Sono tutti martiri di questa sanguinosa guerra che senza ragione ha distrutto le nostre anime, i nostri sogni e le nostre speranze. La distruzione di una vita umana è una perdita infinitamente maggiore rispetto alla demolizione di mattoni e pietre.

Nonostante tutto questo dolore, la mia vita e la vita dei miei amici, in parrocchia, ha continuato ad essere una vita di servizio e di donazione gioiosa ai bambini e ai giovani della nostra città. Seguiamo le tracce di Don Bosco, che ha accresciuto la sua gioia per rispondere a un dolore che sempre aumentava. Riconosciamo la presenza di Dio in un bambino che va a prendere l’acqua, vediamo Dio in coloro che lavorano per salvare altri che sono in pericolo, vediamo Dio in quei genitori che non si rassegnano finché non sono riusciti a portare cibo ai loro figli.

Questa forte esperienza nella mia vita mi ha insegnato che la mia fede in Cristo è al di sopra delle circostanze della vita. Questa verità non nasce dal vivere una vita in pace, libera da difficoltà; sempre di più, io credo che Dio esista nonostante tutto il nostro dolore; credo che a volte, attraverso il nostro dolore, Egli ci insegni il significato vero dell’amore. La mia fede in Cristo è la ragione di vita per me, per la mia gioia e la mia speranza. Nessuno mai potrà rubarmi questa gioia genuina. Alla fine, chiedo al Signore di donare a me, a tutti coloro che vivono in Siria e a tutte le persone del mondo, la grazia di manifestarci un cenno di pietà e di seminare la gioia nel cuore di tutti coloro che sono tristi e abbandonati. Questo è il messaggio per ogni cristiano sulla faccia della Terra. Ringrazio voi tutti e vi chiedo sinceramente di pregare per la Siria, il mio bellissimo Paese. Gesù, confido in Te".


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