Gli uomini dei servizi segreti ucraini hanno ripreso il controllo della stazione televisiva a Sloviansk, nell’est del Paese, occupata ieri da miliziani filorussi che avevano bloccato i canali ucraini.
Radio Vaticana - Le Borse asiatiche intanto sono in rialzo dopo la svolta sull'Ucraina, con l'accordo per frenare la crisi siglato ieri sera a Ginevra tra il governo di Kiev, la Russia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Nona Mikhelidze ricercatrice presso l’Istituto Affari Internazionali:
R. - Innanzitutto una precisazione: l’opzione militare non è più sul tavolo delle discussioni non dall’incontro a Ginevra, ma da prima. La Russia non voleva uno scontro militare diretto nell’Est Ucraina; forse in Crimea, l’obiettivo della Russia era portare avanti una situazione di instabilità. Per questo motivo i militari russi rimangono sul confine ucraino.
D. - Perché la Russia continua a creare questa situazione?
R. - Perché l’obiettivo principale è raggiungere il cambiamento costituzionale in Ucraina e aver garanzie che il Paese diventi uno Stato federale.
D. - Perché questo aprirebbe delle condizioni particolari in relazione agli Stati dell’Est, quelli più vicini alla Russia?
R. – Si, eventuali Stati federali in Ucraina avrebbero diritto di esercitare una sorta di veto sulla politica estera; quindi – eventualmente - la parte Est del Paese potrebbe in questo modo prevenire l’integrazione, la collaborazione o una maggiore partnership con l’Unione Europea.
D. - Come giudica – comunque – l’accordo di Ginevra anche in vista delle elezioni presidenziali che ci saranno in Ucraina il 25 maggio prossimo?
R. - Se tutte le parti rispetteranno gli accordi, forse le elezioni potranno svolgersi regolarmente, tutto questo a condizione che i russi mantengano la parola, quindi non diano più assistenza ai cosiddetti ribelli dell’Ucraina dell’Est, e che l’Ucraina riesca ad organizzare le elezioni presidenziali con la partecipazione di tutto il Paese - non solo la parte occidentale -. Nel caso in cui non riuscissero ad organizzare le elezioni nell’Ucraina dell’Est, sia la popolazione russa che Mosca stessa, potrebbero denunciare l’illegittimità dell’esito o della consultazione.
D. - Ma in questa situazione l’Europa sembra defilata …
R. - Secondo me l’Europa non ha mai avuto una vera strategia di azione in Europa dell’Est; non l’ha avuta cinque anni fa, quando ha iniziato le negoziazioni sull’accordo di associazione con l’Ucraina, né adesso su come affrontare la crisi. La mia sensazione è che l’approccio dell’Unione Europea è quello del cosiddetto Wait and see, vedere ed aspettare. Quindi sembra più un attore reattivo che strategico.
D. - Quindi praticamente la partita è giocata tra Stati Uniti e Russia?
R. – Sì, però aggiungo che neanche gli Stati Uniti sembrano avere una visione ben definita di cosa vogliono fare in Ucraina a lungo termine.
R. - Innanzitutto una precisazione: l’opzione militare non è più sul tavolo delle discussioni non dall’incontro a Ginevra, ma da prima. La Russia non voleva uno scontro militare diretto nell’Est Ucraina; forse in Crimea, l’obiettivo della Russia era portare avanti una situazione di instabilità. Per questo motivo i militari russi rimangono sul confine ucraino.
D. - Perché la Russia continua a creare questa situazione?
R. - Perché l’obiettivo principale è raggiungere il cambiamento costituzionale in Ucraina e aver garanzie che il Paese diventi uno Stato federale.
D. - Perché questo aprirebbe delle condizioni particolari in relazione agli Stati dell’Est, quelli più vicini alla Russia?
R. – Si, eventuali Stati federali in Ucraina avrebbero diritto di esercitare una sorta di veto sulla politica estera; quindi – eventualmente - la parte Est del Paese potrebbe in questo modo prevenire l’integrazione, la collaborazione o una maggiore partnership con l’Unione Europea.
D. - Come giudica – comunque – l’accordo di Ginevra anche in vista delle elezioni presidenziali che ci saranno in Ucraina il 25 maggio prossimo?
R. - Se tutte le parti rispetteranno gli accordi, forse le elezioni potranno svolgersi regolarmente, tutto questo a condizione che i russi mantengano la parola, quindi non diano più assistenza ai cosiddetti ribelli dell’Ucraina dell’Est, e che l’Ucraina riesca ad organizzare le elezioni presidenziali con la partecipazione di tutto il Paese - non solo la parte occidentale -. Nel caso in cui non riuscissero ad organizzare le elezioni nell’Ucraina dell’Est, sia la popolazione russa che Mosca stessa, potrebbero denunciare l’illegittimità dell’esito o della consultazione.
D. - Ma in questa situazione l’Europa sembra defilata …
R. - Secondo me l’Europa non ha mai avuto una vera strategia di azione in Europa dell’Est; non l’ha avuta cinque anni fa, quando ha iniziato le negoziazioni sull’accordo di associazione con l’Ucraina, né adesso su come affrontare la crisi. La mia sensazione è che l’approccio dell’Unione Europea è quello del cosiddetto Wait and see, vedere ed aspettare. Quindi sembra più un attore reattivo che strategico.
D. - Quindi praticamente la partita è giocata tra Stati Uniti e Russia?
R. – Sì, però aggiungo che neanche gli Stati Uniti sembrano avere una visione ben definita di cosa vogliono fare in Ucraina a lungo termine.
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