giovedì, maggio 14, 2015
Il Nepal continua a tremare, ma l’attenzione della stampa cala e le Ong lanciano l’allarme.  

Radio Vaticana - Ieri, la scossa più forte di magnitudo 7.3 seguita da decine di repliche con crolli e frane che hanno ucciso una settantina di persone e ne hanno ferite circa 2.000. Disperso anche un elicottero dei Marines. In molti hanno trascorso la notte all’aperto tornando con la memoria al drammatico sisma del 25 aprile, come racconta da Katmandu Francesca Schraffl, responsabile comunicazione per il network europeo "Alliance 2015". L’intervista è di Gabriella Ceraso:

R. – Al momento sembra di essere tornati indietro di due settimane. Dopo il terremoto di ieri, la gente è molto spaventata, dorme di nuovo per la strada, all’aperto. Anche noi abbiamo dormito nella lobby dell’albergo e siamo dovuti scappare fuori due volte perché ci sono state delle forti scosse di assestamento. Moltissimi negozi sono chiusi e soprattutto si è rotta l’illusione di sicurezza che si era iniziata a creare negli ultimi giorni. Sono tornati a credere di essere ancora molto vulnerabili. Siamo ancora al punto che protezione e riparo sono bisogni molto urgenti, seguiti poi da cibo e da acqua.

D. – I problemi di rifornimento sono stati risolti rispetto all’inizio dell'emergenza?

R. – La situazione è migliorata, però ad esempio ieri a un certo punto l’aeroporto, a causa del terremoto, ha chiuso per qualche ora e questo sicuramente non ha aiutato. Al momento in realtà il problema, più di far entrare i materiali nel Paese, è quello di distribuirli nelle zone remote, perché alcune strade erano inaccessibili prima e ora a causa del terremoto di ieri ci sono state moltissime frane, quindi ci sono alcune zone inaccessibili e lì non si riesce a portare gli aiuti.


D. – Il fatto che molta stampa sia andata via e quindi non ci siano gli inviati è un segnale negativo, la questione Nepal rischia di essere messa a tacere... Questo a voi che siete a lavoro lì sul terreno fa paura? Vuoi fare un appello?

R. – Sì, assolutamente. Infatti mi fa molto piacere che voi invece ci abbiate contattato. Il Nepal in questo momento ha bisogno del supporto della comunità internazionale più di prima. Non sono stati raccolti soldi a sufficienza a seguito dell’appello lanciato dalle Nazioni Unite. Purtroppo dopo due settimane l’attenzione dei media è calata, ma non è il momento. Anche se non ci fosse stato il terremoto di ieri, ci sono ancora fortissimi bisogni nel Paese. Quindi, chiedo veramente alle persone di continuare a mantenere l’attenzione e, possibilmente, di donare attraverso le varie ong italiane e internazionali perché la gente ha veramente tanto bisogno di aiuti esterni.

D. – Tu hai già detto varie volte che il Nepal era già un Paese povero e che ora questa gente sembra non avere più futuro. Ci vorrà tanto, tanto tempo per pensare a una ricostruzione. Ma c’è chi ha addirittura detto: “Il Nepal è un Paese finito”. Tu che sei lì, cosa puoi dire a riguardo?

R. – Non credo. Io sono andata nelle zone montane la settimana scorsa. È stata un’esperienza molto intensa: ho visto persone spaventate, preoccupate per il loro futuro, ma ho visto anche moltissima solidarietà: le comunità si aiutano a vicenda.Chi ha una casa ancora in piedi ospita altre persone, chi ha una cucina funzionante fa da mangiare per gli altri. La situazione è sicuramente preoccupante, ma io vedo un senso di ottimismo e di voler dire: “Ce la facciamo”. Ci vorrà un sacco di tempo, ci vorrà sicuramente un grande sostegno da parte della comunità internazionale. Però, credo che le possibilità ci siano, vedendo anche le emozioni e le sensazioni tra la gente.


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