martedì, giugno 07, 2016
Tra due settimane si torna a votare: scenari e possibili accordi. Salvini avvisa: "Mai voterei un uomo del Pd o di Renzi". Il Premier: "Non è stata una debacle ma possiamo fare meglio". A Roma Berlusconi invita alla scheda bianca: "Inadeguatezza di entrambe le proposte politiche".

Capitolo chiuso, si riparte. Tutti i grandi Comuni chiamati a rinnovare sindaci e consigli, il 19 giugno dovranno riaprire i seggi e affrontare il ballottaggio. Da Roma a Milano, passando per Napoli, Torino e Bologna, nessuno qui è riuscito a chiudere la partita in un colpo solo. Il risultato è un'Italia a tre poli principali, che incidono ciascuno in maniera più o meno forte a seconda dei luoghi e delle frizioni al loro interno.

A Roma, la sfida sarà sfida a due fra Raggi e Giachetti, ma intorno a loro si muove un torpedone, detto centrodestra, che per il Campidoglio si è presentato diviso. Verso chi confluiranno quei voti? Marchini e Meloni costituiscono un buon 31%, pari a 188mila voti. Solo se su Giachetti confluissero almeno parte di questi, il dem avrebbe qualche chance di farcela.

Berlusconi, però, ha subito tolto di mezzo qualsiasi illazione, annunciando che al ballottaggio di Roma voterà scheda bianca "per sottolineare l’inadeguatezza di entrambe le proposte politiche". Una presa di posizione che potrebbe definire in maniera netta l’esito delle comunali di Roma.

Anche Giorgia Meloni ha ammesso: "Non potrei mai dare un’indicazione per il candidato di Renzi, ma non me la sento neanche di darla per il M5S. C’è stato pressappochismo e non me la sento di metterci la faccia".

Ma non è tutto. Perché a sinistra c'è il candidato Stefano Fassina, SI, che a urne chiuse ha totalizzato il 4,47 per cento. E anche su questi voti pesa un'ulteriore incognita: quanti si incanaleranno verso la Via del Mare di Ostia e quanti andranno verso la Raggi in previsione anti-renziana?

Per Matteo Salvini, invece, tutto tranne il Pd: "Mai nella vita voterei un uomo del Pd o di Renzi". Resta, però, il nodo delle alleanze a destra, mentre la rottura dell'asse romano ha rischiato di rimettere tutto in discussione. Il leader leghista, però, è consapevole della sua posizione di forza a livello nazionale e quando parla di "guardare avanti", lancia un chiaro messaggio a chi lo insegue, spesso col fiatone: "dobbiamo tirare le fila e chi non ci sta può sempre andare col partito della nazione".

A Napoli, i giochi sembrano invece già scritti: fuori con un risultato disastroso il Pd dai ballottaggi, la sfida sarà fra De Magistris e Lettieri.

Più incerta la situazione a Torino, dove sì Fassino può vantare un 10% in più sulla sfidante pentastellata Appendino, ma l'ombra del sostegno "contro" non può lasciarlo tranquillo. Il centrodestra nella metropoli sabauda si è presentato separato, ma ha racimolato in tutto il 14% dei voti. Non solo, a tener sveglio il sindaco uscente è anche il fatto che il Pd con il 29,77% non è più il primo partito in città, superato dal M5s che guadagna 25 punti rispetto al 5,26% di cinque anni fa.

Battaglia all'ultimo voto, invece, a Milano. Dove il Premier si è più volte speso pubblicamente, la destra si è presentata unita e l'eredità di Pisapia fa gola un po' a tutti. Sarà quel 10% raggiunto dai Cinque Stelle a costituire il principale pacchetto voti che i candidati cercheranno di accaparrarsi. Il primo a farsi avanti è stato Giuseppe Sala: "Non mi aspetto un'indicazione di voto, ma il fatto che votino chi è loro più vicino e penso che su tanti temi, in particolare quello della legalità, siano vicini a tante nostre idee e nostre proposte".

A Bologna, sebbene Merola non sia riuscito a riconquistare il municipio al primo colpo, arriverà al ballottaggio forte del possibile appoggio delle varie liste civiche; la leghista Borgonzoni, invece, difficilmente potrà contare sull'appoggio dei Cinque Stelle, fuori dai giochi ma con un bacino di voti del 16%: ""Quello che fanno Salvini e Berlusconi non ci interessa, noi non daremo indicazioni di voto nei Comuni dove non siamo al ballottaggi".


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