lunedì, luglio 18, 2016
Tutti contro le purghe decise da Erdogan. A rischio l'ingresso nell'Ue e la permanenza nella Nato. Le preoccupazioni della comunità internazionale sono, però, colpevoli e tardive.

di Lorenzo Carchini

Erdogan l'aveva detto: "Faremo pulizia all'interno di tutte le istituzioni dello Stato" per liberarle dal "virus" che ha innescato la rivolta sfociata nel tentativo di colpo di stato di venerdì sera. Parole dure e che la comunità internazionale ha deciso di ignorare, almeno fino poche ore fa.

L'epurazione prosegue imperterrita. Secondo quanto dichiarato dal premier Binali Yildirim sono 7.543 le persone arrestate, tra cui 100 agenti di polizia, 6.038 soldati, 755 tra giudici e procuratori, e 650 civili. Per 316 è stata confermata la custodia preventiva. Aggiornato anche il bilancio delle vittime del golpe: sono 208 le persone che hanno perso la vita, di cui 145 civili, 60 poliziotti e 3 soldati. Oltre 100 golpisti sono stati uccisi.

Sono purghe violente, dalle immagini diffuse si vedono uomini seminudi in ginocchio, scene umilianti e rivoltanti che non si possono conciliare con un paese moderno e "democratico", come inizialmente i leader mondiali hanno decritto l'attuale governo turco.

L'Occidente ora si pone delle domande. Mettere fine alle "rivoltanti scene di vendetta" cui si è assistito nelle ore immediatamente successive al tentativo di golpe, questa la richiesta della Germania. Una eventuale reintroduzione della pena di morte in Turchia, avverte la cancelliera tedesca Angela Merkel, significherebbe "la fine delle trattative per l'ingresso nell'Unione europea". Posizioni ribadite dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Ue, Federica Mogherini.

Secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni "la reazione a questo golpe non può essere una reazione di vendetta", chiedendo il rispetto dello stato di diritto e della legge.

La risposta fornita dal governo turco non è stata, al momento, soddisfacente: "Il desiderio della pena di morte espresso dai nostri cittadini per noi è un ordine". A sottolineare questa volontà, continuano le retate, come quella di oggi nella prestigiosa Accademia Aeronautica di Istanbul. La città sul Bosforo è blindata, le forze speciali presidiano le principali piazze e arterie di collegamento. Il ministero dell'Interno ha sollevato dai loro incarichi 7.899 poliziotti e numerosi prefetti. Vietato l'espatrio ai dipendenti pubblici.

Secondo il Segretario di Stato americano John Kerry, sarebbe a rischio anche la permanenza della Turchia nella Nato. Parole che si aggiungono alle reciproche accuse di sabato scorso, quando il Yildrim non solo aveva provveduto a chiudere la base anti-Isis di Incirlik, ma aveva di fatto richiesto l'estradizione dagli Usa del religioso Fethullah Gulen, a cui il governo turco avrebbe addossato la regia del golpe.

Dal quadro internazionale costituitosi, risultano evidenti anche le colpe dell'Occidente, che ha appoggiato lo strategico alleato turco anche di fronte ad una linea sempre più autoritaria, credendo alle promesse di rispetto delle istituzioni e della legge di un "Sultano" affatto avvezzo agli usi delle democrazie Occidentali. Può essere l'istituzione della pena di morte la goccia che fa traboccare il vaso? Le immagini e le notizie diffuse in questi giorni non sono bastate?


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa